Internet: la rivoluzione del voip



Da boiler.it
lunedi 3 ottobre 2005

Rivoluzione Voip

Telefonare attraverso il computer e la Rete. Lunghe chiamate intercontinentali gratis o al prezzo di un'urbana. Una realtà che sta rivoluzionando già da ora il business tradizionale della telefonia rischiando di metterlo in crisi una volta per tutte. Cosa c'è dietro l'acquisizione di Skype da parte del colosso delle aste on line eBay? L'ennesima sorpresa di Internet

Addio al fisso
di CHIARA RIZZO

È NOTIZIA RECENTE l’acquisizione da parte di eBay – una delle poche realtà della new economy in attivo – di Skype, la società americana fondata dai creatori di Kazaa, Niklas Zennstrom e Janus Friis, che è riuscita a trasformare la telefonia via Internet da passatempo per una ristretta cerchia di smanettoni in mercato di massa. Quello di Skype, in appena cinque anni, è stato un vero e proprio boom: attualmente l’azienda vanta 55 milioni di utenti, di cui due milioni paganti per i servizi aggiuntivi, in Giappone gli utilizzatori di questa nuova tecnologia sono già otto milioni e in America si prevede che passeranno dai tre milioni del 2005 ai 27 entro la fine del 2009. Secondo gli analisti del settore, nel 2010 gli utenti Voip (voice-over-internet-protocol, questo il nome del nuovo servizio) saranno 197 milioni.
Un colpaccio, quindi, quello di eBay, che ha soffiato Skype a illustri concorrenti come Yahoo!, Google e Microsoft (teoricamente più adatte perché già impegnate nell’instant messaging) per 2,6 miliardi di dollari (l’equivalente di 2,1 miliardi di euro), una cifra astronomica a fronte dei guadagni correnti della società. Eppure la combinazione è tutt’altro che strampalata. Stando alle aspettative di eBay il matrimonio con Skype, grazie all’inserimento di appositi “bottoni”, potrebbe “ridurre la frizione” tra acquirenti e venditori, consentendo una contrattazione vocale tra le due parti. E mettere in contatto diretto inserzionisti pubblicitari e navigatori, con un conseguente aumento degli introiti per la cessione di banner. A Skype, d’altro canto, l’accordo garantisce una maggiore autonomia. «Yahoo! e Microsoft quando acquisiscono un’azienda la disintegrano», spiega Zennstrom, che invece punta a fare della sua creatura la più ampia e più efficace piattaforma al mondo per tutti i tipi di comunicazione (voce, video e testo) da qualsiasi dispositivo connesso a Internet, che sia un computer o un telefono cellulare.

«Crediamo che in futuro non si dovrà pagare per fare una telefonata, come ora non si paga per mandare un email» ha detto Zennstrom. Una svolta sottoscritta nell'editoriale d'apertura dell'Economist del 17 settembre («Il sorgere di Skype e degli altri servizi Voip significa niente meno che la morte per il business telefonico tradizionale, nato più di un secolo fa»). Che tremino, dunque, i gestori di telefonia tradizionali, tanto più che il modello di business portato avanti da Skype è l’esatto opposto di quello adottato, in passato, dalle Telecom. Si punta infatti a massimizzare il numero degli utenti, magari grazie al passaparola, e non i soldi che il singolo è disposto a sborsare. Tra i molti vantaggi per chi sceglie il nuovo servizio, il primo e più evidente è quello della portabilità. Una volta stabilito il proprio numero Voip, basterà avere a disposizione una connessione a banda larga per ricevere ed effettuare telefonate via Internet in ogni parte del mondo, sempre alle stesse condizioni. In altre parole, se il numero che scegliete è di Roma, chi vi chiama dalla capitale farà sempre una telefonata “urbana”, anche se voi gli rispondete da Shangai. Poi, legato alla questione banda larga, c’è il beneficio degli innumerevoli servizi aggiuntivi, per i quali magari, a differenza che per le telefonate, si farà pagare qualcosa: dalla casella email ai servizi di videoconferenza allo streaming televisivo.
Insomma, parlare gratis e poi, volendo, pagare per il resto. La voce diventa un plus, e questo inevitabilmente rischia di penalizzare quegli operatori del panorama tradizionale che devono ai servizi voce la maggior parte dei propri profitti. Per esempio Telecom Italia, segnalata da un dossier dell’Economist al quarto posto tra i gestori più vulnerabili al Voip, dopo China Mobile, Vodafone Group e China Unicom. «La domanda adesso non è se Voip spazzerà via la nostra telefonia tradizionale, ma la questione è quanto velocemente questo accadrà», scrive ancora il settimanale inglese. E pensare che Telecom, nel 2001, sul Voip aveva messo gli occhi per prima nel nostro paese, con l’intento illuminato di alcuni manager di fare del sito Info412.it e dei suoi utenti registrati una community alla quale offrire servizi commerciali e, tra questi, la possibilità di parlarsi via Internet in alternativa alla telefonia tradizionale. Poi, per volere dei nuovi vertici aziendali, il progetto è stato accantonato, e Telecom ha iniziato a remare disperatamente contro, spaventata dall’idea di perdere il pagamento del canone da gran parte dei suoi utenti. L’anno scorso ha tentato di far morire il Voip nella culla, annunciando che dal 2005 non avrebbe più permesso di mantenere l'Adsl a chi non avesse una linea voce. Intenzioni che sono restate tali, senza nulla di fatto, grazie all'alzata di scudi degli operatori alternativi. Così ultimamente, pur se con riluttanza, ha deciso di sposare anche lei la nuova tecnologia, con l’offerta Alice Voice; sfortunatamente, però, con molti più problemi tecnici, molta meno enfasi e capacità di innovazione che se si fosse partiti qualche anno prima, e con il traino di uno dei siti Web più frequentati d'Italia.
Ma perché funzioni, ci vogliono nuove regole
di BRUCE MEYERSON

