L'esempio della Val di Susa




SIAMO TUTTI VALSUSINI


C’è davvero bisogno di esprimere concreta solidarietà e partecipazione al
movimento No-Tav della Val di Susa. Fino ad oggi la resistenza ed il
blocco dei lavori sono stati condotti in modo esemplare, utilizzando solo
metodi nonviolenti, con un enorme coinvolgimento popolare fino allo
straordinario successo dello sciopero generale della Valle il 19 novembre
scorso.  Ora, dopo che il governo ha scelto la via della militarizzazione
del territorio e della repressione violenta, c’è il rischio che qualche
frangia non adeguatamente preparata, qualche infiltrazione esterna, o vere
e proprie azioni di provocatori, preparino una trappola e facciano
degenerare la situazione, portando acqua al mulino di chi vuole
criminalizzare e annientare l’intero movimento. E’ dunque il momento della
massima allerta nonviolenta, e dell’esplicitazione del metodo scelto per
condurre questa lotta sacrosanta.
Ancora una volta “nei mezzi sta il fine”. Da una parte la nonviolenza
scelta dai valsusini per difendere la loro valle e il loro futuro;
dall’altra parte la violenza del potere che vuole via libera per
realizzare loschi affari. I valsusini vengono accusati dal governo
nazionale e regionale, e persino da gran parte dei partiti di opposizione,
di essere egoisti, di fare una lotta localista, di opporsi al progresso
solo per salvare la loro pace paesana. Chi spinge per aprire il cantiere
dell’alta velocità, parla invece di sviluppo, di occasioni economiche, di
modernità. Sono obiettivi contrastanti, che per essere raggiunti
richiedono strumenti e mezzi contrastanti.
Dunque il metodo nonviolento degli abitanti della Valsusa prefigura già il
fine della decrescita e del rispetto del patrimonio naturale. Nel mezzo
violento delle forze militari, invece, c’è già il fine della devastazione
ambientale e di uno sviluppo dissennato.
Ciò che oggi avviene in Val di Susa è un fatto che riguarda tuta la
nazione, perché è in gioco il modello di sviluppo che si vuole perseguire.
La lotta della Va di Susa è la stessa lotta contro il Ponte di Messina,
contro gli inceneritori, contro le centrali nucleari; è lo stesso impegno
di chi vuole rallentare, di chi ha iniziato a dare retta ai segnali di
crisi del pianeta, di chi propone un futuro sobrio, di chi fa i conti con
le risorse limitate e pensa che tutti gli uomini abbiano diritto a godere
di ciò che la terra offre.
E’ già tutto chiaro e ci sono tutti gli elementi per scegliere da che
parte stare. Ognuno faccia la propria parte e la propria scelta, dal
Presidente della Repubblica all’ultima sezione di partito. O di qua o di
là. Per quello che ci riguarda, come amici della nonviolenza, oggi ci
sentiamo tutti valsusini.


Mao Valpiana
Direttore di “Azione nonviolenta”