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Diritto d'autore : una minaccia per i professionisti ?
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Diritto d'autore : una minaccia per i professionisti ?
di Carlo Gubitosa <c.gubitosa@peacelink.it>
"Chiunque abusivamente duplica, per trarne profitto, programmi per
elaboratore o ai medesimi fini importa, distribuisce, vende, detiene a
scopo commerciale o imprenditoriale o concede in locazione programmi
contenuti in supporti non contrassegnati dalla Società italiana degli
autori ed editori (SIAE), è soggetto alla pena della reclusione da sei mesi
a tre anni e della multa da lire cinque milioni a lire trenta milioni".
Quello che avete appena letto e' l'articolo 171 bis della legge sul diritto
d'autore, la 633/41, modificata sotto l'ombrellone il 18 agosto scorso con
l'approvazione della legge 248/2000, che include anche il "profitto",
ovvero la semplice duplicazione senza scopo di lucro, nella lista dei
"crimini" punibili con la galera fino a tre anni.
Interpretando alla lettera il testo della legge anche la semplice
"detenzione a scopo imprenditoriale" di programmi privi del "bollino blu"
Siae, contenuti su "supporti non contrassegnati" puo' essere sufficiente
per far scattare le sanzioni penali previste per tutelare, almeno in
teoria, il diritto d'autore.
Le modalita' con cui verra' fatto rispettare questo "obbligo di
bollinatura" non sono ancora del tutto chiare, cosi' come non e' ancora ben
chiaro l'effetto che questa disposizione di legge potra' avere sulle
attivita' dei programmatori, dei professionisti del settore
dell'informatica e di chi in generale utilizza software per motivi di lavoro.
La formulazione ambigua di questa nuova legge lascia spazio a molti dubbi:
l'hard disk di un computer rientra tra i "supporti" informatici che
dovranno essere bollati con le etichette Siae ? La detenzione di programmi
privi del bollino Siae, acquistati prima dell'entrata in vigore delle
modifiche al diritto d'autore, e' perseguibile penalmente ? I programmatori
devono ritenersi obbligati ad apporre il fatidico contrassegno anche sui
supporti contenenti programmi realizzati in proprio ed utilizzati "a scopo
imprenditoriale" per la propria attivita' lavorativa ? Chi stampa a scopo
didattico dispense, lucidi per lavagne luminose o altri "supporti" cartacei
contenenti il codice di un programma e' tenuto a bollinare ciascuno di
questi supporti ?
Se vi sembra assurda l'idea di dover applicare il bollino Siae anche
all'hard disk del vostro computer, a programmi scritti da voi stessi, a
tutti i programmi che utilizzate per lavoro e ad ogni singola pagina
scritta contenente codice informatico, provate a chiedervi quali e quanti
oggetti in vostro possesso possono essere catalogati come "programmi
contenuti in supporti non contrassegnati dalla Siae". A voler interpretare
la legge in termini rigorosi, anche il titolare di una lavanderia che
utilizza per scopo imprenditoriale i "programmi" di lavaggio memorizzati in
un "supporto" chiamato lavatrice e non contrassegnato dalla Siae, puo'
rischiare da sei mesi a tre anni di carcere. Di fronte all'assurdita' delle
possibili interpretazioni di questa legge, abbiamo cercato di fare
chiarezza consultando Siae, Guardia di Finanza, Polizia Postale e delle
Telecomunicazioni, magistrati e avvocati che si occupano di diritto di autore.
Tutte le fonti contattate, pur non sbilanciandosi in dichiarazioni
ufficiali, concordano nel considerare illecita la detenzione di programmi
per elaboratore contenuti su supporti non contrassegnati, e secondo alcuni
l'applicazione del bollino a carico del detentore e' obbligatoria anche se
i programmi sono stati acquistati quando i contrassegni Siae non erano
ancora obbligatori. Proprio in base a questa interpretazione, una libreria
si e` vista sequestrare recentemente tutti i CD regolarmente acquistati
poiche' privi del fatidico bollino. Secondo i responsabili delle forze di
Polizia interpellati, l'intervallo di un mese tra la pubblicazione della
legge e la sua entrata in vigore sarebbe servito proprio a regolarizzare
questo tipo di situazioni.
In base all'articolo 181-bis della nuova legge, quando i "supporti
contenenti programmi" vengono acquistati all'estero, "l’importatore ha
l’obbligo di dare alla SIAE preventiva notizia dell’ingresso nel territorio
nazionale dei prodotti". Un professionista che ha urgentemente bisogno di
un programma acquistato in un altro paese e' pertanto tenuto a passare
attraverso la burocrazia Siae prima di poter entrare in possesso del
software necessario alla sua attivita' lavorativa. Lapidaria la risposta
data dalla Siae di Roma: "se lei importa un CD per giocare non c'e`
problema, se lo usa nel suo lavoro deve bollinare".
