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I: I kurdi e noi: una piccola provocazione...
LETTERA AI COMPAGNI/E DI ROMA E NON SOLO
Questo articolo uscirà domani sul Manifesto. Lo diffondo preventivamente in
rete perchè mi piacerebbe che coloro che in questo momento (e da settimane,
da mesi...) giustamente si interrogano e si preparano all'opposizione agli
otto Grandi, si ponessero il problema dell'assenza totale di questo
movimento nel momento in cui un piccolo grande popolo rimosso afferma la
propria irriducibile soggettività (e si prepara a farlo, rischiando forse
qualcosa di più di me e di voi, anche a Genova).
Infatti duecento profughi kurdi oggi erano quasi soli, loro e la polizia,
nell'afa di Largo Chigi. E non per la prima volta.
E' o non è il popolo kurdo (come i popoli indigeni, il palestinese...) fra
le principali vittime di una globalizzazione che è nuova gerarchia
planetaria e rimozione totale di continenti, popoli, soggetti? Di più: è o
non è fra le principali forze al mondo che, con più o meno chiara coscienza
di sè ma con la forza di milioni di esseri umani, si batte
"irriducibilmente" contro il nuovo ordine mondiale? Allora: fuori dalle
diatribe spesso onanistiche e autoreferenziali sulle forme di confronto di
piazza, non è con questo e altri soggetti che un movimento deve
confrontarsi e interagire? E come si fa, se non entrando nel vissuto
concreto di uomini e donne segnati dalla tortura - almeno nel momento in
cui decidono di "manifestarsi"? E lo decidono, guarda un po', praticando a
livello di massa e con rischi immensamente superiori quella "disobbedienza
civile" di cui tanto ultimamente si parla, e talvolta si straparla.
Dovevate sentirlo, il fiume in piena di autodenunce che si sono riversate
in diretta per 48 ore su due mail, cinque fax e dieci linee telefoniche
attivate per l'occasione dall'emittente via satellite Medya-Tv: gente che
chiamava dai luoghi del terrore puro, da Bingol, da Silopi, da Lice e Kulp,
ma anche da Berlino e Londra dove il Pkk è altrettanto illegale, e diceva:
basta, che vengano a prendermi se vogliono, mi chiamo così e così e sono
kurdo, lo dico e lo grido nella mia lingua vietata, e voglio Ocalan libero
e il suo partito legittimato, perchè è il mio partito, e se saremo
centinaia di migliaia a dirlo non basteranno le galere... Finora sono più
di centomila!
All'ultima riunione del RAGE, il "Social Forum" di Roma, che aveva
formalmente assunto la manifestazione dei kurdi di oggi (ma anche il
presidio degli immigrati di lunedì prossimo) nel suo percorso, dissi che mi
bastava che venissero un quarto dei duecento compagni e compagne riuniti
quella sera. Ero fin troppo ottimista... Scusate l'amarezza: ma vogliamo
smetterla di ammirare il nostro ombelico, e porci qualche domanda sul
nostro "essere nel mondo"?
Rilancio. Mi basterebbe che uno/a su diecimila, fra coloro che saranno
(saremo) a Genova, decida il 22 luglio di sacrificare un milione di lire e
dieci giorni di tempo, e di partire da Milano per Istanbul per accompagnare
la missione dell'Hadep sulle tracce dei "disaparecidos" nell'estremo est
della Turchia. Uno/a su diecimila... E' troppo?
Discutiamone, per favore. Ciao a tutti/e.
Dino Frisullo
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DAL "MANIFESTO" DI DOMANI, 12 LUGLIO
"Non c'è vita senza libertà, siamo tutti Ocalan": l'unisono di duecento
voci ieri rimbombava nella piazza assolata fra Montecitorio e palazzo Chigi.
Anche i bambini portavano con orgoglio i cartelli "Sono kurdo, rivendico la
mia identità, sostengo il Pkk", il leitmotiv della campagna di
disobbedienza civile che ha coinvolto in poche settimane quasi centomila
kurdi anche laddove, in Turchia ma anche in Inghilterra, Francia e
Germania, questa dichiarazione può costare anni di carcere.
E giocavano, i bambini, intorno alla grande nave di legno e cartone
costruita in una notte di lavoro nel centro Ararat, autogestito e abitato
ormai da cento profughi nel quartiere romano di Testaccio (più uno: è in
arrivo il primo "figlio dell'Ararat"). I loro genitori guardavano con un
sorriso amaro la scritta sulle fiancate: "Questa nave ha già portato in
Europa un milione di kurdi".
Le firme italiane, insieme a un appello analogo sottoscritto fra gli altri
da Gianni Minà, Alex Zanotelli, don Ciotti e Giovanni Conso, sono state
consegnate ai commessi del Palazzo. Né le commissioni Esteri né il governo
hanno trovato il tempo, nel giorno dedicato al dibattito sul G8, di
incontrare i rappresentanti del popolo più radicalmente negato dalla
globalizzazione. Ad eccezione di due deputati verdi non si sono fatti
vedere neppure i parlamentari dell'attuale opposizione, ma mancava
vistosamente anche quel "popolo del Social Forum" che pure a Roma aveva
fatto propria l'iniziativa dei kurdi. Forse senso di colpa dei primi, certo
colpevole strabismo dei secondi.
Molti dei profughi che ieri manifestavano a Roma attendono da anni l'asilo,
ma si chiedevano se sia preferibile la procedura sommaria a cui in questi
giorni sono sottoposti, dinanzi alla commissione ministeriale volata
appositamente nell'aeroporto militare di Foggia, i seicento kurdi appena
sbarcati a Crotone.
Ma i discorsi e i pensieri volavano altrove.
In Turchia, dove i militari vorrebbero obbligare milioni di sfollati a
firmare dichiarazioni che attribuiscono al Pkk la responsabilità dell'esodo
e della distruzione dei loro villaggi, mentre avviano una nuova spedizione
militare oltre frontiera nel Behdinan kurdo-irakeno. In Germania, dove
migliaia di kurdi sono in marcia per duecento chilometri per rivendicare la
loro identità.
Ed a Strasburgo dove la Corte europea, in attesa dell'udienza del 30 agosto
sul caso Ocalan, sta facendo grandinare una ventina di condanne per torture
e maltrattamenti su una Turchia il cui ineffabile ministro della Giustizia
Sami Turk rivendicava ancora ieri come "necessario e tempestivo" il
massacro di Natale nelle carceri - e i morti per fame sono ormai ventotto,
quindici i moribondi.
La stessa Corte ieri ha condannato la Germania per il processo a Duran
Kalkan, per sei anni detenuto in isolamento perché militante del Pkk ed
oggi membro del suo Consiglio di presidenza. A quando la rimozione dei
divieti per il partito di Ocalan e le altre organizzazioni kurde, almeno in
Europa?