Alex, Lidia, Gigi e le lacrime delle cose



Ad alcuni mezzi d'informazione

Gentili signore e signori,

sperando di non essere importuni, vi inviamo come anticipazione l'editoriale
che apparira' nel notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in
cammino" di domani.

Cordiali saluti,

Il Centro di ricerca per la pace di Viterbo

Mittente: Centro di ricerca per la pace
strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo
e-mail: nbawac at tin.it

Viterbo, 5 luglio 2006

* * *

EDITORIALE. PEPPE SINI: ALEX, LIDIA, GIGI E LE LACRIME DELLE COSE

Lidia e Alex
Vorrei sgombrare il campo da un possibile equivoco.
Sebbene io sia null'altro che un semplice "quidam de populo" cerchero' fino
alla fine di persuadere Lidia Menapace a votare contro i crediti di guerra;
ma l'affetto e la stima che provo per Lidia resteranno in ogni caso
immutati. Conosco Lidia da oltre trent'anni, e devo forse soprattutto a lei
se sono diventato non solo un miglior militante ma anche una persona
migliore, poiche' lei piu' di ogni altra persona mi fece capire trent'anni
fa che chi vuole lottare per la liberazione dell'umanita' deve mettersi alla
scuola del femminismo (e per i militanti maschi questo significava e
significa anche che la prima lotta da condurre e' quella contro il fascista
che e' in noi - dura, penosa lotta che da trent'anni mi agita e scuote), e
quella lezione non ho piu' dimenticato e per sempre gliene saro' grato.
Credo che Lidia oggi commetta un errore, cosi' come credetti che commettesse
un errore Alex Langer quando si espresse in favore di un intervento bellico
internazionale durante la guerra di secessione jugoslava per cercar di
fermare gli orrori genocidi della "pulizia etnica" bombardando gli eserciti
stragisti che stavano eseguendo la mattanza. Credevo allora, e credo ancora,
che Alex sbagliasse, ma non sono mai riuscito ad esserne del tutto certo,
alcuni suoi argomenti erano e restano assai persuasivi. E comunque neppure
per un attimo la stima e l'affetto che nutrivo per Alex - e che nutro
tuttora, nella memoria che non si estingue, e nella nostalgia per la sua
bonta', il suo sorriso, la sua amicizia, la sua nonviolenza - sono mai
venuti meno.
Oggi credo che - mutatis mutandis - sbagli Lidia, ma naturalmente anche oggi
non posso esserne del tutto certo: le ragioni che lei adduce a sostegno
delle sue provvisorie conclusioni mi sembrano non solo ragionevoli ma anche
in se' convincenti, sebbene mi sembri che siano flagrantemente incoerenti
rispetto alle premesse condivise e mi sembri altresi' che Lidia si lasci
distrarre per cosi' dire dagli alberi delle vicende e delle manovre
politico-parlamentari italiane e non veda la foresta, ovvero cio' che sta
accadendo in Afghanistan, e gli esiti nefasti che la decsione di proseguire
comunque nella partecipazione militare italiana alla guerra palesemente
implica. Ma non escludo che possa sbagliarmi io, e che abbia ragione lei nel
suo doloroso travaglio (che so bene essere comunque inteso alla ricerca di
un voto che per quanto possibile la guerra effettualmente contrasti): certo
non la assimilo ai farabutti e agli assassini che della guerra sono corifei,
e poi magari versano la lacrimuccia d'ordinanza quando i ragazzi italiani da
loro mandati a uccidere e morire tornano incassati nelle bare.
Questa mia professione di relativismo e di realismo, da materialista
incallito diffidente di tutti i dogmi - poche' dalla vicenda storica mi e'
parso di capire che dove c'e' un dogma presto verranno eretti roghi, e
costruiti i campi -, e anche da amico della nonviolenza che sa che il saggio
principio-cardine dell'azione politica di Gandhi sempre e' stato quello di
"raggiungere dei buoni compromessi", non mi impedisce tuttavia di sostenere
le mie opinioni sul quid agendum con la passione con cui le opinioni - non
quelle accademiche, quelle sui fatti concreti, e relative quindi
all'assunzione di responsabilita' per le sorti del mondo - vanno sostenute:
le opinioni politiche che non appassionano valgono poco).
*
Ieri e oggi
Se su questo foglio tanto si parla della posizione che prendera' Lidia non
e' perche' lei possieda la bacchetta magica e possa chissa' cosa, ma e'
perche' tutte e tutti quelli che questo foglio variamente condividiamo le
vogliamo bene, come a una savia, sapiente compagna e una maestra molto
ascoltata. Se ci permettiamo di pregarla di ascoltare adesso lei noi, noi
