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La nonviolenza e' in cammino. 742
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 742
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 26 Nov 2003 20:19:09 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 742 del 27 novembre 2003 Sommario di questo numero: 1. Monica Lanfranco: abitare la nonviolenza (una testimonianza sull'incontro dell'8 novembre a Verona con Lidia Menapace) 2. Matteo Soccio: l'Europa nonviolenta e' donna (una testimonianza sull'incontro dell'8 novembre a Verona con Lidia Menapace) 3. Angela Dogliotti e Beppe Marasso: ci abboniamo ad "Azione nonviolenta" perche'... 4. Campagna osm per la difesa popolare nonviolenta: un appello 5. Giulio Vittorangeli: nel mondo di Bush e di Bin Laden 6. Ileana Montini: sulla necessita' di un'analisi e un intervento nonviolento in Iraq 7. Severino Vardacampi: Iraq. Quid agendum? Alcune prime riflessioni 8. Ida Dominijanni presenta "Terrorismo e terroristi" a cura di Marco Fossati 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento 10. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. MONICA LANFRANCO: ABITARE LA NONVIOLENZA (UNA TESTIMONIANZA SULL'INCONTRO DELL'8 NOVEMBRE A VERONA CON LIDIA MENAPACE) [Ringraziamo Monica Lanfranco (per contatti: e-mail: mochena at tn.village.it, siti: www.marea.it, www.marea.it/lanfranco) per questa testimonianza sull'incontro dell'8 novembre a Verona sulla proposta di Lidia Menapace per un'Europa neutrale e attiva, disarmata e smilitarizzata, solidale e nonviolenta, incontro al cui termine e' stato redatto l'appello che verra' presentato l'8 dicembre a Venezia. Monica Lanfranco, giornalista professionista, nata a Genova il 19 marzo 1959, vive a Genova; collabora con le testate delle donne "DWpress" e "Il paese delle donne"; ha fondato il trimestrale "Marea"; dirige il semestrale di formazione e cultura "IT - Interpretazioni tendenziose"; dal 1988 al 1994 ha curato l'Agendaottomarzo, libro/agenda che veniva accluso in edicola con il quotidiano "l'Unita'"; collabora con il quotidiano "Liberazione", i mensili "Il Gambero Rosso" e "Cucina e Salute"; e'' socia fondatrice della societa' di formazione Chance. Nel 1988 ha scritto per l'editore PromoA Donne di sport; nel 1994 ha scritto per l'editore Solfanelli Parole per giovani donne - 18 femministe parlano alle ragazze d'oggi, ristampato in due edizioni. Per Solfanelli cura una collana di autrici di fantasy e fantascienza. Ha curato dal 1990 al 1996 l'ufficio stampa per il network europeo di donne "Women in decision making". Nel 1995 ha curato il libro Valvarenna: nonne madri figlie: un matriarcato imperfetto nelle foto di fine secolo (Microarts). Nel 1996 ha scritto con Silvia Neonato, Lotte da orbi: 1970 una rivolta (Erga): si tratta del primo testo di storia sociale e politica scritto anche in braille e disponibile in floppy disk utilizzabile anche dai non vedenti e rintracciabile anche in Internet. Nel 1996 ha scritto Storie di nascita: il segreto della partoriente (La Clessidra). E' appena stato pubblicato il suo ultimo libro, scritto insieme a Maria G. Di Rienzo, Donne disarmanti, Intra Moenia, 2003. Cura e conduce corsi di formazione per gruppi di donne strutturati (politici, sindacali, scolastici) sulla storia del movimento delle donne e sulla comunicazione] Scrivo volentieri, scusandomi del ritardo e della frettolosita', questa piccola notazione a margine dell'incontro di Verona, che spero sara' solo un inizio di un percorso fruttuoso. Aspettando il week end di Venezia, che ci vedra' assieme di nuovo l'8 dicembre (per me e Lidia ci sara' anche il 6 per la presentazione di Donne disarmanti al salone dell'editoria della pace), rivisito l'incontro alla casa della pace di Verona, e penso che accanto alla grande energia che ho sentito in generale in quelle ore c'e' anche un altro aspetto che mi ha sorpresa: la qualita' dell'ascolto da parte degli uomini presenti. Sara' banale, e vi chiederete, legittimamente, ma che razza di uomini io sia abituata a frequentare; la risposta e' che spesso, in altri consessi politici, gli uomini pur di sinistra (quella doc, con i "santini" e i simboli ai loro posti) sono insopportabilmente, a pelle, ostili. Tant'e' che persino molte donne della sinistra doc (anche loro con i santini in regola) si stanno interrogando se sia il caso di fare qualche incontro sul patriarcato di sinistra, per nulla osbsoleto e che anzi al Social Forum di Parigi sembra abbia furoreggiato, comodo e ben pasciuto. A Verona ho incontrato molti uomini (erano la maggioranza, anche se lievemente), che conoscevo solo di nome e che spesso leggevo, altri che non avevo mai sentito nominare, e non ho mai avvertito da parte loro quella sottile ma pesante ostilita' mista a sopportazione malcelata che spesso ho avvertito in questi anni, dal Genoa Social Forum in poi, da parte di molti maschi, nel parlare di femminismi, di genere, di sessismo e di sessuazione del linguaggio. Certo, abitare mentalmente la nonviolenza qualche cambiamento lo produrra', questo lo si presume e lo si spera; e' vederlo incarnato che fa bene all'anima e all'umore. Non sara' molto, ma poco non mi pare! 2. EDITORIALE. MATTEO SOCCIO: L'EUROPA NONVIOLENTA E' DONNA (UNA TESTIMONIANZA SULL'INCONTRO DELL'8 NOVEMBRE A VERONA CON LIDIA MENAPACE) [Ringraziamo Matteo Soccio (per contatti: socciom at libero.it) per questa testimonianza sull'incontro dell'8 novembre a Verona sulla proposta di Lidia Menapace per un'Europa neutrale e attiva, disarmata e smilitarizzata, solidale e nonviolenta, incontro al cui termine e' stato redatto l'appello che verra' presentato l'8 dicembre a Venezia. Matteo Soccio e' una delle piu' autorevoli figure dell'impegno di pace e della riflessione nonviolenta; innumerevoli i suoi contributi a vari volumi, e precipuo suo merito se hanno avuto introduzione, traduzione e circolazione in Italia opere capitali della ricerca, della riflessione e delle esperienze della