Giovedì
il governo di Buenos Aires ha ordinato al vescovo negazionista
lefebvriano Richard Williamson di lasciare l'Argentina. L'espulsione
materiale scatterà tra dieci giorni. E' una misura importante e
apprezzabile per il paese delle Ratlines naziste e dell'attentato
all'AMIA. Vista la dignità della decisione sudamericana, l'opinione
pubblica italiana deve attivarsi perché il vescovo non tocchi suolo
italiano, da nessuna delle due sponde del Tevere, un personaggio così
lugubre. di Gennaro Carotenuto per Latinoamerica
L'annuncio del Ministro degli Interni Florencio Randazzo non ha colto
di sorpresa visto il malessere della casa Rosada per quella presenza
così intollerabile e improvvisamente così incontinente e
presenzialista. Il vescovo Williamson, liberato da Joseph Ratzinger
dalla scomunica che lo colpiva in quanto levebvriano anticonciliare,
aveva usato quell'occasione per fare propaganda antisemita e
negazionista così come avevano fatto nelle settimane passate in Italia
altri come don Floriano Abrahamowicz, il negazionista per il quale le
camere a gas servivano per disinfettare, vicino politicamente alla Lega
Nord.
Dopo l'intervista alla televisione svedese del mese scorso, nella quale
aveva sciorinato il consueto repertorio della propaganda negazionista
nazista, alla richiesta di ritrattazione giunta da parte del Vaticano,
Williamson aveva usato una generica formula di scuse solo a Benedetto
XVI ma non a quanti altri aveva offeso, a partire dalle vittime della
Shoah.
L'ordine di lasciare il paese entro dieci giorni, pena l'espulsione
(che avrà carattere di urgenza e immediatezza) testimonia un decisione
importante da parte del governo di Cristina Fernández de Kirchner.
Cittadino britannico, Williamson aveva ripetutamente mentito sui veri
motivi della sua permanenza in Argentina dichiarandosi un impiegato
amministrativo e non direttore (ex dal 2003) dell'unico seminario
lefebvriano nel paese. Tanto è bastato per poter far scattare la misura
e dichiararlo persona non grata.
L'Argentina, dove vive la seconda più importante diaspora ebraica dopo
quella statunitense, ha una storia complicata per quanto concerne tanto
la questione dell'antisemitismo come quella di essere un paese rifugio
di nazisti. Alla fine della guerra, insieme agli Stati Uniti, al Sud
Africa, al Cile, al Paraguay, all'Unione Sovietica e altri paesi vi
poterono trovare rifugio centinaia di criminali di guerra, con la
connivenza, come altrove, di apparati dello Stato.
In Italia il più famoso di questi è Eric Priebke, uno dei boia delle
Fosse Ardeatine, rintracciato a Bariloche, che sta scontando la sua
pena a Roma. Nel mondo il caso più famoso è quello del capo della
sezione ebraica delle SS Adolf Eichmann. Catturato proprio in Argentina
con una epica operazione dal Mossad, il servizio segreto israeliano, fu
condotto in Israele (Cfr. H. Arendt, La banalità del male), processato
e finalmente giustiziato.
Più tardi, nel 1994, l'Associazione Mutuale Israelo-Argentina (AMIA) fu
vittima del più grave attentato terroristico della storia argentina.
Una bomba dai contorni tuttora non chiari, anche se i processi non
conclusi disegnano una trama che coinvolge l'Iran, Hezbollah e perfino
il governo di Carlos Menem, come presunti colpevoli, uccise 85 persone.
Tra le speculazioni sulla possibile destinazione di Williamson non c'è
di sicuro la Germania, dov'è sotto processo per negazionismo e
finirebbe in carcere ma, a patto di evitare estradizioni, ci sono sia
la Gran Bretagna che l'Italia, su entrambe le sponde del Tevere.
Evitare che entri nel paese potrebbe essere un sussulto di dignità di
un'Italia che la sta perdendo.
fonte www.gennarocarotenuto.it
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