Del Mondo Kurdo n1



Del Mondo Kurdo n.1

A cura dell'Ufficio d'Informazione del Kurdistan in Italia

Via Quintino Sella 41, 00187 Roma Tel 0642013576 / Fax. 0642003550 /
uiki.onlus at tin.it / www.kurdistan.it

        C/C bancario n. 12257 intestato a UIKI-Onlus, Banca Popolare di
Milano, ag. 252

********************************************************************************
1. "E' un esame per l'Europa", Gli avvocati inglesi Mark Muller e Tim Otty
del leader kurdo Abdullah Ocalan dopo averlo incontrato il 14 gennaio 2004
hanno sottolineato che le condizioni detentive di Ocalan sono in violazione
della Convenzione europea per i diritti umani e hanno detto che è un caso
giudiziario che mette alla prova la stessa Unione Europea.  (Ozgur
Politika, 14 gennaio 2004)

2. Gli USA aggiungono il KONGRA-GEL alla lista delle organizzazioni
terroriste,  (19 gennaio 2004 KONGRA-GEL, Commissione affari esteri

3. La moglie di uno "scomparso" kurdo ha ottenuto giustizia dalla  Corte
europea, La Corte Europea per i Diritti Umani ha stabilito che la Turchia
non ha indagato sull'omicidio di un uomo kurdo. (Kurdish Human Rights
Project, comunicato stampa 15 gennaio 2004 )

4. La Turchia sul cammino dell'adempimento dei criteri di Copenhagen ad
Hakkari incrimina Yusuf Ciftci per aver dipinto la sua casa di rosso,
giallo e verde. (Ozgur Politika, 6 gennaio 2004)

5. Ai visitatori dei detenuti un timbro di riconoscimento: "Terrore" (Ozgur
Politika, 7 gennaio 2004)

***

1. "E' un esame per l'Europa"

Gli avvocati inglesi Mark Muller e Tim Otty del leader kurdo Abdullah
Ocalan dopo averlo incontrato il 14 gennaio 2004 hanno sottolineato che le
condizioni detentive di Ocalan sono in violazione della Convenzione europea
per i diritti umani e hanno detto che è un caso giudiziario che mette alla
prova la stessa Unione Europea.  (Ozgur Politika, 14 gennaio 2004)

 D: Dopo un lungo periodo siete potuti andare per la prima volta
sull'isola. Come avete trovato sig. Ocalan rispetto a quando lo avete visto
la prima volta? Potete raccontarci le vostre sensazioni?

Mark Muller: "Dopo un anno e mezzo per la prima volta abbiamo potuto
incontrare il sig. Ocalan. Questo è un periodo molto critico per la
Turchia, per il sig. Ocalan e anche per l'Unione Europea. In questa fase
storica abbiamo trovato il sig. Ocalan pieno di vita, benché da così lungo
tempo si trovi queste condizioni. I suoi cari erano preoccupati del suo
salute, però sta lottando nei confronti delle condizioni di detenzione in
cui si trova. Abbiamo potuto incontrarlo per il procedimento in corso alla
Corte europea per i diritti umani, vista l'attuale situazione politica.
Inoltre abbiamo anche parlato delle sue condizioni di salute e detentive".

D: Se confrontate le condizioni detentive di Ocalan con la realtà europea
come le definireste? Potete raccontarci quali richieste e tentativi si
possono fare  per migliorarne le condizioni?

Mark Muller: "Tutti devono essere equi nei confronti di questo caso.
L'isolamento che applicano ad Ocalan è contro la Convenzione europea per i
diritti umani. Gli standard minimi delle condizioni detentive previste
dalle Nazioni Unite e della Convenzione europea per i diritti umani devono
essere applicati anche in Turchia. Queste prevedono diritti ad incontrare i
parenti, a usufruire dei media, a vedere la luce del sole, ad incontrare
gli avvocati. Noi vorremmo che il sig. Ocalan possa beneficiare dei diritti
fondamentali di tutti i detenuti. C'è la sentenza del 12 marzo emessa dalla
Corte di Strasburgo. Questa faceva luce su alcuni punti che riguardano
proprio le condizioni di detenzione. Abbiamo fatto anche un nuovo ricorso
alla Corte, per migliorare le sue condizioni, stiamo lottando con la stessa
Corte di Strasburgo. Facciamo richiesta a che anche i governanti europei
riconoscano e rendano note le condizioni in cui viene detenuto il sig
Ocalan dalle autorità turche".

Tim Otty: "Anche io sono tra gli avvocati  che difendono Ocalan davanti la
Corte. Come sapete  abbiamo fatto un appello alla Corte europea su un altro
punto, che forse alla fine dell'anno avrà risposta. Questo procedimento
riguarda proprio l'arrivo di Ocalan a Nairobi e le condizioni del suo
trasferimento".