nonviolenza in altri paesi, ed autori fondamentali] Noi "cittadini della nonviolenza" siamo sempre chiamati a occuparci di cose piu' grandi di noi. Ora e' il destino dell'Europa. Ci sentiamo chiamati non per presunzione ma percha' di fronte all'inerzia di molti sentiamo sempre il dovere di mettere in pratica i valori in cui crediamo, incuranti del rapporto di forza apparentemente sfavorevole. Non proviamo mai il senso del ridicolo o l'inadeguatezza rispetto all'impresa. Sappiamo che basta una prima spinta, anche impercettibile, e puo' seguirne una valanga di azioni e risultati. Sappiamo che a ognuno di noi (poco o molto, non importa) spetta di fare qualcosa e ognuno di noi conta nel farsi delle cose piu' grandi. E non abbiamo paura delle sconfitte. * Cosi' e' stato l'8 novembre scorso a Verona, alla Casa per la nonviolenza. Qualcuno ha sentito l'urgenza di avviare quello che e' da farsi, portando sul piano della concretezza i punti di vista espressi su questo foglio a proposito dell'Europa che vogliamo. Si sono ritrovate una quarantina di persone, in maggioranza donne. Animatrice dell'incontro Lidia Menapace (il suo destino ce l'ha scritto nel nome), soddisfatta, piena di gioia, convinta che il trovarsi fosse stata una buona idea, che non avevamo perso il treno (dell'Europa), pervasa dalla speranza di avere "un successo pari al lotto". Cosa ne e' venuto fuori i lettori di questo foglio lo sanno gia' per averlo letto in queste pagine. In particolare: - un appello breve per far conoscere la campagna per un'Europa neutrale e disarmata; - la necessita' di inserirsi con questi temi nella prossima campagna elettorale europea; - un primo appuntamento a Venezia (Salone dell'Editoria di pace, 6-7-8 dicembre 2003) per far conoscere l'appello e la campagna; - l'estensione all'Europa della cosiddetta "obiezione del cittadino". * Ma, come testimone, vorrei dire qualcosa su come si e' svolto l'incontro e sulla lezione che ho imparato. Riconosco subito che sono state le donne a caratterizzare il clima dell'incontro e la qualita' del discorso, tutto permeato dal pensiero della differenza. In difficolta' evidente i maschi, corretti ogniqualvolta si trovavano ad usare un linguaggio "militarista" o "maschilista" per esprimere concetti correnti dell'attivita' politica (ad esempio: strategia, scontro, lotta, battaglia, conflitti, alleanze, ecc.). Per poter rieducare il nostro linguaggio abbiamo chiesto alle donne di preparare il nuovo lessico purificato e corretto di tutto quanto deriva dalle ideologie militariste. Le donne sono convinte che cambiare il linguaggio serva, perche' attraverso la lingua si modifica anche il modo di pensare e di leggere il mondo. E' una riforma che ciascuno puo' fare a casa propria. La politica del militarismo e' molto astuta, capace di convincere non mostrando il quadro tragico della guerra ma quello condivisibile della pace, della difesa, della sicurezza. Allora (sono parole di donna) bisogna "sputtanare" il militare in tutte le sue forme, aprire campagne di "smascheramento" (il re e' nudo) dei valori militari e della vita militare. Questo vuole il pensiero della "differenza" nei confronti di coloro che, abolendo per regolamento le differenze, portano le "uniformi". E' stato detto che il militarismo e' noioso e ripetitivo. Cambiamo linguaggio: c'e' la nonviolenza che e' creativa, astuta, intelligente e "sorprendente". * Dopo i tragici fatti di Nassirya e l'emozione collettiva amplificata dai media fino alle dimensioni di un pathos nazionale, chi osera' "sputtanare" i militari? C'e' chi e' gia' pronto a mettere a frutto il "lascito eroico" di questi caduti, che noi sappiamo essere non eroi bensi' vittime di una politica militare e di decisioni prese in alto e non partecipate. Vogliamo essere piu' dalla parte dei familiari delle vittime (madri, padri e sorelle), che nulla hanno da strumentalizzare, che dalla parte delle istituzioni. Siamo avvisati: guai a chi osera' mettere in ridicolo la Patria, i colori della sua bandiera, i suoi eroi! Noi pensavamo a una patria piu' in grande e la volevamo neutrale e disarmata. Andavamo a quel pensiero sempre attuale di Virginia Woolf: "in quanto donna non ho patria, in quanto donna la mia patria e' il mondo intero". * Ci sara' qualcuno che trovera' conveniente amplificare questo progetto con tutti i mezzi di comunicazione possibile? Le donne hanno ragione: c'e' l'inganno del linguaggio, la truffa della comunicazione, lo sforzo di far pensare un pensiero gia' pensato, di accreditare "valori" utili e funzionali solo a certi gruppi di interesse e di potere, la tendenza a "intruppare" e a "intrupparsi". Spero che le donne di fronte ad eventi condizionanti come questi, non perdano la forza del proprio entusiasmo e la fiducia nel proprio progetto vincente. * Secondo me, una delle cose piu' importanti che hanno caratterizzato l'incontro di Verona e' l'invito a riconcettualizzare i problemi in modo diverso, comprendendo e assumendo il punto di vista della differenza (cioe' delle donne). Questo puo' avere un grande impatto educativo e autoformativo, anche liberatorio per tutti. Sta nascendo un movimento non oppositivo ed escludente ma inclusivo e materno. Queste donne vogliono mettere al mondo un mondo piu' giusto e per far questo si sforzano di tramutare le categorie dominanti per far posto a cio' che veramente merita di nascere e che e' diverso da cio' che gli uomini (i maschi) hanno finora pensato e saputo realizzare. Ha detto Angela Giuffrida da Mirano: "Finche' gli uomini non impareranno a rispettare la madre, non riusciranno mai a far nascere una societa' civile, ne' a gestirla senza violenze, persecuzioni e guerre". Dobbiamo accettare e ringraziare le donne per questo aiuto che ci offrono a crescere come uomini e a educarci come cittadini nonviolenti. * Questo movimento inclusivo di uomini e donne vuole un'Europa "neutrale, disarmata, attiva, solidale, nonviolenta". In questa congiuntura del processo di