Ancora una lettera ad alcune persone amiche



Ad alcune persone amiche

Carissime e carissimi tutti,

tra i promotori e i complici della guerra e del terrorismo c'e' chi finge di
stupirsi e di indignarsi per le mostruose torture perpetrate in Iraq dalle
truppe occupanti sugli inermi prigionieri.

Fingendo di non sapere che la guerra si esegue attraverso l'uccidere e il
terrorizzare. Fingendo di non sapere che la qualita' fondamentale al
belligerante richiesta e marchiatagli indosso lungo e attraverso l'intero
corso dell'addestramento militare impartitogli e' proprio la capacita' di
disumanizzare il "nemico" (di percepirlo come non umano, di renderlo tale),
e' proprio l'odio per l'altro essere umano che la guerra gli oppone, e'
proprio la disponibilita' ad infierire su di lui fino a togliergli la vita,
dimenticando che una e' l'umanita'.

La tortura e' parte costitutiva della guerra, sempre.

Per abolire la barbarie della tortura e' necessario (anche se non
sufficiente, e' evidente) abolire la guerra. Cosi' come (e' altrettanto
evidente) abolire la guerra e' necessario se si vuole davvero abolire la
barbarie della pena di morte, volonta' solennemente enunciata e fin
legiferata da molti stati, ma da tutti sistematicamente violata quando e in
quanto ammettano il ricorso alla guerra ed a tal fine di armi ed eserciti si
dotino.

*

Occorre, e' urgente, che la devastante guerra in corso cessi, ed essa puo'
cessare solo con la fine dell'occupazione militare straniera in Iraq,
sostituendola con un grande, doverosamente cospicuo e generoso intervento
internazionale di aiuti umanitari, condotto con operatori disarmati e
modalita' rigorosamente nonviolente, al servizio del popolo iracheno ed in
guisa di necessario seppur inadeguato e tardivo risarcimento per le
sofferenze ad esso inflitte dalla cosiddetta comunita' internazionale sia
negli anni della complicita' con la dittatura, sia con le due guerre di cui
l'ultima ancora perdura, l'embargo tra esse, ed infine quest'anno di
smisurati e crescenti orrori protratti e ulteriori ed estremi.

Coloro che in questi giorni si dicono sorpresi e indignati e non muovono un
dito affinche' la guerra cessi (ed essa - ripetiamolo - puo' cessare solo
con la fine dell'occupazione militare, e solo con la sua cessazione - e
grande e profondo un intervento nonviolento - si puo' sperare di fermare la
crescita del terrorismo che essa sta alimentando vertiginosamente), invero
meglio farebbero a tacere. Poiche' anche questa menzognera ed ipocrita
sorpresa e questa sguaiatamente esibita indignazione, meramente retorica,
palesemente posticcia, pretesamente autoassolutoria, e quindi infame e
ripugnante quanto il ghigno malefico del carnefice, e' complice della guerra
e del terrorismo, del terrorismo grande imperiale e degli stati, del
terrorismo derivato e speculare dei gruppi assassini su scala ridotta alla
propria misura fin artigianale ma non per questo meno atroce e pervasivo, e
col terrorismo maggiore in tensione e sinergia nel provocare sempre piu'
abissali escalazioni di dereismo e violenza, di male, di orrore, di barbarie
onnicida.

