Guerre in Libia e Siria. Occhio al Qatar la faccia più moderna della conservatrice Arabia Saudita



Ciao a tutti,
sono stato recentemente a Barcellona e sulla maglietta della fortissima
squadra cittadina (il suo stadio è il più grande d'Europa) campeggia da
quest'anno un nuovo sponsor: Qatar Foundation.
Fino all'anno scorso sulla maglia rosso-blu del Barcellona c'era il
simbolo dell'Unicef.

La Qatar Foundation si caratterizza come un'organizzazione no-profit molto
attiva anche su Facebook, si veda
http://www.facebook.com/QatarFoundationInternational?v=app_4949752878

L'attivismo del Qatar in campo assistenziale, con le sue attività di
beneficienza e di lancio dell'immagine, è qualcosa da seguire con
attenzione. Ad esempio sono sorte attività di supporto ai palestinesi, si
veda ad esempio questo progetto agricolo da 12 milioni di dollari della
Qatar Charity:
http://gulfnews.com/news/gulf/qatar/qatar-foundation-launches-12m-projects-in-palestine-1.811190

E anche nel caso della Freedom Flottilla emerge l'interessamento e
l'ospitalità del Qatar "no-profit", ossia di Qatar Charity:
http://gulfnews.com/news/gulf/kuwait/qatar-honours-kuwaiti-freedom-flotilla-activists-1.640456

Il Qatar sostiene in tal modo la "sicurezza alimentare" dei palestinesi.
Il tutto è presentato come un'occasione per creare lavoro w sostenere la
causa di questo popolo oppresso (non minore impegno lo dimostra il premier
turco a schierarsi in questa direzione).

Il Qatar - grazie a questa attività di pubbliche relazioni e alle sue
televisioni, come Al-Jazeera e Al-Arabya - sta plasmando una sua immagine
moderna e dinamica, benché sia un alleato di ferro dell'Arabia Saudita che
reprime i diritti delle donne, fino a uccidere quelle accusate di
"stregoneria". Lo scorso agosto una donna saudita è stata decapitata con
l'accusa di stregoneria, ma la notizia è passata in sordina perché i
decapitatori sono nostri alleati, si veda:
http://lists.peacelink.it/pace/2011/12/msg00176.html

Dato che l'Arabia Saudita non è presentabile per promuovere guerre per i
diritti umani, il Qatar è lo stato che - con le sue risorse mediatiche e
militari (è grande cliente di armi americane) - promuove le guerre che
vorrebbe fare l'Arabia Saudita: dalla Libia alla Siria.

Cliccando su
http://en.wikipedia.org/wiki/Qatar_Foundation
troverete queste due righe che faranno rizzare le orecchie ai più
informati e smaliziati nel campo delle politiche internazionali:
"RAND Qatar Policy Institute which offers analysis of public policy
problems and helps implement long-term solutions for clients across the
region".
Quindi Qatar Foundation fa anche questo, oltre ad apparire sulla maglietta
del Barcellona.

Rand è un think tank conservatore di 1700 persone, forse il più influente
del mondo. Fin dal 1948 il Pentagono incaricò questo think tank di
studiare i teatri militari. Cosa sia un think tank è ben spiegato qui
http://www.affarinternazionali.it/articolo.asp?ID=1154

C'è scritto ad esempio: "L’esplosione delle tv via cavo e di internet,
poi, ha moltiplicato in modo esponenziale la richiesta di “instant
expertise”, trasformando sempre di più i think tank in macchine della
comunicazione".

Una delle questioni che si pone un think tank geniale è ad esempio: invece
di distruggere i pacifisti li possiamo commuovere? Possiamo convincerli
che una guerra è giusta?

Certamente è fattibile. Si può inondare Internet di immagini che facciano
apparire un genocidio (i telefonini e i filmati anonimi sono ottimi) e poi
bisogna creare dei centri di attivisti ben organizzati sul web, che
appaiano come organizzazioni di base, spontanee, sorte dalla società
civile.

Il Qatar ha le competenze per fare ottima ed efficace comunicazione, ha
tecnologie e competenze.

Questa è la sottile e geniale intuizione del Qatar: inserirsi in questo
flusso e acquisire potere mediatico sia su Internet sia sulle Tv.
Internet e Tv - se sono ben accordati - rilanciando reciprocamente le
bufale con effetto sinergico.

Per evitare problemi occorre sconfiggere la controinformazione sul web,
mettendola nell'angolo.

L'appoggio alla causa palestinese da parte delle realtà no-profit
quatariote e le immense risorse finanziarie della monarchia qatariota sono
state intrecciate.