Anche la procedura per l'ottenimento dei bollini e' piuttosto laboriosa,
dal momento che gli uffici Siae autorizzati all'emissione dei bollini sono
presenti solo in pochissime citta' italiane, e per richiedere i
contrassegni e' necessario recarsi personalmente in uno degli uffici
abilitati. Dopo aver riempito numerosi incartamenti (disponibili solamente
presso l'ufficio e non richiedibili a distanza) e dopo aver pagato il
dovuto per i bollini richiesti, bisogna ripassare dagli sportelli Siae,
dopo un tempo variabile tra una e tre settimane, per ottenere i sospirati
rettangolini di carta adesiva. Inoltre questa trafila burocratica va
effettuata separatamente per ogni differente supporto detenuto o importato,
in modo da permettere l'identificazione del titolo, che in alcuni casi puo'
essere addirittura impossibile. Il piu' emblematico di questi casi riguarda
il sistema operativo Linux, e i programmi di utilita' ad esso collegati,
centinaia di componenti e applicazioni di sistema che in teoria dovrebbero
essere elencati e catalogati nell'angusto spazio di un bollino. Nel caso in
cui il supporto sia il disco rigido di un calcolatore non e` nemmeno
pensabile apporre decine o centinaia di contrassegni, anche perche` il
contenuto di un hard disk e` altamente dinamico.
Le aziende o i professionisti che realizzano in proprio dei programmi per
la propria attivita' imprenditoriale dovrebbero applicare ogni mattino i
contrassegni Siae su tutti i loro supporti informatici, con il rischio di
una visita serale della finanza e la conseguente incriminazione per i
programmi scritti durante il pomeriggio e non ancora bollinati.
Per quanto riguarda l'inclusione della carta tra i supporti soggetti agli
obblighi della nuova legge, basta pensare che l'intero codice sorgente del
sistema operativo Minix viene distribuito su carta per scopi didattici,
confermando che anche la carta non va affatto ignorata come mezzo di
distribuzione e supporto per i programmi. Chi ha l'abitudine di
giocherellare con carta e penna durante le telefonate da oggi in poi stia
in guardia: scarabocchiare distrattamente del codice informatico su un
pezzetto di carta potrebbe essere un motivo per finire in galera. Poiche`
il reato e` perseguibile d'ufficio (a causa della sua natura penale) non
occorre nemmeno l'esposto di una parte lesa per ricevere la visita delle
forze dell'ordine e il sequestro del proprio materiale lavorativo. In
questo contesto non e` da escludere che prima o poi venga organizzata a
scopo "didattico" una grande retata in tutta Italia per scoraggiare ogni
ulteriore atteggiamento "criminale", come del resto e' gia' avvenuto nel
1994 con una sconsiderata operazione a tappeto della guardia di finanza che
in nome della lotta alla "pirateria informatica" ha messo in ginocchio i
circuiti della telematica sociale italiana e delle reti di BBS.
La nuova legislazione riesce a rendere potenzialmente illegale ogni
utilizzo di programmi nell'ambito dell'attivita` professionale, rendendo la
vita difficile anche a chi volesse praticare la strada della
regolarizzazione. Particolarmente grave risulta la quantita' di rischi
legati ad ogni tipo di produzione di software, rischi paradossalmente
generati dalla stessa legge che dovrebbe tutelare gli autori.
L'applicazione letterale del nuovo diritto d'autore sul software sarebbe
sufficiente per mettere in ginocchio tutta l'attivita` ingegneristica e il
mondo della piccola e media impresa italiana. Anche in assenza di
applicazioni concrete, la semplice esistenza di una legge di questo tenore
risulta comunque una costante minaccia per ogni attivita` produttiva anche
solo minimamente correlata con la tecnologia, a tutto vantaggio dei grandi
produttori di software che hanno solo da guadagnare con la sparizione dei
"pesci piccoli" e dei programmatori indipendenti.
Per fare un po' di chiarezza sulle nuove norme relative al diritto d'autore
sul software, il 5 marzo scorso l'Associazione Software Libero
(www.softwarelibero.org), ha indirizzato una lettera aperta alla Siae,
sollevando alcuni pesanti interrogativi, che riportiamo testualmente:
perche' richiedere l'apposizione del bollino per la distribuzione di
software i cui autori non sono, né vogliono essere tutelati dalla Siae ?
Nel caso di software libero, distribuito con una licenza ne consente la
copia e impedisce restrizioni alla libera redistribuzione, l'assenza di
bollino è sufficiente per qualificare la copia come abusiva? Chiunque
lavori e tragga il suo sostentamento dallo sviluppo di software detiene a
scopo di profitto programmi nel suo hard disk e li distribuisce a i suoi
clienti. Deve pertanto essere apposto il bollino anche su tutti i computer
con i quali si lavora? Che cosa succede nel caso in cui il software sia
stato scaricato o distribuito via Internet? Deve essere apposto un bollino
sul supporto su cui è stato scaricato? Cosa succede per il software che uno
possiede già da prima dell'entrata in vigore della legge e che si trova su
supporti senza bollino? Cosa succede per i programmi di cui si è autori in
prima persona? La detenzione di un proprio programma (in ambito
professionale) richiede la bollinatura? Cosa succede per i supporti
contenenti programmi che vengono importati dall'estero e quindi sono privi
di bollino?
