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La nonviolenza e' in cammino. 737
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 737
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 21 Nov 2003 19:53:44 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 737 del 22 novembre 2003 Sommario di questo numero: 1. Nonviolenza giuriscostituente 2. La sintesi apparsa su "Le Monde" della proposta di accordo di pace israelo-palestinese che verra' presentata il 20 novembre a Ginevra 3. Sosteniamo l'iniziativa di Ginevra per la pace in Medio Oriente 4. Maria G. Di Rienzo: capire i bisogni delle persone 5. Brunetto Salvarani: per il dialogo interreligioso 6. Francesco Comina intervista Alessandro Zanotelli 7. Ileana Montini: la societa' degli orchi 8. Claudio Fava: una politica per l'Europa, la pace preventiva 9. A Venezia dal 6 all'8 dicembre il terzo salone dell'editoria di pace 10. E' uscito il nuovo Annuario della pace 11. Sosteniamo le Edizioni Qualevita 12. Riletture: AA. VV., La vita come noi l'abbiamo conosciuta 13. Riletture: L'autobiografia di Mamma Jones 14. Riletture: Moema Viezzer (a cura di), Chiedo la parola. Testimonianza di Domitila 15. Riletture: Elisabeth Burgos (a cura di), Mi chiamo Rigoberta' Menchu' 16. Riletture: Marianella Sclavi, Arte di ascoltare e mondi possibili 17. La "Carta" del Movimento Nonviolento 18. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. NONVIOLENZA GIURISCOSTITUENTE C'e' un solo modo per fermare il terrorismo: ed e' la scelta della nonviolenza come principio istitutivo della civile convivenza fra tutti gli esseri umani, fondata sul rispetto per la vita e la dignita' di tutti gli esseri umani. C'e' un solo modo per fermare le guerre: ed e' la scelta della nonviolenza come ripudio assoluto di tutte le uccisioni, le oppressioni, le umiliazioni; ripudio assoluto di tutte le armi e gli eserciti; ripudio assoluto di ogni violenza; rottura della complicita' con ogni menzogna, ingiustizia, sfruttamento, negazione dell'altro. C'e' un solo modo per difendere la legalita' e la democrazia: ed e' la scelta della nonviolenza come assunzione di responsabilita' diretta, come fondamento delle relazioni sociali dal livello interpersonale a quello internazionale, come inveramento della regola delle regole che fondano la civilita' umana: la misericordia, la solidarieta', il riconoscimento della verita' cruciale di quell'"anthropos esti' zoon politikon": gli esseri umani possono vivere solo in societa', solo vicendevolmente aiutandosi: ognuno di noi lo sa, perche' ognuno di noi dalla nascita e per anni e' potuto sopravvivere solo perche' qualcuno si e' preso cura di noi. * Nella catastrofe in cui i poteri politici, economici ed ideologici dominanti stanno trascinando il mondo, la nonviolenza puo' e deve divenire non sono testimonianza e metodo, non solo tecnica e appello, non solo profezia e ricerca, ma scelta e movimento politico, e ormai decisivamente principio giuriscostituente. Principio giuriscostituente: che istituisca legalita' adeguata e cogente, che inveri quanto gia' sovente dicono ma non riescono ancora a garantire le carte dei diritti, le tavole della legge sollecite del bene comune, i codici della convivenza civile. Occorre la scelta della nonviolenza, che essa si traduca in legge, che essa informi le regole scritte, oltre che quelle incise nell'animo di ogni essere umano come Antigone ci rivelo'. In alcune parti del mondo si e' gia' cominciato a farlo: si veda l'esperienza luminosa della "Commissione per la verita' e la riconciliazione" in Sudafrica che ha dimostrato storicamente come la nonviolenza possa essere principio giuriscostituente fin nell'ambito decisivo del diritto penale, e nella necessita' ed urgenza di giudicare responsabilita' ed assumere provvedimenti in presenza dei crimini piu' efferati, quelli avvenuti nel regime dell'apartheid. In Sudafrica la nonviolenza giuriscostituente ha gia' vinto la prima grande lotta, per l'umanita' intera, e ci apre la via. Oggi a noi sembra che questa lotta si sposti anche qui, in Europa: ed occorre che noi si sappia suscitare un movimento dei popoli e delle istituzioni che nella Costituzione europea scriva la nonviolenza come scelta cardinale che orienti sia la politica internazionale, sia quella interna, che detti le scelte amministrative di sicurezza e cooperazione, che difenda e promuova il diritto e i diritti secondo il principio del riconoscimento di tutti i diritti umani a tutti gli esseri umani. Nonviolenza giuriscostituente: nella Costituzione europea, nell'Unione Europea. Nonviolenza giuriscostituente: questo ci pare di aver colto come il punto piu' luminoso e aggettante della proposta promossa da Lidia Menapace per un'Europa neutrale e attiva, disarmata e smilitarizzata, solidale e nonviolenta, e dell'appello ad essa conseguente e di essa sviluppo elaborato nell'incontro di Verona dell'8 novembre che verra' presentato a Venezia l'8 dicembre. * Solo la scelta della nonviolenza puo' salvare l'umanita': con il rifiuto di ogni oppressione, con la lotta ad ogni oppressione; con il programma costruttivo della solidarieta', del riconoscimento di umanita'; con l'impegno a non nuocere e ad opporsi ad ogni nocumento, ad ogni lesione, ad ogni violenza e inganno: ahimsa; con la forza della verita', con la forza dell'amore che unisce, con il rispetto per la vita, con la ricerca e la vicinanza al vero e al buono: satyagraha. Il programma - politico, si' - di Giacomo Leopardi e di Virginia Woolf, di Simone Weil e di Mohandas Gandhi. 2. DOCUMENTAZIONE. LA SINTESI APPARSA SU "LE MONDE" DELLA PROPOSTA DI ACCORDO DI PACE ISRAELO-PALESTINESE CHE SARA' PRESENTATA IL 20 NOVEMBRE A GINEVRA [Dal sito di "Peacelink (www.peacelink.it), che a sua volta lo riprende dal sito di "Liberazione" (www.liberazione.it), riproduciamo questa traduzione di Titti Pierini della sintesi apparsa sul prestigioso quotidiano "Le Monde", a cura di Gilles Paris e Stephanie Le Bars, della proposta di accordo di pace israelo-palestinese elaborata da prestigiose personalita' israeliane e palestinesi e che sara' presentata ufficialmente a Ginevra il 20 novembre] I punti principali dell'intesa L'obiettivo e' stato individuato da tempo: la pace attraverso lo Stato palestinese. Tuttavia, il metodo caldeggiato da chi ha concepito il nuovo piano di pace israeliano-palestinese e' rivoluzionario. In luogo della politica dei piccoli passi sostenuta da dieci anni a questa parte, dagli Accordi di Oslo alla "Road Map" dell'aprile di quest'anno, quei consumati negoziatori che sono l'israeliano Yossi Beilin e il palestinese Yasser Abed Rabbo, insieme a esperti e responsabili politici delle due parti, hanno scelto di innovare, privilegiando un modo di procedere molto volontaristico, enormemente facilitato, questo e' vero, dalla natura non ufficiale del loro percorso. L'iniziativa, che sara' simbolicamente ratificata a Ginevra a meta' novembre, affronta direttamente cio' che finora e' sempre stato rinviato all'ultima fase delle presunte trattative: gli argomenti principali del contenzioso tra israeliani e palestinesi. Il piano, dunque, abborda