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per Safiya si pronuncia il Consiglio Comunale di Bari
Vi invio l'o.d.g. per Safiya presentato da me e
Maria Maugeri e votato dal Consiglio Comunale di Bari, all unanimità,
nella seduta di martedì 26 febbraio u.s.
Il Consiglio Comunale di Bari
APPRESO
che Safiya Tungar Tudu, di 30 anni, è donna incinta che è stata
condannata a morte con la lapidazione dalla corte di Gwadabawa, nello
Stato di Sokoto, in Nigeria, con l'accusa di aver avuto rapporti
prematrimoniali;
CONSTATATO
che la pena è stata temporaneamente sospesa ma che se la sentenza sarà
confermata, Safiya Tungar- Tudu dovrà essere sotterrata fino al collo e
colpita con le pietre fino a che non morirà.
APPREZZATE
le dichiarazioni incoraggianti di alcuni esponenti del Governo centrale e
delle Istituzioni nigeriane che hanno manifestato peraltro difficoltà per
la difficile situazione interna al Paese
SOSTENENDO
La posizione delle associazioni che hanno fatto propria la situazione di
Safiya operando per una sensibilizzazione sulla vicenda e per fare
pressioni sul governo nigeriano
DA MANDATO AL SINDACO AFFINCHE
Individui vie di sostegno per la giovane condannata, ivi compreso un atto
di adozione della stessa da parte del Comune di Bari e prenda contatti
con l'ambasciatore negeriano a Roma per un incontro durante il quale
possa consegnargli un appello umanitario per Safiya Tungar Tudu (secondo
il testo allegato, elaborato dalla Comunità Sant'Egidio che ha avviato la
campagna di sensibilizzazione) e la presente mozione che rappresenta la
posizione ed i sentimenti espressi da questo Consiglio
INVITA
Il Presidente del Consiglio Comunale attraverso l associazione dei
Presidenti del Consiglio, di cui è membro, a divulgare il testo della
mozione in modo che altri Consigli Comunali si attivino in tal
senso.
Bari, 26 febbraio 2002
Alla cortese attenzione
Sua Eccellenza Olusegun Obasanjo
Presidente della Nigeria
Caro Presidente,
le scriviamo per chiederle di fare tutto il possibile per salvare la vita
di una cittadina del suo paese: Safiya Hussaini, 30 anni, condannata
alla lapidazione da una corte islamica dello stato di Sokoto per
aver avuto rapporti sessuali prematrimoniali.
Se Safiya fosse uccisa come stabilito dalla corte sarebbe commessa una
violazione della convenzione sui Diritti del Fanciullo che garantisce
l´importanza prevalente che deve avere il bene del bambino.
Anche se in base alla legge islamica Safiya deve essere punita, crediamo
pure che non manchino nelle leggi del suo paese, in particolare a livello
federale, norme in base alle quali Safiya potrà aver un destino
diverso.
Caro Presidente, siamo molto preoccupati non solo del destino di Safiya
ma anche per il ricorso a pene disumane come la centinaia di frustate
inflitte alle ragazze che hanno relazioni prematrimoniali, le amputazioni
degli arti per furto o altri reati minori, tutte pene applicate negli
stati del nord della Nigeria.
Un intervento a favore di Safiya Hussaini non significa solo salvare una
donna all esecuzione. Rappresenta una conferma dei principi contenuti
nella risoluzione della Commissione diritti umani dell ONU per una
moratoria universale delle esecuzioni capitali, significa rispondere all
appello rivolto alla comunità internazionale dalla Commissione, in quanto
stato membro della stessa comunità.
Distinti saluti
APPEAL TO STOP THE EXECUTION OF SAFIYA HUSSAINI
TUNGAR-TUDU
·
President Olusegun Obasanjo
Presidential Villa
Aso Rock
Abuja
Nigeria
·
Ambasciata Nigeriana a Roma -
fax: 06.6832528
·
Governor of SokotoState
·
Attorney General of Nigeria
·
Attorney General of Sokoto State
Your Excellency,
We are writing to express our deep concern over
a ruling by a court in northern Nigeria that sentenced Safiya Hussaini
Tungar-Tudu to death by stoning after finding her guilty of pre-marital
sex.
