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Ancora una lettera ad alcune persone amiche
- Subject: Ancora una lettera ad alcune persone amiche
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 9 May 2004 18:17:50 +0200
Ad alcune persone amiche Carissime e carissimi tutti, tra i promotori e i complici della guerra e del terrorismo c'e' chi finge di stupirsi e di indignarsi per le mostruose torture perpetrate in Iraq dalle truppe occupanti sugli inermi prigionieri. Fingendo di non sapere che la guerra si esegue attraverso l'uccidere e il terrorizzare. Fingendo di non sapere che la qualita' fondamentale al belligerante richiesta e marchiatagli indosso lungo e attraverso l'intero corso dell'addestramento militare impartitogli e' proprio la capacita' di disumanizzare il "nemico" (di percepirlo come non umano, di renderlo tale), e' proprio l'odio per l'altro essere umano che la guerra gli oppone, e' proprio la disponibilita' ad infierire su di lui fino a togliergli la vita, dimenticando che una e' l'umanita'. La tortura e' parte costitutiva della guerra, sempre. Per abolire la barbarie della tortura e' necessario (anche se non sufficiente, e' evidente) abolire la guerra. Cosi' come (e' altrettanto evidente) abolire la guerra e' necessario se si vuole davvero abolire la barbarie della pena di morte, volonta' solennemente enunciata e fin legiferata da molti stati, ma da tutti sistematicamente violata quando e in quanto ammettano il ricorso alla guerra ed a tal fine di armi ed eserciti si dotino. * Occorre, e' urgente, che la devastante guerra in corso cessi, ed essa puo' cessare solo con la fine dell'occupazione militare straniera in Iraq, sostituendola con un grande, doverosamente cospicuo e generoso intervento internazionale di aiuti umanitari, condotto con operatori disarmati e modalita' rigorosamente nonviolente, al servizio del popolo iracheno ed in guisa di necessario seppur inadeguato e tardivo risarcimento per le sofferenze ad esso inflitte dalla cosiddetta comunita' internazionale sia negli anni della complicita' con la dittatura, sia con le due guerre di cui l'ultima ancora perdura, l'embargo tra esse, ed infine quest'anno di smisurati e crescenti orrori protratti e ulteriori ed estremi. Coloro che in questi giorni si dicono sorpresi e indignati e non muovono un dito affinche' la guerra cessi (ed essa - ripetiamolo - puo' cessare solo con la fine dell'occupazione militare, e solo con la sua cessazione - e grande e profondo un intervento nonviolento - si puo' sperare di fermare la crescita del terrorismo che essa sta alimentando vertiginosamente), invero meglio farebbero a tacere. Poiche' anche questa menzognera ed ipocrita sorpresa e questa sguaiatamente esibita indignazione, meramente retorica, palesemente posticcia, pretesamente autoassolutoria, e quindi infame e ripugnante quanto il ghigno malefico del carnefice, e' complice della guerra e del terrorismo, del terrorismo grande imperiale e degli stati, del terrorismo derivato e speculare dei gruppi assassini su scala ridotta alla propria misura fin artigianale ma non per questo meno atroce e pervasivo, e col terrorismo maggiore in tensione e sinergia nel provocare sempre piu' abissali escalazioni di dereismo e violenza, di male, di orrore, di barbarie onnicida. * Sono un cittadino italiano. Lo stato in cui vivo, ordinamento giuridico che mi garantisce diritti a cui tengo e privilegi enormi che non merito e non desidero e di cui pure in qualche modo fruisco (e che so essere pagati da altri esseri umani di altri popoli ed altri paesi con una poverta' e un'oppressione che sono coatte e funzionali e necessarie al mantenimento del privilegio e dello spreco qui nel nord ricco di rapina, vampiro e polluttore), questo stato di cui in quanto cittadino faccio parte e per una quota sia pur minuscola sono corresponsabile, questo paese di cui in quanto indigeno e abitatore sono parte e corresponsabile, sta cooperando all'occupazione militare dell'Iraq, quindi alla guerra, quindi al terrorismo. Anche il mio silenzio e' complice delle