il problema dei confini, dello statuto di Gerusalemme, del destino delle colonie e di quello dei rifugiati. E' una scelta che deriva dall'analisi della situazione, condotta dopo tre anni di ininterrotte violenze. Secondo gli artefici del piano, la pace ormai non puo' nascere se non dalla soluzione, la piu' rapida possibile, di questi dolorosi problemi. Volutamente, percio', si eludono le condizioni di un eventuale ritorno alla calma. Scartata anche l'ipotesi di una nuova fase transitoria, ritenuta per forza fonte di frustrazioni, per la durata e per il contenuto. Per quanto, in compenso, riguarda le risposte fornite alla sfida posta dalla creazione di uno Stato palestinese accanto ad Israele, alla rottura nel modo di procedere si affianca una evidente continuita' con il contenuto degli ultimi negoziati, tenuti ormai quasi tre anni or sono. Il filo conduttore delle "discussioni di Taba" (Egitto) - le ultime per datazione intercorse tra due delegazioni ufficiali israeliana e palestinese, nel gennaio 2001 - viene ripreso e dipanato fino in fondo da un accordo che rientra, tra l'altro, nel quadro dei "parametri" proposti dal presidente nordamericano Bill Clinton prima di lasciare la Casa Bianca, nel dicembre 2000, venuti meno cosi' tragicamente nel vertice fallimentare di Camp David, sei mesi dopo. * I principi L'accordo sancisce l'esistenza di due parti: lo Stato di Israele e l'Organizzazione di liberazione della Palestina (Olp). Esso riconosce "il diritto del popolo ebraico a uno Stato" e "il diritto del popolo palestinese a uno Stato". Il documento fa riferimento a tutte le iniziative ed accordi precedenti, nonche' alle risoluzioni Onu nn. 242 e 338. I redattori assicurano che esso rientra nel discorso del "presidente Bush" e nel processo della "Road Map" del Quartetto (Stati Uniti, Unione Europea, Russia, Onu). L'obiettivo e' quello della "riconciliazione storica tra i palestinesi e gli israeliani", per approdare alla riconciliazione tra "il mondo arabo e Israele". Lo statuto permanente porra' fine a un'"epoca di conflitti e di violenza", in pro di un'"epoca di pace, di collaborazione e di coabitazione". L'applicazione del progetto d'intesa porra' fine a tutte le rimostranze delle parti, che si impegneranno peraltro a non sollevarne di nuove. * I confini La base del tracciato e' costituita dalla Linea Verde, la linea d'armistizio del 1949, combinata a margine con alcuni scambi di territori, per risolvere una delle questioni piu' spinose del conflitto: quella delle colonie ebraiche. Lo scambio avviene su basi di parita' (in luogo del rapporto di 1 a 9 proposto nel 2000, a Camp David, dall'allora Primo ministro israeliano, Ehud Barak). In concreto, rimangono israeliani soltanto i principali quartieri di colonizzazione di Gerusalemme Est (Givat Zeev, Gilo), la principale colonia della Cisgiordania (Maale Adumin), una parte del "blocco" del Gush Etzion (alcuni dei cui insediamenti sono anteriori alla creazione di Israele) e altri insediamenti contigui alla Linea Verde. In compenso, i palestinesi ricevono terre equivalenti nel sud della Cisgiordania e, soprattutto, lungo la Striscia di Gaza. Sono evacuate e cedute, "intatte", ai palestinesi tutte le altre colonie (Ariel inclusa, nel nord della Cisgiordania). Si prevede un corridoio sotto sovranita' israeliana, per collegare Gaza alla Cisgiordania senza interferire con la rete stradale israeliana. I tempi previsti per l'evacuazione sono di trenta mesi, tranne che per la valle del Giordano, oggetto di un trattamento particolare. Il territorio palestinese evacuato, dove si installa una "forza multinazionale", e' smilitarizzato. La Striscia di Gaza viene evacuata integralmente. Per questo periodo di trenta mesi, Israele conserva il diritto d'ispezione sui movimenti di beni e persone nei punti d'accesso a questo territorio. Entrambe le parti (i palestinesi sono di fatto direttamente interessati) si impegnano a lottare contro il terrorismo. Sono vietate le alleanze concluse con Stati terzi apertamente ostili ad una delle due parti. Infine, si creano due "stazioni di allerta" (basi di vigilanza) israeliane in Cisgiordania, per un periodo di dieci anni. * Gerusalemme La soluzione del caso di Gerusalemme avviene in base a un principio "clintoniano", vale a dire la sovranita' palestinese sulle zone popolate in maggioranza da palestinesi e la sovranita' israeliana in quelle maggioritariamente popolate da israeliani. La conseguenza che ne deriva e' la spartizione politica della citta', nella quale i due paesi possono insediare le rispettive capitali riconosciute dalla comunita' internazionale. La citta' vecchia non sfugge a questa spartizione. Israele gode della sovranita' sul quartiere ebraico e il Kotel, il Muro del Pianto. La sovranita' sul resto della citta' vecchia, soprattutto sulla spianata delle Moschee (il monte del Tempio per gli ebrei), spetta in compenso alla parte palestinese. Nel caso della spianata delle Moschee/monte del Tempio, la sovranita' palestinese si esercita sotto controllo di un "gruppo internazionale" (con il dispiegamento in loco di una "presenza multinazionale"). Israele conserva l'accesso al cimitero ebraico del monte degli Ulivi. I due municipi cosi' creati costituiscono un "comitato di coordinamento e di sviluppo di Gerusalemme", responsabile per i problemi comuni di edilizia, idrici, di trasporto, economici e di polizia. * I rifugiati Ad ogni palestinese rifugiato all'estero si propongono una serie di scelte, sotto il controllo di una "commissione internazionale". I rifugiati possono esercitare il diritto al ritorno nel quadro dello Stato palestinese cosi' creato, sia all'interno della Linea Verde, sia nelle parti di territorio cedute da Israele. Possono anche optare per un paese terzo, per Israele, o per rimanere nel paese di residenza. Israele resta tuttavia sovrano sul numero di rifugiati autorizzati a rientrare in territorio israeliano. La base stabilita al riguardo si calcola a partire dalla media dei rifugiati accolti da ciascuno degli altri nuovi paesi di accoglienza. I rifugiati hanno a disposizione due anni per fare la propria scelta. Al termine di questo periodo essi perdono automaticamente lo statuto di rifugiati. Il reinsediamento va insieme al versamento di indennizzi, a compensazione dei danni subiti. A questo scopo, si costituiscono una "commissione internazionale" e un "fondo internazionale". Per valutare l'ammontare delle perdite, si istituisce un "panel" di esperti che, in capo a sei mesi, comunica le proprie decisioni. Israele partecipa al finanziamento del fondo. Si prevede un periodo di cinque anni perche' tutti i casi siano risolti. Trascorso questo periodo, non si accettano piu' ricorsi e si scioglie l'organismo dell'Onu appositamente creato per venire in aiuto ai rifugiati palestinesi all'indomani della creazione dello Stato di Israele (l'Unrwa). * Controllo, accesso ai Luoghi santi, liberazione dei prigionieri Si costituisce un "gruppo di applicazione e di verifica" per "aiutare, assistere, garantire, controllare e risolvere le controversie" connesse all'applicazione dell'accordo. Esso