We urge you to intervene on her behalf to prevent this
cruel and inhuman punishment from being meted out against her.
We oppose the death penalty in all circumstances and
in all the countries, because of its inherent cruelty.
Based on the information we received, on October 9,
2001, the Islamic court in Gwadabawa, Sokoto State, in northern Nigeria
sentenced Ms. Tungar-Tudu to death after finding her guilty of having
pre-marital sex and Ms. Tungar-Tudu got a stay, after presenting an
appeal to the Federal Court.
We understand that the court's ruling is pending
approval by the governor of Sokoto State, after which a date to mete out
the punishment will be fixed.
We implore and urge you to ensure that this
cruel and inhuman sentence is not carried out.
Sincerely,
Dal
Corriere della sera dell'11 dicembre
Storia di Safiya: sarà lapidata perché hanno abusato di lei
di DACIA MARAINI
Safiya Husaini Tungar Tudu, della gente Fulani, nigeriana, è la quinta di
dodici figli di un contadino che a tempo perso fa anche il guaritore. A
12 anni la bambina Safiya viene sposata a un ragazzo amico di un
villaggio vicino, Yusuf Ibrahim. I due sembra che si conoscessero dalla
prima infanzia e si amassero. Insieme fanno quattro figli, tre bambine e
un bambino. Ma il matrimonio non dura. La ragazza, come raccontano i
giornali francesi che sono andati a trovarla, dice che filava di buon
accordo con il ma-rito, ma le rispettive famiglie litigavano in
continuazione. Tanto che, dopo sette anni di convivenza, i due sono
costretti a separarsi.
Poco dopo si presenta un altro pretendente, a cui la famiglia Husaini
Tungar conse-gna la ragazza di 19 anni. Ma il marito, dopo pochi mesi, se
ne va lasciandola sola, senza soldi, con quattro figli da mantenere. Per
due anni Safiya torna con i suoi bam-bini, a vivere in famiglia. Dove, a
suo dire, le facevano continuamente pesare le tante bocche da sfamare. E
così, quando arriva un altro possibile marito, i suoi la spingono
velocemente ad accasarsi. Safiya si marita per la terza volta, ma anche
questo matri-monio dura poco. Evidentemente non è facile per un uomo,
anche se di buona volontà e innamorato, mantenere dignitosamente quattro
bambini che stanno crescendo a vi-sta d'occhio. L'uomo finisce per andare
via lasciandola ancora una volta sola con i figli da mantenere.
A quell'epoca, come racconta la giovane donna, un amico del padre, un
certo Yacubu Abubaker, di 60 anni, prende a insidiarla. Lei lo tiene a
bada, ma una mattina che si trova sola con lui, l'uomo, con la minaccia
di un coltello, la violenta. In seguito alla violenza nascerà un figlio,
Adama, che l'uomo riconoscerà come suo. Ma proprio do-po il parto, nel
febbraio del 2001, Safiya viene arrestata per adulterio.
E la cosa avviene nel modo più grottesco: la giovane donna si presenta al
posto di po-lizia per chiedere che l'uomo che l'ha violentata e da cui ha
avuto un figlio sia co-stretto a darle dei soldi per mantenere il
bambino. Lei non ha niente e, dovendo bada-re agli altri quattro figli,
non può lavorare. A questo punto la polizia si accorge che la sua
posizione è illegale e l'arresta. Secondo la sharia infatti una donna
sposata, anche se poi divorziata, commette adulterio se si accoppia con
un altro uomo ed è condan-nata alla lapidazione. Il figlio in questo caso
è una prova a carico della donna. "Non capisco", dice Safiya.
"Devo morire per essere stata violentata e l'uomo che l'ha fatto è
libero".
Dopo la condanna, che viene subito conosciuta in tutto il mondo per
merito di alcuni coraggiosi giornalisti francesi, il primo marito si rifà
vivo e le propone di tornare a vivere con lei. "E' un uomo
buono", commenta Safiya, "sarei felice di tornare nella sua
casa".
