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piazza Fontana
- Subject: piazza Fontana
- From: "Eugenio Galli" <eugenio.galli at rcm.inet.it>(by way of Carlo Gubitosa <c.gubitosa at peacelink.it>)
- Date: Wed, 04 May 2005 16:18:42 +0100
Vivere è una sfida difficile, che si rinnova ogni giorno. Soprattutto se si accetta di porsi delle domande, se ci si guarda intorno con occhio critico e non in modo rassegnato. La vicenda che si è conclusa con la sentenza della Suprema Corte di Cassazione dopo 35 anni (ne avevo tre all'epoca della strage di piazza Fontana, quel 12 dicembre 1969) chiama in causa direttamente il senso di Giustizia e il senso dello Stato e fa sentire avviliti e frustrati. Il punto critico non è certamente dato dal fatto che, come ci è stato ricordato, il giudice di ultima istanza è di legittimità e non di merito, e dunque non giudica i fatti, non costituisce un supplemento di giudizio. E neppure si trattava di accedere al bisogno di risposte vendicative, di trovare dei responsabili "ad ogni costo", ossia accettando anche il rischio di perseguire persone non colpevoli: uno Stato democratico si difende con la democrazia e il giusto processo ne è un requisito essenziale. Il vero dramma di questa sentenza e di tutta la vicenda segnata dalla strage di piazza Fontana è che sembra inaccettabile che dopo 35 anni non si sia riusciti a individuare nessun colpevole per una strage che ha distrutto vite innocenti, ha sventrato famiglie, ha macchiato la nostra città, l'intero Paese e più di una generazione. Tutto cio' scuote profondamente e indigna. Ma non solo. Come si può accettare di convivere col dubbio (ammesso che sia solo un dubbio!) che anche apparati dello Stato e rappresentanti delle istituzioni abbiano costruito coperture, deviazioni, depistaggi, distrutto prove per occultare mandanti ed esecutori di quella orrenda pagina della nostra vita? Come si può sopportare che un processo incardinato in una città sia stato da questa strappato arbitrariamente e trasferito a mille e più chilometri di distanza (da Milano a Catanzaro), sulla base di una decisione che nessuno sa spiegare e che non ha quasi alcun precedente? Chi risponderà di questo? Quale senso di giustizia, quale fiducia nelle istituzioni e nel futuro può nascere da simili passaggi oscuri della nostra vita pubblica recente? Ce ne sarebbe già abbastanza, ma si aggiunge qualcos'altro: la condanna alle spese processuali delle parti civili, delle vittime del reato, apparterrà pure alle regole del procedimento. Ma mai come in questo caso ha il sapore di una suprema beffa. Se ne avessi la possibilità, per manifestare la mia solidarietà vorrei contribuire a pagare quelle spese processuali, che non dovrebbero gravare esclusivamente su chi ha già duramente sofferto e ha già pagato in questi lunghi anni, aggiungendo ingiustizia a ingiustizia. Speriamo almeno che la memoria aiuti a non perdere il senso della storia. Eugenio Galli (Milano)
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