Newsletter 10/05 15-30 luglio 2005








Osservatorio Iraq

Newsletter 10/05  15-30 luglio 2005



Il 28 luglio il Senato si è espresso a favore del decreto di
rifinanziamento della missione in Iraq, che è così diventato legge.

Il decreto
(<http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1252>http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1252
) proroga di altri sei mesi la missione Antica Babilonia, stanziando oltre
200 milioni di euro per le spese delle truppe inviate in Iraq,  e solo 20
milioni, cioè un  decimo, per quelli che vengono definiti aiuti umanitari,
e che consistono prevalentemente in corsi di formazione organizzati in
Italia.

Il governo italiano, con questo decreto, ha mantenuto invariata la sua
posizione,  nonostante nel resto della coalizione da più parti si levino
voci per una exit strategy, condizionata alla richiesta formale del governo
iracheno.



Richiesta che è arrivata, da parte dello stesso Primo Ministro Ibrahim al
Jaafari
(<>http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1258)
, nel corso di una conferenza stampa con il Segretario alla Difesa Usa
Donald Rumsfeld, giunto a  sorpresa a Baghdad  mercoledì 27 luglio. Le
mosse dell’Amministrazione Usa in tal senso vanno messe in relazione a
diversi fattori -  militari, politici e strategici -  ma anche ai sempre
più frequenti sondaggi che danno in caduta libera le scelte del governo in
materia di politica estera.



Negli Stati Uniti si parla sempre più dello scarso gradimento che la
popolazione irachena mostra nei confronti delle truppe Usa.

Democracy Now!, programma radiofonico statunitense trasmesso da 350
stazioni in tutto il Nord America, ha dedicato due interviste ad
altrettanti giornalisti indipendenti noti  per i loro servizi dall’Iraq:
Dahr Jamail
(<>http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1254)
e Patrick Cockburn
(<>http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1238
)  hanno raccontato ai microfoni di Amy Goodman la situazione reale in Iraq
e il rapporto tra le truppe Usa e la popolazione, rendendo chiaro quello
che è l’operato delle forze statunitensi nel paese, e la continua richiesta
di un ritiro immediato.



Anche alcune componenti politiche irachene rilanciano la richiesta di
ritiro delle truppe, questa volta accompagnata da una raccolta di firme .

Lo ha fatto lo sciita Moqtada al Sadr
(<>http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1205
), che per la prima volta è stato intervistato
(<>http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1232
)  da un media occidentale. Al Sadr, parlando alla BBC, ha ribadito la
richiesta di ritiro delle truppe di occupazione, esortando gli iracheni a
non cedere, da nessun lato, alle provocazioni. Alla raccolta delle firme si
è associato anche il Consiglio degli Ulema ( sunnita)
<>http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1243).



Contrariamente al movimento di Moqtada al Sadr, diverse forze politiche
sunnite stanno contribuendo al processo di scrittura della Costituzione,
nonostante l’assassinio
(<>http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1227)
di due dei componenti del gruppo sunnita alla Costituente, avvenuto il 19
luglio.

L’omicidio ha rimesso in discussione la partecipazione alla stesura della
Costituzione dei sunniti, che si sono autosospesi dai lavori, per poi
riprendere
(<>http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1253)
il loro ruolo dopo aver ricevuto le garanzie di sicurezza richieste.

Da parte dell’Assemblea c’è ottimismo sul fatto che la Costituzione sarà
pronta entro i termini indicati dalla TAL (legge amministrativa di
transizione), ma alcune bozze che circolano nella capitale irachena aprono
numerosi interrogativi e scatenano già le proteste.



Sono state in particolare le associazioni delle donne a scendere in piazza
(
<>http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1239)
, per ribadire il loro no all’introduzione della Shari’a come fonte
legislativa nella nuova costituzione, e l’OWFI (Organization of Women’s
Freedom in Iraq) lancia un appello a inondare di mail, lettere, telefonate
l’amministrazione Usa e i suoi alleati. “ Abbiamo bisogno del vostro aiuto
per rigettare questa Costituzione che apre la via a decenni di massacri
contro le donne.

Fate sapere ai difensori della libertà negli Usa quello che è fatto in loro
nome e nel nome della democrazia”, scrive Yanar Mohammed
(<>http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1255)
.



Quello posto dalle organizzazioni delle donne non è l’unico problema nella
stesura della nuova costituzione.  I componenti della Commissione dovranno
infatti dirimere altre questioni
(<>http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1256)
come il federalismo (il punto di maggiori contrasti), la divisione delle
risorse, l’identità del paese, la forma di governo, i diritti delle
minoranze.





Intanto in Iraq non si fermano le proteste e le lotte. I medici, che già
nelle scorse settimane avevano fatto sentire la loro voce, sono questa
volta scesi in sciopero a Baghdad
(<>http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1231)
per protestare ancora una volta contro le irruzioni della polizia e
dell’esercito negli ospedali.

Sciopero anche per i lavoratori del settore petrolifero del sud dell’Iraq
(<>http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=1218)
, a Bassora, che chiedono che una maggiore percentuale del reddito
derivante dal petrolio sia destinata ai bisogni della città, che,
nonostante sia la capitale delle riserve di petrolio irachene, lotta ancora
con la povertà, la malnutrizione e un tasso di disoccupazione del 40%.

Povertà, disoccupazione e fame che continuano ad essere le caratteristiche
di gran parte dell’Iraq, come dimostrano le storie
<>http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/cerca.php?stringa=nl10
raccolte questa settimana.







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