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Guatemala : ritorno al passato?
- Subject: Guatemala : ritorno al passato?
- From: "nello margiotta" <nellomargiotta55 at virgilio.it>
- Date: Wed, 12 Nov 2003 12:49:26 +0100
Il 9 novembre prossimo si terranno in Guatemala le elezioni per la nomina del Presidente, del Vice presidente, dei deputati del Congresso e delle autorità municipali. A sette anni dalla firma degli Accordi di Pace che hanno segnato la fine di una guerra civile durata più di trent'anni e costata 200.000 vittime, fra morti accertati e desaparecidos, e più di un milione di profughi, la situazione dei diritti civili nel Paese è tornata ad essere di straordinaria gravità: secondo la Missione di Verifica in Guatemala delle Nazioni Unite, il Guatemala è oggi il Paese più pericoloso dell'America Latina e il 2002 è stato definito l'anno peggiore dalla fine della guerra civile per quanto riguarda i diritti umani. Ancora una volta, l'emergenza diritti umani ha il suo fulcro in una situazione di sostanziale impunità: la "Commissione di Chiarimento Storico", costituitasi sotto l'egida delle Nazioni Unite in base agli Accordi di Pace del 1996, aveva accertato in modo preciso crimini e violazioni, stabilendo, tra l'altro, come in quattro aree del Paese l'esercito si fosse reso responsabile del crimine di genocidio. Nella quasi totalità dei casi i colpevoli delle violazioni accertate sono rimasti impuniti e le raccomandazioni della Commissione sono rimaste lettera morta. L'antropologa Myrna Mack, uccisa nel 1990 per aver denunciato il massacro di centinaia di indigeni Maya, è solo uno dei migliaia di casi che aspettano ancora giustizia. E' in questo clima di impunità, di connivenza dei colpevoli con una parte del sistema giudiziario, di disprezzo dei basilari diritti civili, che negli ultimi anni la situazione è andata nuovamente deteriorandosi, con la recrudescenza di gravi violenze nei confronti della parte più debole della popolazione, indigeni, contadini, donne, e di coloro che cercano di lottare per la legalità e la certezza del diritto, giornalisti, avvocati, attivisti dei diritti umani. Emblematico di questo clima è il caso del vescovo Juan José Geradi, ucciso il 26 aprile del 1998, due giorni dopo aver presentato il rapporto della commissione d'inchiesta della Chiesa guatemalteca sulle atrocità commesse durante la guerra civile: nel corso del processo dieci testimoni sono stati uccisi, molti altri hanno subito gravi intimidazioni, quattro magistrati hanno dovuto abbandonare il Paese in seguito a minacce di morte. Il processo, uno dei pochi per altro a non registrare solo assoluzioni, non ha accertato l'esistenza di mandanti e si è concluso con la condanna di un sacerdote e di tre militari di medio e basso grado, uno dei quali è stato ucciso in carcere. Con l'approssimarsi delle elezioni la violenza sta attraversando una fase di intensa escalation: esecuzioni extragiudiziali, casi di tortura, intimidazioni, minacce e attacchi personali ad attivisti politici, giornalisti, membri di organizzazioni dei diritti umani. La violenza non si ferma neppure di fronte a personaggi e istituzioni di rilevanza internazionale: nell'agosto scorso è stato aggredito il Premio Nobel per la Pace Rigoberta Menchù, è stato picchiato un suo collaboratore, è stata ripetutamente devastata la sede della fondazione a lei intitolata. Le elezioni di novembre rappresentano una grande opportunità per il Guatemala, ma le premesse sono tutt'altro che positive, come dimostra il fatto che fra i 12 candidati che corrono per la carica presidenziale ci sia anche il Generale Rios Montt, autore del golpe del marzo 1982 e rimasto al potere come Presidente sino all'Agosto 1983. La Commissione di Chiarimento Storico ha accertato che durante i suoi 17 mesi di governo furono distrutti 400 villaggi Maya e uccise 17.000 persone, in quello che è stato il periodo di maggiore violenza in trent'anni di guerra civile. La candidatura di Rios Montt, che deve ancora essere giudicato per il crimine di genocidio, è stata ritenuta ammissibile dalla Corte Costituzionale, nonostante che l'art. 186 della Costituzione guatemalteca stabilisca l'ineleggibilità di chi ha compiuto colpi di Stato. Rios Montt è tornato a ricoprire importanti cariche con il ritorno al potere nel 1999 della destra del Fronte Repubblicano Guatemalteco (FRG), partito del Presidente uscente Alfonso Portillo: il generale è l'attuale Presidente del Congresso e uomo-ombra del Presidente Portillo. In questa situazione di eccezionale gravità la mobilitazione internazionale è fondamentale. La Presidente di Amnesty International Irene Khan ha inviato nel settembre scorso a tutti i candidati una "Lettera Aperta" nella quale li invita a fare proprie le dettagliate raccomandazioni di AI perché il Guatemala torni alla legalità e al rispetto dei diritti umani, economici e sociali. Contemporaneamente è stata varata un' Azione Regionale volta a richiamare con urgenza l'attenzione delle istituzioni e dei cittadini di tutti i Paesi democratici sulla gravità della situazione guatemalteca. Soltanto la vigilanza di tutti i Paesi democratici e delle organizzazioni internazionali, soltanto la pressione della società civile di tutto il mondo può porre un freno alle violenze in corso e garantire che gli elettori guatemaltechi possano esprimere liberamente il proprio voto. Anche l'Italia, fra i principali Pesi "donatori" del Guatemala dopo gli Accordi di Pace del 1996, deve vigilare in modo attivo e deve tornare a mettere il Guatemala nell'elenco delle sue priorità internazionali. Maria Cristina Fenoglio Gaddò m.fenogliogaddo at amnesty.it
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