Attentati e omerta'



Ad alcune persone amiche
ad alcune associazioni impegnate per la pace e i diritti umani
ad alcuni mezzi d'informazione

Sperando di far cosa gradita, vi inviamo come anticipazione l'editoriale del
prossimo numero del notiziario "La nonviolenza e' in cammino".

Il Centro di ricerca per la pace di Viterbo
tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Viterbo, 5 novembre 2003

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PEPPE SINI: DI ATTENTATI E DI OMERTA'. ED ALTRE COSE DI CUI NON SI AMA
PARLARE

Sappiamo che scrivendo queste parole qualche lettore storcera' il naso: ma
cosi' come siamo stati nitidi nel denunciare le violenze compiute da alcuni
sciagurati alle forze dell'ordine appartenenti, ed alle loro vittime abbiamo
espresso solidarieta' - non solo a chiacchiere, ma talvolta riuscendo a
intervenire di persona per impedire che si dessero o si protraessero
umiliazioni e violenze (chi conosce la nostra attivita' da trent'anni a
questa parte sa di cosa parliamo) -, ugualmente vogliamo essere nitidi nel
denunciare le violenze compiute non solo dai criminali come tali
riconosciuti, ma anche da quei criminali che ai loro delitti aggiungono
l'aggettivo "politico", come se il dichiararsi "politici" (e tutti gli
esseri umani lo sono, come spiegava Aristotele) esimesse dal dovere di
rispettare la vita, l'integrita' e la dignita' degli altri esseri umani.
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Alle persone delle forze dell'ordine vittime in questi giorni di gravi
attentati va tutta la nostra solidarieta'.
Noi sappiamo che i nostri concittadini in divisa tutti rischiano tutti i
giorni la propria vita per difendere la nostra. E chi dimentica questo fatto
elementare ha smarrito il ben dell'intelletto.
Poi, certo, possiamo e dobbiamo discutere di stato e potere, di istituzioni
e societa', di controllo sociale e di repressione, e di tante altre cose: ma
nessuno dimentichi che c'e' gente che ogni giorno rischia la vita per
permettere proprio a te di vivere sicuro, ed a queste persone in primo luogo
dobbiamo gratitudine, e solidarieta'. "Senza se e senza ma", come si usa
dire oggi.
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Queste cose vanno dette perche' purtroppo anche nel cosiddetto movimento per
la pace ci sono persone (e spesso sono persone ricche e privilegiate, di
buoni studi e facile eloquio) che ad esempio dimenticano che un tentativo di
linciaggio e' un tentativo di linciaggio anche quando a realizzarlo sono
alcuni dei manifestanti di Genova; che ad esempio dimenticano che
un'aggressione squadrista e' un'aggressione squadrista anche quando a
commetterla sono alcuni dei manifestanti di Roma; che ad esempio dimenticano
che colpire la testa delle persone significa rischiare di uccidere quelle
persone, anche quando a scagliare "i nostri sassolini" - come ebbe a dire
ineffabile una angelicata fanciulla intervistata qualche anno fa in
televisione - sono i ragazzi del movimento che afferma che "un altro mondo
e' possibile" (e lugubre viene un dubbio su quale sia l'"altro mondo" di cui
si parla).
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Vi e' in questi giorni una discussione che personalmente trovo per certi
versi banale e per altri peggio che ipocrita, sulla contiguita' tra aree
estremiste del "movimento dei movimenti" e persone legate a quella pratica
estrema della violenza che e' il terrorismo.
Che le contiguita' (ideologiche e di prossimita' personale) vi siano e' un
fatto dimostrato, sul quale solo degli ingenui irresponsabili o dei furbi
mascalzoni possono cercare di cavillare.
E che sia necessario ed urgente che il movimento che si vuole impegnare per
la pace e la giustizia faccia la scelta della nonviolenza, e quindi si
opponga esplicitamente e nitidamente all'uso della violenza come strumento
di lotta politica, e' cosa che chiunque non abbia perduto il lume della
ragione dovrebbe aver capito da un pezzo; e per quanto personalmente mi
riguarda e' la premessa muovendo dalla quale ho piu' volte trovato
spregevoli - chiedo venia per il termine, ma e' proprio cosi' che sento -
certe dichiarazioni e certi atteggiamenti ambigui di persone anche egregie
che fanno da complici agli stolti e ai mascalzoni che la violenza predicano
e praticano senza rendersi conto che i mezzi pregiudicano i fini, e che la
vita umana e' cosi' fragile e cosi' preziosa.
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Trovo scandaloso ad esempio che molti illustri amici pacifisti che pure
amano dirsi amici della nonviolenza continuino ad essere subalterni, a far
da spalla e fin a reggere il sacco a personaggi ignobili, autentici
irresponsabili provocatori, come taluni militaristici leader di gruppuscoli
non solo irrazionalisti ed estremisti ma piu' volte esibitisi in grottesche
parate paramilitari e in effettuali aggressioni squadriste, personaggi che
gia' hanno provocato catastrofi inenarrabili col loro dire e col loro agire,
personaggi di pressoche' nulla rappresentativi se non della tracotanza e
della barbarie, ma naturalmente molto visibili perche' i mass-media
dominanti della societa' dello spettacolo proprio costoro cercano per farne
degli aberranti eroi e dei grotteschi facitori d'opinione alla stregua di