D: durante l'incontro c'è stato un messaggio di Ocalan?

MM: "Ocalan durante questi quasi 5 anni già aveva mandato messaggi
consistenti, che riguardano una soluzione democratica, pacifica di
conciliazione.  Il messaggio che Ocalan ha rivolto a me e all'Europa è
quello del riconoscimento dei diritti fondamentali e culturali dei kurdi,
inoltre, lo scorso anno nel mese di marzo alla corte di Strasburgo c'è
stata il riconoscimento che il processo non è stato equo, la richiesta del
sig. Ocalan è che possa venir equamente processato e poter denunciare le
violazioni sistematiche dei diritti umani che vengono perpetrate contro i
kurdi. Non c'è niente che possa portare la Turchia a temere Ocalan in base
a queste richieste".

D: vi ha fatto una richiesta particolare?

Mark Muller: "ha chiesto di poter difendere i suoi diritti umani
nell'ambito del sistema legale vigente, che è già quanto stiamo facendo.
Secondo me quello che dobbiamo sottolineare a livello europeo è che questo
processo come quello di Leyla Zana hanno delle comunanze di base. Quello
che ho potuto capire è che i governanti europei su questo processo pensano
che sia una prova per la Turchia a riguardo delle libertà ed dei diritti
umani dei detenuti, questo è un processo di verifica anche per l'Unione
europea. È un punto molto importante per quanto riguarda il fatto che la
Turchia per poter entrare abbia o no una struttura democratica. Chiediamo
di trasferire il sig Ocalan in un altro carcere dove possa stare in
contatto con altri detenuti e chiediamo che la Turchia nell'ambito delle
sue forme giuridiche metta in pratica le riforme. Quello che io credo è che
nei prossimi due anni lo si potrebbe fare. Sono ottimista su questo".

D: Potete raccontarci che problemi avete dovuto affrontare per andare e
tornare all'isola?

Mark Muller: "quello che abbiamo affrontato sono importanti problemi,
abbiamo avuto problemi di tempo per effettuare il trasferimento. Abbiamo
vissuto problemi a riguardo della relazione avvocato-assistito, però siamo
contenti di aver visto il nostro assistito".

Tim Ottey:  "c'era un sistema di protezione straordinario. Il viaggio è
durato due-tre ore, l'abbiamo potuto vedere soltanto per un'ora e abbiamo
visto che se si vuole si può andare con l'elicottero all'isola".

2. Gli USA aggiungono il KONGRA-GEL alla lista delle organizzazioni
terroriste (19 gennaio 2004 KONGRA-GEL, Commissione affari esteri )

Il 13 gennaio 2004 il Dipartimento di stato americano ha inserito il
Congresso del Popolo del Kurdistan, anche noto come KONGRA-GEL, nella lista
delle organizzazioni terroristiche estere.

Il KONGRA-GEL è stato fondato nell'ottobre 2003, per poter combattere più
efficacemente per i diritti del popolo kurdo in Medioriente, dove i kurdi
restano un popolo senza riconoscimento. Il KONGRA-GEL si è formalmente
impegnato a lavorare interamente attraverso mezzi pacifici, in direzione di
un processo di democratizzazione sia in Medioriente, che nella Diaspora,
per poter così ottenere obiettivi che sono ragionevoli e legittimi secondo
ogni standard.

Senza tenere minimamente conto degli impegni che le organizzazioni kurde si
sono assunti, adesso gli USA dichiarano che il KONGRA-GEL, che gode di un
sostegno popolare molto vasto, sarebbe semplicemente un alias del Partito
dei Lavoratori del Kurdistan (PKK).

Secondo i media, la decisione significa che i membri del gruppo possono
essere sottoposti a sanzioni mentre viaggiano e ogni loro bene potrebbe
essere congelato da parte del Dipartimento del tesoro statunitense in
quanto proprietà di terroristi.

È una coincidenza significativa che l'annuncio arrivi nel momento in cui le
relazioni Turchia-USA stanno migliorando ancora una volta, a seguito,
invece,  delle tensioni nate dalla guerra in Iraq e che siano soltanto
alcuni giorni che il Primo Ministro turco Tayyp Erdogan sta per effettuare
al sua visita ufficiale a Washington.
l'azione statunitense va quindi vista come una manovra politica designata
principalmente per compiacere il governo turco.

L'imposizione di questa lista nera certamente non farà niente per risolvere
le ingiustizie all'interno della Turchia in relazione alla negazione dei
diritti dei kurdi. Inoltre, il fatto che un'organizzazione kurda di guida
può essere bandita spietatamente espone le debolezze degli impegni
statunitensi nei confronti dei kurdi come popolo a livello generale.

