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Nobel per la pace riuniti a Oslo contestano guerra
Nobel per la pace riuniti a Oslo contestano guerra
di Gabriella Meroni (g.meroni@vita.it)
10/12/2001
Ma il dibattito si infiamma sul Medio Oriente
Una ventina di vincitori del Nobel per la pace si sono incontrati a Oslo e,
davanti alle telecamere della Cnn, hanno discusso possibili soluzioni ai
più difficili conflitti del mondo. E hanno scoperto che, anche se li unisce
il celebre premio, a dividerli sono spesso le idee.
Il programma, intitolato "Alla ricerca della pace", è stato presentato da
Jonathan Mann. Alcuni premi Nobel ritengono che la vera pace si possa
ottenere solo abbattendo confini e divisioni, senza alcun uso della
violenza. Altri, al contrario, ritengono che certi atti di violenza siano a
volte indispensabili per mettere fine a certe ingiustizie. E come esempi
citano l'Olocausto nazista durante la seconda guerra mondiale, la pulizia
etnica in Kosovo e il regime dei talebani in Afghanistan. Tutti eventi
storici ai quali si è messo fine solo con una guerra.
Jody Williams, che nel 1997 ha vinto il Premio Nobel per la pace come
leader del movimento internazionale per la proibizione delle mine
anti-uomo, non è d'accordo con gli interventi militari. "Abbiamo dedicato
la nostra vita, il nostro lavoro, alla ricerca di soluzioni diverse. In
questo momento, sull'onda di una vittoria apparente, la gente viene spinta
a credere che la violenza è una risposta adeguata al terrorismo. I temo
che, nel lungo periodo, capiremo che non è così".
Ma Jose Ramos Horta, il Nobel di East Timor, non è d'accordo. Riferendosi
alla storia del proprio Paese,, ha detto: "Durante l'anno di maggior
violenza contro di noi, abbiamo invocato infinite volte l'intervento
esterno. Se questo intervento non vi fosse stato, noi oggi saremmo solo
degli schiavi. Se gli Stati Uniti non fossero intervenuti nella seconda
guerra mondiale, tutti gli ebrei sarebbero stati uccisi". "Io sarei stato
favorevole a un intervento esterno in Cambogia per fermare le stragi degli
anni Settanta. E' facile dire che non bisogna lanciare una guerra per
fermare un'altra guerra, ma quali sono le conseguenze di tale mancato
intervento?".
Jose Ramos Horta è il Nobel per la pace che ha avviato un forum di
discussione su Internet che abbraccia proprio questi temi. Il sito si
chiama thecommunity.com. Diversi Nobel hanno inviato I propri commenti dopo
gli attentati dell'11 settembre. In otto hanno chiesto agli Stati Uniti di
"astenersi da qualsiasi risposta militare", invocando la carta delle
Nazioni Unite. Rigoberta Menchù, che nel 1992 ha vinto il premio per il suo
lavoro a favore dei diritti degli indigeni in Guatemala, è una dei Nobel
contrari alla guerra.
La discussione si è infuocata quando è stato affrontato il Medio Oriente.
"La pace non è facile, richiede pazienza. E' impossibile ottenere risultati
in breve tempo", ha detto Oscar Arias Sanchez,del Costa Rica, vincitore del
1987. "ma soprattuto la pace si costruisce quando c'è fiducia. E la fiducia
si costruisce solo sedendosi attorno allo stesso tavolo e discutendo. Io
lancio un appello a palestinesi e israeliani: non abbiate paura del
dialogo". Sanchez, che ha lavorato per mettere fine a diversi conflitti in
America Centrale, vuole andare in Medio Oriente per facilitare la ripresa
del dialogo.
Il ministro degli esteri di Israele, Shimon Peres, un altro vincitore del
Nobel per la Pace, ha risposto a Sanchez: "Possiamo ricominciare a
costruire fiducia reciproca solo dopo che è stato raggiunto un cessate il
fuoco, una tregua. Solo allora possono riprendere I negoziati". (Cnn)
FONTE: www.vita.it