La nonviolenza e' in cammino. 708



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 708 del 19 ottobre 2003

Sommario di questo numero:
1. Lidia Menapace: una drammatica urgenza
2. Una cosa da fare
3. Silvia Marcuz: difendiamo la vita di chi lotta per la vita in Brasile
4. Sveva Haertter: obiezione di coscienza in Israele
5. Agnese Ginocchio: sulla proposta di Lidia Menapace, in forma di ballata
6. Enrico Peyretti: pace, religione, storia
7. Giuseppina Ciuffreda: la Red House e William Morris
8. Benedetto Vecchi presenta "Alla scoperta del sistema mondo" di Immanuel
Wallerstein
9. Letture: AA. VV., Bobbio ad uso di amici e nemici
10. Letture: Harold Bloom, Shakespeare. L'invenzione dell'uomo
11. Letture: Paola Leonardi, Il coraggio di essere noi stesse. L'autostima
al femminile e non solo
12. Letture: Robin Morgan, Sessualita', violenza e terrorismo
13. La "Carta" del Movimento Nonviolento
14. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. LIDIA MENAPACE: UNA DRAMMATICA URGENZA
[Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: llidiamenapace at virgilio.it) per
questo intervento. Lidia Menapace e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla
Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica
amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra
le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti
della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La maggior parte degli
scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e
riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. (a
cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani,
Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia
politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in
collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra
indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo
accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna,
Milano 2001. L'intervento di Ileana Montini cui si fa riferimento e' apparso
sul n. 705 di questo foglio; quello della Libreria delle donne di Milano sul
n. 701. Siamo infinitamente grati a Lidia, a Ileana, alle donne della
Libreria delle donne di Milano per il prezioso generoso contributo che le
loro riflessioni ed esperienze apportano all'impegno, e all'esserci, e al
chiarificarsi in colloquio corale, di tutte le persone amiche della
nonviolenza]
Ileana e' come sempre intelligente e problematica - giustamente - e colgo
l'occasione, nel dire alcune parole sulle sue riflessioni, per ringraziare
la Libreria delle Donne di Milano che pur non condividendo la proposta per
la nota posizione sul diritto e la legge, si esprime con simpatia e
riconoscimento, e condivisione di un disegno di Europa pacifica e
accogliente.
Le problematiche cui accenna Ileana non hanno posto alcuno nel testo di
Costituzione europea che e' antico nel piglio patriarcale e moderno nelle
tecnologie militari, un mix funesto.
Sento una tale drammatica urgenza dinanzi a cio', che quasi chiederei una
breve sospensiva, una epoche', nelle nostre (di femministe) ormai note
posizioni differenziate, perche' non vorrei svegliarmi in una Europa nella
quale le sofisticate riflessioni di femministe colte e privilegiate
troveranno sempre nicchie persino dorate, mentre la sorte delle donne di
ogni giorno in carne ed ossa sara' separata da noi attraverso la legge sulla
riproduzione assistita, le condizioni di lavoro insopportabili, la mancanza
di servizi, le pensioni che sfuggono, la precarieta' che incombe, e messe
loro davanti in piena luce, come modelli inarrivabili, alcune agguerrite
concorrenti ai ruoli maschili ecc.
Non mi stupisco e nemmeno rimprovero quelle che ricondotte alla schiavitu'
domestica e alla fatica di una vita esclusa e isolata da qualsiasi
socializzazione si rifugiano nel ruolo tradizionale, fino a quando non le
colpisce la depressione.