I Qatar ha guardato con grande attenzione al movimento filopalestinese
cercando di conquistarne la simpatia.

Una parte di tale movimento filopalestinese non è sceso in piazza contro
la guerra della Nato in Libia. E non credo che scenderà in piazza se il
Qatar deciderà di intervenire in Siria (il Qatar ha auspicato da poco un
intervento militare per rovesciare il regime di Damasco e non si
registrano grandi reazioni).

E cosa è successo conquistando la neutralità di una parte del "movimento"?
Ce lo spiega questo sito: http://www.loccidentale.it/node/112765

"E’ proprio in Libia che il Qatar si è conquistato le luci della ribalta
dandosi un gran da fare per rovesciare, a suon di dollari e sostegno
militare, il regime di Muammar Gheddafi. Il paese nordafricano rappresenta
una grande opportunità economica per il Qatar. La Libia produceva 1,6
milioni di barili di petrolio al giorno prima della guerra, quasi il 2 %
della produzione mondiale. Inoltre, secondo quanto affermato dalla British
Petrolium, la Libia ha sufficienti risorse per sostenere il livello di
produzione per i prossimi 77 anni.
L’emirato del Golfo ambisce a controllare una parte di questi risorse
petrolifere oltreché le esportazioni di gas libico verso l'Europa. La
Libia è un potenziale ponte per avvicinarsi alle nazioni europee e a nuovi
mercati. Ma c’è di più. I cambi di regime in Tunisia, Egitto e Libia hanno
aperto un buco nero geopolitico in Nordafrica. Un vuoto di potere che
piace soprattutto all’Arabia Saudita. Nell’ultimo decennio i rapporti tra
qatarioti e sauditi non sono stati facili ma recentemente i due Paesi
hanno rinsaldato il loro rapporto in nome della volontà di contrastare
l'influenza iraniana in tutto il mondo islamico.
In quest'ottica il Qatar sarebbe una sorta di faccia più moderna della
conservatrice Arabia Saudita capace, però, di fare gli interessi sauditi.
Per Rihad, Doha è un partner economico e politico molto ambito da cui
farsi rappresentare nei consessi internazionali. Il Qatar e l’Arabia
Saudita vogliono accrescere l’influenza wahabita (dottrina che vuole il
ritorno all’islam delle origini) in Nordafrica e nel Maghreb. Negli ultimi
25 anni i sauditi hanno finanziato gruppi religiosi un po’ in tutta l’Asia
(dai talebani afgani, alle madrasse pakistane) con l’intento di ricavarne
in ritorno politico. Il Qatar, cosmopolita e ricchissimo sarebbe, per
usare le parole di Foreign Policy, uno strumento efficacissimo per la
“rivincita sunnita”.
L’ultimo decennio è stato contraddistinto dall’affermarsi dell’influenza
sciita nel mondo musulmano. Da Hezbollah in Libano, passando per l’Iraq
post-Saddam, fino alla Siria, allato di ferro dell’Iran. Adesso è la Siria
di Assad a traballare. Se il regime guidato dalla minoranza alawita (una
setta sciita)  dovesse cadere, si frantumerebbe la "mezzaluna sciita".
Significherebbe portare Damasco sotto l’influenza dei paesi sunniti ,
ripudiando la sua alleanza con l'Iran, e isolando Hezbollah dalla sua base
logistica in Siria. È ancora troppo presto per dire se le “primavera
araba” porterà la democrazia. Di sicuro ha favorito l’ascesa delle potenze
sunnite. Anche a questo servono i soldi del Qatar".
(Fonte http://www.loccidentale.it/node/112765)

Credo che non ci sia molto da aggiungere.
La politica è oggi immagine e informazione.
Capacità di commuovere in guerra magari con bufale che si decifrano dopo
giorni, settimane o mesi.

E' il Qatar che ha diffuso la gran parte delle informazioni sulla Libia
ieri e sulla Siria oggi.

Come gli organismi geneticamente modificati, anche noi siamo modificati
fin nella parte più delicata di noi stessi: l'informazione personale.
Facciamo le nostre scelte politiche con le informazioni di cui disponiamo.
Se le nostre informazioni sono manipolate, se i nostri sentimenti sono
artatamente sconvolti da immagini che non siamo in grado di verificare e
che ci colpiscono fin nell'intimo del nostro credo morale, allora siamo
sotto scacco.

E dentro le nostre informazioni - fin dentro le nostre scelte - c'è il
Qatar. Con i suoi professionisti della comunicazione, e con l'assistenza
dei professionisti di RAND.


Alessandro Marescotti
http://www.peacelink.it


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