Costituzione demolita. Prepariamoci al referendum



Muore la Costituzione. L'Unione abbandona l'aula


Bandiere tricolori, fiocchi verdi bianchi e rossi legati ai microfoni. Nell’aula di Palazzo Madama, il giorno del voto del ddl di riforma o meglio di manomissione della Costituzione, il centrosinistra ha espresso con durezza il suo dissenso. Al momento delle votazioni, dopo le dichiarazioni dei voto, i parlamentari dell’Unione si sono alzati dai seggi e sono usciti dall’aula in segno di protesta verso quella che viene giudicata « la più grave legge tra quelle approvate in questa legislatura dal governo e dalla sua maggioranza».

Alla fine la riforma è passata con 162 sì e 14 i contrari, non prima che tra i diversi schieramenti volassero insulti e provocazioni di ogni tipo, al punto che il presidente del Senato Marcello Pera ha sospeso la seduta per ben due volte. Tra i no, anche quello di Domenico Fisichella, vice-presidente del Senato e tra i fondatori di Alleanza nazionale. «Formalmente io parlo in dissenso rispetto al gruppo parlamentare di An che si accinge a votare in dissenso rispetto ai valori fondanti e fondativi di Alleanza Nazionale, valori fondanti e fondativi che io conosco meglio di chiunque altro».

Il no della Fed: la cdl cede ai ricatti della Lega e alle ambizioni di Berlusconi Il diessino Gavino Angius, intervenuto in aula per conto della federazione dell'Ulivo ha parlato di «pagina nera per l’Italia» e di «cessione al ricatto della Lega nord»: «La nostra costituzione è costata sangue e sofferenze. Una mobilitazione di coscienze, cattoliche, marxiste, liberali. Un enorme impegno comune». «Certamente oggi la costituzione ha bisogno di riforme», però, attacca, «voi ora volete riscrivere questa grandiosa costituzione per accontentare un partito del 3% e per distruggere i poteri di garanzia che sono ostacolo al potere del vostro presidente del consiglio». Insomma, continua il senatore della Quercia, «è questo scellerato obiettivo che di fatto ha reso voi senatori di maggioranza schiavi obbedienti, la base di questo pasticcio. per noi, tutto questo è inaccettabile. Ecco perché ci opponiamo».

E poi continua: «Voi- incalza il presidente dei senatori ds- avete blindato la vostra proposta di costituzione. L'abbiamo capito quando vi siete chiusi nella baita di Lorenzago, tra una polenta e un fiasco di vino. Era chiaro tutto». Poi puntualizza: «Fare della riscrittura della II parte della costituzione, l'oggetto, il collante del patto di governo della cdl, è stato un atto politico oltraggioso della nostra storia e della nostra democrazia. Non era mai avvenuto. Non è mai avvenuto in nessuna moderna democrazia occidentale niente di simile. Persino in iraq per costruire una costituzione condivisa dagli sciiti, superando persino l'esito del voto, si pongono il problema di associare al lavoro costituente, i sunniti». Insomma, conclude Angius, «non so se siano più fondamentalisti gli sciiti o voi».

Il ministro delle Riforme padano, Roberto Calderoli, che la settimana scorsa aveva minacciato le dimissioni in caso la riforma non venisse approvata entro Pasqua, esulta: «Beh, sì: mi pare proprio che l'avemo sfangata...». Poi annuncia il ritiro entro il pomeriggio delle sue dimissioni e comunica alla folla lo stato d’animo del capo Umberto Bossi: «L’ho sentito, è gasatissimo».

Prodi: prepariamoci ad un referendum che ponga fine a questo scempio
Adesso la riforma passa alla Camera e a giugno il Senato potrebbe pronunciarsi per la seconda volta per il varo definitivo. Ma per il centrosinistra l’ostruzione in aula è solo il primo passo. La lotta contro la manomissione della costituzione è destinata a spostarsi all’esterno dei Palazzi. Alla notizia dell'approvazione Romano Prodi ha subito dichiarato: Con la nuova riforma costituzionale «sono calpestati» il ruolo «del Presidente della Repubblica, e prima ancora del Parlamento e della Corte Costituzionale, della Magistratura». Per questo «noi dovremo prepararci fin da ora a un referendum che ponga fine a questo scempio».

Già altri esponenti dell'Unione avevano annunciato in questi giorni l’inevitabilità del ricorso al referendum. E rispetto a questa opzione mercoledì si è subito pronunciato ianche l premier Berlusconi da Bruxelles dove è in corso il Consiglio europeo tra capi di Stato: di referendum se parlerà ma a suo tempo, «dopo le elezioni politiche perché non vorremmo che questo interferisse con la spiegazione di ciò che il governo ha fatto e con le differenze, che dovremo ben spiegare, tra noi e la sinistra nel modo di vedere lo Stato, le persone, la politica. Noi manteniamo la stabilità del governo, loro invece vogliono solo esercitare il potere».

«Ha paura. Anzi è letteralmente terrorizzato da un referendum popolare che sa benissimo che spazzerebbe via questo obbrobrio». Lo dice ai giornalisti il capogruppo DS al Senato, Gavino Angius. «Questo ci porta alla considerazione-sottolinea- che anche Berlusconi considera questa legge impresentabile al giudizio del popolo italiano».Rappresenta, poi, «un inedito» quanto il premier va dicendo di un referendum da fare dopo le elezioni politiche, «una dichiarazione quantomeno sospetta» e per ben due motivi. Ci sono altri due passaggi parlamentari e «la legge potrebbe non essere approvata». Poi, seconda ragione, «se queste riforme sono un gran risultato, se sono così importanti per il Paese, se sono strategicamente così fondamentali e decisive per il futuro, Berlusconi ne dovrebbe fare un punto di forza della sua campagna elettorale. Il fatto che metta le mani avanti -conclude- è che è letteralmente terrorizzato dal referendum popolare».


Fonte: www.unita.it
Data: 23/3/05