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cokeria Taranto: le nostre proposte per tutelare ambiente e occupazione



Martedì 30 luglio le associazioni ambientaliste si incontreranno presso la 
sede del Wwf in via Anfietatro 104 a Taranto per una riflessione e un 
confronto su quanto sta accadendo all'Ilva. L'incontro è indetto da 
Legambiente, PeaceLink e Wwf ma è aperto a tutti coloro i quali si sentono 
impegnati nella lotta per la salvaguardia ambientale e per la tutela della 
salute.

Questo è il comunicato stampa di PeaceLink.


1) Sentiamo il bisogno di un confronto con tutti coloro i quali hanno a 
cuore il futuro della città. Vogliamo parlare con i sindacati, con le 
istituzioni, con i lavoratori, con i cittadini. Esattamente un anno fa le 
associazioni ambientaliste di Taranto si incontrarono con alcuni dirigenti 
sindacali e concordarono una piattaforma d'intesa che potesse conciliare la 
lotta per la difesa ambientale con la lotta per la difesa occupazionale, 
pervenendo alla comune convinzione che ciò era possibile. Ora che Riva 
tenta di scaricare su altri colpe che derivano da proprie inadempienze 
occorre rinsaldare questa intesa fra forze sindacali e forze ambientaliste, 
perché ogni divisione sarebbe dannosa e controproducente. Pur con diverse 
sensibilità e modalità di approccio al problema, occorre lavorare assieme 
per tenere unita una città che non può vivere sotto ricatto. Le leggi di 
tutela dell'ambiente che sono state applicate a Genova devono essere 
applicate anche a Taranto e poiché a Genova ciò non ha comportato perdite 
occupazionali così deve essere a Taranto. Non ci possono essere città di 
serie A dove vivono cittadini e città di serie B dove vivono terroni. Noi 
non siamo terroni che devono accontentarsi di lavori sporchi e impianti 
illegali: noi invochiamo uno stato di legalità come nostro diritto di 
cittadini e siamo grati alla magistratura per avere avuto la forza di 
affermarlo.

2) La recente perizia sulla cokeria depositata presso la Procura di Taranto 
dimostra che da alcune batterie provengono esalazioni cancerogene i cui 
effetti non possono che far scattare l'intervento dei magistrati. E' per 
questo motivo che Riva - per non far precipitare ulteriormente la sua già 
grave esposizione - ha deciso la chiusura delle batterie 3-4-5-6. Ciò che 
l'Ilva si accinge a fare non è pertanto un atto di ripicca nei confronti 
della città ma un "atto dovuto" senza il quale chi continua ad inquinare 
rischia di andare in galera. E' pertanto ovvio e doveroso che Riva chiuda 4 
delle 10 batterie della cokeria e ciò non deve far gridare allo scandalo. 
Nè si deve pensare che la chiusura di tali batterie possa portare al 
collasso produttivo e occupazionale dello stabilimento in quanto il carbon 
coke può essere acquistato altrove e gli operai della cokeria eccedenti 
possono essere riassorbiti con una riduzione del ricorso alle ore di 
straordinario. L'Ilva non intaccherà i propri organici in quanto 
l'emorragia di mano d'opera che l'azienda ha subito con la legge 
sull'amianto l'ha portata a richiedere operai al ritmo di 300 ingressi al 
mese.

3) Ciò che invece è scandaloso è l'annuncio dell'Ilva di rinunciare ad 
investire su Taranto proprio ora che è necessario aprire i cordoni della 
borsa per una bonifica ambientale e un rifacimento degli impianti per 
renderli "a norma di legge". Questa rinuncia ad investire per il rilancio 
ecocompatibile dello stabilimento è un vero e proprio atto di negligenza e 
bene hanno fatto i sindacati a mobilitarsi per denunciare questo 
atteggiamento che - così ci sembra - appare una forma di pressione politica 
dell'azienda per far sganciare allo Stato (cioè a noi contribuenti) i soldi 
per il rifacimento dei suoi impianti.

