per difendere la Costituzione



Questo è un articolo di Raniero La Valle scritto prima del colpo di mano con cui si è "riscritta" la seconda parte della Costituzione.
Oggi c'è stata la votazione definitiva che ha sancito il passaggio;
cfr. http://lists.peacelink.it/news/msg08964.html


RESISTENZA E PACE


Quest’anno (...) è stato programmato il bel regalo di fare la festa alla Repubblica. È stato infatti fissato (...) il voto finale del Senato sulla nuova Costituzione, che se dovesse entrare in vigore dopo la seconda lettura delle due Camere e non fosse bloccata dal successivo referendum popolare, chiuderebbe il ciclo della Repubblica parlamentare e rappresentativa, quale è stata instaurata dopo la Liberazione, per dare luogo a una specie di monarchia elettiva fondata sul potere incondizionato del Primo Ministro. Incondizionato in quanto sottratto al controllo e al contrappeso degli altri poteri dello Stato, a cominciare dal Presidente della Repubblica che sarebbe ridotto a un ruolo puramente decorativo, e soprattutto sottratto al vincolo del rapporto di fiducia col Parlamento, che dovrebbe sempre e solo eseguire la volontà del Premier, che in ogni momento, e sotto la sua “esclusiva responsabilità”, potrebbe sciogliere la Camera. I deputati dell’opposizione non avrebbero alcun diritto, se non quello di parlare, e nelle votazioni di fiducia il loro voto non sarebbe nemmeno computato. Tanto vale che se ne vadano sull’Aventino. Quanto al Senato, uscito di scena come Camera politica, non avrebbe più alcun potere di controllo sul governo né parteciperebbe alla funzione legislativa, se non per le materie di competenza esclusiva delle regioni o di competenza concorrente tra le regioni e lo Stato. Il nuovo regime, secondo le intenzioni dichiarate dal governo, dovrebbe entrare in vigore entro l’anno, sicché le prossime elezioni politiche si trasformerebbero in un plebiscito per l’investitura del nuovo sovrano. Già ne è in cantiere lo strumento, previsto dalla nuova legge elettorale che Berlusconi sta preparando, che consisterebbe in un’unica scheda in cui nello stesso tempo, con un unico voto, l’elettore designerebbe il Primo Ministro, il partito e la coalizione di governo, e il deputato del collegio uninominale. Esclusa ogni altra scelta, l’elettore, perduta la sua rappresentanza parlamentare, interamente ricapitolata nella persona del Primo Ministro (come era una volta nella persona del re), non avrebbe più alcun modo per “concorrere a determinare la politica nazionale”, come vuole l’attuale Costituzione, e potrebbe solo aspettarsi di essere sondato in qualche sondaggio delle agenzie specializzate, o di essere riconvocato dopo cinque anni per le nuove elezioni, se ci saranno. Se questo disegno, che nemmeno la P 2 aveva osato concepire, dovesse giungere a compimento, e se Berlusconi, grazie all’artificio di una legge elettorale che già oggi trasforma una minoranza in maggioranza parlamentare, riuscisse a vincere le elezioni politiche, non avrebbe alcuna ragione per non usare fino in fondo i poteri che si sta precostituendo, e la Repubblica sarebbe finita. Né la cosa sarebbe meno grave se a esercitare questi poteri fosse non la destra ma la sinistra, se fosse lei a vincere le elezioni, e non si capisce in che modo Berlusconi possa non aver messo in conto questa eventualità. Ma la domanda è inquietante. Nessuno fa un regime per gli altri (tanto più se ritiene che essi porteranno “miseria terrore e morte”); chi ha fatto un regime lo ha fatto sempre per sé. Come Berlusconi pensa di essersi assicurato contro questo rischio? Si discute se questo nuovo regime possa chiamarsi fascismo. Qualcuno dice che non si può dare un nome vecchio a una cosa nuova. Ma è una cosa nuova? Il fascismo non è, e non fu neanche allora, la marcia su Roma o la presa della Bastiglia. Il fascismo è il sovvertimento dello Stato per mezzo dello Stato, che è esattamente quello che la destra sta facendo. Resta da dire che tutto ciò sta accadendo senza che nessuno lo sappia o mostri di allarmarsi; tutto il processo di cambiamento costituzionale si è svolto in questi mesi senza che alcuna notizia ne trapelasse sui mezzi di informazione, e quando se ne è fatto cenno si è sempre e semplicemente fatto intendere che si trattasse di una riformetta di Bossi, di devolution e di federalismo. La prima cosa necessaria è dunque quella di rompere questa congiura del silenzio, e di squarciare le cortine fumogene. E la seconda cosa da fare è di respingere questo regalo al mittente, a cominciare dalle donne a cui si è fatto l’affronto di scegliere il loro 8 marzo come la data del suggello parlamentare alla liquidazione della Repubblica. Ma, insieme a loro, è tutto il popolo sovrano che deve prepararsi a difendere, col voto che ha ancora in mano e dovrà usare nel referendum finale sulla riforma, lo Stato di diritto, la democrazia costituzionale e la possibilità stessa di continuare a sussistere e ad agire come soggetto politico.

Raniero La Valle