unificazione europea, abbiamo il dovere di partecipare allo svolgersi degli eventi mettendo sulla bilancia della storia questo progetto che e' di alternativa politica, sociale, concettuale ed etica (la nonviolenza). Se l'Europa e' un soggetto politico veramente nuovo deve dimostrare di avere imparato la lezione del passato: i nazionalismi armati gli uni contro gli altri, le concorrenze ciniche e spietate, gli egoismi, le guerre, i campi di battaglia e le infinite carneficine. L'Europa deve dichiarare solennemente che non fara' pie' guerre, non esercitera' politiche di aggressione e di rapina verso altri popoli, dovunque siano i loro confini. Se mette nel conto di previsione la possibilita' di fare la guerra, non avra' realizzato nulla di nuovo e avra' ripetuto il passato con i suoi errori. Non a' retorica pacifista: e' quanto i nostri governanti (anche europei) avrebbero dovuto imparare e condividere insieme ai loro "sudditi". Come cittadini europei non vogliamo comunque che l'Europa si chiuda in uno splendido quanto irresponsabile isolamento rispetto al resto del mondo. Non si propone indifferenza di fronte ai problemi globali, ma nuovi metodi per esprimere il proprio impegno attivo e solidale. Tutti i conflitti sono superabili dal basso con la partecipazione dei cittadini ad una storia in cui eserciti e guerre non abbiano piu' spazi e riconoscimenti giuridici. * Tutti sono d'accordo che all'attuale bozza di Costituzione europea si e' arrivati in modo poco democratico. C'e' lo scandalo di un testo preparato a tavolino senza partecipazione dell'opinione pubblica europea, un testo attento a non rovinare gli affari ai padroni del vapore. Come cittadini dal basso ci chiediamo: cosa si vuol fare con questa Europa? Le lobbies vogliono un'Europa dei mercati e dei mercanti (anche di cannoni!), una nuova superpotenza mondiale capace di imporre a tutti i propri interessi. Noi pensavamo che l'Europa si facesse per assicurare la pace. C'e' il rischio concreto che non sia cosi'. Percio' e' necessario far ripartire, dal basso, il processo in un'altra direzione, correggere la rotta. Poiche' l'attuale bozza della Costituzione europea risulta assai carente sui temi della pace, si chiede l'introduzione in essa di un articolo simile all'articolo 11 della nostra Costituzione ("L'Europa ripudia la guerra come strumento di offesa alla liberta' degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, ecc."). Nello stesso tempo si richiede il riconoscimento della "cittadinanza universale" e l'istituzione dei "corpi civili di pace". Si auspica l'introduzione anche nella Costituzione europea di un linguaggio piu' inclusivo (cittadini/e), non piu' declinato esclusivamente al neutro-maschile. * Un altro problema importante e' quello delle spese militari in un contesto europeo. Si parla gia' di necessita' della "difesa europea" e di "agenzia europea degli armamenti". Il complesso militare-industriale assorbira' risorse preziose da destinare alla solidarieta'. Sappiamo che solo risparmiando sulle spese militari possiamo fare meglio e di piu' per lo stato sociale. Guardiamo l'attuale potenza militare egemone (gli Usa): sappiamo gia' cosa succedera' anche in Europa. * Un'ultima questione emersa nell'incontro: con quali strumenti organizzativi e politici possiamo fare tutto questo? Qualcuno, ricordando il ruolo avuto dal popolo delle bandiere, ha riproposto l'idea di un "partito della pace". Non e' piaciuta ed e' stata scartata subito. Si pensa piuttosto a forme di pressione dal basso e al recupero della dimensione della democrazia partecipativa. Forse ha esagerato Giovanni Benzoni, animatore del "Salone dell'editoria di pace", quando ha definito la proposta di Lidia Menapace come "scandalosamente clandestina". Clandestini (non trasparenti) sono i metodi utilizzati dai potenti per ingannarci anche sull'Europa. Questo movimento non e' clandestino e non e' minoritario: puo' sforzarsi di ottenere ancora piu' visibilita' e consenso. Sta a ognuno di noi fare qualcosa, perche' cio' accada. * Ancora di recente qualcuno ha incolpato l'"inerzia della nonviolenza" se ci sono ancora giovani "arrabbiati" che preferiscono scegliere, per cambiare il mondo, le scorciatoie della violenza e della lotta armata. Per questo metodo siamo fuori tempo massimo. E' pura follia ideologica. Alla fine potranno di piu' le formiche piccole e laboriose che qualsiasi animale feroce. Quando sentiamo accusare la nonviolenza di essere inerte e impotente, pensiamo a quanto riusciamo a fare senza mezzi. Leggo sui giornali di oggi: Bush ha firmato il "Defense authorization bill" che stanzia 401,3 miliardi di dollari per le spese militari americane dell'anno fiscale 2004. E tutto questo spreco di risorse serve per portare distruzione in tutto il mondo. Ci dobbiamo vergognare di quel poco, pochissimo, di buono che con la nonviolenza, e senza mezzi finanziari degni di tal nome, riusciamo a fare noi? 3. MEMORIA E PROPOSTA. ANGELA DOGLIOTTI E BEPPE MARASSO: CI ABBONIAMO AD "AZIONE NONVIOLENTA" PERCHE'... ["Azione nonviolenta" e' la rivista mensile del Movimento Nonviolento fondata da Aldo Capitini nel 1964, e costituisce un punto di riferimento per tutte le persone amiche della nonviolenza. La sede della redazione e' in via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org; l'abbonamento annuo e' di 25 euro da versare sul conto corrente postale n. 10250363, oppure tramite bonifico bancario o assegno al conto corrente bancario n. 18745455 presso BancoPosta, succursale 7, agenzia di Piazza Bacanal, Verona, ABI 07601, CAB 11700, intestato ad "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona, specificando nella causale: abbonamento ad "Azione nonviolenta". Avvicinandosi la fine dell'anno, abbiamo chiesto ad alcuni autorevoli amici della nonviolenza di motivare l'invito - che ci permettiamo di rivolgere a tutti i lettori del nostro notiziario - a rinnovare (o sottoscrivere per la prima volta) l'abbonamento ad "Azione