e' prevalentemente composto da Stati Uniti, Unione Europea, Russia e Onu. Lo dirige un "gruppo di contatto", con alla testa un "esponente speciale" che lo rappresenta in loco; sotto la sua autorita' e' posta la "forza multinazionale", della quale designa il comandante supremo. Specifici accomodamenti sono previsti per la visita ai Luoghi santi ebraici posti sotto sovranita' palestinese, ad esempio le tombe dei Patriarchi a Ebron, o la tomba di Rachele a Nord di Bethlemme. Il controllo di queste visite spetta alla "forza multinazionale". Il problema dei prigionieri e' oggetto di un trattamento bilaterale. Essi sono suddivisi in tre categorie. La prima concerne i detenuti da piu' antica data (quelli detenuti da prima del 1994), le donne, i bambini, i malati e i detenuti "amministrativi": questi saranno tutti liberati appena entrato in vigore l'accordo. La seconda categoria riguarda le persone detenute dopo il 1994, che saranno liberate entro diciotto mesi al massimo. La terza comprende i casi ritenuti piu' problematici (responsabili politici, o persone implicate nell'organizzazione di un attentato): questi ultimi detenuti saranno liberati dopo trenta mesi dall'entrata in vigore dell'accordo. 3. APPELLI. SOSTENIAMO L'INIZIATIVA DI GINEVRA PER LA PACE IN MEDIO ORIENTE [Riproduciamo nuovamente questo appello che abbiamo ricevuto da Ali Rashid (per contatti: alirashid at tin.it), appello cui hanno gia' aderito molte illustri personalita' ed al quale anche noi aderiamo. Invitiamo tutti i nostri interlocutori ad aderire, e ad inviare notizia dell'adesione ad Ali Rashid (alirashid at tin.it), al presidente della Repubblica (presidenza.repubblica at quirinale.it), al presidente del senato (m.pera at senato.it), al presidente della Camera (casini_p at camera.it), al presidente del Consiglio dei ministri (berlusconi_s at camera.it); e alle altre autorita' istituzionali, ai mezzi d'informazione, ed agli altri destinatari cui ciascuno riterra' opportuno trasmetterlo] Noi firmatari di questo appello chiediamo al nostro Paese di sostenere l'intesa di pace che sara' siglata a Ginevra. Crediamo che la pace nel Medio Oriente passi per il riconoscimento reciproco dello Stato di Israele e dello Stato della Palestina. Due popoli in due stati. Siamo contrari all'occupazione militare israeliana dei territori palestinesi occupati nel 1967 che viola le risoluzioni dell'Onu e che produce sofferenze indicibili alla popolazione palestinese costretta a subire violenze e umiliazioni di ogni tipo. Vogliamo che i cittadini israeliani possano vivere in sicurezza senza la paura di essere uccisi dai kamikaze palestinesi e che i palestinesi possano avere uno Stato indipendente. Occupazione, violenza e terrorismo alimentano l'odio trascinando entrambi i popoli verso la loro distruzione. Il futuro di Israele e della Palestina passa per la pace, il dialogo, la convivenza tra popoli, religioni, culture diverse. Allo scontro tra le civilta' contrapponiamo il rispetto del diritto e della legalita' internazionale. Alla "guerra preventiva" preferiamo la politica come unico strumento per governare le controversie internazionali. Non dobbiamo lasciare soli i cittadini israeliani e palestinesi. Dobbiamo aiutare chi, nelle due societa', si batte per la soluzione pacifica del conflitto. Non puo' sfuggire, infatti, l'importanza del patto per la pace che sara' firmato a Ginevra, insieme ad altre analoghe iniziative, tra alcuni rappresentanti autorevoli delle due parti in conflitto per i riflessi positivi che l'accordo puo' produrre sull'intera area medio orientale e nei rapporti con l'Europa. Per questi motivi chiediamo al governo italiano di sollecitare il governo israeliano e l'autorita' nazionale palestinese a riprendere il dialogo. Milioni e milioni di cittadini in tutto il mondo si sono mobilitati nei mesi scorsi per la pace ma non sono riusciti ad impedire la guerra. Questa volta la pace e' possibile malgrado l'ottusita' di chi vuole la guerra ad ogni costo. 4. FORMAZIONE. MARIA G. DI RIENZO: CAPIRE I BISOGNI DELLE PERSONE [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo intervento. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza] I bisogni sono le cose di cui abbiamo necessita', come individui o come gruppi, per le piu' svariate ragioni. Per chi lavora al cambiamento sociale, comprendere i bisogni della comunita' in cui vive, e a cui si rivolge, e' basilare, cosi' come comprendere i bisogni delle persone con cui si lavora al cambiamento. In genere, possiamo dividerli in cinque categorie. * 1. Bisogni largamente condivisi per il benessere della comunita' Molto spesso sono ovvi: se c'e' stato un terremoto, vi e' immediata necessita' di cibo, acqua, assistenza medica e riparo per le persone coinvolte. Oppure, vi e' molto interesse nella comunita' rispetto ad una particolare istanza, ed esso si esprime visibilmente con lettere ai giornali, firme di petizioni, manifestazioni spontanee. Tuttavia, altrettanto spesso i bisogni di una comunita' non sono cosi' chiari; nella loro espressione possono intervenire competizioni fra interessi diversi o mancanza di informazioni, e la confusione che ne risulta puo' paralizzare i gruppi di attivisti. * 2. Bisogni-radice Sono quelli "reali", ovvero le cause sottostanti al bisogno ovvio. Spesso non sono facili da individuare: sotto al bisogno cosi' come vi appare possono esservi molteplici radici. Se un bimbo arriva al pronto soccorso con difficolta' respiratorie, il bisogno ovvio (suo e della comunita', che non vuole perderlo) e' l'assistenza medica. Ma le cause del suo problema di salute possono essere le piu' svariate: il fallimento della campagna per l'immunizzazione, la poverta' economica del suo gruppo di appartenenza, violenze subite in famiglia o altrove, eccetera. * 3. Bisogni formativi Si tratta delle conoscenze di base, quelle che servono per far funzionare la "baracca". Ovvero, i membri del vostro gruppo sanno facilitare un incontro? Scrivere un comunicato stampa? Allacciare relazioni con altri gruppi? Non e' difficoltoso individuare tali bisogni, ne' che vengano espressi direttamente da coloro che li provano. Ad esempio, e' assai raro che una volontaria dica nel corso di un incontro: "Non mi sento apprezzata. Vorrei sapere con esattezza che importanza ho per questo dannato gruppo". Piu' spesso accade che invece dica: "Si', sono interessata ad aiutare le donne alla 'Casa per non subire violenza', pero' non l'ho mai fatto prima. Potete spiegarmi come vanno le cose?". * 4. Bisogni concreti Sono quelli che si toccano con le mani, per cosi' dire. La necessita' di finanziamento per il vostro gruppo, la necessita' di una miglior illuminazione in quella strada, la necessita' di abitazioni per i nuovi membri della comunita', eccetera. Rispondere ad essi da' di solito un grande senso di soddisfazione: quando avete raggiunto lo scopo, lo potete vedere e sperimentare senz'ombra di dubbio. * 5. Bisogni personali Si tratta dell'apprezzamento e della cura. La maggior parte delle persone che al vostro fianco lavorano per il cambiamento sociale, sono coinvolte in esso per ragioni