calciapalloni, spogliarellisti e manutengoli d'ogni sorta.
Trovo scandaloso che tante persone del movimento per la pace letteralmente
pendano dalle labbra e reggano la coda a siffatti individui, invece di
prendere nettamente le distanze dalle loro proclamazioni, dai loro
atteggiamenti, dalle loro intraprese. Una volta di piu' voglio scriverlo
chiaro: non sono nostri compagni di lotta, sono nostri avversari, e col loro
agire sono i complici piu' utili del regime della corruzione, dell'ideologia
della guerra, della prassi del dominio.
Sono parole gravi, ma occorre dirle, ed occorre dirle oggi prima che sia
troppo tardi.
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In questa discussione le biografie contano: personalmente sono trent'anni
che dedico la mia vita alla lotta contro lo sfruttamento, l'ingiustizia, la
violenza; sono stato un militante (e un dirigente, ed un funzionario e
segretario di federazione di partito) della nuova sinistra negli anni '70, e
le cose che penso e dico e faccio oggi sono - forse con maggior chiarezza e
precisione anche linguistica, e liberate di tante scorie e fantasmi - le
stesse essenziali di allora (chi cerca di far credere che allora a sinistra
si fosse tutti degli imbecilli e degli assassini o e' uno sciocco o e' un
malandrino; la grandissima parte di noi eravamo ben altro); non ho fatto
carriere, per le scelte di verita' e giustizia compiute ho pagato, come
molti, prezzi che per tanti pontificatori odierni sarebbero inimmaginabili.
Mi era chiaro gia' allora che quando si fanno pessime chiacchiere sulla
"violenza giusta" poi c'e' sempre quello piu' rozzo degli altri che passa
dalle parole ai fatti: ogni Ivan Karamazov trova prima o poi il suo
Smerdjakov.
E mi e' chiaro ancora oggi.
Ed e' per questo che credo necessario ed urgente che quelli che se non altro
per ragioni anagrafiche non hanno dimenticato cosa accadde trenta,
venticinque anni fa, si impegnino nel promuovere maggior consapevolezza e
maggior rigore nel movimento per la pace e contro le ingiustizie globali; si
impegnino a promuovere la scelta della nonviolenza come passaggio teorico e
pratico semplicemente indispensabile.
Si sono gia' dette da parte di troppi fin troppe idiozie, si e' gia' stati
da parte di troppi fin troppo corrivi a posizioni e atteggiamenti che
sappiamo gia' dove portano: sono inferni che abbiamo gia' conosciuto e
quindi sappiamo riconoscere anche i piani inclinati che ad essi precipitano.
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Gli amici che in relativa buona fede si sbracciano a negare l'esistenza di
zone d'ombra nei movimenti contro la guerra e lo sfruttamento, farebbero
meglio ad essere meno ingenui o meno ipocriti, e ad impegnarsi di piu'
affinche' quei movimenti maturassero la scelta - che, lo ripeto ancora una
volta, a me sembra indispensabile per uscire dall'ambiguita' e dalla
subalternita' - della nonviolenza.
Finche' continueranno a chiudere un occhio, o tutti e due, non rendono un
buon servizio alla lotta dell'umanita' per uscire da questa tregenda di
guerre e torture ed infamie.
E fa parte di questo dovere di rigore intellettuale e morale che chiamiamo
nonviolenza anche, ad esempio, l'impegno ad opporsi all'antisemitismo che
cerca di infiltrarsi nell'impegno doveroso e necessario di solidarieta' con
il popolo palestinese, solidarieta' che per essere autentica e concreta ed
efficace deve essere anche solidarieta' con il popolo di Israele, ed
opposizione a tutti i terrorismi.
Fa parte di questo dovere di rigore intellettuale e morale che chiamiamo
nonviolenza anche, ad esempio, l'impegno ad opporsi al maschilismo
autoritario e militarista che ancora e' egemone nelle ideologie e negli
atteggiamenti delle autoproclamate e non di rado ipocrite e irresponsabili
leadership dei movimenti che in Europa affermano si battersi contro le
ingiustizie globali.
Fa parte di questo dovere di rigore intellettuale e morale che chiamiamo
nonviolenza anche, ad esempio, l'impegno ad opporsi al totalitarismo e
all'integralismo che ancora sono presenti, e virulenti, nelle scelte
ideologiche e pratiche di tanti settori del movimento per la pace e la
giustizia.
Fa parte di questo dovere di rigore intellettuale e morale che chiamiamo
nonviolenza anche, ad esempio, l'impegno ad opporsi alla menzogna e
all'omerta' che ancora sono atteggiamenti condivisi da tanti, da troppi di
quelli che dicono di impegnarsi per la giustizia e per la liberta'.
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Non riusciremo ad aiutare gli oppressi del sud del mondo se la nostra
condotta di pace, di solidarieta' e di condivisione non diventera' limpida e
rigorosa.
Non riusciremo a sconfiggere guerre e terrorismi se la nostra condotta non
sara' pienamente costruttrice di pace.
Non riusciremo a fronteggiare e sconfiggere i poteri violenti che dominano
sul mondo se non faremo la scelta della nonviolenza, che e' la lotta la piu'
nitida e la piu' intransigente per affermare integralmente la dignita' umana
di tutti gli esseri umani.
Non riusciremo a costruire una societa' socialista e libertaria, di persone
libere ed eguali, fraterne e sororali, diverse e solidali, se non faremo qui
e adesso la scelta della nonviolenza.

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