torture, del terrore, della guerra, poiche' sono un cittadino italiano, e pur dotato di rilevanti diritti politici e quindi di non irrilevante politico potere non ho saputo adeguatamente effettualmente agire - e come me, e io insieme a loro, le tante ed i tanti che come me sentono e pensano e ardentemente vogliono, e sono, siamo senza dubbio la grande maggioranza del popolo italiano - per impedire dapprima e di poi far cessare la guerra, o almeno la partecipazione italiana ad essa, nonostante a favore di cio' che chiediamo, a favore della pace e dell'umanita', ci siano le leggi del nostro paese, leggi che governo, parlamento e capo dello stato hanno proditoriamente violato non opponendosi alla guerra in corso ed anzi mandando italiani ad uccidere e farsi uccidere cola' in guerra, e con essi, mandanti ed esecutori, decisori ed armigeri, quelle leggi - in primis la Costituzione della Repubblica Italiana stessa - parimenti hanno violato coloro che avendo potere di interdire la loro azione han lasciato che cosi' agissero, che alla partecipazione all'aggressione hanno contribuito, che hanno omesso di opporsi, o si sono opposti ma in misura inadeguata, in forme insufficienti o equivoche, non raggiungendo un esito cogente. E tra essi, nella misura delle facolta' nostre, anche noi, non cosi' senza potere come ci pare di essere, come ignobilmente ci crogioliamo talora di dirci; non cosi' innocenti come a troppi piace oscenamente proclamarsi per colmo di insipienza e sicumera, per un obnubilamento che vieppiu' ci rende e ci manifesta corresponsabili della guerra e del terrore. * Nei giorni scorsi, che ho trascorso nel digiuno, mi sono chiesto ancora e ancora cosa dovessimo fare - di meglio, piuttosto che di piu', del poco e male fatto -, non ho trovato risposta ancora. O meglio, una sola, ma capisco che non piu' che enunciarla qui posso. Ed e' quella che Alex Langer il buono, persuaso e persuasivo, fece accogliere in sede istituzionale europea molti anni fa, ma tuttora inattuata: l'istituzione e l'azione di corpi civili di pace in grado di effettuare interventi rigorosamente nonviolenti in aree di conflitto bellico dispiegato. Piu' volte e in piu' luoghi si e' iniziata questa pratica - fin qui senza sostegni istituzionali e quindi solo su base e per scelta generosamente coraggiosamente volontaria - da parte di movimenti nonviolenti ed esperienze della societa' civile, e talvolta con esiti assai rimarchevoli nella misura delle forze impiegate, delle risorse disponibili. Nella situazione irachena questo oggi occorrerebbe: una presenza internazionale di interposizione nonviolenta di massa di dimensioni tali da paralizzare i belligeranti. Ed e' cosa alla quale, nella misura che nella concreta contingenza e' all'uopo necessaria (nella massa critica ma anche nella qualita' e potenza ermeneutica e percettiva, visibilita'-veggenza-profezia che il satyagraha richiede), siamo ancora inadeguati per motivi soggettivi e oggettivi, innanzitutto per il tremendo ritardo del movimento per la pace - nel suo complesso considerato, ma anche nelle parti di esso piu' vigili e coscienti, meno chiassose e piu' nitide, meno ambigue e piu' sollecite - nell'accogliere la nonviolenza come scelta decisiva per chiunque voglia impegnarsi per la pace e i diritti umani, per chiunque voglia lottare per il presente e il futuro dell'umanita'. * Ed in assenza della capacita' di adeguatamente praticare hic et nunc questa forma di intervento nonviolento (ma questo non significa rassegnarsi all'inerzia, significa lavorare ancor piu' tenacemente e limpidamente in questa prospettiva), mi pare che per cosi' dire in via subordinata un'altra cosa ci resterebbe ancora da fare, da fare qui, da fare subito, in Italia, oggi. Ma anche questa proposta non sono capace di far piu' che ancora una volta soltanto dichiararla come esigenza ed appello, poiche' vedo bene tutte le difficolta' di metterla in atto. Ed ho piena contezza che essa e' ancora una proposta estrema, ma altre non ne vedo che per dimensione a fronte di cio' che l'ora richiede non siano