4) Infine vi è il delicato problema del blocco delle assunzioni. E' da 
premettere che, proprio in base a quanto detto prima, Riva non è così 
autolesionista da voler intaccare l'organico dello stabilimento in un 
momento i cui deve rimpiazzare operai andati via per la legge sull'amianto. 
Non è assolutamente vero che L'Ilva va via da Taranto, e questo è stato 
detto dagli stessi vertici aziendali. Per quanto Riva possa essere stizzito 
dai provvedimenti della magistratura non è pensabile che rinunci allo 
stabilimento leader in Europa che gli consente utili per migliaia di miliardi.
Va però previsto che i lavoratori con contratti precari possano "subire" 
questa situazione e che venga fatta pesare tutta provvisorietà 
occupazionale della loro condizione mediante la già annunciata formula del 
blocco delle assuzioni e del non rinnovo dei contratti di formazione 
lavoro. Questi lavoratori  non vanno abbandonati ma vanno accompagnati e 
informati con una mobilitazione che affronti le vere cause di questa crisi 
che rischia di colpirli.

5) E qui arriviamo al nodo centrale: quali sono le vere cause di questa 
contrazione della produzione dell'Ilva e di questi "tagli" produttivi 
annunciati? Sebbene Riva tenti di scaricare tutte le colpe sull'"attacco 
concentrico" che la città avrebbe scatenato contro di lui, le vere cause 
sono nella contrazione del mercato internazionale dell'acciaio. Dal marzo 
del 2002 il governo degli Stati Uniti ha eretto delle barriere doganali per 
non far entrare sui mercati americani 420 mila tonnellate di acciaio 
europeo causando ai produttori europei la perdita di 2 miliardi e 300 
milioni di euro. In pratica questo provvedimento protezionistico ha causato 
una perdita per un ammontare complessivo di quasi 4.500 miliardi di vecchie 
lire. Va aggiunto che questo provvedimento protezionistico 
dell'amministrazione Bush è completamente al di fuori dalle norme di libero 
commercio internazionale sottoscritte e promosse dagli stessi Stati Uniti. 
Una settimana fa la Commissione europea ha deciso di rimandare al 30 
settembre la decisione di avviare sanzioni economiche verso gli Usa come 
ritorsione nei confronti di queste misure protezionistiche illecite. Le 
sanzioni europee sarebbero dovute scattare il primo agosto.
Il governo Usa - di fronte alla minaccia di sanzioni - sta promendo un 
timido allentamento delle misure protezionistiche, prevedendo esenzioni su 
14 prodotti siderurgici europei e consentendo un ingresso di 90 mila 
tonnellate di accaio europeo per un valore di 60 milioni di euro. Questo 
timido allentamento porta a 290 milioni di euro il valore di acciaio 
europeo a cui è consentito un ingresso sui mercati americani, che è 
comunque ben poca cosa: 290 milioni di euro rispetto a 2 miliardi e 300 
milioni di euro di export potenziale è appena il 12,6%. In altri termini 
l'Europa può esportare negli Stati Uniti acciaio per un misero 12,6% 
rispetto al potenziale di esportazione complessivo. E' questo il vero nodo 
della contrazione congiunturale che sta portando Riva al blocco delle 
assunzioni. Spiegare queste cose è un dovere dei sindacati e di chi fa 
informazione affinché non passi una falsa verità, ossia che la recessione 
del siderurgico di Taranto si causata da alcuni magistrati, un sindaco e 
alcuni ambientalisti "antiindustrialisti".

6) La via d'uscita che proponiamo è pertanto quella di una pressione sul 
governo italiano affinché si solleciti Romano Prodi ad una difesa ferma dei 
diritti dell'industria europea dell'acciaio. Chiediamo ai parlamentari e 
agli europarlamentari un impegno da subito affinché si arrivi a settembre 
con una richiesta determinata e precisa: agli Usa devono essere applicate 
sanzioni commerciali fino a che non revocheranno l'embargo nei confronti 
dell'acciaio europeo. Questa è l'unica strada per tutelare I'occupazione 
dei lavoratori precari dell'Ilva.


Alessandro Marescotti
presidente di PeaceLink