*

Sono un cittadino italiano. Lo stato in cui vivo, ordinamento giuridico che
mi garantisce diritti a cui tengo e privilegi enormi che non merito e non
desidero e di cui pure in qualche modo fruisco (e che so essere pagati da
altri esseri umani di altri popoli ed altri paesi con una poverta' e
un'oppressione che sono coatte e funzionali e necessarie al mantenimento del
privilegio e dello spreco qui nel nord ricco di rapina, vampiro e
polluttore), questo stato di cui in quanto cittadino faccio parte e per una
quota sia pur minuscola sono corresponsabile, questo paese di cui in quanto
indigeno e abitatore sono parte e corresponsabile, sta cooperando
all'occupazione militare dell'Iraq, quindi alla guerra, quindi al
terrorismo.
Anche il mio silenzio e' complice delle torture, del terrore, della guerra,
poiche' sono un cittadino italiano, e pur dotato di rilevanti diritti
politici e quindi di non irrilevante politico potere non ho saputo
adeguatamente effettualmente agire - e come me, e io insieme a loro, le
tante ed i tanti che come me sentono e pensano e ardentemente vogliono, e
sono, siamo senza dubbio la grande maggioranza del popolo italiano - per
impedire dapprima e di poi far cessare la guerra, o almeno la partecipazione
italiana ad essa, nonostante a favore di cio' che chiediamo, a favore della
pace e dell'umanita', ci siano le leggi del nostro paese, leggi che governo,
parlamento e capo dello stato hanno proditoriamente violato non opponendosi
alla guerra in corso ed anzi mandando italiani ad uccidere e farsi uccidere
cola' in guerra, e con essi, mandanti ed esecutori, decisori ed armigeri,
quelle leggi - in primis la Costituzione della Repubblica Italiana stessa -
parimenti hanno violato coloro che avendo potere di interdire la loro azione
han lasciato che cosi' agissero, che alla partecipazione all'aggressione
hanno contribuito, che hanno omesso di opporsi, o si sono opposti ma in
misura inadeguata, in forme insufficienti o equivoche, non raggiungendo un
esito cogente.
E tra essi, nella misura delle facolta' nostre, anche noi, non cosi' senza
potere come ci pare di essere, come ignobilmente ci crogioliamo talora di
dirci; non cosi' innocenti come a troppi piace oscenamente proclamarsi per
colmo di insipienza e sicumera, per un obnubilamento che vieppiu' ci rende e
ci manifesta corresponsabili della guerra e del terrore.

*

Nei giorni scorsi, che ho trascorso nel digiuno, mi sono chiesto ancora e
ancora cosa dovessimo fare - di meglio, piuttosto che di piu', del poco e
male fatto -, non ho trovato risposta ancora. O meglio, una sola, ma capisco
che non piu' che enunciarla qui posso.

Ed e' quella che Alex Langer il buono, persuaso e persuasivo, fece
accogliere in sede istituzionale europea molti anni fa, ma tuttora
inattuata: l'istituzione e l'azione di corpi civili di pace in grado di
effettuare interventi rigorosamente nonviolenti in aree di conflitto bellico
dispiegato.
Piu' volte e in piu' luoghi si e' iniziata questa pratica - fin qui senza
sostegni istituzionali e quindi solo su base e per scelta generosamente
coraggiosamente volontaria - da parte di movimenti nonviolenti ed esperienze
della societa' civile, e talvolta con esiti assai rimarchevoli nella misura
delle forze impiegate, delle risorse disponibili.
Nella situazione irachena questo oggi occorrerebbe: una presenza
internazionale di interposizione nonviolenta di massa di dimensioni tali da
paralizzare i belligeranti.
Ed e' cosa alla quale, nella misura che nella concreta contingenza e'
all'uopo necessaria (nella massa critica ma anche nella qualita' e potenza
ermeneutica e percettiva, visibilita'-veggenza-profezia che il satyagraha
richiede), siamo ancora inadeguati per motivi soggettivi e oggettivi,
innanzitutto per il tremendo ritardo del movimento per la pace - nel suo
complesso considerato, ma anche nelle parti di esso piu' vigili e coscienti,
meno chiassose e piu' nitide, meno ambigue e piu' sollecite -
nell'accogliere la nonviolenza come scelta decisiva per chiunque voglia
impegnarsi per la pace e i diritti umani, per chiunque voglia lottare per il
presente e il futuro dell'umanita'.

*

Ed in assenza della capacita' di adeguatamente praticare hic et nunc questa
forma di intervento nonviolento (ma questo non significa rassegnarsi
all'inerzia, significa lavorare ancor piu' tenacemente e limpidamente in
questa prospettiva), mi pare che per cosi' dire in via subordinata un'altra
cosa ci resterebbe ancora da fare, da fare qui, da fare subito, in Italia,
oggi.
Ma anche questa proposta non sono capace di far piu' che ancora una volta
soltanto dichiararla come esigenza ed appello, poiche' vedo bene tutte le
difficolta' di metterla in atto. Ed ho piena contezza che essa e' ancora una
proposta estrema, ma altre non ne vedo che per dimensione a fronte di cio'
che l'ora richiede non siano troppo fuori scala e meschine e pusillanimi, ed
almeno che essa venisse promossa, discussa, presa in seria considerazione
vorrei.