troppo fuori scala e meschine e pusillanimi, ed almeno che essa venisse promossa, discussa, presa in seria considerazione vorrei. E' lo sciopero generale contro la guerra, contro il terrorismo, contro la tortura. Lo sciopero generale che obblighi chi oggi governa il nostro paese violando la legge - e tutti ci trascina nella barbarie - a tornare al rispetto della legge; lo sciopero generale che imponga il ripristino della legalita' costituzionale, l'obbedienza all'articolo 11 della Costituzione della Repubblica Italiana che proibisce all'Italia di prender parte all'occupazione militare dell'Iraq. Lo sciopero generale per la fine della partecipazione italiana alla guerra. Lo sciopero generale come insurrezione morale nonviolenta del popolo italiano per richiamare all'umanita' le istituzioni del nostro ordinamento giuridico, per ricondurre all'umanita' la concreta azione politica internazionale italiana. Lo sciopero generale per difendere lo stato di diritto, la democrazia, i diritti umani, la nostra stessa qualita' di esseri umani, la nostra stessa umana dignita': e la vita e i diritti delle sorelle e dei fratelli iracheni e di quanti in Iraq ogni giorno subiscono sevizie e stragi, e quanti sono esposti ad essere brutalizzati e uccisi, e quanti sono esposti a divenire torturatori e assassini e degli assassini e dei torturatori complici. Temo possa apparir del tutto velleitario il dirlo, e quindi ridicolo se la tragedia in corso il ridicolo consentisse, ma il dir altro temo sia nulla, o peggio. Lo sciopero generale occorre: in difesa della vita di tutti gli ostaggi della guerra e del terrore, compresi coloro che guerra e terrore praticano, vittime anch'essi oltre che carnefici; e in difesa della legalita' e della democrazia, della nostra medesima civile convivenza. Perche' oggi gli assassini, i terroristi, e non solo per omissione di soccorso, tragicamente siamo anche noi, il popolo italiano "brava gente", il popolo italiano che una leadership gangsteristica, sprezzante di ogni legge ed ogni morale, ha ridotto a criminale parte belligerante - che gia' vittime ha mietuto, che gia' vittime ha subito - e abominevole pubblico plaudente, asservito nella narcosi ma nondimeno cannibale e compartecipe, di una guerra non solo delittuosa e scellerata come tutte le guerre, ma illegale secondo le stesse legislazioni costitutive e legittimatrici dei soggetti di essa promotori ed esecutori, che sta contribuendo alla catastrofe dell'umanita'. * Ed insieme una piu' profonda azione occorre: di crescita della nonviolenza come alternativa la piu' profonda e la piu' urgente, come proposta di gestione dei conflitti che consenta la fine delle guerre e degli eserciti e delle armi. Quel lavoro di lunga lena cui molte e molti da anni dedicano le migliori energie loro e che oggi in Italia ha trovato un punto di convergenza e di sintesi provvisoria e dinamica nella proposta di Lidia Menapace all'Europa rivolta, proposta sull'impulso della quale molte persone amiche della nonviolenza si ritroveranno il 22 maggio su invito del Movimento Nonviolento (per ulteriori informazioni: www.nonviolenti.org) a un incontro che e' tra le poche cose coerenti, persuase e luminose che le operatrici e gli operatori di pace stanno promuovendo in questi giorni (come lo e' stata, a me e' parso, la marcia contro tutte le uccisioni svoltasi tra Castel Sant'Angelo e piazza S. Pietro il 29 aprile). Poiche' solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita', l'umanita' tutta, l'umanita' altrui, la nostra medesima, l'umanita' di ciascuno. Un caro saluto, Peppe Viterbo, 9 maggio 2004 Poscritto: alle persone amiche che nei mesi e ancora nei giorni scorsi mi hanno scritto ed a cui sono tuttora debitore di una risposta chiedo umilmente scusa per il mio prolungato silenzio, ma vorrei sapessero che le loro parole mi sono state di luce e di nutrimento in questo tempo di raccoglimento e dolore. Grazie di cuore ancora. Mittente: Peppe Sini strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
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