nonviolenta". Oggi rispondono Angela Dogliotti e Beppe Marasso (per contatti: angelaebeppe at libero.it). Angela Dogliotti Marasso, rappresentante autorevolissima del Movimento Internazionale della Riconciliazione e del Movimento Nonviolento, studiosa e testimone, educatrice e formatrice, e' una delle figure piu' nitide della nonviolenza in Italia; tra le sue opere segnaliamo particolarmente Aggressivita' e violenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino; il suo saggio su Domenico Sereno Regis, in AA. VV., Le periferie della memoria, Anppia - Movimento Nonviolento, Torino - Verona 1999; il recente volume scritto con Maria Chiara Tropea, La mia storia, la tua storia, il nostro futuro. Un gioco di ruolo per capire il conflitto israelo-palestinese, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2003. Beppe Marasso, prestigioso rappresentante del Movimento Internazionale della Riconciliazione e del Movimento Nonviolento, e' da sempre impegnato nei movimenti di pace e nonviolenti, e in molteplici attivita' di solidarieta', ecopacifiste e per i diritti; suoi contributi sono in vari volumi] Perche' ci abboniamo ad Azione nonviolenta? Perche': - nel 1968 ci conoscemmo durante una manifestazione per l'obiezione di coscienza; - nel 1969 ci sposammo e ci abbonammo ad "Azione nonviolenta"; - nel 1970 nacque Sara e nel 1971 abitammo con lei per un breve periodo estivo a Perugia, nella casa di Pietro Pinna, allora direttore di "Azione nonviolenta"; - nel 1972 nacque Giulia, nella Casa per la pace di via Venaria a Torino, acquistata dalla "Societa' Aldo Capitini" con fondi raccolti da sottoscrizioni di amici della nonviolenza; - negli anni successivi, con il gruppo di Torino, ci esprimemmo attraverso il mensile "Satyagraha", fratello minore della piu' autorevole rivista capitiniana, che pochi anni dopo la sua nascita conflui' in "Azione nonviolenta". Perche' da allora abbiamo sempre rinnovato il nostro abbonamento. * Ci sono dunque ricordi e ragioni anche affettive che ci legano ad "Azione nonviolenta". Ma ci sono altri mille motivi, che condividiamo con quelli che molti gia' hanno espresso su questo foglio. Per celebrare i quarant'anni della rivista e' stata allestita una mostra che raccoglie le copertine piu' significative, dal primo numero ad oggi. Scorrere quelle immagini e' come sfogliare un manuale di storia scritto con l'ottica della nonviolenza, che mette in luce eventi, figure e processi in genere assai poco visibili, perche' occultati dalla piu' rumorosa e pervasiva cultura della guerra. Oggi che la guerra e' stata rilegittimata come giusta, necessaria, umanitaria e perfino "preventiva", e' piu' che mai indispensabile avere strumenti come "Azione nonviolenta", come la rivista di ricerca e approfondimento di Pisa "Satyagraha", come questo stesso bollettino, che ci aiutano a resistere e a proporre una diversa prospettiva. Oggi che drammatici conflitti del mondo contemporaneo ci spingono in una inarrestabile spirale di violenza, verso uno "scontro di civilta'" che rischia di avere come unico esito la mutua distruzione, c'e' bisogno di una voce che ci indichi la strada per "incontrare il lupo" (Nanni Salio, in "Azione nonviolenta", ottobre 2003). 4. APPELLI. CAMPAGNA OSM PER LA DIFESA POPOLARE NONVIOLENTA: UN APPELLO [Dal sito di Peacelink riprendiamo e diffondiamo questo appello della Campagna osm (obiezione alle spese militari) per la difesa popolare nonviolenta, diffuso il 24 novembre 2003. Ancora una volta dobbiamo evidenziare limiti e contraddizioni in questo documento, che esprime un'esigenza che ovviamente condividiamo ma che la esprime in modo ancora inadeguato, abborracciato, confuso, subalterno. E' necessario che le persone amiche della nonviolenza facciano un salto di qualita': che l'azione per il disarmo e la smilitarizzazione, e per la costruzione di una gestione nonviolenta delle politiche della difesa, della sicurezza, della cooperazione, cessi di porsi in modo timido, imbarazzato e talora persino caotico e grottesco, ed acquisisca invece piena consapevolezza di essere realmente espressione di una volonta' condivisa dalla grandissima parte dell'umanita'; piena consapevolezza di essere necessita' ed urgenza primaria per la difesa della democrazia, dello stato di diritto, della promozione della dignita' e dei diritti umani di tutti gli esseri umani; piena consapevolezza di essere indispensabile passaggio di inveramento di quanto gia' statuito nelle codificazioni e nelle funzioni delle istituzioni decisive dell'ordinamento giuridico statuale intese al bene comune. Rompiamo le catene della servitu' interiorizzata, affermiamo infine con chiarezza che l'azione nonviolenta, la difesa popolare nonviolenta, la nonviolenza in cammino, sono non un'idea fantastica e minoritaria, ma soggetto e funzione giuriscostituente, che realizzano in concreto il programma che le grandi carte giuridiche e politiche dell'umanita' affermano in astratto; la nonviolenza e' la Costituzione della Repubblica Italiana presa sul serio. Sono i militaristi, che in violazione della Costituzione hanno trascinato ripetutamente il nostro paese in guerra in questi ultimi anni, ad essere fuorilegge; nel mondo attuale, dopo Auschwitz ed Hiroshima, il militarismo e il riarmo sono ipso facto criminali. Smilitarizzazione, disarmo, nonviolenza, sono la legalita' e la democrazia che si fanno azione, che finalmente dalla mera enunciazione si fanno concreta, cogente realta', istitutiva di civile convivenza, istitutiva di umanita'. Piantiamola di fare i timidi, diciamolo chiaro e forte. E, sia detto en passant, piantiamola anche di scrivere documenti pubblici in una prosa da osteria; quando si scrive in modo penoso, si da' l'impressione che si pensa in modo a dir poco confuso: basterebbe un po' piu' di attenzione, e ci sarebbe anche un buon manuale per studiare come si deve scrivere: e' la Lettera a una professoressa, della scuola di Barbiana; e ci sarebbe anche un buon manuale