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Una opposizione a due punti



Ad alcuni amici dell'area nonviolenta

UNA OPPOSIZIONE A DUE PUNTI DI UN TESTO DI ENRICO EULI

Carissimi,
vi mando come anticipazione la nostra nota di presentazione dell'intervento
di Enrico Euli che pubblicheremo su "La nonviolenza e' in cammino" (nel n.
184 del primo agosto), intervento che e' gia' disponibile in rete in vari
siti.
Proprio in considerazione del valore personale e della collocazione
nonviolenta di Enrico Euli, ci sembra necessario esprimere una opposizione
netta su due punti.
Alla nota allego anche un nostro intervento sulla nonviolenza ed i centri
sociali, estratto da "La nonviolenza e' in cammino" n. 178 del 26 luglio.
Cordialmente,

Peppe Sini
responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo
tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Viterbo, 29 luglio 2001

* * *

NOTA DI PRESENTAZIONE
DI "ENRICO EULI: LETTERA APERTA AL GENOA SOCIAL FORUM"
[Riprendiamo dal sito della Rete di Lilliput questo intervento di Enrico
Euli. Enrico Euli, pacifista nonviolento, e' una degnissima persona e un
vecchio caro amico, ma due punti del suo intervento possono dar luogo ad
interpretazioni totalmente inaccettabili, ed occorre quindi uno
schiarimento: il passo del suo intervento in cui e' scritto che "la
creativita' dei movimenti si e' espressa: dalla preghiera alle spranghe,
dalle animazioni teatrali alle parate con tute e caschi, dai blocchi
nonviolenti dei varchi agli assalti mortali", ebbene, questo brano e' una
cosa mostruosa: nelle sprangate e nelle parate paramilitari come negli
assalti mortali non c'e' nessuna creativita', e chi li compie non fa parte
del nostro movimento: sono orribili atti fascistoidi, criminali e assassini,
e chi li compie e' un nostro nemico mortale. Secondo: non si puo' essere
ambigui rispetto alle posizioni cosiddette delle "tute bianche" ed ai
proclami bellicosi del loro portavoce non a caso assiduamente coccolato dai
mass-media di regime; le loro posizioni mistificanti, autoritarie,
intolleranti e violentiste vanno contrastate e sconfitte, senza alcuna
esitazione. Anche nei centri sociali occorre portare la proposta teorica e
pratica della nonviolenza (un'esperienza in cui cio' e' accaduto e' quella
di Viterbo, dove la cultura della nonviolenza e' stata fatta propria in modo
limpido dal centro sociale occupato autogestito).
Enrico Euli e' da molti anni impegnato nei movimenti per la pace, formatore
alla nonviolenza (ha collaborato anche con Alberto L'Abate), fa parte della
cooperativa "Passaparola" di Cagliari impegnata in attivitą di educazione
alla pace. Opere di Enrico Euli: cfr. AA. VV., Percorsi di formazione alla
nonviolenza, Pangea 1996]