del tutto estranee alle ricompense consuete (denaro, status): oltre all'idealita' e all'emozione, cio' che le tiene insieme e' l'amicizia, il conforto del non essere sole, il sentirsi apprezzate, il sapere che altri/e si preoccupano per loro. L'apprezzamento e la cura sono i bisogni meno visti di tutti, eppure non rispondere ad essi sfascia organizzazioni con impressionante regolarita'. * Come potete capire cio' di cui le persone hanno bisogno? Il metodo piu' semplice ed efficace e' chiederglielo, ma chiedere non basta: una volta fatta la domanda le vostre orecchie devono essere aperte all'ascolto di cio' che le persone dicono, e non semplicemente di cio' che voi volete sentire. Ci sono molti modi per fare domande e lavorare sulle risposte, dall'intervista al questionario, dal dividersi in piccoli gruppi di discussione alla conversazione faccia a faccia. Potete anche approntare una "scatola per i suggerimenti" o una "lista dei desideri" durante le vostre azioni, o nella vostra sede, o addirittura in tutta la citta' alle fermate degli autobus e nei bar. Notate che tecniche differenti rispondono ad identificazioni differenti: per sapere di che hanno bisogno i membri del vostro gruppo non avete probabilmente necessita' di un'intervista formale, ma piuttosto di una riunione focalizzata. Un altro aspetto da considerare e' il numero delle persone di cui volete conoscere l'opinione: se il gruppo e' piccolo, sarete in grado di parlare personalmente ad ogni individuo, ma se vi interessa sapere come la pensano le 20.000 persone che abitano nel vostro paese, dovrete usare una tecnica diversa. Quando vi capita una situazione del genere, decidete quali potrebbero essere le persone piu' adatte da contattare, gli "informatori chiave", per cosi' dire, da cui avete magari gia' ottenuto risposte sensate in passato: possono essere membri di altre organizzazioni, personaggi noti nella comunita', individui toccati direttamente dall'istanza, lavoratori dei media, eccetera. Fate attenzione a chi scegliete di interpellare, di modo da avere una rappresentazione onesta della vostra comunita'; se vi rivolgete solo ai vostri amici ed alleati, non state cercando di sapere come la cittadinanza la pensa, ma di formare una coalizione (che e' bella cosa, ma altra cosa, d'accordo?). Inoltre, cercate di essere accessibili: se avete una sede da aprire al pubblico va benissimo, ma se non la avete dovete essere il piu' possibile sulla "scena", dove i problemi si manifestano e dove potete parlare direttamente con le persone investite dai problemi stessi: relazioni significative con costoro si creano solo in questo modo, non c'e' scorciatoia. Per costruire un rapporto di fiducia avrete bisogno di fare domande e di parlare con onesta' di voi stessi come individui e come gruppo; siate persistenti, e non fate l'errore di mostrarvi d'accordo con tutto quello che vi viene detto al solo scopo di stringere la relazione: diverse opinioni posso comunque essere dirette verso lo scopo comune. Infine, individuate sistemi (incontri specifici, questionari, eccetera) in cui queste persone possano valutare a posteriori il vostro intervento, il lavoro fatto assieme a voi, i risultati ottenuti, e dirvi cosa secondo loro ha funzionato e cosa no. 5. RIFLESSIONE. BRUNETTO SALVARANI: PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO [Ringraziamo Brunetto Salvarani (per contatti: b.salvarani at carpi.nettuno.it) per questo intervento. Brunetto Salvarani, teologo ed educatore, da tempo si occupa di dialogo ecumenico e interreligioso, avendo fondato nel 1985 la rivista di studi ebraico-cristiani "Qol"; ha diretto dal 1987 al 1995 il Centro studi religiosi della Fondazione San Carlo di Modena; saggista, scrittore e giornalista pubblicista, collabora con varie testate e fa parte del Comitato "Bibbia cultura scuola", che si propone di favorire la presenza del testo sacro alla tradizione ebraico-cristiana nel curriculum delle nostre istituzioni scolastiche; e' direttore della "Fondazione ex campo Fossoli", vicepresidente dell'Associazione italiana degli "Amici di Neve' Shalom - Waahat as-Salaam", il "villaggio della pace" fondato in Israele da padre Bruno Hussar. Ha pubblicato vari libri presso gli editori Morcelliana, Emi, Tempi di Fraternita', Marietti, Paoline] Nel novembre 2001, a poche settimane dai tragici attentati terroristici dell'11 settembre, un gruppo di cristiani di svariate confessioni (cattolici, evangelici, ortodossi), responsabili di ordini missionari, islamologi, intellettuali e educatori idearono un appello ecumenico affinche' quanto era purtroppo accaduto non mettesse in discussione le iniziative di partnership fra cristiani e musulmani in corso. Con un obiettivo concreto, e controcorrente nei confronti del clima socioculturale imperante nell'Europa di quei mesi: la proclamazione di una Giornata da dedicare espressamente al dialogo interreligioso, e soprattutto al dialogo cristianoislamico. Senza negare le oggettive difficolta', decisamente in aumento. L'esito fu consolante, a parere di chi, come me, era tra i promotori della cosa: oltre un centinaio di iniziative lungo tutta la penisola, l'operazione "moschee aperte", piu' di mille adesioni raccolte, e - soprattutto - la sensazione che la strada intrapresa fosse inevitabile quanto corretta. Ecco perche' abbiamo deciso di riproporre quell'esperienza, puntando ad una seconda Giornata ecumenica del dialogo cristianoislamico, il 21 novembre 2003 e nei giorni successivi, di nuovo in coincidenza dell'ultimo venerdi' di Ramadan dell'anno islamico 1424 (per ulteriori informazioni si veda il sito: www.ildialogo.org), a imitazione dell'invito di Giovanni Paolo II per il 14 dicembre 2001. * Certo, non sarebbe realistico nascondermi e nasconderci che l'obiettivo e', oggi piu' di ieri, quotidianamente messo in discussione, dalla cronaca nazionale di costume (se cosi' vogliamo chiamare, ad esempio, la triste vicenda del crocifisso di Ofena) a quella nera, con attentati sempre piu' crudeli che si ripetono ora dopo ora, con lo scopo lampante di scoraggiare quanti - e sono tanti, nonostante tutto - non si lasciano piegare alla logica dello scontro di civilta', della guerra infinita, delle chiusure identitarie e fondamentalistiche. La paura e' grande, senza dubbio: ma farsi intimidire e smettere la pur difficile pratica del dialogo, e qui in particolare del dialogo cristianoislamico, equivarrebbe di fatto a dar ragione ai terroristi, a chi usa le bombe al posto dell'accoglienza e del confronto, a chi strumentalizza le parole religiose e lo stesso nome di Dio profanando radicalmente le une e l'altro. Ecco perche', proprio in una situazione come quella attuale, nella Giornata ecumenica e' necessario gridare che occorre piu' coraggio e piu' dialogo, non meno coraggio e meno dialogo. Anzi, che occorre un autentico salto di qualita' nel dialogo interreligioso, che non puo' piu' essere considerato un ambito per specialisti o per pochi, non un generico verbo buonista o un invito al semplicistico "volemose bene", ma un caso serio e un tema decisivo per le varie comunita' di fede: sul quale investire