per studiare come si puo' argomentare: e' L'obbedienza non e' piu' una virtu', di don Milani (p. s.)] Al Presidente della Repubblica, al presidente della Camera, al presidente del Senato, al ministro per le relazioni con il Parlamento, all'Ufficio nazionale per il servizio civile. Appello per la riduzione delle spese militari nella finanziaria e per l'impegno dello stato nella costruzione di alternative alla difesa armata. * Al Presidente della Repubblica e ai rappresentanti delle istituzioni dello Stato, dichiariamo la nostra obiezione di coscienza alle spese militari, e con questo appello, chiediamo un vostro intervento per recepire le nostre istanze che sappiamo inserite nell'opinione pubblica del Paese e che pongono a tutti alcune domande: lo Stato sta lavorando per la pace? E l'unica strada per la pace e' quella militare? Noi crediamo che vi siano parecchie possibilita' di interventi per raggiungere la pace e mentre vediamo che l'apparato militare si espande nella societa', ci pare doveroso avere lo stesso impegno per strutture all'interno dell'apparato dello Stato che provino a raccogliere e diffondere le esperienze di pace ed abbiano, se non lo stesso spazio politico e informativo, almeno un riconoscimento ed un'attenzione istituzionale. Dopo le vicende di questo ultimo mese che vedono anche alcune responsabilita' delle istituzioni nel non chiarire i confini fra la pace e la guerra, ci pare necessario, in qualita' di portatori della riduzione di ogni forma di violenza, segnalare il nostro disagio nel sentirci esclusi da questa continua pubblicita' militarista che di fatto ci porta a pensare di non essere piu' inseriti come forze di pace nellíalveo costituzionale (art.11) al quale apparteniamo e di cui seguiamo lo spirito e il dettato. Nella legge finanziaria che rappresenta la traduzione economica degli impegni morali, sociali ed etici dello Stato vi chiediamo di trasformare in investimenti queste significative richieste. La nostra denuncia riguarda lo spreco di risorse che lo Stato impegna nelle armi e nell'apparato militare-industriale. Ci rivolgiamo a voi a nome di alcune associazioni che sono promotrici di varie iniziative per la pace e la nonviolenza in Italia e che sono fortemente interessate alla applicazione della legge 230/1998. Stiamo aspettando l'istituzione di una commissione per la Dpn (Difesa popolare nonviolenta) che, attraverso esperti sul tema, possa creare un collegamento con le Universita' che hanno attivato corsi sulla pace; con le Regioni che hanno leggi sulla pace, e con i Comuni che intervengono sul tema. Non possiamo sottrarci alle responsabilita' delle nostre idealita' e del percorso istituzionale al quale siano legati, e ci pare opportuno con questo intento raggiungervi con un presidio che segnali a voi la nostra speranza che vi siano segnali importanti per una significativa riduzione delle spese militari a favore di una difesa non armata. Difesa popolare nonviolenta trasparente e di informazione che sappia cogliere quegli aspetti dei conflitti la cui risoluzione non puo' essere delegata all'apparato militare, ma che deve essere patrimonio di tutte le forze sociali del paese. Vi invitiamo, anche per la preoccupante crisi economica del paese, a dare un segnale di inversione di tendenza o di pari opportunita' a forme di riduzione del conflitto sociale in corso e destinare i fondi di alcune spese militari verso significative spese sociali. A noi sembra che se cio' non avverra' il Parlamento perdera' molto nella sua immagine sulla popolazione; la sfiducia nelle lotte democratiche e' alle porte. Se lottare democraticamente per decenni con tenacia e passione non produce risultati, viene meno anche nella societa' la possibilita' di ridurre l'arroganza del piu' forte. Per questi motivi vi chiediamo una risposta in merito alla gestione dell'Ufficio nazioanle epr il servizio civile per quel che riguarda specificamente la qualificazione dei serviziocivilisti sulla Difesa popoare nonviolenta e le ulteriori iniziative dell'Ufficio sullo stesso tema. Chiediamo inoltre che lo Stato formuli un "Libro bianco per la pace" che sia riferimento per le Istituzioni, per le associazioni, per i singoli che molto spesso svolgono significative azioni di pace, ma che lo Stato non raccoglie per una verifica ed un'attenta valutazione. * Iniziativa promossa dalla Campagna Osm (Obiezione alle spese militari) per la Difesa Popolare Nonviolenta Centro coordinatore nazionale c/o Loc, via M. Pichi 1, 20143 Milano, tel. 028378817 - 0258101226, e-mail: locosm at tin.it Aderiscono: Associazione per la pace, Beati i costruttori di pace, Loc (Lega obiettori di coscienza), Centro studi difesa civile, "Guerra & Pace", Casa per la pace di Milano, Berretti Bianchi, Comunita' Papa Giovanni XXIII, Lega per il disarmo unilaterale; Pax Christi, Un ponte per... ed altre strutture ancora. 5. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: NEL MONDO DI BUSH E DI BIN LADEN [Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: giulio.vittorangeli at tin.it) per questo intervento. Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori di questo notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da sempre nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di condotta impareggiabili; e' il responsabile dell'Associazione Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta' concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre 1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara, la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo, Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996; Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria, una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno, luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio 2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che solidarieta'"] In questo mondo di terroristi e di terroristi di Stato ci resta una tristezza profonda che toglie le parole. Siamo