BOSTON – Che differenza possono fare il passare di un anno e 2,1 miliardi di euro! L’indifferenza e il gelo che un tempo circondavano la Skype Technologies SA ai raduni dell’industria della telefonia via Internet all’ultimo Von si sono trasformati in soggezione e meraviglia. Praticamente tutti i discorsi e gli interventi alla conferenza di tecnologia hanno ruotato, seppur brevemente, intorno alla notizia dei giorni scorsi secondo cui Skype, servizio gratuito di telefonia da computer a computer, sarebbe stato acquistato dal sito di aste on line EBay per una cifra astronomica considerato il giro d’affari iniziale dell’azienda. E i 2,1 miliardi di euro potrebbero diventare 3,4, se le prestazioni di Skype rispetteranno determinati criteri. Alcuni si sono mostrati abbastanza scettici e critici riguardo a Skype e alla sua tecnologia “peer-to-peer”. Ma l’accordo e le acquisizioni più modeste nel Voip da parte di Microsoft e Yahoo! sono un’iniezione di ottimismo: dopo dieci anni di promesse, la telefonia via Internet sta entrando di diritto nel mercato mainstream, sia aziendale che privato.

«Skype ha fatto un favore immenso alla comunità», commenta Mark Spencer, star del settore che ha creato una piattaforma gratuita open source per i centralini d’impresa basata su tecnologia Internet Protocol. La piattaforma Linux, denominata Asterisk, quest’anno è stata scaricata più di 250 mila volte. «Skype dimostra un concetto importante: gli utenti vogliono qualcosa che funzioni», continua Spencer, la cui società, la Digium, ha annunciato di recente un accordo con Intel per la creazione di driver software per hardware Intel compatibili con i sistemi Asterisk. Al convegno, un programmatore Asterisk ha utilizzato la piattaforma per creare un servizio di connessione tra i dispersi dell’uragano Katrina e i loro parenti e amici. Il servizio, denominato Contact Loved Ones, consente agli evacuati di sfruttare il proprio numero di casa, anche se non si trovano più nella propria abitazione, per registrare un messaggio. I conoscenti che chiameranno quel numero lo ascolteranno e ne potranno lasciare uno loro. Yaacov Menken, uno dei tanti studenti di Princeton che hanno collaborato all’iniziativa, sottolinea come fare una cosa del genere con una linea telefonica tradizionale sarebbe costato decine di migliaia di dollari. «L’open source ha consentito a una ristretta cerchia di programmatori di ideare un qualcosa utile a molti», aggiunge il giovane, responsabile della Capalon Internet Solutions di Baltimora.

E malgrado le note di scherno e l’invidia serpeggiante, l’intervento al congresso del fondatore di Skype, Niklas Zennstrom, è stato seguito da un vastissimo pubblico, per quanto egli parlasse in remoto grazie a una nuova versione video del servizio telefonico fornito dalla sua azienda. Tra l’altro, come pare abitualmente accadere con tutte le dimostrazioni in diretta alle convention di tecnologia, la connessione non ha funzionato per quelli che i portavoce della società hanno definito “problemi di cablaggio” all’altro capo della linea e poi per difficoltà di proiezione dell’immagine sui maxischermi. «Non saprei. Forse quello che sentiamo è il rumore delle azioni di eBay che crollano», ha commentato ironicamente Blair Levin, analista di Legg Mason che ha intrattenuto i presenti mentre i tecnici di Skype si davano da fare per risolvere l’inconveniente. Non ci sono riusciti, quindi Zennstrom è stato costretto a fare il suo discorso senza video (la battuta di Levin era peraltro un’allusione a un commento analogo del comico Conan O'Brien a un convegno di elettronica l’anno scorso, in seguito al fiasco di una dimostrazione del presidente di Microsoft, Bill Gates).