che sempre ci siamo disposto all'ascolto delle sue parole - e che, come ha
scritto una volta Luisa Muraro parlando di Simone Weil, quando le nostre
opinioni divergono siamo istintivamente portati a pensare che lei abbia
ragione e noi torto - non e' per metterla in conflitto con se stessa e col
sentimento di lealta' verso i suoi colleghi parlamentari insieme a cui
giustamente vuol discutere e decidere (nobile sentimento: ma sappiamo tutti
fin troppo bene che i malfattori, i soverchiatori, i ricattatori
strumentalizzano proprio i nobili sentimenti altrui quando vogliono
vulnerare le persone buone), ma e' in primo luogo perche' ci sembra che lei
stessa abbia saputo e voluto mantenere un atteggiamento di apertura in
questa vicenda, e  pur esprimendo un orientamento, non si e' preclusa la
possibilita' di approfondire e sviluppare la sua posizione, ed io che scrivo
queste righe confido che voglia farlo, e che voglia farsi promotrice di
un'iniziativa parlamentare che sposti posizioni, che apra varchi alla pace,
che contrasti l'accettazione supina della sottomissione alla guerra - la
cosidetta "mediazione" raggiunta nel Consiglio dei ministri essendo dal mio
punto di vista nient'altro che la prosecuzione della partecipazione militare
italiana alla guerra afgana condita da un po' di chiacchiere (quelle di cui
il poeta disse che "il tanto sospirar nulla rileva") e da quattro baiocchi
con cui cercar di comprare la complicita' degli sprovveduti o dei sedicenti
pacifisti parastatali arruolati come truppe di complemento, cosi' come i
conquistadores si portavano dietro i missionari affinche' la croce
legittimasse la spada.
Tre mesi fa scrissi poche righe che diedero origine a una valanga di
pronunciamenti di tante persone a favore dell'idea che Lidia, donna,
partigiana, femminista, amica della nonviolenza, sarebbe un'ottima
presidente della Repubblica: le riscriverei oggi tali e quali.
E qui mi fermo, perche' non vorrei che questo articolo sembrasse una lettera
d'amore: sono felicemente sposato e adoro mia moglie.
*
Gigi
Conosco da tanti, tanti anni anche Gigi Malabarba, e gli voglio un bene
dell'anima. Posso talvolta non esser d'accordo con lui, ma sulla sua
sincerita' e generosita' ci metto la mano sul fuoco. Trovo scandaloso che
per essersi pronunciato secondo legge e secondo coscienza, in difesa della
Costituzione e contro le uccisioni, per la pace e contro la guerra, per la
verita' e contro l'ipocrisia, in questi giorni sia stato con procedimento
classicamente totalitario messo sotto accusa come lunatico e mestatore: da
quando fare il bene e' diventata una colpa? Da quando difendere la
Costituzione e' un crimine? Da quando opporsi alla guerra e' una follia?
*
Un'ultima premessa in guisa di baruffa
Vorrei sgombrare il campo dalle petizioni di principio e dagli argumenta ad
personam perche' vorrei discutere dei fatti, dei duri, nudi fatti.
Ma prima, ancora una premessa, per liberarci dell'ultimo equivoco: io non
appartengo ai "senza se e senza ma", formula che ritengo totalitaria e
sintomatica sia di una visione del mondo che mi spaventa, sia di quella
"assenza di pensiero" che con stupenda lucidita' denunciava Hannah Arendt.
Io non appartengo neppure al sedicente pacifismo squadrista (o agli
squadristi ammiccante) che pensa che la violenza americana sia cattiva e
quella antiamericana sia buona, che i manganelli della polizia facciano male
e le mazze dei teppisti facciano bene, che l'omicidio commesso dal soldato
dell'esercito regolare sia un crimine e quello commesso dal miliziano delle
guerriglie sia una benedizione, che il terrorismo degli stati sia male e
quello delle bande sia bene. Tutte le vittime hanno il volto di Abele: lo
sapeva e ce lo disse Heinrich Boell, ora lo sappiamo tutti.
E non appartengo neppure all'equivoca "sinistra radicale" che un giorno
proclama - non si capisce bene a nome di chi - che "siamo tutti sovversivi"
e il giorno dopo diventa punta di lancia della "guerra umanitaria".
E non appartengo neanche al mondo delle onlus e delle ong che dopo tanto
cicalare corrono col cappello in mano a mungere prebende dagli amici al
potere, dal Comune a Palazzo Chigi, da Bruxelles a New York.
Io sono oggi lo stesso di ieri: un militante della sinistra degli oppressi,
e un amico della nonviolenza - non per fideismo, ma per analisi razionale,
per scelta di rigore intellettuale e morale, e per esigenza di realismo