E' lo sciopero generale contro la guerra, contro il terrorismo, contro la
tortura. Lo sciopero generale che obblighi chi oggi governa il nostro paese
violando la legge - e tutti ci trascina nella barbarie - a tornare al
rispetto della legge; lo sciopero generale che imponga il ripristino della
legalita' costituzionale, l'obbedienza all'articolo 11 della Costituzione
della Repubblica Italiana che proibisce all'Italia di prender parte
all'occupazione militare dell'Iraq. Lo sciopero generale per la fine della
partecipazione italiana alla guerra. Lo sciopero generale come insurrezione
morale nonviolenta del popolo italiano per richiamare all'umanita' le
istituzioni del nostro ordinamento giuridico, per ricondurre all'umanita' la
concreta azione politica internazionale italiana. Lo sciopero generale per
difendere lo stato di diritto, la democrazia, i diritti umani, la nostra
stessa qualita' di esseri umani, la nostra stessa umana dignita': e la vita
e i diritti delle sorelle e dei fratelli iracheni e di quanti in Iraq ogni
giorno subiscono sevizie e stragi, e quanti sono esposti ad essere
brutalizzati e uccisi, e quanti sono esposti a divenire torturatori e
assassini e degli assassini e dei torturatori complici.

Temo possa apparir del tutto velleitario il dirlo, e quindi ridicolo se la
tragedia in corso il ridicolo consentisse, ma il dir altro temo sia nulla, o
peggio. Lo sciopero generale occorre: in difesa della vita di tutti gli
ostaggi della guerra e del terrore, compresi coloro che guerra e terrore
praticano, vittime anch'essi oltre che carnefici; e in difesa della
legalita' e della democrazia, della nostra medesima civile convivenza.
Perche' oggi gli assassini, i terroristi, e non solo per omissione di
soccorso, tragicamente siamo anche noi, il popolo italiano "brava gente", il
popolo italiano che una leadership gangsteristica, sprezzante di ogni legge
ed ogni morale, ha ridotto a criminale parte belligerante - che gia' vittime
ha mietuto, che gia' vittime ha subito - e abominevole pubblico plaudente,
asservito nella narcosi ma nondimeno cannibale e compartecipe, di una guerra
non solo delittuosa e scellerata come tutte le guerre, ma illegale secondo
le stesse legislazioni costitutive e legittimatrici dei soggetti di essa
promotori ed esecutori, che sta contribuendo alla catastrofe dell'umanita'.

*

Ed insieme una piu' profonda azione occorre: di crescita della nonviolenza
come alternativa la piu' profonda e la piu' urgente, come proposta di
gestione dei conflitti che consenta la fine delle guerre e degli eserciti e
delle armi.

Quel lavoro di lunga lena cui molte e molti da anni dedicano le migliori
energie loro e che oggi in Italia ha trovato un punto di convergenza e di
sintesi provvisoria e dinamica nella proposta di Lidia Menapace all'Europa
rivolta, proposta sull'impulso della quale molte persone amiche della
nonviolenza si ritroveranno il 22 maggio su invito del Movimento Nonviolento
(per ulteriori informazioni: www.nonviolenti.org) a un incontro che e' tra
le poche cose coerenti, persuase e luminose che le operatrici e gli
operatori di pace stanno promuovendo in questi giorni (come lo e' stata, a
me e' parso, la marcia contro tutte le uccisioni svoltasi tra Castel
Sant'Angelo e piazza S. Pietro il 29 aprile).

Poiche' solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita', l'umanita' tutta,
l'umanita' altrui, la nostra medesima, l'umanita' di ciascuno.

Un caro saluto,

Peppe

Viterbo, 9 maggio 2004

Poscritto: alle persone amiche che nei mesi e ancora nei giorni scorsi mi
hanno scritto ed a cui sono tuttora debitore di una risposta chiedo
umilmente scusa per il mio prolungato silenzio, ma vorrei sapessero che le
loro parole mi sono state di luce e di nutrimento in questo tempo di
raccoglimento e dolore. Grazie di cuore ancora.

Mittente: Peppe Sini
strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo
tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it