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Alex Zanotelli: noi lillipuziani...
RITORNANDO in Italia da Korogocho, la baraccopoli alle porte di Nairobi
nella quale vivo ormai da qualche anno, i sotterranei della vita e della
storia, la cosa che ho notato con sempre pił chiarezza, che si respira
nell'aria, e' questo fenomeno sociale dell'"atomizzazione", dove ognuno fa
per se', si rinchiude nel proprio buco e vive la propria vita, generando
disgregazione nella propria comunita' e nella societa'. Direi che questo
forse e' il fenomeno che piu' spaventa e che piu' ci porta alla morte, non
tanto la morte fisica, ma quella interiore propria di una societa' che vive
in funzione di se' stessa, che ha fatto delle cose, dei soldi, il suo
idolo, il suo Dio. Non riusciamo neanche piu' ad esprimerci, a sentire la
bellezza dell'essere insieme, del toccarci, di un cammino comune verso
qualche cosa. Ma l'umanita' puo' esistere solo se la si coniuga al
plurale: io ho bisogno degli altri, ho bisogno della verita' degli altri,
della loro esperienza culturale, di altre culture ed esperienze religiose.
La cosa che mi ha rincuorato, girando per l'Italia, e' che c'e' volonta' di
rinascere, nelle parrocchie e fuori, nei quartieri, di rimettersi insieme,
di creare piccole comunita': c'e' un tentativo chiaro di risalire la corrente.
A differenza del Sud del mondo tuttavia le nostre "comunita' di
resistenza", invece di fare comunita' fra loro vanno ognuna per la propria
strada. Il fenomeno che si coglie a livello di societa' globale influenza
anche i "gruppi di resistenza" per cui ognuno, pur opponendosi a questo
tipo di societa', in fondo non fa altro che riprodurne l'individualismo.
Ognuno va per la propria strada pensando di fare una cosa importante contro
l'impero dei denaro, ma poi ci si scopre impotenti perche' proprio questo
individualismo, conseguenza di questo tipo di economia, lavora anche nelle
"sacche di resistenza". L'impero dei grandi agglomerati economici, invece,
riesce a collaborare e ad autoalimentarsi alla perfezione: e' in questo
meccanismo che pulsa il cuore della globalizzazione. Alla "globalizzazione
economica" noi dobbiamo rispondere con una "globalizzazione dal basso", in
chiave di "resistenza". Si tratta di mettere in atto una "strategia
lillipuziana": i minuscoli lillipuziani, alti appena qualche centimetro,
catturano Gulliver, il gigante predone, legandolo nel sonno con centinaia
di fili. Di fronte alle soverchianti forze e istituzioni globali, la gente
puo', in modo analogo, utilizzare le modeste fonti di potere che ha in mano
e combinarle con quelle in possesso di altri, partecipanti ad altri
movimenti ed in altri luoghi. La "strategia lillipuziana" intreccia molte
azioni particolari, pensate per ostacolare il livellamento verso il basso -
perche' l'economia tende a spostare gli investimenti dove minori sono i
costi - e spingere, invece, il livellamento verso l'alto, per permettere
cioe' ai poveri di elevarsi.
Che cosa possiamo fare? Bisogna innanzitutto collegare gli interessi dei
poveri con i nostri, collegare i soggetti attraverso i confini, le
identita' specifiche con pił ampie comunita'; le problematiche ed i
soggetti sociali; chi e' minacciato, con chi e' marginalizzato; collegare
diverse fonti di potere; collegare le lotte contro l'istituzione come
oggetto di contestazione; collegare la resistenza con il mutamento
istituzionale; collegare questioni economiche e democratizzazione. Questa
e' la vera strategia politica, che dovrebbe nascere in Italia prima di
tutto in chiave regionale. Da qui, dall'esperienza di coordinamento
regionale, ci si potra' muovere verso un coordinamento nazionale, ed avere
forse una piccola equipe, che potrebbe fare da connessione, senza
comandare, ma esercitando al massimo grado, specialmente con gli strumenti
offerti dalla telematica e da lnternet, un'amplissima rappresentativita'
democratica. Si potra' cosi' intervenire e far pesare la propria opinione,
la propria rappresentanza numerica, per l'approvazione di un disegno di
legge, per il boicottaggio o per la comunicazione di esperienze
alternative. La tecnologia che abbiamo a disposizione sarebbe meravigliosa,
se usata per l'uomo e non come esclusivo strumento del mercato.
Anche noi dobbiamo abbandonare i sogni di un tempo, nei quali immaginavamo
di prendere il potere. Oggi, dice Richard, anche se si prende il potere
non si va molto lontano. Alle soglie dei Duemila, quando si puo' governare
solo entro i limiti imposti dal Fondo Monetario, dalla Banca Mondiale e'
irrilevante chi governi, la speranza si sposta dalla politica alla societa'
civile, ai movimenti popolari, affinche' costruiscano un nuovo potere dal
basso. Qualcosa di alternativo, di bello, di gioioso, di felice, che, con
grinta, crei nuove culture, nuove preghiere, nuove maniere di vivere
insieme, nuove prospettive economiche, perche' davvero vinca la vita.
Alex Zanotelli
missionario comboniano a Korogocho (Nairobi)