ammutoliti prima davanti alle diciannove vittime militari e civili dell'attentato contro la base italiana di Nassiriya, nel sud dell'Iraq; poi davanti agli attentati a ripetizione di Instabul. E' la guerra dopo la guerra. Anche la retorica militarista e patriottica, di giornali e tv (peraltro incapaci di commemorare le otto vittime irachene di Nassiriya), tende ad ammutolire le ragioni della pace. E' vero: per molti italiani l'effetto piu' dirompente dell'attentato di Nassiriya e' stato che il mondo e' diventato piu' piccolo e la guerra piu' vicina. Tutto cio' ci dovrebbe chiamare all'ascolto di qualunque cosa succeda ovunque e alla compassione di ogni ferita ovunque si apra. A metterci ogni volta dalla parte di ogni vittima. Cosi' non e' stato. Di qua la parola dolente di chi si oppone alla guerra, all'occupazione coloniale ed arcaica, e chiede il ritiro dei nostri soldati; di la' la parola roboante del governo, che galvanizza le viscere patriottiche con il "duro lavoro" della guerra al terrorismo; e in mezzo solo sondaggi. Ci resta questo sentimento che sempre ci prende di fronte alle vittime, ma non sempre - come sarebbe dovuto - nella stessa misura, perche' e' piu' facile mettersi nei panni di un prossimo simile a noi che di uno diverso. Bisognerebbe interrogarsi maggiormente, piu' approfonditamente, sulla necessita', la forza, di questo straordinario sentimento umano piu' grande, che e' la compassione. Luigi Pintor parlava della "pietas"; parola che comprende la rettitudine e la tenerezza, qualcosa di netto e concreto, come gli atti di sorreggere e soccorrere qualcuno in difficolta'. "Non c'e' in un'intera vita qualcosa piu' importante da fare che chinarsi perche' un altro, cingendoti al collo, possa rialzarsi" (secondo l'espressione di Pintor). Per questo "pietas" non significa affatto pietismo sentimentale e neanche generico senso di colpa, ma integrale senso di responsabilita', di corresponsabilita'; riconoscendosi nell'interdipendenza della vita umana, nella limitatezza, nella sostanza deperibile che fa l'essere umano uguale all'altro essere umano. Nella certezza che il destino degli uomini sia comune e cioe' uno solo, che tutti gli uomini siano accomunati dallo stesso destino: non e' cosa ovvia, ne' pacifica. Intorno a noi cresce il cinismo di chi afferma che l'uomo e' lupo per l'altro essere umano; di chi non sa o non vuole vedere il dolore e lo proclama inesistente o lo tratta come fosse una superstizione da antenati. La "pietas", invece, e' la dimensione umana della politica, nel senso piu' ampio del termine; di chi vuole rimuovere le ingiustizie che hanno attraversato, e che attraversano, la storia dell'umanita'. Soltanto la politica in senso proprio, cioe' uno sguardo che definisce il momento, e i compiti, e le parole d'ordine, astraendo dalla quotidianita', puo' dare la forza per affrontare le ingiustizie, piccole e grandi. Una politica che sia capace di porsi accanto al dolore umano, e contemporaneamente di sognare, di nutrirsi di un orizzonte utopico. Se e' vero che tutte le cose piu' grandi della storia sono nate da sogni. Da utopie accarezzate prima e cercate, progettate e organizzate politicamente. Tutto secondo una logica storica che non permette di raggiungere "la terra promessa" ma che, passo dopo passo, permette appunto di camminare, di avvicinarsi sempre di piu' a cio' che si cerca, a quello che si desidera. Perche', come sosteneva Oscar Wilde: "Un mappamondo nel quale non figurasse l'utopia non meriterebbe di essere guardato, perche' gli mancherebbe l'unico paese che l'umanita' visita giorno dopo giorno". 6. RIFLESSIONE. ILEANA MONTINI: SULLA NECESSITA' DI UN'ANALISI E UN INTERVENTO NONVIOLENTO IN IRAQ [Ringraziamo Ileana Montini (per contatti: ileana.montini at tin.it) per questo intervento. Ileana Montini, prestigiosa intellettuale femminista, gia' insegnante, e' psicologa e psicoterapeuta. Nata nel 1940 a Pola da genitori romagnoli, studi a Ravenna e all'Universita' di Urbino, presso la prima scuola di giornalismo in Italia e poi sociologia; giornalista per "L'Avvenire d'Italia" diretto da Raniero La Valle; di forte impegno politico, morale, intellettuale; ha collaborato a, e fatto parte di, varie redazioni di periodici: della rivista di ricerca e studio del Movimento Femminile DC, insieme a Tina Anselmi, a Lidia Menapace, a Rosa Russo Jervolino, a Paola Gaiotti; di "Per la lotta" del Circolo "Jacques Maritain" di Rimini; della "Nuova Ecologia"; della redazione della rivista "Jesus Charitas" della "famiglia dei piccoli fratelli e delle piccole sorelle" insieme a fratel Carlo Carretto; del quotidiano "Il manifesto"; ha collaborato anche, tra l'altro, con la rivista "Testimonianze" diretta da padre Ernesto Balducci, a riviste femministe come "Reti", "Lapis", e alla rivista di pedagogia "Ecole"; attualmente collabora al "Paese delle donne". Ha partecipato al dissenso cattolico nelle Comunita' di Base; e preso parte ad alcune delle piu' nitide esperienze di impegno non solo genericamente politico ma gramscianamente intellettuale e morale della sinistra critica in Italia. Il suo primo libro e' stato La bambola rotta. Famiglia, chiesa, scuola nella formazione delle identita' maschile e femminile (Bertani, Verona 1975), cui ha fatto seguito Parlare con Dacia Maraini (Bertani, Verona). Nel 1978 e' uscito, presso Ottaviano, Comunione e liberazione nella cultura della disperazione. Nel 1992, edito dal Cite lombardo, e' uscito un libro che racconta un'esperienza per la prevenzione dei drop-out di cui ha redatto il progetto e curato la supervisione delle operatrici: titolo: "... ho qualche cosa anch'io di bello: affezionatrice di ogni cosa". Recentemente ha scritto la prefazione del libro di Nicoletta Crocella, Attraverso il silenzio (Stelle cadenti, Bassano (Vt) 2002) che racconta l'esperienza del Laboratorio psicopedagogico delle differenze di Brescia, luogo di formazione psicopedagogica delle insegnanti e delle donne che operano