La guerra, il razzismo, le
false notizie e il diritto all’ignoranza
La “zingara” di Palermo era del tutto innocente,
e non c’è mai stato nessun tentato sequestro di bambini in spiaggia a
Isola delle Femmine. Anche la cellula di Al Qaeda formata da medici musulmani
presunti terroristi, che era sulle prime pagine di tutti i giornali del mondo
tre settimane fa, non è mai esistita. Nel silenzio osceno dei media,
sono stati scagionati tutti. La “società aperta” è sotto attacco.
Ma da parte di chi?
di Gennaro
Carotenuto
La signora Maria Feraru, 45 anni, cittadina romena, è stata completamente
scagionata dall’accusa infamante di aver tentato di rapire un bimbo di
tre anni sulla spiaggia di Isola delle Femmine, in provincia di Palermo.
Portava una gonna sospetta, e ciò è bastato a scatenare la follia collettiva.
Dai media, ai bar di tutta Italia, ai forum in Internet, in molti avevano
chiamato al linciaggio, al farsi giustizia da sé. I media, trattandosi di una
“zingara”, avevano immediatamente presunto la colpevolezza.
C’erano perfino le motivazioni: tratta di bambini, qualcuno aveva perfino
parlato di traffico di organi, in una corsa ad evocare più orrore possibile
senza alcun riscontro. Non importa che il luogo più improbabile per rapire un
bambino sia una spiaggia affollata o un supermercato, dove appena un paio di
mesi fa era stato inventato un falso sequestro analogo, questa volta in
norditalia. E non importa che non esista un solo caso di “zingara”
condannata per sequestro di persona in Italia. La maggioranza degli abitanti di
questo paese –senza alcuna vergogna- tra un giorno o un mese sarà di
nuovo disposta a credere che gli zingari rapiscono i bambini. O che i nazisti
-è più o meno lo stesso- fecero le Fosse Ardeatine per colpa dei partigiani che
non si consegnarono. Del resto lo dice anche Mike Buongiorno!
UNA FALSA NOTIZIA NON NASCE DAL NULLA Nasce da rappresentazioni collettive,
mentalità collettive, che la precedono e la sostengono. E’ quello che ci
ha insegnato già negli anni ’20 Marc Bloch, con La guerra e le false
notizie. Siamo disposti a credere tutto quello che ci rende chiaro un
quadro. Gli zingari, o i musulmani o i politici sono sempre colpevoli. I
carabinieri (o gli Stati Uniti), secondo da dove si guarda, hanno sempre torto
o sempre ragione. Gli italiani (e non solo loro) sono così disposti a credere
che gli zingari rapiscono i bambini, tanto da ribaltare l’onere della
prova: sei tu –chi scrive sta ricevendo diversi messaggi in tal senso- a
dover dimostrare che gli zingari non rapiscono i bambini, non loro a dover
citare un solo caso di condanna passata in giudicato.
Per far tenere in piedi la loro rappresentazione collettiva rivendicano il
diritto all’ignoranza: non sappiamo dirti quale “zingaro” ha
rapito un bambino, ed è stato condannato per questo, ma siccome tutti abbiamo
sentito dire che gli zingari rapiscono i bambini, deve essere
vero.
Il diritto all’ignoranza è elevato così a foglia di fico nazionale: pochi
giorni fa a Firenze, il giudice Giacomo Rocchi ha assolto il senatore di
Alleanza Nazionale, Achille Totaro. Questi era sotto processo per aver
diffamato la memoria della Medaglia d’Oro al Valor Militare, il
partigiano Bruno Fanciullacci, al quale aveva dato dell’ “assassino
vigliacco” in relazione alla morte del filosofo Giovanni Gentile, attivo
repubblichino. Nella sentenza il giudice sostiene che Totaro ha diritto di
non conoscere i fatti e di conseguenza che, in base all’articolo 21
della Costituzione –per conquistare la quale Fanciullacci è morto sotto
tortura, a Villa Trieste, la Via Tasso fiorentina- può esercitare la propria
libertà di espressione, offendendo la memoria di Fanciullacci con un
“ragionamento politico”, che prescinde totalmente dagli
accadimenti. Diffamo Fanciullacci, o Berlusconi, o gli zingari o i musulmani,
perché mi stanno antipatici ed è un mio diritto poterlo fare. E' l'elevazione
-e fa giurisprudenza- del pregiudizio a categorie metafisiche.
Quindi il Senatore Totaro, ha diritto di diffamare la memoria di Fanciullacci
per partito preso, per ideologia (antipartigiana), ma soprattutto facendosi
scudo dietro la sua ignoranza. In base allo stesso diritto all’ignoranza,
milioni di italiani si sentono in diritto di accusare i rom di rapire i bambini
e i musulmani di essere tutti terroristi. Succedeva anche negli anni ’30,
quando molti dei 40 milioni di italiani si autoconvinsero che poche decine di
migliaia di ebrei ipotecassero il futuro della nazione e fossero usi a pratiche
disdicevoli; per esempio che un banchiere ebreo fosse di natura più avido di un
banchiere cattolico o buddista.
IL NEMICO TRA NOI La settimana scorsa, nella città australiana di Brisbane, il
medico indiano di religione musulmana Mohamed Haneef, è stato scagionato
dall’accusa di essere il capo di una cellula terroristica islamica
formata da medici. La presunta cellula sanitaria di Al Qaeda era accusata di
aver realizzato un attentato ai primi di luglio all’interno
dell’aeroporto di Glasgow, dove un’auto (nella foto) prese fuoco in
circostanze anomale per un attentato terroristico. Immediatamente dopo, tutti i
medici presunti componenti della presunta cellula, erano stati arrestati,
Haneef addirittura in Australia, dove secondo i media mainstream era scappato.
