Le nuove bombe sperimentate a Gaza: "Small diameter bomb" e "Dense inert metal explosive" (Dime)



             Piccola e letale, ecco l'arma testata a Gaza 


Addio cluster bomb, le nuove munizioni figlie della guerra al terrorismo
si chiamano Small diameter bomb e Dense inert metal explosive (Dime).
Aspirano ad essere ordigni «umanitari»: piccole dimensioni, effetto
circoscritto, usabili su zone abitate senza sollevare troppe proteste.
In realtà sono più letali delle precedenti: frammenti cancerogeni, tagli
e ferite che non si rimarginano

Annalena Di Giovanni

Più piccole, più letali e più precise. Svuotati gli arsenali dalle
discusse bombe a grappolo, sarebbe ora nelle «armi a letalità
concentrata», o «munizioni dai ridotti danni collaterali», la svolta per
la cosiddetta guerra al terrorismo. Una nuova generazione di ordigni
dalle ridotte dimensioni ad effetto circoscritto, tanto da poterle
utilizzare nelle aree densamente popolate: in Afghanistan, in Iraq, nei
Territori occupati palestinesi, in Libano. Non tanto per contrastare un
esercito regolare, quanto piccoli gruppi di guerriglieri spesso
camuffati (secondo le versioni ufficiali) all'interno dei centri
abitati. Un tipo di intervento, il bombardamento aereo, finora limitato
dagli estesi danni che esso comporta: decine di civili uccisi,
abitazioni danneggiate, proteste dell'opinione pubblica.
Ora il problema potrebbe essere risolto. A partire dalle richieste di
marina e aviazione americane, con la plausibile cooperazione militare
israeliana, nel 2003 la Boeing ha vinto l'appalto per la progettazione
delle Small diameter bomb (bombe di piccolo diametro), ordigni che non
superassero i 90 chili di peso e il metro e mezzo di lunghezza. Grazie
ad ingenti stanziamenti da parte del Dipartimento della difesa americano
(investimenti raddoppiati nel 2004) i primi prototipi sono stati
disponibili per la sperimentazione sul campo a partire dal maggio 2006,
e già dallo scorso settembre sarebbero disponibili negli arsenali
militari. Con una variante rispetto alle munizioni tradizionali: il
Dense inert metal explosive, ovvero l'ultimo ritrovato in fatto di
letalità concentrata.
Il Dime è formato da una carica interna in lega di tungsteno (quello
delle lampadine, tanto per capirne conduzione e reattività). Libera
nell'aria una polvere incandescente che, cadendo sul proprio peso
specifico, aggredisce l'obiettivo con una certa angolazione provocando
innumerevoli tagli e ferite senza superare i 4 metri di gittata. Alla
carica inerte viene combinato un involucro esterno in fibra di carbonio,
più leggero ed economico del metallo, invisibile a raggi x. Una volta
esploso si polverizza in microparticelle invece che in schegge. Pur
essendo capace di penetrare il cemento armato, la fibra di carbonio non
offre eccessiva resistenza alla detonazione dell'esplosivo contenuto,
aumentandone di fatto l'efficacia, al punto che i primi prototipi hanno
distrutto gli strumenti di misurazione dei laboratori militari. Un Dime
sarebbe inoltre capace di seguire il proprio obiettivo mobile grazie
alla propria leggerezza e ad un sistema di controllo Gps. 
Dunque: alta precisione, esplosione circoscritta, nessuna scheggia. Ma
la svolta sembra poco positiva. Test finora intrapresi nei laboratori
militari di Maryland avrebbero dimostrato, secondo il New Scientist del
febbraio 2005, una mortalità del 100% sulle cavie: esposte ai frammenti
di tungsteno, nel giro di 5 mesi sviluppavano tutte la stessa rara forma
di cancro, il rabdosarcoma. Ma accantonando le ipotesi sulla tossicità
del tungsteno, rimangono preoccupazioni più urgenti. Se quanto testato a
Gaza erano Dime, come sembra altamente probabile, gli effetti prodotti
sembrano più gravi di quelli delle vecchie bombe in acciaio. Poche
centinaia di schegge vengono sostituite da una lacerante nube di
particelle incandescenti che penetrano, tagliano e ustionano le vittime
fino alle ossa. Nel giro di pochi minuti provocano la necrosi di interi
arti, infine si depositano all'interno del corpo senza possibilità di
estrazione. Il tutto in uno scenario asimmetrico, nel quale da una parte
c'è un essere umano, dall'altra una bomba sganciata da un drone pilotato
a distanza, e dove aumenta il numero delle vittime invisibili: gli
invalidi permanenti. Ottenere il massimo dei risultati e il minimo delle
perdite, questo l'imperativo. E, viste le ridotte dimensioni delle Dime,
le munizioni incamerabili da ogni velivolo si quadruplicano
automaticamente.
In conclusione, la differenza delle munizioni a letalità concentrata
potrebbe essere proprio nella giustificazione morale suggerita dai
committenti stessi: il presunto interesse a limitare i danni
collaterali. Difficile, in base al diritto umanitario, proibire l'uso di
queste munizioni, devastanti nei fatti ma presentate come ridotte,
circoscritte ai soli «terroristi». Il Dime, economico e leggero,
potrebbe essere sganciato in aree densamente popolate, in quantità
quattro volte superiori, provocando gli effetti riscontrati a Gaza (né
civili, né donne né bambini sono stati risparmiati). E allora sarà la
sua stessa definizione di arma a basso danno collaterale a fornire un
alibi a chiunque la utilizzi, assai più giustificabile delle «vecchie»
armi finora utilizzate.

Fonte:
http://www.fisicamente.net/ISR_PAL/index-1293.htm  
http://ilpuntoimproprio.splinder.com