* * *

ALLEGATO
ESPERIENZE. PEPPE SINI: LA NONVIOLENZA NEI CENTRI SOCIALI
Ho sempre trovato che attribuire ai centri sociali occupati autogestiti (per
abbreviare: csoa) un'etichetta di violenti a tutti i costi fosse una
colossale mistificazione.
Sicuramente in alcuni centri sociali prevalgono comportamenti irresponsabili
e ideologie ambigue, o peggio, sulla violenza (ideologie e comportamenti
spesso legati ad un modo semplificato di analizzare le questioni ed al
riprodursi, anche li' come in molti altri ambiti della societa', di culture
gerarchiche e militariste ed atteggiamenti viriloidi ed irrazionalisti), ma
non e' affatto sempre cosi'.
Porto un esempio personale: sono tra le persone che nel 1993 occuparono
un'area abbandonata di Viterbo (che diversi decenni fa era l'officina che
produceva il gas per l'illuminazione della citta') ed ho avuto l'onore e il
piacere di essere stato, povero vecchierello tra ragazzi di parecchi anni
piu' giovani di me, rappresentante delle istituzioni che partecipava ad
un'occupazione, il primo dei denunciati per quell'iniziativa; dico l'onore e
il piacere perche' il centro sociale occupato autogestito di Viterbo e' da
quasi un decennio uno dei luoghi piu' vivi ed umani e accoglienti della mia
citta'.
Nel centro sociale "Valle Faul" di Viterbo si e' svolta una approfondita
riflessione sulla violenza e sulla nonviolenza, riflessione che ha visto
prevalere la scelta della nonviolenza come convizione autentica di quanti
partecipano dell'esperienza di questo csoa. Merito, credo, anche del fatto
che soprattutto le donne impegnate in questa esperienza, ed egemoni nella
riflessione, vi hanno portato la saggezza, l'intelligenza, la concretezza e
la generosita' proprie delle culture femministe, e merito anche del fatto
che di questa esperienza partecipino anche persone molto anziane e bambini
molto piccoli.
Sta di fatto che questo centro sociale ha piu' volte organizzato nel corso
degli anni prolungati corsi di formazione alla nonviolenza (corsi non di
qualche ora o qualche giorno, ma in alcuni casi proseguiti per mesi con
decine di incontri ed esercitazioni: il primo training nonviolento si svolse
all'inizio stesso dell'occupazione); ed ha organizzato molte iniziative
tutte caratterizzate dalla scelta esplicita e cogente della nonviolenza come
metodo e come valore. Qui abbiamo sperimentato la scrittura collettiva sul
modello della scuola di Barbiana. Qui si e' organizzata la preparazione
dell'azione diretta nonviolenta delle mongolfiere per la pace che nel 1999
per qualche ora contrasto' efficacemente il decollo dei bombardieri
stragisti di Aviano. Insieme abbiamo organizzato la campagna nonviolenta
contro la schiavitu'. Insieme abbiamo realizzato la protesta rigorosamente
nonviolenta ad un convegno a Viterbo di filonazisti. In questo centro
sociale si sono svolte numerose e straordinarie iniziative culturali,
sociali e politiche e si e' offerta ospitalita' a chiunque ne avesse
bisogno. Perche' il centro sociale, almeno quello di Viterbo, e' anche
questo: a tutti offrire accoglienza, un pasto, un tetto, il diritto di
parola e di ascolto.
Nei centri sociali la nonviolenza puo' ben essere quindi di casa: a Viterbo
essa e' convincimento profondo e sentire comune, esperienza concreta e
quotidiana; certo, molto spesso in altri centri sociali prevalgono invece
quelli che gridano piu' forte, prevalgono quelli che (talvolta senza
rendersene conto) riproducono l'autoritarismo, il militarismo, il
maschilismo, la violenza, la menzogna e l'ipocrisia piu' beceri. E tuttavia
in tutti i centri sociali la nonviolenza ha infinite occasioni, trova cuori
aperti all'invito, puo' divenire la base o "l'aggiunta" (per dirla con
Capitini) di una nuova cultura politica rivoluzionaria limpidamente
egualitaria, limpidamente liberatrice, limpidamente rispettosa della
dignita' di ogni essere umano.
Sarebbe bene che gli amici della nonviolenza lavorassero nei centri sociali;
contendessero in un dibattito esplicito ed intransigente ai confusi, ai
cialtroni ed ai violentisti l'egemonia; facessero conoscere a tutti i
frequentatori la ricchezza (la vastita', l'incompiutezza, la
sperimentalita', l'apertura) della nonviolenza come lotta e come
riflessione, come strategia e come progetto, come scelta morale ed azione
politica. Senza farne un dogma, senza farne un'ideologia (poiche' la
nonviolenza non e' ne' l'uno ne' l'altra, essa e', per dirla con Gandhi,
"adesione alla verita, forza della verita', storia di esperimenti con la
verita'": ovvero ricerca, lotta, solidarieta'.
Io credo, per personale esperienza, che nei centri sociali la nonviolenza
puo' molto crescere ed insieme farebbe maturare persone, le renderebbe piu'
limpide e piu' consapevoli, piu' responsabili e quindi migliori nell'agire e
nel discutere. E le doterebbe di strumenti ermeneutici ed operativi
assolutamente necessari in vista dei compiti morali e civili che a tutti
incombono.
I centri sociali sono uno straordinario laboratorio sociale, culturale e
politico; in molti dei migliori animatori e delle migliori animatrici di
essi la nonviolenza, seppur inconsciamente, e' gia' un valore radicato e una
pratica vissuta: perche' aver paura di dirlo? Perche' soggiacere a certe
grottesche caricaturali ideologie ed ai soliti leaderini che senza saperlo
fanno le scimmie di Sorel e gli epigoni di Dulcamara, gonfi di tracotanza e
retorica tanto intollerante e sciovinista quanto dereistica e subalterna, di
inquietante ipocrisia, di palese obnubilamento morale e intellettuale?
Ragioniamoci, e diamoci da fare.