Cs: Wto - contadini africani a Hong Kong: il taglio ai sussidi da solo non serve



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Wto: contadini africani, il taglio ai sussidi da solo non serve

Hong Kong, 16 dicembre - "Il dumping non è la causa di tutti i nostri
problemi, semmai un sintomo di un sistema che non funziona. Se anche gli
Stati Uniti tagliassero come hanno dichiarato i loro sussidi all'export di
cotone, non saremmo noi africani, che riusciamo a vendere solo la fibra
grezza, a beneficiare di questa concessione. India, Brasile, Cina e tutti
quei Paesi che possono trasformare la fibra all'interno dei loro confini
assorbirebbero tutti i benefici potenziali, e a noi entrerebbe in tasca il
solito prezzo stracciato delle semplice materia prima. Se volete fare la
differenza per noi in questi negoziati WTO dovete appoggiarci nel chiedere
un quadro di regole radicalmente diverso da quello promosso dalla Wto. Come
organizzazioni contadine africane chiediamo un governo globale della
domanda e dell'offerta di cotone, la fine della sovrapproduzione e prezzi
remunerativi per i produttori, che ci consentano di avere denaro e credito,
per produrre innanzitutto il nostro cibo quotidiano".
Ibrahima Coulibaly, portavoce dei produttori di cotone del Mali e membro
della delegazione di  ROPPA, la Rete delle Organizzazioni contadine e dei
Piccoli Produttori di cotone dell'Africa Occidentale, ha svelato tutta la
retorica che si nasconde dietro quei  5 miliardi di dollari di sovvenzioni
all'esportazione che gli Stati Uniti versano nelle casse di 27mila
produttori americani, e che in queste ore vengono utilizzati come merce di
scambio da mettere sul tavolo per ottenere dai Paesi più poveri del mondo
liberalizzazioni senza controllo di tutti i mercati, a partire da quello
agricolo e dei servizi. La sua posizione è stata presentata  nel corso del
seminario "Il caso del cotone per un commercio più equo", organizzato
provocatoriamente nel Convention Center della Wto dalle organizzazioni
italiane del Commercio Equo Fair e Roba dell'Altro Mondo, assieme
a Oxfam-Magasins du monde Belgio e Artisan du Monde, France, nel giorno in
cui il dibattito sul tema delle materie prime coloniali conquista il centro
della scena negoziale.

(2)
Secondo Coulibaly è necessaria "la trasformazione e la valorizzazione
locale del cotone, con una promozione mirata ed una tutela attraverso
misure di regolazione dell'importazione. Noi abbiamo combattuto in
Mali l'imposizione dei semi ogm attraverso gli aiuti
umanitari statunitensi, e per questo sappiamo bene che la retorica USA sui
sussidi e quella dell'UE sul Pacchetto sviluppo rimarranno parole vuote. A
noi servono fatti".
I prezzi del cotone, dopo anni di costante calo, sono crollati decisamente
a metà degli anni Novanta. Secondo i dati predentati nel dossier di
denuncia promosso dalle organizzazioni equosolidali. "Tra il 1997 e il 2002
- racconta Stephane Parmentier di Oxfam Belgio - il livello del prezzo del
cotone sul mercato mondiale è sceso a 40 al 42 centesimi per libbra di
fibra. Grazie all'impegno massiccio di sussidi nello stesso periodo il
cotone statunitense è sceso da un prezzo medio del 17% al di sotto dei
costi di produzione a un prezzo medio del 61% inferiore ai costi di
produzione. Nel 2001, quando i prezzi di esportazione del cotone
statunitense erano 54 centesimi a libbra al di sotto dei costi di
produzione, il Burkina Faso ha perso l’1% di Pil e il 12% dei guadagni
legati alle esportazioni, il Mali ha perso l’1,7% del proprio Pil e l’8%
dei guadagni legati alle esportazioni e il Benin ha perso l’1,4% del
proprio Pil e il 9% dei guadagni legati alle esportazioni. ".
"In Togo, Benin, Ciad, Burkina Faso e Mali - rivela Alberto Zoratti di
Fair/Tradewatch -  i guadagni legati all’esportazione del cotone
rappresentano più del 10% dei guadagni totali nazionali legati alle
esportazioni . Nell’intera area centro-occidentale dell’Africa, il declino
dei prezzi mondiali del cotone ha causato perdite dirette di 250 milioni di
dollari e perdite indirette di circa 1 miliardo di dollari. Come
organizzazioni europee che da più di 40 anni promuovono scambi
internazionali in una prospettiva di giustizia e di riequilibrio - ha
concluso Zoratti - e che solo in Italia realizzano 100 milioni di euro di
giro d'affari, suggeriamo alla Wto di assumere alcuni dei nostri principi
per convincere anche i Paesi più poveri: giustizia, trasparenza,
solidarietà, partecipazione democratica".

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*Tradewatch (<http://www.tradewatch.it>www.tradewatch.it) è l'Osservatorio
italiano sul commercio internazionale promosso da Campagna Riforma Banca
Mondiale, Centro Internazionale Crocevia, Fair, Fondazione Culturale
Responsabilità Etica, Mani Tese, Gruppo d'appoggio italiano al movimento
contadino africano, Rete Lilliput, Roba dell'Altro Mondo.