con fatica la propria vita, studiando, discutendo, pregando, chiedendo a Dio di illuminarci e di illuminare la terra, in questa tremenda ora della prova. Il cammino e' tutto in salita. A me, cattolico laico, confortano la prassi evangelica di Gesu' e la memoria del Concilio, la pedagogia dei gesti di Giovanni Paolo II e la firma della "Charta Oecumenica" europea. Mi pare significativo, del resto, che questa nostra iniziativa, che prevede decine di appuntamenti in tutte le principali citta' del nostro Paese, non riesca a "bucare" il mondo dell'informazione (salvo benemerite eccezioni, che confermano la regola). E' qui contraddetta, infatti, la regola aurea dell'uomo che morde il cane: in una fase che viene sempre piu' percepita come un'anteprima di uno scontro finale tra occidente cristiano e islam, dovrebbe pure far notizia il fatto che, spontaneamente e senza particolari benedizioni dall'alto, una piccola tradizione, quella della Giornata ecumenica del dialogo, abbia gia' messo radici, dimostrando il bisogno diffuso del dialogo. Che, in questi giorni, molte moschee e centri islamici vengano aperti a chiunque per la cerimonia della rottura del digiuno. Che si facciano dibattiti e incontri tra cristiani e musulmani. Che centinaia di donne e uomini continuino a sottoscrivere l'appello al dialogo, nonostante la nostra struttura di organizzatori sia quanto mai povera e priva di mezzi. Credo che tutto cio' dovrebbe incuriosire... A quanti, domani, donne e uomini di buona volonta', parteciperanno alle varie iniziative pubbliche, a quanti digiuneranno e devolveranno il denaro risparmiato a opere di solidarieta', ai monasteri e alle parrocchie e ai centri islamici che pregheranno per la pace tra le fedi, grazie di cuore e buon cammino. Non facciamoci scoraggiare. * Personalmente, tra le intenzioni della mia preghiera e del mio digiuno ho inserito la prossimita' profonda alle comunita' ebraiche d'Italia, di Israele e di tutta la diaspora, in modo speciale dopo gli attentati alle sinagoghe di Istanbul, perche' chi si impegna nel dialogo interreligioso e' chiamato a farlo a tutto campo: il mio 21 novembre 2003, ultimo venerdi' di Ramadan 1424, e' anche una Giornata per la liberta' di religione e contro ogni forma di antisemitismo, di islamofobia e di razzismo. Con la fiducia e la speranza che contraddistinguono ogni figlia e ogni figlio di Dio, un cordiale abbraccio di pace - shalom - salaam. Brunetto Salvarani 6. RIFLESSIONE. FRANCESCO COMINA INTERVISTA ALESSANDRO ZANOTELLI [Ringraziamo Francesco Comina (per contatti f.comina at ladige.it) per averci messo a disposizione questa sua intervista a padre Zanotelli apparsa su "L'Adige" del 20 novembre 2003. Fancesco Comina, giornalista e saggista, pacifista nonviolento, e' impegnato nel movimento di Pax Christi; nato a Bolzano nel 1967, laureatosi con una tesi su Raimon (Raimundo) Panikkar, collabora a varie riviste. Opere di Francesco Comina: Non giuro a Hitler, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2000; ha contribuito al libro di AA. VV., Le periferie della memoria, Anppia - Movimento Nonviolento, Torino-Verona; e a AA. VV., Giubileo purificato, Emi, Bologna. Alessandro Zanotelli, missionario comboniano, ha diretto per anni la rivista "Nigrizia" conducendo inchieste sugli aiuti e sulla vendita delle armi del governo italiano ai paesi del Sud del mondo, scontrandosi con il potere politico, economico e militare italiano: rimosso dall'incarico e' tornato in Africa a condividere per molti anni vita e speranze dei poveri, solo recentemente e' tornato in Italia; e' direttore responsabile della rivista "Mosaico di pace" promossa da Pax Christi; e' tra i promotori della "rete di Lilliput" ed e' una delle voci piu' prestigiose della nonviolenza nel nostro paese. Tra le opere di Alessandro Zanotelli: La morte promessa. Armi, droga e fame nel terzo mondo, Publiprint, Trento 1987; Il coraggio dell'utopia, Publiprint, Trento 1988; I poveri non ci lasceranno dormire, Monti, Saronno 1996; Leggere l'impero. Il potere tra l'Apocalisse e l'Esodo, La meridiana, Molfetta 1996; Sulle strade di Pasqua, Emi, Bologna 1998; Inno alla vita, Emi, Bologna 1998; Ti no ses mia nat par noi, Cum, Verona 1998; La solidarieta' di Dio, Emi, Bologna 2000; R...esistenza e dialogo, Emi, Bologna 2001; (con Pietro Ingrao), Non ci sto!, Piero Manni, Lecce 2003; (con Mario Lancisi), Fa' strada ai poveri senza farti strada. Don Milani, il Vangelo e la poverta' nel mondo d'oggi, Emi, Bologna 2003; Nel cuore del sistema: quale missione? Emi, Bologna 2003; Korogocho, Feltrinelli, Milano 2003. Opere su Alessandro Zanotelli: Mario Lancisi, Alex Zanotelli. Sfida alla globalizzazione, Piemme, Casale Monferrato (Al) 2003] Indignato padre Alex Zanotelli. Dal suo piccolo appartamento di Napoli segue con grande sconforto il diluvio di polemiche che si sono innescate dopo le parole pronunciate dal vescovo di Caserta, monsignor Nogaro, nell'omelia di domenica scorsa per i morti di Nassiriya: "Bisogna fare attenzione - ha detto monsignor Nogaro - a non esaltare il culto dei martiri e degli eroi della patria strumentalizzando la morte di questi giovani per legittimare guerre ingiuste". Zanotelli ritorna con la memoria alle pressioni che erano piombate su di lui quando aveva avuto l'ardire di denunciare il traffico di armi dell'Italia con i Paesi del sud del mondo. Improvvisamente erano partiti degli attacchi violentissimi dalle alte cariche dello stato, tanto violenti da esser obbligato a lasciare la direzione della rivista "Nigrizia" per incamminarsi sulle strade impolverate e insudiciate della baraccopoli di Korogocho in Kenya. Ora quegli attacchi cadono potentissimi sulle spalle di un vescovo "che ha il coraggio di parlare con le parole del vangelo", commenta padre Zanotelli, "per dire che quell'orribile attentato contro i carabinieri italiani ci riproietta la vecchia ideologia della guerra, del tricolore, del patriottismo sotto la copertura della pace". - Francesco Comina: Padre Zanotelli, la frase attribuita a monsignor Nogaro, che ha provocato il vespaio e' questa: "La Chiesa, benedicendo le bare legittima la guerra". Poi e' giunta una sua precisazione in cui dice: "Non ho criticato chi benedice le bare, ma ho detto che il terrorismo non si combatte con le armi". Perche' tutto questo polverone? - Alessandro Zanotelli: Mi pare che la precisazione di monsignor Nogaro sia molto chiara, molto profonda, molto condivisibile. Qui non si tratta di benedire o meno le bare (certo che siamo d'accordo nel benedire le bare) ma di stare attenti con certe espressioni come quella che fa leva sul "culto dei martiri". Noi non siamo qui a giudicare sulle motivazioni che hanno portato quei giovani ad andare in un territorio tanto pericoloso, ma siamo qui a porre un elemento di critica verso questo patriottismo ideologico che trasforma tutto, la pace con la guerra, gli interessi con la solidarieta'. Stiamo creando una religione laica, asservita totalmente al sistema politico, militare, economico e strumentalizziamo perfino le vite dei giovani che sono morti nell'attentato. Nogaro ha perfettamente