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paradossi - riflessione di Enrico Euli
PARADOSSI
Legalitari.
Una delle sensazioni pi˜ paradossali per un pacifista nonviolento, giý
vissuta ripetutamente ogni qual volta il livello dello scontro tra l'azione
politica e gli apparati dello stato si innalza, Ë quella che deriva dalla
apparente sorpresa che le organizzazioni democratiche manifestano difronte
ai soprusi e alla sospensione dello stato di diritto da parte della polizia,
degli eserciti, delle istituzioni pubbliche.
E' come se, in loro, la fiducia nello stato fosse pi˜ alta di quella dei
suoi rappresentanti e dei suoi funzionari.
Ed Ë per questo che ogni volta sembrano stupirsi.
Io posso capire che gli avvocati ed i giuristi si arrabattino in questi
giorni a garantire la legge.
Posso capire che il centro sinistra sbraiti dagli scranni del Parlamento
contro i Ministri di turno.
Ma vorrei che un movimento nonviolento come Ë quello di Seattle e di Porto
Alegre sappia partire da un'analisi critica e scettica dello stato e della
democrazia, da una visione consapevole della militarizzazione e della
finanziarizzazione della politica, intese come norma e normalitý e non come
sorprendente e repentina apparizione.
Responsabili.
Giý in altre situazioni mi Ë capitato che i coordinamenti intergruppi,
simili al GSF, vadano a squagliarsi in quanto tali, tanto pi˜ si avvicinano
le azioni per le quali sono nati.
Un bel paradosso !
Centinaia di associazioni ed organizzazioni politiche, sociali e culturali,
aderiscono ad un appello contro il G8 a Genova, si incontrano per mesi, si
barricano per giorni in luoghi inaccessibili ai pi˜, costruiscono calendari,
programmi, alleanze, e poi...
Alla fine, arrivano i giorni delle manifestazioni e non li trovi pi˜.
SÏ, resta il portavoce, con la scorta.
Ma tutti gli altri tornano ai loro ovili, ad organizzare i loro spezzoni di
corteo, le loro azioni, i loro interventi sulla stampa. E lasciano
abbandonata la casa comune.
Quel che Ë accaduto alla scuola Diaz sabato sera e notte non Ë stata
soltanto colpa di cattivi poliziotti.
Creativi.
Anch'io non avrei rinunciato ad essere in piazza, con pi˜ persone possibili,
il 21 luglio scorso.
Ma la scelta del GSF di confermare il corteo mi ha fatto rabbrividire.
Giý nei mesi scorsi appariva chiara ad alcuni la maggiore pericolositý delle
forme di manifestazioni previste per il 21 anche rispetto alle azioni
dirette del 20.
Che non ci si preparasse ad una Perugia-Assisi era evidente, almeno a me.
Molti dubbi mi sono venuti quando, col procedere dei giorni (e delle bombe,
e degli scontri, e delle infiltrazioni...), nessuno metteva in dubbio la
scelta del corteo.
Scelta confermata anche la notte del 20, dopo tutto quello che era successo
nella giornata.
La domanda Ë questa: siamo davvero sicuri, ancora una volta, che gli
svantaggi ed i rischi non fossero superiori ai vantaggi e alle opportunitý ?
Non si Ë rivelato, ancora una volta, un ritualismo deficitario in creativitý
?
Le grandi organizzazioni non hanno in questo modo privilegiato la loro
esigenza di immagine anche a repentaglio dell'incolumitý dei loro stessi
militanti ?
Non erano possibili altre scelte, pur di massa ? Sit-in in varie piazze
della cittý, una enorme catena umana che assediasse davvero e potentemente
la zona rossa della vergogna, un die-in dinanzi a tutte le sedi
istituzionali della cittý, ed altro ancora...
E se qualcuno, anche dentro il GSF, avesse voluto fare il corteo, e
mescolarsi con tutti quelli che, non a caso, del GSF non fanno parte, perchË
impedirglielo ?
Marcare una differenza, fare chiarezza, esprimere distinzioni Ë e sarý il
modo migliore per non dividersi e per non separarsi.
enrico euli
26.7.2001