nelle relazioni d'aiuto, laboratorio nato a Brescia da un progetto di Ileana Montini e con alcune donne alla fine degli anni ottanta, preceduto dalla fondazione, insieme ad altre donne, della "Universita' delle donne Simone de Beauvoir". Su Ileana Montini, la sua opera, la sua pratica, la sua riflessione, hanno scritto pagine intense e illuminanti, anche di calda amicizia, Lidia Menapace e Rossana Rossanda] Mi capita in questi giorni di sentirmi assillata da alcuni interrogativi che vorrei manifestare. La sinistra del paese chiede all'unisono il ritiro dei nostri soldati in Iraq. Mi e' capitato sempre di leggere tale richiesta non accompagnata da proposte e analisi sulla situazione irachena. Perche' prevale la tendenza a formulare una richiesta non accompagnata da proposte alternatiche chiare? Mi spiego: che cosa accadrebbe, presumibilmente, con il ritiro delle forze militari occupanti? Che cosa potrebbe sostituire, come forma di governo (di politica), il famigerato governo tirannico fatto fuori da una sciagurata guerra americana? Che diritti abbiamo, noi occidentali, di intervenire? Quali i limiti di un intervento perche' non diventi interferenza? Ma dato che la globalita' e' una realta' da tempo, possiamo fare conto di niente? Ulrich Beck spiega che globalita' significa che "viviamo da tempo in una societa' mondiale, e questo nel senso che la rappresentazione di spazi chiusi diviene fittizia. Nessun paese, nessun gruppo si puo' isolare dall'altro. In tal modo si scontrano l'una contro l'altra le diverse forme economiche, culturali, politiche, e cio' che si dava per scontato, anche nel modello occidentale, deve trovare una nuova giustificazione" (Che cos'e' la globalizzazione, Carocci, Roma 2002). Un governo impostato sulla sharia (la legge islamica), la non separazione tra stato e religione, avrebbe delle conseguenze anche sul resto del mondo, oppure no. Qualcuno scrive che noi non possiamo imporre - e neppure auspicare - la forma democratica cosi' come la pratichiamo noi. Ma un governo tribale religioso islamico potrebbe essere voluto da una parte del sistema religioso tribale e venire imposto. La componente laica del paese potrebbe scoprirsi minoranza; o non avere i mezzi per imporsi. In queste situazioni i governi degli altri paesi, occidentali o non, sono chiamati a guardare in laico silenzio? 7. RIFLESSIONE. SEVERINO VARDACAMPI: IRAQ. QUID AGENDUM? ALCUNE PRIME RIFLESSIONI La cessazione della guerra e dell'occupazione militare da parte delle potenze che la guerra terrorista e stragista e l'invasione e occupazione armata hanno condotto e stanno tuttora proseguendo, e' naturalmente condizione indispensabile per avviare una prospettiva di pace e democrazia in Iraq. Solo il ritiro degli eserciti occupanti puo' dar luogo a un intervento dell'Onu che sia ad un tempo di supporto alle istituzioni pubbliche locali irachene nella ricostruzione di condizioni di sicurezza e vivibilita', e di promozione di procedure e istituti democratici, secondo i criteri del riconoscimento della sovranita' della popolazione irachena e del diritto di essa ad un congruo risarcimento per le devastazioni e gli orrori subiti dapprima da parte della dittatura lungamente sostenuta da quell'accolita di cannibali che eufemisticamente chiamiamo "comunita' internazionale", poi come conseguenza delle tre guerre scatenate in sequenza negli anni ottanta-novanta, poi con il decennio della strage genocida decisa e compiuta dall'Onu stessa con l'insensato scellerato embargo, poi con la guerra tuttora in corso. In questa situazione e' necessario ed urgente sperimentare un intervento nonarmato e nonviolento: quello dei Corpi civili di pace come soggetti promotori e garanti di ricostruzione di sicurezza e fiducia, di riconciliazione e promozione dei diritti umani, di autentica azione di "peacebuilding". L'Unione Europea potrebbe e dovrebbe prendere l'iniziativa affinche' l'Onu - fatto un doveroso, esplicito, pubblico e credibile mea culpa per la sciagurata decisione del decennale embargo, e tornata a svolgere una funzione coerente con i fini sanciti nella sua Carta fondamentale - promuova e coordini un intervento in tal senso, mettendo a dsposizione risorse materiali e attivando presenze umane nonarmate e nonviolente anche provenienti da altri paesi - ma necessariamente paesi non coinvolti nel conflitto - e costruendo una sinergia con le organizzazioni umanitarie gia' presenti nell'area o disponibili ad intervenire, le quali possono garantire un modus operandi qualificato ed efficace. Decisivo naturalmente e' l'invio di aiuti umanitari in ingente quantita' e secondo il criterio di attivare forme di autoaiuto, partecipazione dal basso in forme democratiche, dialogiche e consiliari, le risorse locali della societa' civile e delle istituzioni di base; anche con la collaborazione di ong che possano garantire forme di controllo che le risorse messe a disposizione non divengano ulteriori strumenti di ricatto, o di estorsione del consenso, o peggio strumento di reclutamento per gruppi di potere. Altrettanto decisivo e' il disarmo generalizzato, che puo' essere promosso solo con la persuasione e a condizione che si garantisca sicurezza ed aiuto: a tal fine alcune esperienze gia' fatte altrove costituiscono esempi significativi cui si puo' far riferimento, ma certo molto ci sara' da sperimentare, passando anche attraverso percorsi non semplici (ad esempio occorrera' valutare quanto, anche nella realta' irachena, esercito e polizia - che sono quelli del precedente regime, ma sono pur sempre nel contesto dato istituzioni nazionali e territorialmente distribuite - possano costituire, preliminarmente epurate dei settori direttamente macchiatisi di crimini e delle gerarchie complici della politica criminale della dittatura, istituzioni utilizzabili, e in quali luoghi e contesti e con quali funzioni; e quanto possano costituire embrioni istituzionali movimenti ed esperienze legate ad altre affiliazioni). Sara' certo