Erano stati arrestati senza tentare la fuga perché completamente innocenti e
Haneef era andato in Australia per motivi privati. Nei giorni successivi i suoi
cinque presunti complici, tutti medici, erano stati scagionati. Infine è
toccato al capo: non è mai esistita una cellula di Al Qaeda formata da
medici, né da paramedici, né da portantini, né da veterinari. Ai sei è
andata bene, potevano essere linciati o ammazzati come capitò al cittadino
brasiliano Jean Charles de Menezes, scambiato per terrorista e freddato sul
posto. Oppure essere deportati per anni a Guantanamo senza processo né
incriminazione alcuna, visto che appena una dozzina dei quasi mille che sono
passati dal campo di concentramento cubano, è mai stato incriminato di
qualcosa.
A chi non è andata bene, anzi è andata malissimo, è invece all’opinione
pubblica mondiale. Questa per giorni è stata ammaestrata a pensare che
giovani musulmani, perfettamente integrati nella società britannica, tanto da
essere divenuti medici, lavorare nei nostri ospedali e curare i nostri malati,
potessero essere invece il germe distruttivo della nostra società. Fior di
esperti sono stati intervistati, dando per scontata la colpevolezza dei sei ed
arrampicandosi sugli specchi per giustificare il perché sei brillanti medici si
erano trasformati in terroristi. Alcuni di questi hanno sproloquiato sul fatto
che "l'integrazione non è garanzia di integrazione", sull'irriducibile
conflitto di civiltà, sull'atavico odio dei musulmani per le società aperte.
Non può sfuggire che, anche in questo caso, la falsa notizia non nasce dal
nulla. Nasce dall’esigenza sia delle classi dirigenti che collettiva di
individuare il nemico, di aggrapparsi all’esistenza di un nemico che
spieghi il male, la paura alla quale la società occidentale sembra condannarsi.
E il musulmano nemico non può essere solo il disadattato, l’escluso.
Perfino i terroristi kamikaze del 7 luglio 2005 erano sì inglesi, ma con vite comuni,
precarie, foriere di insoddisfazione, di rancore. I sei medici no. Sono il
cerchio che si chiude sull’integrazione impossibile: se perfino sei
medici si trasformano in terroristi, allora non c’è integrazione
possibile e tutti i musulmani sono un corpo estraneo. E non importa che fosse
una bufala macroscopica; se ben pochi media si sono preoccupati di divulgare la
notizia della loro completa estraneità con Al Qaeda, allora per milioni di
persone i medici musulmani continuano ad essere potenziali terroristi. E’
un paradosso, fa notizia l’uomo che morde il cane, ma se tutti i
musulmani sono terroristi, come mai un musulmano scagionato dall’accusa
di terrorismo non fa notizia?
La “società aperta”, è divenuta sinonimo di “società
esposta”. E in questo l’invenzione del nemico ha la stessa funzione
catartica che aveva l’uso del tradizionale antisemitismo nella Germania
di Weimar come elemento di accumulazione del consenso da parte del partito
nazionalsocialista, l’unico –parafrasando Umberto Bossi- ad avercelo
duro contro il pericolo ebraico. Troppi soggetti concorrono alla creazione del
mostro, del nemico. Partiti politici fautori –per cultura o per rincorsa-
della mano dura. Operatori dei media inadeguati culturalmente. O apprendisti
stregoni. Il teologo cattolico Brunetto Salvarani, un paio d’anni fa in
un convegno a Rimini al quale partecipammo insieme, raccontò
dell’invenzione di un mostro dei nostri tempi: Adel Smith.
Quest’energumeno, un attaccabrighe fanatico, si presenta con
l’aspetto del lottatore di wrestling, sempre pronto a spararla grossa e a
menare le mani. Ma non è nessuno e non rappresenta nessuno, anche se da sue
prese di posizione solitarie -come quella sui crocifissi esposti in luoghi
pubblici- l'Italia ha discusso per mesi. Salvarani, un esperto di convivenza
pacifica tra religioni, raccontò di essere stato interrogato anni fa dalla
redazione del programma di Rai1, Porta a Porta, su chi rappresentasse chi nella
comunità islamica italiana.
Avevano chiesto alla persona adatta: Salvarani era in grado di fare una mappa
dettagliata su tutte le associazioni islamiche rappresentative della realtà di
quella confessione in Italia. “L’unica cosa –si raccomandò
Salvarani- non chiamate Adel Smith che è un pazzo scatenato e non rappresenta
nessuno”. Il giorno dopo Adel Smith –allora perfettamente
sconosciuto- era ospite di Bruno Vespa a Porta a Porta, presentato come uno dei
più autorevoli rappresentanti della comunità musulmana in Italia. C’era
solo irresponsabilità nella creazione di Adel Smith da parte di Bruno Vespa? O
era parte di un disegno cosciente di costruzione del musulmano nemico? O
semplicemente Adel Smith era il musulmano che più rispondeva alla
rappresentazione collettiva che la redazione di Porta a Porta e forse la
società italiana stessa consideravano lo stereotipo del musulmano? La politica
della paura –la gestione della paura pubblica- ha reso il musulmano
nemico, e non importa ricordare che siamo noi ad occupare Baghdad e Kabul e non
loro Vienna o Poitier. Sicuramente per una donna Rom in Italia è oggi
inopportuno fare un complimento ad un bambino. Ma è una tragedia.
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