L'attenzione  adesso cadrà su cosa l'Unione europea potrebbe fare. Seguirà
ciecamente gli USA o eserciterà un giudizio sensibile che tenga conto dei
sentimenti delle centinaia di migliaia di kurdi che vivono in Europa? Un
qualsiasi divieto in Europa significherebbe una mossa altamente
provocatoria.

I krudi che contano circa 40milioni chiedono giustizia e pace. Aggiungere
il KONGRA-GEL alla lista delle organizzazioni terroriste estere non è una
mossa appropriata e non serve agli sforzi in atto per la democratizzazione
in Medioriente. Per questo chiediamo agli Stati Uniti di rivedere la
decisione.

 3. La moglie di uno "scomparso" kurdo ha ottenuto giustizia dalla  Corte
europea- (Kurdish Human Rights Project, comunicato stampa 15 gennaio 2004)

La Corte Europea per i Diritti Umani ha stabilito che la Turchia non ha
indagato sull'omicidio di un uomo kurdo.

 La Corte europea per i diritti umani ha ancora una volta ritenuto che la
Turchia abbia violato la Convenzione europea per i diritti umani nel non
aver proceduto ad indagare sull'omicidio di un uomo kurdo, il sig. Ali
Tekdag. [Sentenza Tekdag v. Turkey (27699/95), 15 January 2004, European
Court of Human Rights: http://www.echr.coe.int/Eng/Judgments.htm]

Ali Tekdag si trovava a fare spese il 13 novembre 1994 nel villaggio di
Kucukkadi. Disse alla moglie che avrebbe dovuto partecipare a qualcosa e
gli chiese di attenderlo per qualche momento. Ritornò appena poco dopo,
facendo finta di non riconoscerla, dicendole di non avvicinarsi a lui e si
recò in una stradina nelle vicinanze. Era seguito da uomini armati con
ricetrasmittenti. Si sentirono dei colpi e arrivarono poi sulla scena degli
agenti di polizia in divisa che lo portarono via in un piccolo furgone
bianco. Sua moglie non avendo più avuto notizie di lui da quel giorno
presume che sia morto.

Il KHRP ha sottoposto il caso alla Corte a nome della moglie del defunto,
la sig.ra Hatice Tekdag.  Visto che il governo turco e la richiedente non
erano d'accordo circa i fatti inerenti la morte, nell'ottobre del 2000 tre
delegati della Corte si recarono ad Ankara per raccogliere prove nel corso
delle udienze.

Nella sua sentenza del 15 gennaio 2004, la Corte ha considerato consistenti
tutte le circostanze della morte e le dichiarazioni della richiedente a
riguardo della scomparsa di suo marito. Comunque, in assenza di sufficienti
prove corroboranti, la Corte non ha potuto concludere al di là di ogni
ragionevole dubbio che Ali Tekdag sia stato arrestato da poliziotti in
borghese, detenuto ed ucciso da agenti dello Stato o comunque da persone al
suo servizio.

Ma, si è ritenuto che il governo turco sia stato in violazione del diritto
alla vita avendo mancato di svolgere un'adeguata ed efficace indagine nelle
circostanze inerenti la morte (Articolo 2, Convenzione Europea per i
Diritti Umani).

La Corte ha ritenuto che ci sia stata una violazione del diritto ad un
giusto risarcimento perché la richiedente ha ragionevolmente reclamato la
violazione dell'Art. 2 visto che non si è svolta un'adeguata indagine
(Articolo 13 della Convenzione). Inoltre, la Corte ha ritenuto che il
governo non abbia svolto il suo dovere nel fornire tutte le necessarie
informazioni alla Corte per l'accertamento dei fatti (Articolo 38 della
Convenzione).

L'avvocato Kerim Yildiz, direttore esecutivo del KHRP, ha commentato la
sentenza dicendo che "Questo, in otto mesi, è il quarto caso trattato dal
KHRP per il quale è stato stabilito che la Turchia non abbia garantito il
diritto alla vita, uno dei più sacrosanti diritti umani. Più di 15 anni
dopo la ratifica della Convenzione europea la Turchia deve affrontare casi
come questo a causa di tali continue violazioni dei diritti umani"

4. La Turchia sul cammino dell'adempimento dei criteri di Copenhagen ad
Hakkari incrimina Yusuf Ciftci per aver dipinto la sua casa di rosso,
giallo e verde.Ozgur Politika, 6 gennaio 2004

 La facciata della casa dipinta di rosso, giallo e verde è la causa dello
stato di fermo e dell'indagine della procura avviata contro Yusuf Ciftci.

Il sig. Yusuf ha dichiarato di non dare alcun significato né importanza a
tale procedimento e ha raccontato i fatti. Il 12 dicembre 2003 è stato
prelevato dal suo posto di lavoro dai gendarmi della prefettura di Hakkari
e trattenuto per due ore. Durante il fermo gli hanno mostrato le foto della
sua casa e lo hanno interrogato. Infine, gli fu spiegato che avendo dipinto
la casa in quei tre colori, che sono i colori della bandiera del KADEK, è
stato trattenuto ed indagato.