ragione. C'e' una bellissima frase di Arundhati Roy, questa grande scrittrice indiana, nel libro Guerra e' pace, che potrebbe essere il commento piu' adatto ad esprimere le parole di Nogaro. (attimo di silenzio, Alex cerca il libro con la citazione). Eccola qui la lettera scritta dalla Roy subito dopo l'11 settembre: "Ogni persona innocente che viene uccisa deve essere aggiunta e non sottratta all'orrendo bilancio dei civili morti a New York e Washington. La gente raramente vince le guerre, i governi raramente le perdono. La gente viene uccisa. I governi si trasformano e si ricompongono come teste di idra. Usano la bandiera prima per cellofanare la mente della gente e soffocare il pensiero, e poi come sudario cerimoniale per avvolgere i cadaveri straziati dei loro morti volonterosi. Quando Bush ha annunciato gli attacchi aerei ha detto: 'Noi siamo un paese pacifico'. L'ambasciatore preferito di Washington, Tony Blair, gli ha fatto eco: 'Noi siamo un popolo pacifico'. E cosi' ora lo sappiamo. I maiali sono cavalli, le bambine sono maschiette, la guerra e' pace". - F. C.: Eppure la politica e' intervenuta pesantemente contro monsignor Nogaro. Il ministro Pisanu chiede ai vescovi di prendere provvedimenti mentre il senatore Cossiga chiede al governo di far pressione perche' quel vescovo venga rimosso. Come si spiega questa invasione di campo? - A. Z.: Me la spiego con la crisi totale della politica. La nostra non e' piu' politica, ma e' uno strumento succube dei poteri forti, economici, finanziari, militari. Per chi tiene le fila di questa politica va bene una religione che non disturbi l'assetto del sistema, una religione che legittimi lo status quo. E questa e' una colpa enorme, scandalosa, che va smascherata. Il vescovo Nogaro ha fatto precisamente questo: ha letto questo momento con gli occhi del vangelo che rimette in discussione tutto. Il cristiano deve fare proprio cosi', deve buttare nell'ordine del sistema la provocazione del vangelo. Aveva ragione Martin Luther King quando diceva che la religione non puo' ridursi ad essere il termostato della societa', ma deve essere il termometro. Il cristiano non puo' restare passivo e non denunciare la follia di questa guerra preventiva e permanente che sta causando piu' male che bene. Grazie al cielo lo ha affermato piu' volte il papa. Senza la sua voce davvero avremmo corso il rischio di provocare una guerra santa, una nuova crociata fra mondo occidentale cristiano e mondo islamico. Io l'ho detto fin dall'inizio. Ma non mi stupiscono le pressioni di un Pisanu o di un Cossiga, rientrano nelle geometrie dell'ordine, del sistema, dell'impero. - F. C.: Eppure il cardinale Ruini ha detto, nell'omelia, che "noi non fuggiremo davanti ai terroristi assassini, ma li fronteggeremo con tutto il coraggio, l'energia, la determinazione di cui noi siamo capaci". - A. Z.: Io fin dall'inizio dicevo che se gli Usa avessero dichiarato guerra all'Iraq sarebbe successo il finimondo. Era chiarissimo. Ho lavorato con i musulmani e stando accanto a loro era facile capire che quella guerra sarebbe stata vista come una guerra provocata dall'occidente cristiano contro il cuore dell'islam. No, no, quella guerra e' immorale e assurda perche' fa leva su un criterio folle quello che dice: "Ti ammazzo prima che tu mi ammazzi". Siamo fuori da ogni logica del diritto. - F. C.: Non e' d'accordo dunque con Ruini. I nostri militari dovrebbero lasciare il territorio iracheno? - A. Z.: La guerra e' una violazione della Costituzione. La nostra non e' una missione di pace, ma e' una missione che da' legittimazione alla guerra, e' parte dell'aggressione contro un popolo sovrano. In questo modo abbiamo avallato una occupazione. 7. RIFLESSIONE. ILEANA MONTINI: LA SOCIETA' DEGLI ORCHI [Ringraziamo Ileana Montini (per contatti: ileana.montini at tin.it) per questo intervento. Ileana Montini, prestigiosa intellettuale femminista, gia' insegnante, e' psicologa e psicoterapeuta. Nata nel 1940 a Pola da genitori romagnoli, studi a Ravenna e all'Universita' di Urbino, presso la prima scuola di giornalismo in Italia e poi sociologia; giornalista per "L'Avvenire d'Italia" diretto da Raniero La Valle; di forte impegno politico, morale, intellettuale; ha collaborato a, e fatto parte di, varie redazioni di periodici: della rivista di ricerca e studio del Movimento Femminile DC, insieme a Tina Anselmi, a Lidia Menapace, a Rosa Russo Jervolino, a Paola Gaiotti; di "Per la lotta" del Circolo "Jacques Maritain" di Rimini; della "Nuova Ecologia"; della redazione della rivista "Jesus Charitas" della "famiglia dei piccoli fratelli e delle piccole sorelle" insieme a fratel Carlo Carretto; del quotidiano "Il manifesto"; ha collaborato anche, tra l'altro, con la rivista "Testimonianze" diretta da padre Ernesto Balducci, a riviste femministe come "Reti", "Lapis", e alla rivista di pedagogia "Ecole"; attualmente collabora al "Paese delle donne". Ha partecipato al dissenso cattolico nelle Comunita' di Base; e preso parte ad alcune delle piu' nitide esperienze di impegno non solo genericamente politico ma gramscianamente intellettuale e morale della sinistra critica in Italia. Il suo primo libro e' stato La bambola rotta. Famiglia, chiesa, scuola nella formazione delle identita' maschile e femminile (Bertani, Verona 1975), cui ha fatto seguito Parlare con Dacia Maraini (Bertani, Verona). Nel 1978 e' uscito, presso Ottaviano, Comunione e liberazione nella cultura della disperazione. Nel 1992, edito dal Cite lombardo, e' uscito un libro che racconta un'esperienza per la prevenzione dei drop-out di cui ha redatto il progetto e curato la supervisione delle operatrici: titolo: "... ho qualche cosa anch'io di bello: affezionatrice di ogni cosa". Recentemente ha scritto la prefazione del libro di Nicoletta Crocella, Attraverso il silenzio (Stelle cadenti, Bassano (Vt) 2002) che racconta l'esperienza del Laboratorio psicopedagogico delle differenze di Brescia, luogo di formazione psicopedagogica delle insegnanti e delle donne che operano nelle relazioni d'aiuto, laboratorio nato a Brescia da un progetto di Ileana Montini e con alcune donne alla fine degli anni ottanta, preceduto dalla fondazione, insieme ad altre donne, della "Universita' delle donne Simone de Beauvoir". Su Ileana Montini, la sua opera, la sua pratica, la sua riflessione, hanno scritto pagine intense e illuminanti, anche di calda amicizia, Lidia Menapace e Rossana Rossanda] Il settimanale "L'Espresso" ha pubblicato questa settimana (n. 48) un articolo dal titolo Pedofilia ceca, di quelli che sono destinati a non far dormire sonni tranquilli. Contiene una notizia che riguarda la violenza sui minori mediante prostituzione. Una sociologa, Cathrin Schauer, ha raccolto 500 interviste che dimostrano come tra la Germania e la vicina Cecoslovacchia prospera un turpe turismo sessuale che ha come oggetto i bambini. Solo nel 2002 almeno sedicimila tedeschi sono stati sorpresi nelle zone di confine per reati legati alla pedofilia. L'identikit del turista sessuale e' del tutto normale, perche' sono uomini che varcano i confini magari accompagnati dalla