Ma la legge islamica la punisce con la lapidazione: il rito consiste
nello scavo di una buca nel terreno appena fuori il villaggio, lì dentro
viene piantata la donna come fosse un albero, in piedi, ma in modo che
sporga dalle spalle in su, le braccia rimanendo sepolte anche loro come
l'emblema dell'impossibilità a proteggersi e a muoversi. A questo punto i
suoi compaesani sono chiamati a raccogliere da una montagna di pietre
quelle più grosse e spigolose per lanciarle contro di lei. Dovranno
colpirla finché mo-rirà, prendendola possibilmente sulla fronte e sulle
tempie. Sarà una gara di destrezza e di forza. Si tratta di una pratica
spietata e orribile. Che fa balzare prepotentemente ai nostri occhi la
amara condizione di tante donne che vivono fuori dalle zone più ric-che e
avanzate.
Troppo spesso ci siamo crogiolati nel pensiero che in questo inizio di
millennio ave-vamo raggiunto la parità, che le donne erano diventate
"uguali" per diritti e posizione agli uomini e che ormai il
problema era risolto. Ma chi si guarda intorno, chi ha avuto modo di
viaggiare, sa che l'Europa è un piccolo giardino fortunato rispetto ai
tanti Paesi in cui le donne ancora sono trattate come schiave,
considerate spesso incapaci di intendere e di volere, scambiate e messe
all'asta come carne da macello, assogget-tate e tenute segregate nelle
case come serve a vita, senza diritti e senza dignità.
Nessuno parla dei due milioni di bambine che vengono escisse ogni anno
nel mondo, soprattutto in Africa. Per alcune si tratta del taglio della
clitoride, per altre di tutti i genitale esterni, grandi e piccole labbra
asportate con un coltello, da una anziana del villaggio, senza anestesia.
Dopo l'operazione, ogni accoppiamento risulterà per la donna un dolore
intollerabile, e la nascita di un figlio una vera tortura.
Forse l'orribile evento delle due torri di New York, che ha portato tanti
lutti e tanto dolore, che ha sconvolto il nostro modo di pensare e di
guardare Paesi e culture di-verse, in mezzo a tanto orrore ha prodotto
una sola buona cosa: ha spezzato le sicu-rezze di chi si sentiva al
centro del mondo ed ha acuito lo sguardo verso altre culture e altre
condizioni di vita, cominciando da quella delle donne orientali, finora
assolu-tamente invisibile alla pubblica opinione occidentale.
Sono anni che i movimenti delle donne vanno denunciando ciò che i Paesi
poveri, te-nuti sotto il dominio di regime militare o religioso, fanno
alle donne. Ma nessuno sembrava volere ascoltare. Solo ora, nell'impeto
di una guerra che pretende di chia-marsi di liberazione dal terrorismo,
si scopre l'indignazione per il grado di sottomis-sione e di infelicità
in cui sono tenute le donne in molte parti del mondo. Non si tratta
soltanto dell'Afghanistan, infatti, ma di quasi tutta l'Africa, un
continente intero, di buona parte dei Paesi dell'Est, usciti mortificati
e spogliati dallo stalinismo, di intere zone depresse dell'America
Latina, di una parte della Cina, della Corea e altri Paesi.
Ovunque il potere politico e militare si instaura, stabilisce per prima
cosa regole seve-re per il controllo della vita e della morte dei suoi
sudditi. Per controllare le nascite dovrà sorvegliare il ventre delle
donne, creando regole e leggi punitive. Per appro-priarsi del diritto di
dare la morte, bisognerà tenere in pugno l'esercito e la polizia. Senza
il controllo di questi due importanti gangli sociali, nessun potente si
sentirà mai del tutto sicuro.
In questi giorni ho firmato decine di appelli per Safiya. Il grande
parlare che si è fatto sui giornali di tutto il mondo ha fermato la
crudele legge della lapidazione. Ma non per sempre. L'ha solo
posticipata. A questo punto chiediamo che non ci si nasconda dietro il
rispetto delle diverse culture e si chieda apertamente la fine di certe
pratiche antiche, nel semplice nome della sacralità del corpo umano,
della sua integri-tà e della sua libertà di esistere.
Dacia Maraini