[News] PeaceLink sull'ILVA: "Impianti rotti e sotto sequestro, nessun compratore ma solo debiti. L'autorizzazione AIA non rivitalizza un'industria in coma"



Comunicato stampa di PeaceLink

Il trionfalismo del governo sull’Ilva è fuori luogo: la realtà è ben diversa

La fabbrica è in coma, servono proposte nuove per il lavoro, la salute e l’ambiente

PeaceLink ritiene fuori luogo le dichiarazioni trionfalistiche del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che durante il congresso della CISL ha annunciato con sollievo il rilascio dell’AIA — Autorizzazione Integrata Ambientale — per lo stabilimento Ilva di Taranto.
«La siderurgia italiana è salva. L’industria italiana può ancora avere il suo acciaio», ha dichiarato Urso.

Ma la realtà è un’altra: sotto la patina di ottimismo, lo stabilimento gestito da Acciaierie d’Italia è un gigante dai piedi d’argilla, con impianti logori, una situazione finanziaria drammatica e nessun vero acquirente all’orizzonte.


Impianti rotti e sotto sequestro

I cinque altoforni sono in condizioni disastrose: uno è fermo da anni, uno è stato demolito, uno è bruciato, uno ha il crogiolo danneggiato e l’ultimo funziona a singhiozzo. Tutta l’area a caldo è sotto notoriamente sequestro per ragioni di sicurezza e inquinamento. L’AIA appena rilasciata non cambia questi fatti né cancella i debiti che continuano a crescere.


Nessun compratore, solo debiti

Nonostante le parole piene di fiducia del governo, nessuna grande multinazionale ha accettato finora di rilevare l’impianto, e l’unico soggetto finora interessato si è ritirato.
Nel frattempo, lo stabilimento brucia oltre 100 milioni di euro al mese, con una montagna di debiti che cresce. Tenere in vita questa fabbrica in queste condizioni significa solo alimentare un pozzo senza fondo.


Un territorio finalmente unito

Ma questa volta qualcosa è cambiato. Tutti gli enti territoriali hanno espresso un parere contrario all’AIA. Un fatto senza precedenti, frutto anche della determinazione e del lavoro di chi da anni chiede la chiusura dell’area a caldo per tutelare salute, ambiente e lavoro.
Rispetto alla grande mobilitazione del 2008-2009, quando 20 mila cittadini scesero in piazza e vennero abbandonati dagli enti territoriali che tradirono i tarantini votando a favore dell’AIA nel 2011, oggi il fronte territoriale è finalmente compatto. Merito anche dell’azione dell’assessore all’Ambiente del Comune di Taranto, Fulvia Gravame, che ha svolto un lavoro paziente, prezioso e insostituibile.


E adesso?

Occorre trasformare questa crepa fra governo ed enti territoriali in una rottura definitiva.
PeaceLink propone che l'Accordo di Programma serva a pianificare la ricollocazione dei lavoratori in esubero, sul modello dell’esperienza di Genova del 2005, coniugando chiusura dell'area a caldo e tutela dei lavoratori.

Non ha senso pompare denaro pubblico in un impianto senza futuro, gravato da debiti insostenibili e macchinari al collasso. Occorrono idee nuove, coraggio e visione. PeaceLink indica una direzione chiara: stop al piano di riarmo e riconversione delle risorse di quel piano in un grande programma economico per il lavoro, la salute e la bonifica.

Il movimento per la pace, quello per l’ambiente e quello per il lavoro devono unire le forze per costruire insieme un’alternativa concreta, giusta e sostenibile per Taranto e per l’Italia.


Alessandro Marescotti

Presidente PeaceLink