moglie. Lei va dal parrucchiere e lui a fare sesso con minori. Oppure, si tratta di gruppi di studenti tedeschi che varcano il confine per festeggiare il diploma. Un po' come avveniva ai tempi dei casini in Italia. Naturalmente non manca la produzione di foto e filmini. La pedofilia non e' certo un problema nuovo sulla faccia della terra. Soprattutto le donne sono in grado di raccontare come da bambine hanno avuto spesso a che fare con zii dalle mani lunghe o amici carissimi dei genitori, o vicini di casa troppo gentili. Ma oggi c'e' una novita': la pedofilia ha raggiunto gradi sofisticati di organizzazione e uso delle tecnologie a partire da Internet. O forse e' anche notevolmente aumentata. Recentemente in una citta' del nord est e' stato avviato un procedimento giudiziario nei confronti di alcune maestre di scuola materna accusate di portare a passeggiare i bambini per poi farli fotografare o sottoporre a sevizie pedofile dagli adulti. La nostra "modernita' liquida", come la definisce il sociologo Bauman, si struttura sulla formazione di identita' deboli perche' fondate sul bisogno di consumare rapidamente qualsiasi oggetto o sensazione. La "liberta' sessuale" ha messo sul mercato degli oggetti di consumo anche il sesso che deve essere rapidamente sfruttato sul piano delle emozioni e dei sentimenti. Nello stesso tempo le nostre societa' sviluppano sempre di piu' il desiderio del controllo: tenere tutto, o quasi, sotto controllo e' una sorta d'ideale supremo. Avendo consapevolezza di non poter fare assegnamento su grandi ideali o metanarrazioni fonti di valori e norme, devono agire sul piano dello sviluppo dei sistemi di controllo e repressione. Nella citta' dove ora e' in corso il procedimento giudiziario contro le maestre, per esempio, gli insegnanti non possono piu' usare la macchina fotografica nella didattica quotidiana, a meno che non riescono a superare infiniti permessi dopo verifiche ampie da parte dell'autorita' che non hanno intenzioni eventualmente pedofile. La conseguenza e' una netta riduzione della liberta' d'insegnamento e, soprattutto, dell'uso di uno strumento altamente efficace. Appunto, un massimo di sforzo di controllo perche' altro non si sa fare. 8. RIFLESSIONE. CLAUDIO FAVA: UNA POLITICA PER L'EUROPA: LA PACE PREVENTIVA [Dalla rivista telematica "Itaca" diretta da Claudio Fava (http://itaca.netfirms.com) riprendiamo questo articolo. Claudio Fava, figlio di Giuseppe Fava, partecipe dell'esperienza de "I Siciliani", giornalista e militante politico impegnato contro la mafia, e' attualmente parlamentare europeo. Tra le opere di Claudio Fava segnaliamo particolarmente La mafia comanda a Catania, Laterza, Roma-Bari 1991; Terra di nessuno, Laterza, Roma-Bari 1992; Cinque delitti imperfetti, Mondadori, Milano 1994; Sud, Mondadori, Milano 1995; Nel nome del padre, Baldini & Castoldi, Milano 1996; e la sceneggiatura (con Marco Tullio Giordana e Monica Zapelli) del film I cento passi, Feltrinelli, Milano 2001] La tragedia italiana in Irak mette in mora, una volta di piu', l'Europa. Il suo ruolo, la sua autorevolezza, le sue scelte. Una scelta su tutte: da affidare - se ne saremo capaci - alla futura Costituzione ma anzitutto da applicare in ogni atto della nostra politica estera: la pace preventiva. Ovvero una cultura di governo molto piu' impegnativa delle scorciatoie che ci propone l'amministrazione americana con le sue guerre preventive. La pace: prima che gli eventi precipitano. Quando ancora la politica ha una voce e il senno degli uomini un proprio ruolo. Cosi' non e' stato per l'Irak. E ne paghiamo pegno tutti. Non solo i diciannove italiani fatti a pezzi, non solo le centinaia di militari uccisi dopo l'orgogliosa dichiarazione che la guerra era stata vinta (vi ricordate il Presidente Usa il primo maggio?). Non solo i nostri morti. Tutti i morti pagano pegno. Anche quei due bambini irakeni rimasti schiacciati nel loro scuolabus, a Nassirya, dall'onda d'urto dell'attentato ai carabinieri italiani. Uno dei molti "danni collaterali" di cui si smarrisce subito memoria. * Che c'entra l'Europa? Se la politica possiede ancora una sua funzione, l'Europa c'entra fino al collo. Ieri, per aver deciso di assecondare. Oggi, per continuare a negare il proprio ruolo. Che passa - perche' negarlo? - anche attraverso la Costituzione che ci daremo, i valori che ridefiniremo, gli strumenti che ci assegneremo. Di questo confuso e a tratti picaresco dibattito tra i governi diamo conto in un altro articolo di "Itaca". Qui ci interessa ricordare che battersi per una politica di pace preventiva vuol dire, concretamente, almeno tre cose. La prima. Pensare a una politica estera capace anche di cooperazioni rafforzate, esattamente come fu per la creazione dell'Euro, moneta comune per molti, ma non per tutti gli stati europei. Voglio dire che se affidiamo la nostra soggettivita' politica in campo internazionale al gioco dei veti incrociati, in un Europa a venticinque la nostra politica estera potra' occuparsi al massimo di dettare comunicati di cordoglio e telegrammi di auspicio. Dobbiamo prevedere percorsi istituzionali che permettano all'Unione europea di decidere e di contare anche contro il parere di alcuni governi. Una cooperazione rafforzata che abbia come obiettivo il mantenimento della pace, senza accettare veti da nessuno. La seconda priorita'. Dovremmo avere il coraggio civile di inserire nel testo della Costituzione europea, cosi' come chiesto a piu' voci dalla societa' civile, un passaggio equivalente all'art.11 della nostra costituzione, ovvero "L'Europa ripudia le guerra". Non rifiuta: ripudia. Mettendo in campo tutte le proprie risorse politiche e sostanziali per garantire una soluzione pacifica dei conflitti internazionali. Cio' che in Irak ci siamo ben guardati dal fare. Infine. Occorre crederci. Capire cioe' che un nuovo ordine internazionale basato sulla prevalenza della pace non puo' essere tolemaicamente centrato sull'amministrazione americana (qualunque sia lo stato di integrita' mentale o la sensibilita' politica dei suoi presidenti). L'Europa deve assumere su di se' la sfida per bilanciare l'egemonia americana e per trovare un assetto internazionale affidato ad una reale distribuzione delle responsabilita'. Che faccia della pace un bene prezioso, non piu' delegabile. La pace come premessa e non come epilogo. Come valore, non come proposta. Passa attraverso l'Europa, questo spostamento, che non e' solo semantico. 