Secondo Levin, la regolamentazione del settore tende ancora a favorire la telefonia tradizionale, malgrado la maggiore apertura dei colossi tecnologici suggerita dall’accordo eBay e dalle recenti acquisizioni da parte di Yahoo! e Microsoft. Tale regolamentazione, che finora Skype e altri hanno pressoché ignorato, potrebbe significare forti spese per le piccole aziende che forniscono servizi voce via Internet, complicando la strategia di risparmio sui costi che i nuovi soggetti pubblicizzano tanto. Uno stato di cose reso evidente, recentemente, dalla decisione della Federal Communications Commission americana che ha imposto a tutti i servizi vocali via Internet di garantire la possibilità di effettuare anche chiamate d’emergenza entro novembre. Del resto, Skype con le telefonate gratis via Web si è già costruita un’immensa base di 53 milioni di utenti, ma la maggior parte dei suoi (al momento modesti) introiti deriva dalle connessioni tra i suoi utenti e la rete telefonica pubblica. E «se un servizio collega alla rete telefonica tradizionale, dovrà anche accettare di seguire le regole di quella rete», conclude Levin.

E se con Google si potesse anche parlare
di ERIC HELLWEG

SETTIMANA cruciale, la prima di settembre, per chi tiene gli occhi puntati su Google (ovvero, per quasi tutti). Prima di tutto, il gigante della ricerca su Web ha lanciato una versione aggiornata della sua applicazione di ricerca desktop, Google Desktop 2. E poi ha annunciato il lancio di Google Talk, il suo primo servizio di instant messaging. Desktop 2 verrà osservato con particolare attenzione da aziende come Microsoft, a cui finora piaceva pensare di avere il predominio assoluto in fatto di desktop. Ma la successiva presentazione di Google Talk l’ha totalmente eclissato, probabilmente perché il nuovo servizio rappresenta una novità assoluta e il primo discostarsi di Google dal suo focus primario che è sempre stato quello della ricerca. Ma qual è la reale entità della novità? La prima versione beta di Talk, utilizzabile solo da coloro che hanno un account di posta GMail, non dispone di nessuna funzione di ricerca Internet, una caratteristica che invece i principali antagonisti, Yahoo Messenger, Aol Im e Msn Messenger di Microsoft, offrono. Una curiosa omissione, dal momento che Google deve tutta la sua fama proprio alle tecnologie di ricerca. Ad oggi, secondo le stime di comScore Media Metrix, America Online è il leader indiscusso dell’istant messaging, con 41,6 milioni di utenti. Al secondo posto c’è Yahoo, con 19,1 milioni di iscritti, e al terzo Msn Messenger con 14,1 milioni.

L’annuncio del prossimo lancio di Google Talk ha ridato nuovo impulso a una delle aspettative più popolari della nostra cultura: quella dell’imminente fine del concetto tradizionale di telecomunicazioni determinata dalla crescita inarrestabile della tecnologia VoIP (voice over Internet protocol). La nuova applicazione, infatti, consente l’invio di messaggi vocali (con microfono e auricolare, gli utenti possono anche parlare tra loro). Ma una funzionalità del genere viene già offerta anche dagli altri principali fornitori di servizi di instant messaging. Quindi titoli promozionali come quello del Financial Times, «Il gigante del Web mette al tappeto i rivali telecom», è alquanto fuorviante. «Il VoIP non è una minaccia che rischia di mettere fuorigioco le società di telecomunicazioni», commenta Jeff Kagan, analista del settore e presidente del Kagan Group. «È piuttosto un’ondata, un aspetto della trasformazione ventennale che l’industria delle telecomunicazioni sta vivendo».

L’“ondata”, come la definisce lui, di questi tempi sta per trasformarsi in un vero e proprio cavallone, ma non solo in conseguenza dell’annuncio di Google. Si dà anche il caso che Skype, al momento la più popolare applicazione VoIP al mondo – con oltre cinquanta milioni di utenti registrati in due anni – la prossima settimana festeggerà appunto il suo secondo compleanno. E per celebrare la ricorrenza aprirà la propria piattaforma tecnologica, permettendo a qualsiasi utente di incorporare Skype nelle proprie pagine e applicazioni Web. Pubblicare le interfacce di programmazione (Api) è un passo fondamentale, spiega Jeff Pulver, presidente e fondatore di Pulver.com nonché ideatore delle conferenze internazionali Von (Voices on the Net). All’inizio dell’estate, Skype ha rilasciato il codice Api della sua lista di contatti (la rubrica in cui gli utenti tengono tutte le informazioni relative ai propri amici e conoscenti). Da quell’iniziativa è già scaturita una comunità circoscritta ma in costante crescita di programmatori che puntano a coniugare liste di contatti e servizi di telecomunicazioni (per esempio connettendo la rubrica Skype ai cellulari, di modo che gli utenti possano chiamare un proprio contatto Skype anche dal telefonino). Tale disponibilità dell’azienda a pubblicare i propri codici, osserva Mark Levitt, vicepresidente del dipartimento di Informatica collaborativa dell’Idc, «innalza il livello generale di tutti i soggetti che operano in tale ambito».