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Almirante? Leggete la sua storia e capirete chi era
Taranto: intitoliamo un parco a Follereau, non ad Almirante
A Giorgio Almirante vogliono intitolare il parco di via Venezia a Taranto.
Ma chi fu Almirante? Fu segretario di redazione della rivista "La Difesa
della razza". "Il matrimonio del cittadino italiano di razza ariana con
persona appartenente ad altra razza è proibito". Così cominciava l'articolo
1 del decreto con cui nel 1938 il fascismo, allineandosi all'orientamento
nazista, varava le leggi di persecuzione degli ebrei. Mussolini affermava:
"Le leggi razziali dell'Impero saranno rigorosamente osservate e tutti
quelli che peccano contro di esse, saranno espulsi, puniti, imprigionati".
Almirante pubblicava intanto saggi sulla razza ariana. Acquisì un ruolo di
primo piano nella Repubblica Sociale di Salò diventando capo di gabinetto
del ministro della Cultura popolare e intrattenendo rapporti quotidiani con
Mussolini. Con la RSI ha diretto le operazioni contro i partigiani e le
forze armate italiane guidate da Badoglio e nella campagna di Val d'Ossola
firmò un bando del 17 maggio 1944 in cui si ordinava la fucilazione ai
militari e civili unitisi alle bande partigiane, i quali non si fossero
costituiti entro il 25 maggio 1944. Il 25 aprile 1945 Almirante seguì
Mussolini ma ebbe l'abilità di entrare in clandestinità, rimanendovi per un
anno e mezzo. Nel settembre 1946 riprese il suo vero nome e tornò a Roma
partecipando alla fondazione (12 novembre 1946) di uno dei molti piccoli
gruppi di reduci fascisti repubblichini, il Movimento italiano di unità
sociale (MIUS). Il 26 dicembre 1946 Almirante partecipò alla riunione
costitutiva del Movimento sociale italiano (MSI). Il 10 ottobre 1947 in
piazza Colonna a Roma pronunciò un discorso tale da essere accusato di
apologia del fascismo e deferito il 3 novembre 1947, quale "elemento
pericoloso all'esercizio delle libertà democratiche", alla commissione
provinciale di Roma per l'assegnamento al confino di polizia, che gli
comminò un anno di confino.
Saltando direttamente agli anni del terrorismo neofascista troviamo il nome
di Almirante nelle indagini sull'attentato di Peteano (in provincia di
Gorizia) quando nel maggio 1972 fu imbottita di tritolo una 500 e - con una
telefonata anonima - venne chiamata una pattuglia di carabinieri: l'auto
esplose uccidendone tre e ferendone gravemente un quarto. Fu imboccata
subito la "pista rossa" e poi quella della criminalità comune.
"Ma le responsabilità dei veri autori dell'attentato e quindi la sua
attribuibilità alla destra radicale divennero chiare solo molto più tardi",
si legge nella relazione conclusiva del presidente della Commissione stragi
Giovanni Pellegrino. La Procura della Repubblica di Venezia spedì
comunicazione giudiziaria all'on. Almirante. Seguiva un "balletto" (la
definizione è del Giudice istruttore di Venezia) di richieste e di revoche
dell’immunità parlamentare. Nell’affrontare la posizione dell’on. Almirante
il Giudice faceva rilevare come, all’epoca della strage, risultavano
iscritti al Msi tutti gli indagati e che "l’imputato Carlo Cicuttini
rivestiva, all’epoca della strage di Peteano, la carica di segretario di
una sezione missina di Manzano, così coniugando una militanza del tutto
legale (nell’ambito di partito con rappresentanza parlamentare) con
un’altra illegale e sovversiva". Cicuttini venne condannato all'ergastolo.
La sentenza parla di "un’ottima mimetizzazione e protezione all’aderente al
sodalizio illegale (…) giacché non trattavasi di generica frequentazione
degli ambienti del partito politico ma addirittura di carica di un certo
rilievo, seppure in ambito locale, qual era, ed è, certamente, quella di
segretario per i poteri, doveri e responsabilità alla stessa connessi. In
tale dato di fatto, ad avviso di questo giudice, va ricercata la chiave di
lettura della condotta favoreggiatrice ascritta agli imputati Giorgio
Almirante ed Eno Pascoli".
Questa scheda di storia abbiamo deciso di diffonderla sulla rete telematica
di PeaceLink. Per le strade e le piazze d'Italia si scelgano uomini di pace
e noi proponiamo Raoul Follereau, l'apostolo della lotta alla lebbra e del
disarmo. Mentre a Taranto i dirigenti dei Cobas sono inquisiti per
"associazione sovversiva" colpisce che si voglia intitolare un parco a chi
venne accusato di favoreggiamento verso un gruppo di missini condannato per
strage e attività sovversiva, cavandosela infine con un'amnistia.
Alessandro Marescotti
presidente di PeaceLink
a.marescotti@peacelink.it