9. INCONTRI. A VENEZIA DAL 6 ALL'8 DICEMBRE IL TERZO SALONE DELL'EDITORIA DI PACE [Da Giovanni Benzoni (per contatti: gbenzoni at tin.it) riceviamo e diffondiamo] Promosso dalla "Fondazione Venezia per la ricerca sulla pace" nei giorni 6-8 dicembre 2003 avra' luogo a Venezia, nella incantevole sede della scuola grande san Giovanni Evangelista, il "Fondaco di Venezia terzo salone dell'editoria di pace" che quest'anno in collaborazione con la fondazione Maitreya si arrichisce del primo salone dell'editoria buddista ed orientale. Quest'anno poi il Comune di Venezia - che con Regione Veneto e Provincia di Venezia e' parte degli enti che hanno costituito la Fondazione- vi collabora attraverso il proprio Centro Pace. E' un salone che cresce di anno in anno per qualita', numero degli espositori-partecipanti, presenza di pubblico e interesse della critica: 120 sono state le realta' presenti nella seconda edizione. Contiamo, malgrado l'innegabile ritardo con cui inviamo questo invito e la concomitanza temporale di altre iniziative tese a promuovere l'editoria di qualita', in una adesione ancora piu' larga degli editori. Siamo persuasi che anche questa iniziativa, che ci risulta unica in Italia, possa concorrere a corrispondere a quell'"anelito profondo degli esseri umani di tutti i tempi" che e' la pace in terra (come afferma la Pacem in terris di cui ricorre il quarantesimo anniversario). Anelito reso evidente, in modo sorprendente, dalle mobilitazioni per la pace e dalla forza dell'opinione pubblica mondiale durante questo 2003 in cui si e' sciaguratamente cercato di rilegittimare la guerra. Siamo persuasi che ogni editore voglia dire la sua in merito, offrendo, durante i tre giorni del salone, quanto tra la sua produzione editoriale ritiene possa essere il suo contributo di informazione ed approfondimento in merito ad una crescita di cultura di pace. Durante le tre giornate del Fondaco di Venezia ( 6/8 dicembre) e nelle due settimane di dicembre prima e dopo il salone (dal primo al quindici dicembre) sia a Venezia che a Mestre sono previsti una serie di eventi (seminari, mostre, dibattiti, concerti) tesi ad allargare le risonanze e gli echi del salone. Per informazioni: Giovanni Benzoni (tel. 3282517362, e-mail: gbenzoni at tin.it), responsabile del Progetto iride 2003 per conto della Fondazione Venezia per la ricerca sulla pace; Federico Allegri (tel. 3355617468, e-mail: federicoallegri at libero.it), responsabile del salone dell'editoria buddista ed orientale per conto della Fondazione Maitreya. 10. LIBRI. E' USCITO IL NUOVO ANNUARIO DELLA PACE [Da Luca Kocci (per contatti: lkocci at tiscali.it) riceviamo e diffondiamo il seguente comunicato] Arrivera' nelle librerie nei prossimi giorni il terzo Annuario della pace, realizzato dalla Fondazione Venezia per la ricerca sulla pace (a cura di Luca Kocci, Asterios editore, pp. 376). Esce - per una coincidenza non voluta - proprio mentre la guerra piomba sull'Italia, pochi giorni dopo l'attentato di Nassiriya, in un momento in cui diventa quindi ancora piu' urgente interrogarsi sulle questioni relative alla guerra e alla pace. Un anno, quello preso in esame dall'Annuario (dal giugno 2002 al maggio 2003), che verra' ricordato per la guerra in Iraq ma anche per la diffusione, su scala globale, del piu' grande movimento per la pace e contro la guerra degli ultimi decenni. Un anno da non dimenticare, quindi, che l'Annuario della pace documenta analiticamente, con le cronologie di 12 mesi di guerra e pace, ed analizza nei suoi molteplici aspetti geopolitici, economici, giuridici, sociali, religiosi e culturali. In appendice una guida essenziale ai siti internet e alle riviste per la pace. Analisi, articoli, cronologie, interviste e schede di Alessandro Marescotti, Salvatore Scaglione, Giulio Marcon, Ettore Masina, Giulietto Chiesa, Diego Marani, Raniero La Valle, Michele Paolini, Lauso Zagato, Domenico Gallo, Carlo Gubitosa, Tonio Dell'Olio, Gianni Novelli, Giovanni Sarubbi, Nanni Salio, Luigi Accattoli, Alessandro Portelli, Massimo Paolicelli, Giorgio Beretta, Loris Capovilla, Giovanni Benzoni, Antonio Cassese, Piergiorgio Pasqualotto, Giuliana Martirani, Massimo Toschi, Francesco Iannuzzelli, Lidia Menapace e altri. Poesie inedite di Michele Ranchetti. Illustrazioni di Guido Fuga. Con la collaborazione della scuola di ricerca e critica delle antropologie "Vasti", del settimanale "Internazionale" e dell'associazione PeaceLink. Fondazione Venezia per la ricerca sulla pace, Annuario della pace (giugno 2002-maggio 2003), a cura di Luca Kocci, Asterios, Trieste 2003, pp. 376, euro 25; (nelle migliori librerie o direttamente ad Asterios editore, via Pigafetta 1, 31148, Trieste; tel. 040811286, fax 040825455, e-mail asterios.editore at asterios.it). L'Annuario della pace verra' presentato al pubblico durante il terzo Salone dell'editoria di pace (Venezia, 6-8 dicembre 2003). Per ulteriori informazioni: Luca Kocci, tel. 3406099673, e-mail: lkocci at tiscali.it (Annuario della pace); Giovanni Benzoni, tel. 0415206960 e 3282517362, e-mail: gbenzoni at tin.it (Salone dell'editoria di pace). 11. APPELLI. SOSTENIAMO LE EDIZIONI QUALEVITA Le Edzioni Qualevita pubblicano l'utilissimo bimestrale di riflessione e informazione nonviolenta "Qualevita", molti libri fondamentali per una cultura della pace, l'agenda-diario "Giorni nonviolenti" che e' un ottimo strumento di lavoro per tutte le persone amiche della nonviolenza. A tutti i nostri interlocutori rivolgiamo l'invito a sottoscrivere un abbonamento a "Qualevita", ad acquistare i libri della casa editrice, a richiedere una o piu' copie di "Giorni nonviolenti", che puo' essere anche un eccellente regalo per amici e colleghi. L'abbonamento annuale al bimestrale "Qualevita" e' di 12,91 euro; il costo dell'agenda-diario "Giorni nonviolenti" e' di 9,50 euro. Per contatti, informazioni, richieste, acquisti: Edizioni Qualevita, via Buonconsiglio 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. 086446448, 3495843946, e-mail: sudest at iol.it 12. RILETTURE. AA. VV. LA VITA COME NOI L'ABBIAMO CONOSCIUTA AA. VV., La vita come noi l'abbiamo conosciuta. Autobiografie di donne proletarie inglesi, Savelli, Milano 1980, pp. 160. Un libro del 1931, con una lettera introduttiva di Virginia Woolf, che merita di essere riletto. 13. RILETTURE. L'AUTOBIOGRAFIA DI MAMMA JONES L'autobiografia di Mamma Jones, Einaudi, Torino 1977, pp. XLVIII + 190. Pubblicata per la prima volta nel 1925, una testimonianza di straordinario valore che ci sembra opportuno riproporre oggi. 14. RILETTURE. MOEMA VIEZZER (A CURA DI): CHIEDO LA PAROLA. TESTIMONIANZA DI DOMITILA Moema Viezzer (a cura di), Chiedo la parola. Testimonianza di Domitila, una donna delle miniere boliviane, Feltrinelli, Milano 1979, pp. 208. Una testimonianza da rileggere. 15. RILETTURE. ELISABETH BURGOS (A CURA DI): MI CHIAMO RIGOBERTA MENCHU' Elisabeth Burgos (a cura di), Mi chiamo Rigoberta' Menchu', Giunti, Firenze 1987, pp. XXIV + 304. Il libro-conversazione che ha fatto conoscere al mondo la figura, le riflessioni e le esperienze di Rigoberta Menchu', luminosa figura della nonviolenza, premio Nobel per la pace. 16. RILETTURE. MARIANELLA SCLAVI: ARTE DI ASCOLTARE E MONDI POSSIBILI Marianella Sclavi, Arte di ascoltare e mondi possibili, Bruno Mondadori, Milano 2003, pp. 352, euro 18. Nuovamente segnaliamo questo bel libro recente di Marianella Scavi, che vivamente raccomandiamo a tutti i nostri interlocutori. 17. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 18. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: luciano.benini at tin.it, angelaebeppe at libero.it, mir at peacelink.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 737 del 22 novembre 2003
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