2. EDITORIALE. UNA COSA DA FARE
"L'ipocrisia e' un omaggio che il vizio rende alla virtu'". Cosi' la massima
218 di La Rochefoucauld. Ma anche noi che pure amiamo i modi cerimoniosi -
che son sempre meglio della brutalita' - ci indignamo di lancinante dolore e
soffocante vergogna quando l'ipocrisia e' palese complicita' con l'omicidio.
Cosi' e' nel caso dell'esibito dispiacere dei pubblici poteri italiani per
le ennesime morti di innocenti nel mare in vista delle nostre coste.
Innocenti che in fuga da miseria e violenze inenarrabili speravano trovare
qui umana accoglienza, ed hanno trovato solo lo strazio estremo.
C'e' un solo modo perche' questa strage cessi: ed e' accogliere tutte le
persone che ne hanno diritto cosi' come la nostra Costituzione, scritta col
sangue e con le unghie dei morti della Resistenza, stabilisce.
E c'e' un solo modo per concretamente inverare cio' che la legge
fondamentale del nostro ordinamento giuridico ci fa obbligo di fare:
organizzare un servizio di trasporto pubblico e gratuito per chi in fuga
dalla fame e dalle guerre, dalle ingiustizie e violenze piu' atroci, nel
nostro paese vuol giungere a trovare scampo.
E' una proposta umile e austera che da anni propugnamo, e il primo che volle
esprimerci il suo sostegno ad essa fu un amico che ora non piu' vive ma che
dimenticato non abbiamo, e che si chiamava Dino Frisullo.
Come gli eroi del Risorgimento italiano sottoposti alla caccia al'uomo delle
autocrazie imperversanti furono accolti e salvati da paesi e popoli
generosi, come furono accolti e salvati da generosi popoli e paesi gli
antifascisti italiani perseguitati dalla dittatura e minacciati dal
genocidio, cosi' oggi e' a noi il dovere di accogliere e salvare chi fugge
da poteri disumani e da una terribile miseria le cui scaturigini sono in
determinante misura in un ordine mondiale inquo di cui noi siamo tra i
beneficiari a danno dei quattro quinti dll'umanita'.
Accogliere tutti. Offrire a tutti un servizio di trasporto pubblico e
gratuito. Riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto umano di fuggire
dalla fame, dalle torture e dalla morte, di salvare la propria vita.
Riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di muoversi liberamente
sull'unica terra che e' di tutti per trovare un luogo in cui vivere in pace
e dignita'.
E tutto il resto e' vilta', menzogna e assassinio.

3. APPELLI. SILVIA MARCUZ: DIFENDIAMO LA VITA DI CHI LOTTA PER LA VITA IN
BRASILE
[Ringraziamo Silvia Marcuz (per contatti: smarcuz at libero.it) per averci
tramesso questo appello (anche varie altre persone amiche ce lo hanno
inviato e tutte le ringraziamo). Silvia Marcuz e' impegnata in iniziative di
pace e di solidarieta', ha preso parte alla carovana della pace 2003
promossa dai giovani e dai missionari comboniani]
I missionari comboniani e i giovani di impegno missionario (Gim) chiedono di
aderire e di divulgare attraverso tutti i mezzi possibili la seguente
campagna (per informazioni: padre Dario Bossi, e-mail: gimpadova at libero.it,
tel. 04/8751506).
*
Brasile: minacce di morte per chi promuove la vita
La violenza continua a crescere in tanti paesi del sud del mondo, che stanno
scoppiando sotto la pressione della poverta', della corruzione, della
mancanza di segni concreti di speranza.
In Brasile i nostri fratelli ci chiedono con forza di diffondere queste
notizie e questa campagna in difesa della vita minacciata di Valdenia
Aparecida Paulino (avvocata, impegnata nella difesa dei diritti umani, sta
subendo ingiurie, calunnie e minacce di morte...) e di padre Saverio
Paolillo (missionario comboniano, impegnato nell'accompagnamento degli
adolescenti nelle unita' di detenzione di San Paolo).
Vi chiediamo di leggere con attenzione la seguente pagina web per conoscere
le loro storie ed i motivi della terribile situazione in cui si stanno
trovando: www.giovaniemissione.it/testimoni/darletvaldeniasaverio.htm e di
esprimere la vostra solidarieta' e intervenire attivamente in una campagna
di pressione per Valdenia e una per Saverio, rivolte ciascuna alle
istituzioni competenti perche' cessino le minacce, sia appurata la verita' e
la giustizia e siano poste le basi per fermare la violenza.
Sono disponibili dei modelli di lettera gia' predisposti e gli indirizzi
e-mail cui inviarle.