un percorso non breve e non facile, ma quel che adesso piu' conta e' la direzione che si prende: ed essa deve soddisfare riassuntivamente i seguenti requisiti: - che cessi la guerra, e quindi l'occupazione militare che e' principale fattore belligeno; - che si portino soccorsi urgenti e ingenti a tutte le vittime, quindi alla popolazione intera; - che si garantiscano condizioni di sicurezza e vivibilita'; - che si ricostituisca un tessuto istituzionale e si promuovano forme e processi di dibattito pubblico, spazi civili di espressione politica; - che a partire dalle istituzioni di base si promuovano e sostengano processualita' democratiche ancorate al criterio della sovranita' popolare e a quello della difesa e promozione dei diritti umani di tutti gli esseri umani; - che si intervenga dispiegando le risorse e le prospettive che solo la nonviolenza organizzata puo' mettere a disposizione. 8. LIBRI. IDA DOMINIJANNI PRESENTA "TERRORISMO E TERRORISTI" A CURA DI MARCO FOSSATI [Dal quotidiano "Il manofesto" del 25 novembre 2003. Ida Dominijanni (per contatti: idomini at ilmanifesto.it), giornalista e saggista, e' una prestigiosa intellettuale femminista] "Giugno 1914: a Sarajevo un ragazzo salta su una vettura e comincia a sparare. L'arciduca Ferdinando muore. Dopo alcune settimane comincia la prima guerra mondiale. Anni quaranta: la resistenza francese uccide i soldati delle truppe di occupazione dove e appena puo'. Giugno 1944: a Oradur-sur-Glane, nel centro della Francia, le SS si vendicano massacrando 642 abitanti. Agosto 1945: l'aereonautica degli Stati Uniti lancia le prime bombe atomiche. Muoiono 190.000 giapponesi, quasi tutti civili. Dopo pochi giorni finisce la seconda guerra mondiale. Quale di questi quattro avvenimenti e' stato un atto terroristico? Quale ha ottenuto un risultato? Quale, se ce n'e' uno, potrebbe essere giustificato dalla storia? E dalla storia di chi? Il terrorismo non e' quel fenomeno da teppisti, chiaro, definito, e che ci piace tanto condannare. Non esiste infatti una linea precisa che distingue la politica dalla minaccia, la minaccia dall'uso della forza, l'uso della forza dalla guerra, nascosta o palese che sia. Chi e' terrorista? E chi non lo e'? L'attentatore suicida, la guerriglia ribelle, il fronte di liberazione, le forze armate governative?". Questa lunga citazione mirante, come si dice, a decostruire la parola "terrorista" non e' tratta da un foglio estremista di oggi, ma da un articolo non firmato dell'"Economist" del 2 marzo 1996, che compare in una antologia di testi sul terrorismo curata da Marco Fossati (Terrorismo e terroristi, Bruno Mondadori). Volumetto composto a uso dell'insegnamento della storia nella scuola, ma utilissimo per intercettare con qualche grano di saggezza il dibattito che imperversa sui giornali dopo gli ultimi atroci attentati in Iraq e in Turchia. Andando in cerca di una definizione certa del termine, Fossati si imbatte nella storia incerta di "un fenomeno antico e complesso che viene spesso interpretato con categorie solo emotive o ideologiche". Giacche' se la parola compare nel linguaggio politico per la prima volta durante la rivoluzione francese, e se la pratica terrorista attecchisce nei gruppi rivoluzionari minoritari nella Russia di fine Ottocento, per rintracciarne gli antecedenti si puo'' invece risalire ai sicari raccontati da Giuseppe Flavio, o al martirio degli ismaeliti. E venendo a tempi piu' vicini bisogna attraversare passaggi stretti e scomodi, come il rapporto fra terrorismo e guerra partigiana, o la "sinistra tradizione mediorientale", come la chiama Benny Morris, in cui dagli anni trenta in poi si confrontano il terrorismo degli arabi e quello dei sionisti. E poi, ancora, il terrorismo rosso degli anni settanta in Italia e in Germania, e il suo impatto sulle sinistre europee. Solo in fondo a questa maratona si arriva alla svolta che l'11 settembre ha imposto nella percezione occidentale del fenomeno e nella sua, tuttora incerta e controversa, configurazione e definizione. * La maratona non serve, sia chiaro, a diluire nell'indistinto i caratteri del terrorismo suicida e islamico-fondamentalista con cui abbiamo a che fare oggi. Ma, si chiede Fossati, "bisognera' allora considerare il terrorismo come un problema che riguarda le societa' islamiche di oggi e i loro rapporti con il resto del mondo? O non piuttosto come un fenomeno antico, che ha trovato nella modernita' forme di manifestazione e vie di diffusione particolarmente favorevoli, e nel quale si esprime oggi una frangia del radicalismo religioso islamico cosi' come altre volte vi si e' espresso il radicalismo politico laico?". Insomma, non siamo nel mezzo di uno "scontro di civilta'", ma di un sanguinoso conflitto politico. Nel quale, continua Fossati, non serve condurre una guerra di religione, ma una lotta in difesa del diritto. Due anni dopo l'11 settembre il punto resta infatti sempre lo stesso: se quell'atto, e la successiva catena di stragi suicide da esso innescate, siano definibili come atti di guerra da combattere con la guerra ("preventiva"), o come atti criminali da contrastare con il diritto penale e internazionale. L'unica risposta dotata di senno e' la seconda, come i fatti si stanno incaricando di dimostrare. Con un'aggiunta pero', che ci sono ragioni che la ragion giuridica non conosce, e di fronte alle quali disarma. Basta leggere il testo dello psicologo S. Atran su "Come nasce un kamikaze" - reclutamento, sentimenti, incentivi, addestramento - per realizzare che sul terrorismo suicida la razionalita' politica e giuridica occidentale ha ancora molto da interrogarsi e da capire. 9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 10. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: luciano.benini at tin.it, angelaebeppe at libero.it, mir at peacelink.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 742 del 27 novembre 2003
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