Messa di fronte a queste domande pertinenti e articolate, la Siae ha deciso
di rispondere senza confermare o smentire nulla, con una stringata
dichiarazione in "burocratese", che passa la "patata bollente" al Governo.
Nel testo di questa dichiarazione si legge che per avere un quadro
definitivo della situazione bisogna aspettare la "traduzione in italiano"
della nuova normativa, vale a dire il regolamento di esecuzione della legge
248/2000, che dovrebbe essere emanato in futuro con decreto del Presidente
del Consiglio. Quindi, a detta della Siae, i tempi, le caratteristiche e le
modalità di apposizione del contrassegno sui supporti sono "decisioni che
spettano non alla Siae, ma alla Presidenza del Consiglio", e "in attesa che
la materia sia completamente disciplinata da apposite norme, la Siae non
può fornire chiarimenti, né esprimere pareri".
Speriamo che il sospirato regolamento di attuazione riesca anche a
spiegarci come mai, dando per assodato il legittimo diritto alla tutela
delle opere dell'ingegno, alcune di queste opere debbano essere "più
tutelate" di altre. La nuova legge sul diritto d'autore, infatti, introduce
una discriminazione tra la copia del software e la copia di musica. Se da
una parte sono previste severe sanzioni penali per la copia e la detenzione
di software, anche se effettuata per uso strettamente personale, dall'altra
l'articolo 171-ter della stessa legge stabilisce che la duplicazione di
"un’opera dell’ingegno destinata al circuito televisivo, cinematografico,
della vendita o del noleggio, dischi, nastri o supporti analoghi" è punita
solo "se il fatto è commesso per uso non personale", senza introdurre
sanzioni per la semplice "detenzione" di musica, anche se effettuata a
scopo commerciale o imprenditoriale.
E' proprio in virtù di questo articolo che i senatori Stefano Semenzato e
Maurizio Pieroni, nel corso di una conferenza stampa organizzata nel
dicembre del 2000, hanno regalato alcuni Cd-rom contenenti una compilation
di brani musicali scaricati da internet attraverso il sito Napster. I
senatori, nella stessa circostanza, hanno polemizzato apertamente contro la
nuova normativa sul diritto d'autore, presentando un nuovo disegno di
legge, rimasto purtroppo lettera morta, intitolato "Tutela dell'uso
personale e senza fine di lucro nella riproduzione di software, libri di
testo e brani musicali. Modifiche alla legge 248/2000 sul diritto
d'autore", che esclude esplicitamente qualsiasi sanzione per la copia di
software ad uso personale.
Questa iniziativa, stroncata dalla chiusura delle camere che ha preceduto
le elezioni del 2001, è solo uno tra i tanti episodi della guerra tra i
potentati dell'informatica e i sostenitori della copia ad uso personale. In
seguito all'approvazione della legge 248/2000, la BSA (Business Software
Alliance), una organizzazione antipirateria finanziata e diretta dalle
principali aziende informatiche, ha pensato bene di festeggiare con uno
spot realizzato ad arte, che ha come protagonista uomo d'affari sottoposto
ad un confronto di polizia degno di un regime sudamericano. Il chiaro
intento dell'annuncio pubblicitario BSA è chiaramente quello di esercitare
una vera e propria azione di "terrorismo psicologico", prendendo di mira i
singoli utenti di prodotti informatici anziché le grandi catene criminali
di duplicazione abusiva. Lo spot è stato tempestivamente segnalato
all'Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria, secondo il quale la
pubblicità commissionata da BSA non è conforme all'articolo 8 del Codice di
Autodisciplina Pubblicitaria, in base al quale "la pubblicità deve evitare
ogni forma di sfruttamento della superstizione, della credulità e, salvo
ragioni giustificate, della paura"
La pressione esercitata dalle grandi case produttrici di software per
l'approvazione di una legge particolarmente favorevole ai loro interessi è
stata anche esplicitamente ammessa dal senatore verde Stefano Semenzato,
che in una lettera alla rivista web "Punto Informatico" ha dichiarato che
"quando in Parlamento si discutono leggi che muovono migliaia di miliardi
le grandi aziende interessate regolarmente chiedono incontri per convincere
delle loro ragioni. Anzi molto spesso inviano direttamente degli
emendamenti chiedendo ai parlamentari di presentarli e di farli approvare.
E' un lavoro così sistematico che ancora all'inizio di legislatura un
gruppo di senatori verdi ha presentato un disegno di legge per
regolamentare queste attività lobbistiche cercando almeno di renderle
trasparenti. Dire che nell'approvazione della legge 248 si è ceduto troppo
alle lobby di Microsoft e BSA più che una considerazione impresentabile ci
appare una costatazione inoppugnabile".
Di fronte a questo pasticcio legislativo l'unica speranza di salvezza sta
nel buon senso di chi dovra' far applicare concretamente le nuove
disposizioni sul diritto d'autore, cercando di contenere gli effetti
devastanti della totale assenza di buon senso e di responsabilita'
dimostrata da chi ha concretamente contribuito alla stesura di questa
legge. Nel frattempo non ci resta che incrociare le dita e fare una buona
scorta di bollini Siae.
Carlo Gubitosa
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