Taranto, dragaggi in Mar Piccolo: lettera aperta agli enti locali



Lettera aperta
al Sindaco di Taranto Rossana Di Bello
e
al Presidente della Provincia di Taranto Gianni Florido


Gentile Sindaco, gentile Presidente,
ieri, 14 dicembre 2005, ho partecipato a Bari al tavolo di confronto sul progetto dei dragaggi in Mar Piccolo, tenutosi presso l'Assessoraro all'Ambiente della Regione Puglia.

A Bari si è verificata una cosa importante e rara: mitilicoltori, ambientalisti e scienziati hanno coralmente criticato il progetto dei dragaggi come pericoloso. Questa convergenza è il dato nuovo e significativo emerso in modo inequivocabile a Bari.

Ho ascoltato autorevoli studiosi e ricercatori esprimersi contro il progetto. Sono rimasto impressionato per la lucidità e la pertinenza delle argomentazioni scientifiche con cui venivano "bocciati" sia i dragaggi sia le proposte del monitoraggio ambientale in corso d'opera.

Dall'altra parte ho ascoltato con sempre maggiore perplessità le argomentazioni del dirigente regionale dell'Assessorato all'ambiente, dottor Luca Limongelli, favorevole a dragaggi resi "ecocompatibili" mediante un monitoraggio in corso d'opera.

E arriviamo anche a questo: il monitoraggio in corso d'opera ho capito che è un bluff. Quando la frittata è fatta il monitoraggio ci dice che la frittata è fatta. Non riporta le sostanze inquinanti (liberate nei dragaggi da complesse e inevitabili reazioni chimiche) allo stato originario insolubile. Se si sprigionano micidiali cocktail di veleni scavando nei fondali non vi sarà nessuna barriera precauzionale che potrà impedire a quell'acqua nuovamente inquinata dai dragaggi di rientrare in circolo e contaminare l'intero Mar Piccolo, i suoi pesci e i mitili. Ce lo ha documentato con dovizia di particolari ad esempio un chimico autorevole come il professor Luigi Lopez, presidente del Corso di Laurea in scienze ambientali a Taranto.

Non ci tranquillizza quindi in alcun modo un monitoraggio su un'operazione azzardata che a monte non ha alcuna valutazione preventiva del suo impatto ambientale.

Quando i pericoli superano i benefici occorre fermarsi, discutere e riflettere.

Ecco perché è necessario ispirarsi al principio di precauzione ed effettuare studi più efficaci, puntuali e scientifici che evitino gli scavi e il sommovimento dei fondali, con gravi impatti sull'ambiente frutto di una fretta incauta.

A questo punto va cambiata la rotta. Perchè la strada da percorrere è un'altra: occorre curare il paziente eliminando i veleni che mangia ogni giorno e non portarlo frettolosamente in sala operatoria e aprirgli la pancia pensando di liberarlo in tal modo per sempre dal problema. Prescriveremmo un'operazione che, invece di curare il paziente, lo farebbe morire sotto i ferri.

Fuor di metafora a Bari è stato detto in maniera chiara e autorevole da più parti che l'intervento urgente da fare sul Mar Piccolo non è la rimozione dei fondali (con una pericolosa dispersione di inquinanti attualmente sedimentati allo stato insolubile sui fondali), ma è il censimento e l'eliminazione degli scarichi in mare che determinano l'inquinamento. I mitili sono minacciati dagli scarichi inquinanti, non dai fondali.

Pertanto il bando regionale va riscritto perché porta a scelte non solo inidonee ma anche dannose. Un progetto che non interviene sulle cause dell'inquinamento ma sugli effetti è sbagliato alla radice.

Occorre a questo punto che il Consiglio Comunale e il Consiglio Provinciale si esprimano dopo aver ascoltato gli scienziati, gli ambientalisti, i mitilicoltori. E soprattutto occorre aprire un dibattito in modo che possano informarsi e intervenire tutti i cittadini che sono i veri depositari della "sovranità popolare" (articolo 1 della Costituzione) e che in definitiva sono i "comproprietari sociali" del Mar Piccolo.

Le conferenze dei servizi, che a porte chiuse hanno deciso di "curare" il Mar Piccolo con i dragaggi, non rappresentano la vera sovranità popolare, non sono profonda espressione di democrazia: sono solo una procedura burocratica. Non possono arrogarsi il diritto di decidere autocraticamente quando in ballo ci sono il lavoro, la salute e il futuro di migliaia di persone. Scegliere a porte chiuse il nostro futuro e lasciarci per mesi e mesi all'oscuro delle scelte compiute è una cosa che lascia l'amaro in bocca: è democrazia questa?

Ancora una volta lamentiamo una mancanza di democrazia e di trasparenza.

A La Spezia la gente è scesa in strada in massa per contestare i dragaggi nel 2002. Dobbiamo arrivare a questo? Siamo in tempo per imboccare la strada proficua del dialogo costruttivo. Questa è la richiesta che faccio a voi: attivate la democrazia. Esprimete alla Regione Puglia il parere della nostra città dopo averla attentamente ascoltata.

Democrazia, democrazia, democrazia: in fondo vi si chiede che questa parola - "potere del popolo" - ritorni ad avere vita e significato.

Alessandro Marescotti
Presidente di PeaceLink