4. UMANITA'. SVEVA HAERTTER: OBIEZIONE DI COSCIENZA IN ISRAELE
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 17 ottobre 2003. Sveva Haertter,
fortemente impegnata per la pace, la giustizia e il dialogo, fa parte della
rete "Ebrei contro l'occupazione"]
Subito dopo il rifiuto delle esecuzioni mirate da parte di 29 piloti
dell'Iaf (l'aviazione mmilitare israeliana), alcuni intellettuali (tra cui
Peretz Kidron ed Yitzchak Laor) sono ricorsi all'Alta corte chiedendo
indagini sull'ordine di sganciare una bomba da una tonnellata su Gaza City
per uccidere Salah Shehade (Hamas) causando la morte di 14 civili. Ma nel
complesso l'aria per i piloti e' pesante anche per la coincidenza della loro
iniziativa con la riapertura del dibattito sulla guerra del Kippur.
Pesantissimo il pronunciamento dei piloti dell'El Al contro di loro; e nei
confronti del generale refusenik Yitzchak Spector, eroe dell'aviazione
israeliana, e' in corso una vera e propria campagna.
Alla dichiarazione di sostegno ai piloti fatta da molti professori
universitari e' seguita una inquietante iniziativa di studenti che invitano
a disertare le lezioni tenute dai firmatari.
Sono ben due gli appelli a sostegno dei piloti sottoscritti da scrittori: il
primo, firmato tra gli altri da Grossman (autore di un articolo che invita
ad ascoltare le istanze dei piloti), e dal drammaturgo Sobol (che in
un'intervista parla apertamente di "fascistizzazione della societa'
israeliana") che affronta la questione del diritto morale di scegliere se
eseguire un ordine che ha conseguenze sulla popolazione civile, il secondo
che vede tra i firmatari gli scrittori Yehoshua ed Oz, e' incentrato sul
diritto di rifiutare ordini illegali senza fare esplicito riferimento a cio'
che li rende illegali: le conseguenze sulla popolazione civile.
Tema conduttore e' comunque la coscienza, la "linea rossa" da non
oltrepassare e sulla quale si basa la teoria del rifiuto selettivo.
In questo clima presso il tribunale militare di Jaffa dopo il fallito
tentativo dei giudici di rimandare la palla al "conscience committee", sta
per concludersi il processo a Yoni Ben-Artzi. In quanto pacifista, Yoni
afferma che e' il servizio di leva in se' ad essere incompatibile con la sua
coscienza e si batte dal carcere da oltre un anno per il diritto di
rifiutarlo.
L'avvocato Michael Sfarad ha riepilogato la sua linea di difesa a partire
dalla constatazione che la decisione su chi e' considerato pacifista e chi
no viene presa senza criteri chiari e competenza sulla materia, e dal
carattere potenzialmente discriminatorio delle decisioni del comitato:
"Mentre l'obiezione di coscienza viene accordata al 4% dei ragazzi che ne
fanno richiesta, un altro comitato la riconosce alla quasi totalita' delle
ragazze". All'obiezione del giudice che il servizio militare femminile e'
diverso e di durata inferiore, l'avvocato ha risposto di aver a lungo
sperato di sentirselo dire dall'esercito perche' questo gli avrebbe
consentito un ricorso immediato: "Non posso immaginare che un giudice della
corte suprema accetti che la liberta' di coscienza - fondamentale diritto
umano e civile - si possa applicare diversamente sulla base del genere".
"Yoni e' accusato di rifiutare un ordine legale. Ma costringere un pacifista
a violare le proprie convinzioni indossando la divisa di un esercito -
organizzazione la cui sola ragione di esistere e' la violenza - e' un ordine
illegale, e rifiutare un ordine illegale e' ammesso dal codice militare".
L'avvocato ha poi ricordato che la corte ha facolta' di interrompere un
procedimento nel caso si convinca che le accuse nei confronti dell'imputato
vengano mosse in maniera sleale: "La difesa non ha fatto mistero del fatto
che avrebbe preferito condurre questo processo davanti ad un tribunale
civile, dato che la liberta' di coscienza non e' un argomento di competenza
militare. Ma dato che e' in questa corte che si celebra il processo, sarebbe
un atto di giustizia poetica per un tribunale militare - carne della carne
dell'esercito - rimediare al torto commesso nei confronti di Yoni Ben
Artzi".
Solo dopo essersi ritirati per oltre mezz'ora invece dei dieci minuti
previsti, e' arrivato il secco annuncio che il verdetto arrivera' "tra due o
tre settimane". Come mai ci sia voluto tanto per questa decisione non e'
dato sapere. Certo e' che sia la centralita' dell'esercito nella societa'
israeliana, che il carattere indiscutibile degli ordini che impartisce,
stanno subendo duri colpi.

5. RIFLESSIONE. AGNESE GINOCCHIO: SULLA PROPOSTA DI LIDIA MENAPACE, IN FORMA
DI BALLATA
[Ringraziamo Agnese Ginocchio (per contatti: agnese.musica at katamail.com) per
questo intervento. Agnese Ginocchio e' cantautrice e amica della
nonviolenza, impegnata in molte iniziative di pace e di solidarieta']

"Un'Europa neutrale e attiva, disarmata e smilitarizzata, solidale e
nonviolenta"

L'Europa che vorrei, quella del futuro,
assomiglia al volto d'un bambino che guarda curioso intorno a se'
per scorgere le forme, i lineamenti delle cose e delle persone
e impararne il significato.

L'Europa che vorrei ha grandi occhi verdi
verdi come l'immensa distesa dei campi,
quelli su cui mi distendo, supina a terra, dimenticando
in quel momento il pensiero che mi assilla
il male che mi tormenta dentro.

