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Ma perché?
- Subject: Ma perché?
- From: "Santi Greco" <santigreco at katamail.com>
- Date: Sat, 15 Nov 2003 01:13:55 +0100
Santi Greco - Peacelink Ma perché? Il buio è sceso nel nostro cuore quando si è diffusa la notizia della strage di Nassiriya, nel sud dell'Iraq: diciotto militari italiani uccisi e altri feriti. Perché, è quello che ci si chiede subito. Perché tanti uomini sono stati inviati a prendere parte ad una guerra con tanta leggerezza? Solo per rafforzare alleanze o trovarsi dalla parte del vincitore per raccoglierne la gloria? Non è possibile pagare con la vita un tale traguardo. Cosa accade nel cuore dei famigliari all'arrivo di una notizia così tragica? Basta tentare di mettersi nei loro panni, immaginare lo sconvolgimento che subisce la loro vita, per rendersi conto che tutto questo è assurdo. Quante altre tragedie devono accadere prima di fermarci? Quante volte ci siamo posti questa domanda? Eppure perseveriamo ancora per la stessa strada. Certo, viene naturale pensare che questo accade perché a morire sono dei piccoli uomini sconosciuti, non certo i figli di chi ha deciso di fare la guerra. Ma è meglio rimuovere questo pensiero, perché esso aumenterebbe ancor di più la distanza che intercorre tra noi cittadini e chi ci governa. E' inutile che si dica, da parte delle autorità, che la missione in Iraq è solo una missione umanitaria che è stata approvata dal Parlamento. In questo caso il Parlamento non ha espresso la volontà degli italiani, che in milioni hanno gridato il loro no alla guerra. Un no che non è stato ascoltato. Se ciò che il popolo desidera non viene tenuto in conto, il Parlamento non lo rappresenta più. Nessuna missione può dirsi umanitaria se viene sostenuta dalle armi. Esiste una assoluta incompatibilità tra le parole umanità e armi. L'umanità è vita, l'arma è morte. Se c'è l'una non può esserci l'altra. Per cui definire umanitaria una guerra è una grave menzogna. Perché l'Italia si è impelagata in questa guerra? Per mostrare la sua fedeltà all'alleato americano? Perché bisogna essere riconoscenti a chi ci ha salvato quando eravamo in pericolo? Ma questa riconoscenza per quanto tempo deve durare ed è necessario che si spinga fino a farci diventare complici di delitti? Credo che dopo cinquant'anni di riconoscenza, sia tempo di far sentire il proprio pensiero, anche se discorde da quello del benefattore. Persino nella Bibbia si dice che ogni cinquanta anni si debba celebrare un anno in cui ogni errore ed ogni debito venga condonato. Anche il nostro debito è quindi già condonato. Allora? Dobbiamo trovare il coraggio si saper dire di no. Il coraggio di affermare che abbiamo sbagliato a non riflettere meglio su ciò che ci apprestavamo a fare. Anche l'ammettere il proprio errore è un segno di libertà e di serietà. Invece si sente già dire che dovremo aumentare la nostra presenza in terra irachena. Ma non impareremo mai? Ci piace così tanto la guerra da non provare a fare l'impossibile per scongiurarla?
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