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Lettera aperta alle organizzazioni sindacali bresciane
Lettera aperta alle organizzazioni sindacali bresciane
Siamo un gruppo di lavoratori e lavoratrici (metalmeccanici, scuola,
ospedalieri, comunali, università...) iscritte e non alle organizzazioni
sindacali bresciane.
Alcuni/e di noi, il giorno dopo il crimine compiuto negli Stati Uniti, hanno
aderito all'iniziativa indetta dalle Confederazioni in Piazza Loggia.
Altri/e no, perché non ritenevano adeguata la forma del "tutti a casa"
(sciopero a fine turno) davanti ad un avvenimento che per la sua enormità
chiedeva un momento di confronto, riflessione ed approfondimento razionale,
di là dalla pur giustificata risposta emotiva che sentivamo di esprimere
come persone, individualmente.
Chi ha partecipato a sit-in sindacale ha ascoltato parole generose e solenni
impegni nel caso che...
Ora siamo in guerra! Così ci è stato detto da Bush, Bin Laden e Berlusconi.
E con le parole non si scherza. I governi occidentali hanno deciso, a nome
nostro, ma non ci hanno chiesto se siamo d'accordo. Era ed è un nostro
diritto dire di sì o di no. Ma tant'è.
L'unica cosa evidente, a questo punto, è che ci sono già le vittime civili:
migliaia di uomini, donne e bambini fuggiti dal loro Paese e che per l'Alto
commissariato per i rifugiati delle NU già rappresentano una vera e propria
"catastrofica emergenza umanitaria". A questi vanno aggiunte le prime decine
di morti causate dai missili statunitensi ed inglesi; loro unica colpa è di
essere afghani e di trovarsi nel luogo giusto (nelle loro case, botteghe ed
ospedali) al momento sbagliato (i bombardamenti "chirurgici").
Come in altre occasioni (Golfo ex Jugoslavia, Kosovo), alle condivisibili
dichiarazioni o ai documenti ufficiali, anche in questa occasione le
organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, non hanno fatto
seguire la scelta più semplice, umana, politicamente coerente con tali
impegnative premesse: dichiarare uno sciopero, e non tanto per dimostrare
che il mondo del lavoro è contro la guerra, qualsiasi guerra, ma soprattutto
per testimoniare che per noi non ci sono né potranno mai esserci vittime di
prima e seconda categoria; che la morte, ogni morte, pesa come un macigno
sulla coscienza di tutta l'umanità, e che davanti a ciò ognuno di noi è più
povero ("ogni morte mi diminuisce" diceva il poeta) perché privato della
prossimità dell'Altro, dovunque esso viva, lavori, riposi. La sofferenza e
la morte di innocenti per mano di terroristi o sotto le bombe, non hanno
confini, bandiere, lingue, culture: si manifesta sempre nella sua oscena
rappresentazione di distruzione, di annullamento. La si esibisca con
parossistica ed insistita frequenza mass-mediatica, come nel caso delle due
Torri, o la si nasconda dietro agli asettici bagliori di un notturno
bombardamento "intelligente", resta e rimane tale: la morte non di una
moltitudine indistinta, ma quella di singoli esseri umani, ognuno dei quali
aveva un nome ed un cognome, abitava in un casa, commerciava sulla piazza
del suo paese o svolgeva un "lavoro immateriale" in un ufficio nel centro di
New York. Ce ne sono state fin troppe di queste morti: 33 milioni nel
secolo appena trascorso, e 875 mila solo negli ultimi dieci anni. Vittime
dimenticate, taciute, rimosse dalla nostra coscienza di "gente civile". Per
quanto tempo ancora dovremo assistere a questa infinita "strage degli
innocenti"?
Quello che chiediamo allora, è uno "sciopero umanitario", che se non potrà
fermare la guerra, per lo meno servirà, forse, a riconciliare ognuno di noi
con una certa idea di dignità personale e di giustizia.
Ed i sindacati con un pratica di coerenza politica.
Tutto il resto sono parole.
Grazie dell'ospitalità.
R. Assettini, M. Bertocchi, G. Bettini, M. Bracchi, R. Cagni, F. Carrari, G.
Chittò, M.T. Cobelli, M. Cortese, R. Cucchini, C. De Benedetto, L. Dicaro,
C. Edalini, G. Faglia, C. Ferrari Aggradi, M. Fredi, V. Lancellotti, R.
Luterotti, D. Maccarone, A. Martina, I. Mazzola, M. Mora, M. Moretti, M.
Palamenghi, E. Pasotti, F. Piazza, M. Ravelli, M. Renzi, M. Ruzzenenti, C.
Santoro, W. Saresini, C. Siboni, A. Simoni, M. Taborelli, F. Tedoldi, E.
Tonioli,
Brescia,10.10. 2001