"Un mese fa i militari della gendarmeria mi hanno chiesto di seguirlo per
essere interrogato e mi hanno portato così alla caserma della gendarmeria.
Mi hanno mostrato le foto della casa e chiesto il perché l'avessi colorata
così. Io ho risposto di aver pitturato la casa in questi colori perché sono
di mio gusto e mi vanno bene. Uno dei militari mi ha fatto sapere che mi si
accusava per aver dipinto nei tre colori la mia casa. Io non ho certo preso
sul serio tutto questo, né ci ho creduto."

Invece, dopo una settimana è stato portato dai gendarmi, a causa del
procedimento in atto, di fronte alla Procura della Repubblica di Hakkari,
dove lo hanno interrogato. "Il procuratore facendomi vedere le foto della
casa mi ha chiesto se fosse la mia casa. Naturalmente ho risposto di sì. Mi
ha chiesto perché avessi scelto proprio quei colori. Ho spiegato di non
averli scelti per un motivo speciale, ma soltanto perché mi piacevano".

Il sig. Ciftci ha continuato che la sua casa è stata fotografata senza che
lui ne fosse a conoscenza. "Prima di essere stato interrogato alla
gendarmeria avevo visto alcune persone sconosciute intorno alla mia casa,
credo che fossero degli agenti di sicurezza. Solo dopo aver visto le foto
della mia casa ho capito chi veramente fossero, in realtà quello che
dovrebbe denunciare qualcuno sono io perché hanno fotografato la mia casa
in questo modo".

Per ora il procuratore non ha ancora completato gli interrogatori
preliminari, dopo averlo fatto il caso verrà consegnato al Tribunale per la
sicurezza nazionale di Van.

 5. Ai visitatori dei detenuti un timbro di riconoscimento: "Terrore"
(Ozgur Politika, 7 gennaio 2004)

Alì Polat che si trova detenuto nel carcere di tipo E a Mus ha ricevuto al
visita dei suoi parenti, le figlie e la moglie, alle quali sul polso è
stato apposto un timbro di riconoscimento con la dicitura
"Terrore/Terroristi" invece che "Politici", come di consueto accade. Le
ragazze e la donna si sono agitate ed hanno protestato, ma i poliziotti
hanno risposto alla loro opposizione che avrebbero potuto incarcerarli
tutti. Al momento delle denuncia, che i famigliari hanno poi presentato, è
stato negato tutto.

Nazime Polat, la moglie di Alì con Alev e Nadire, le figlie, durante la
visita aperta di Capodanno concessa dal Ministro della Giustizia per il 4
gennaio, dopo aver a lungo aspettato che la procedura d'accettazione
venisse espletata, dopo la perquisizione, invece che vedersi apporre un
timbro con su scritto "politici" hanno avuto apposto il ma "terrore". Il
procuratore non crede che sia vero.

I famigliari al dire il vero non avevano tenuto in considerazione il
timbro, era 38mi nella fila, e dopo aver avuto il timbro hanno pensato
soltanto ad entrare. È stato poi durante la visita che gli altri gli hanno
chiesto se avessero notato che cosa c'era scritto sul loro polso. Secondo i
Polat, il cui marito e padre si trova in carcere da otto anni, hanno
dichiarato che è la prima volta che succede una cosa del genere. Anche
tutti gli altri parenti dei prigionieri si sono trovati in questa stessa
situazione.

Il Procuratore che si trovava del comprensorio quello stesso giorno ha
ascoltato il racconto dei parenti e negando il fatto ha dichiarato che un
errore così non potrebbe essersi verificato.

La figlia di Polat, Nadire, parlando con i militari si è sentita rispondere
che non potevano far niente perché si trattava di un ordine superiore. La
ragazza infatti ha raccontato che dopo l'incontro è stata chiesta ai
militari la ragione di questo atteggiamento, i militari hanno mandato via
le persone e in maniera sgarbata hanno dichiarato che è stato un errore,
pagando per questo con dieci gironi di consegna, gli stessi militari
comunque non conoscendo bene la situazione hanno risposto di aver ricevuto
un ordine.

Infine, l'altra figlia, essendo stata molto colpita da questa situazione, è
rimasta psicologicamente segnata "a livello umano ci sentiamo ferite. Il
comportamento del procuratore, che ha negato tutto, e la risposta dei
militari, che ci hanno minacciato di essere rinchiuse, mi hanno fatto
ancora più male".  Il presidente dell'associazione degli avvocati di
Dersim, Husseyin Aygun ha dichiarato che questa vicenda sicuramente viola i
principi d'uguaglianza stabiliti dall'art. 10 della Convenzione europea per
i diritti umani.