nell'agire politico. Dopo i gulag e i lager, dopo Auschwitz e dopo
Hiroshima, la scelta della nonviolenza e' l'unica scelta realistica per
l'umanita'.
Oggi l'alternativa non e' piu' solo tra socialismo (socialismo, non
totalitarismo) o barbarie, oggi essa e' anche, e ancor prima, tra disarmo o
apocalisse, tra scelta della nonviolenza che consente la prosecuzione
dell'umana vicenda, o continuazione della guerra che - allo stadio attuale
delle risorse tecnologiche a fini di distruzione - la civilta' umana
inabissa nel nulla.
*
In medias res
E qui finiscono le premesse ed entriamo nel cuore delle cose.
Tra pochi giorni il parlamento sara' chiamato a votare il rifinanziamento
della partecipazione militare italiana alla guerra afgana. Il governo in
carica ha gia' decretato tale proosecuzione, ed alcuni ministri hanno
persino tuonato contro i reprobi che non si genuflettono in adorazione
dinanzi al dio Ares (altri ministri, piu' ipocriti e piu' navigati a tutte
le malizie della scuola di Talleyrand, hanno tenuto ben altro profilo, ma
condiviso le stesse decisioni, sanguinarie decisioni, magari sorridendo, del
sorriso di Franti).
E' opinione di chi scrive queste righe che il parlamento debba votare contro
i crediti di guerra, per due precise ragioni, una de jure e una de facto.
Quella de jure: la Costituzione italiana proibisce la partecipazione
italiana a a quella guerra. E sulla fedelta' alla Costituzione a nessuno
dovrebbe essere permesso di transigere, meno che mai a chi in forza di
quella Costituzione esercita la funzione legislativa.
Quella de facto: la guerra e' un crimine sempre, uccide, uccide e uccide
esseri umani; e la guerra afgana si prolunga da decenni ormai: quanto ci
vorra' per capire che occorre metter fine alle stragi e che per metter fine
alle stragi occorre fermare la guerra, avviare il disarmo di tutte le parti,
investire risorse su una politica del tutto alternativa, quella della
nonviolenza?
Perche' questo e' il punto, e questo e' cio' che differenzia le persone
amiche della nonviolenza dai cialtroni di tutte le risme: che noi non
diciamo, come quella vocetta assassina del sonetto del Belli, "Avanti alo',
chi more more"; noi diciamo invece: basta con la guerra, basta con le armi,
basta con gli eserciti, ed al loro posto aiuti umanitari, Corpi civili di
pace, interposizione nonviolenta, azione nonviolenta, ricostruzione civile e
democratica nonviolenta, sostegno alle donne afgane contro il fascismo
patriarcale, sostegno ai contadini per sostituire le colture dell'oppio con
colture per l'alimentazione e la manifattura, infrastrutture sanitarie,
assistenziali, educative, di promozione di un sviluppo autocentrato con
tecnologie appropriate: la politica internazionale della nonviolenza, la
politica della nonviolenza giuriscostituente.
*
L'alternativa
Ai parlamentari sensibili al valore della legalita' costituzionale e alla
scelta della pace (ovvero: ai parlamentari che non vogliono commettere
reati, ai parlamentari che non vogliono essere complici delle stragi)
chiediamo di votare non solo secondo coscienza, ma con realismo politico: se
essi divengono oggi complici della guerra e della violazione della
Costituzione, domani potranno essere ancor piu' agevolmente ricattati dai
malfattori che li hanno resi loro complici.
Ai  parlamentari sensibili al valore della legalita' costituzionale e alla
scelta della pace (ovvero: ai parlamentari che non vogliono commettere
reati, ai parlamentari che non vogliono essere complici delle stragi)
chiediamo di difendere la civilta' giuridica e la norma morale, ma anche di
proporre loro - di contro alla sciagurata attuale scelta governativa - una
politica internazionale degna di questo nome: e alla proposta insana
formulata dal governo contrapporre una proposta ragionevole che si incardini
su due principi: cessazione della partecipazione italiana alla guerra, avvio
di un grande piano di intervento nonviolento e di aiuti umanitari
accompagnato da un'azione diplomatica in sede Onu e in sede Ue per il
disarmo, il disarmo, il disarmo.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.
Che tutte e tutti si esca dall'apatia, dalla rassegnazione, dalla
subalternita': la nonviolenza e' in cammino.

* * *

"La nonviolenza e' in cammino"
Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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