L'Europa che vorrei e' quel cielo che contemplo su di me
in quel momento rimembro gli incontri d'ogni tempo
gli abbracci tralasciati per paura
di rischiare e di cadere a vuoto
e quelli invece conquistati a caro prezzo
per amore della liberta' e della maturita' che mi ha segnata
perche' ho capito che nulla va perduto o dimenticato
di quanto ho conosciuto e amato.

L'Europa che vorrei mi rimembra gli sguardi
della gente che ho incontrato
volti scuri, volti chiari
giovani e anziani, donne e bambini
volti provati negli anni e dalla violenza martoriati
ma li porto dentro tutti come un tesoro, un amore
infinito come il vento, come un secondo cuore
che batte all'unisono, fino a fondersi nel mio

Ah, l'Europa che vorrei sa di speranza
canterei senza sosta notte e giorno
mesi e anni fino a consumarmi
fino a dileguarmi nell'anima del vento
oltre la morte oltre ogni dolore
per farla rifiorire  ovunque.

E' l'arma di una bianca colomba
si chiama: nonviolenza
spiega le ali in alto per abbracciare il mondo
volo di liberta'
la nonviolenza e' liberta'!
E' l'arma della solidarieta', della pace e dell'amore
la nonviolenza e' amore!
E' la mia chitarra che vibra sul mio corpo, la mia vita
le note della liberta'
il mio canto libero, il mio sogno
il mio uomo, il mio mondo, il mio Dio!
La nonviolenza e' il mio canto!

L'Europa che vorrei e' un sogno di speranza
s'avvera se ci credi
s'avvera se ti impegni a realizzarla
Rachel ce l'ha fatta...

L'Europa che vorrei la porto nel mio cuore notte e giorno
nel mio cuore
il cuore dell'uomo
il cuore del mondo
il cuore che grida amore
contro secoli di guerre e di odii infiniti
il cuore che reclama amore
contro l'indifferenza del silenzio innocente
il cuore ferito e umiliato che continua a reclamare
il suo diritto all'amore
l'amore rinnegato, ripudiato
l'amore calpestato, ucciso
l'amore macchiato di sangue innocente
omicidio del corrotto potere
che uccide il sentimento del cuore
attentato alla vita... guerra!
Terribile ingiustizia
contro l'indifferenza del silenzio innocente.

Ma l'Europa che vorrei e' sempre quel volto di bambino
che guarda disarmato
non conosce il significato dell'attentato alla vita
non conosce la guerra.
La bellezza si veste nella sua innocenza
seme privilegiante della piccolezza
l'arcobaleno infinito che unisce cielo e terra
"Chi non diventa come un bambino
non puo' ereditare il regno dei cieli".

L'Europa che vorrei e' quel bambino
sono io, sei tu, siamo noi
possiamo esserlo davvero
non e' un sogno, basta volerlo
provare a guardare e a pensare
in modo disarmato,
e' questo il giusto significato
che rimette ordine e pone ogni cosa al suo posto!

La nonviolenza e' il canto
il mio canto libero
il volto d'un bambino che guarda disarmato...

L'Europa che vorrei
e' il volto d'un bambino che guarda disarmato
L'Europa che vorrei
e' il volto d'un bambino che guarda disarmato
L'Europa che vorrei
ancora e' il volto d'un bambino che guarda disarmato
e abbraccia il mondo intero
con le ali della colomba bianca
la nonviolenza
appellativo femminile, immagine e figura
dell'amore ,della bellezza e della procreazione
creatura per eccellenza...

La nonviolenza
e' il volo e il canto della mia prima innocenza
essenza che mi ha tracciata
liberta' e Meta senza confini
che va oltre il limite del tempo
e dell'esistenza...

6. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: PACE, RELIGIONE, STORIA
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: peyretti at tiscali.it) per questo
intervento.
Enrico Peyretti e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno
dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di
nonviolenza. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere",
Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998;
La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe
Grande, Torino 1999; della sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa
senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, una
edizione a stampa - ma il lavoro e' stato successivamente aggiornato - e' in
Fondazione Venezia per la ricerca sulla pace, Annuario della pace. Italia /
maggio 2000 - giugno 2001, Asterios, Trieste 2001, un'edizione aggiornata e'
apparsa recentemente in questo stesso notiziario (e contiamo di presentarne
prossimamente un'edizione nuovamente aggiornata). Una piu' ampia
bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 477 del 15
gennaio 2003 di questo notiziario.
Raimon (Raimundo) Panikkar e' nato a Barcellona nel 1918 da madre spagnola e
padre indiano; laureato in chimica, filosofia e teologia, ha insegnato in
molte universita' europee, asiatiche ed americane; e' uno dei principali
esperti di studi interculturali. Opere di Raimon Panikkar: tra i suoi
numerosi libri cfr. Il dialogo intrareligioso, Cittadella, Assisi 1988;
Trinita' ed esperienza religiosa dell'uomo, Cittadella, Assisi 1989; La
torre di Babele, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi)
1990; La sfida di scoprirsi monaco, Cittadella, Assisi 1991; Ecosofia: la
nuova saggezza, Cittadella, Assisi 1993; Saggezza stile di vita, Edizioni
cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1993; La pienezza dell'uomo.
Una cristofania, Jaca Book, Milano 1999; Pace e interculturalita', Jaca
Book, Milano 2002; Pace e disarmo culturale, Rizzoli, Milano 2003; La nuova
innocenza, tre volumi, Servitium, Palazzago (Bg). Si vedano anche gli atti
del seminario animato da Panikkar su Pace e disarmo culturale,
L'altrapagina, Citta' di Castello (Pg) 1987 (con interventi tra gli altri di
Ernesto Balducci, Fabrizio Battistelli, Luigi Cortesi, Antonino Drago,
Achille Rossi). Opere su Raimon Panikkar: Achille Rossi, Pluralismo e
armonia: introduzione al pensiero di Raimon Panikkar, L'altrapagina, Citta'
di Castello (Pg) s. d. ma 1990]
Raimon Panikkar, nel libro Pace e disarmo culturale (Rizzoli, Milano 2003,
seconda edizione riveduta, pp. 85-86), scrive: "Prova del cambiamento della
coscienza religiosa del nostro tempo e' il fatto che la pace tende a
ritrovare la sua radice religiosa. E' con essa [la radice religiosa] che non
solo si approfondisce lo studio della pace, ma anche si purifica il concetto
medesimo di "religione"... La citta' terrena non e' considerata una semplice
preparazione per il cielo o un riflesso della citta' di Dio, ma piuttosto
un'arena nella quale si costruisce il destino ultimo dell'uomo. Ed e' cosi',
si neghi o meno l'aldila'... Se uno non crede nell'altra vita, la sua
realizzazione sulla terra si converte in qualcosa di ultimo e definitivo e,
cioe', in questione religiosa; se si crede nell'altra vita, il goderne in
cielo dipendera' da cio' che si e' stati in terra. Se il terrestre e' il
trampolino per il celeste, la terra acquista essa pure caratteri definitivi:
la pax terrena [a questa si richiama, dal titolo stesso, l'enciclica
giovannea Pacem in Terris - ndr] che ha consentito la mia perfezione
acquistera' un'importanza anche religiosa".
Ora, mi pare che tra i cattolici (e tra i protestanti? e nelle religioni non
cristiane?) ci sia ancora - ma in discussione e in diminuzione, speriamo -
l'idea prevalente che la pace si puo' realizzare solo nell'aldila', oltre e
fuori il tempo e il mondo, per sola opera di Dio, e che, in questo mondo
imperfetto, pieno di male, e destinato a passare e a perire, ci si debba
rassegnare alle soluzioni violente dei conflitti, come insuperabili, e che
basti essere pacifici nella relazioni private, tra persone, per meritare il
paradiso. In questo ordine di idee, se si cerca con troppa fiducia la pace
in terra si rischia l'accusa dell'illusione di volere il paradiso in terra.
Chiedo a chi conosce e appartiene al mondo religioso in generale, cattolico
in specie: l'enciclica Pacem in terris ha modificato, sta modificando,
questo modo di pensare che in definitiva condanna e consegna la terra alla
guerra, e spera e si impegna solo per la pace del cielo?

7. RIFLESSIONE. GIUSEPPINA CIUFFREDA: LA RED HOUSE E WILLIAM MORRIS
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 17 ottobre 2003.
Giuseppina Ciuffreda, intellettuale femminista, giornalista di particolare
rigore intellettuale e morale, scrive sul quotidiano "Il manifesto" ed e'
direttrice editoriale di "CNS Ecologia Politica"; e' una delle voci piu'
autorevoli delle esperienze di ricerca e di liberazione nel nostro paese
negli ultimi decenni, una maestra a molte e molti.
William Morris (1834-1896) fu uno straordinario intellettuale, artista e
militante; tra le sue opere di scrittore e pubblicista in edizione italiana
segnaliamo la raccolta di scritti politici Come potremmo vivere, Editori
Riuniti, Roma 1979; e il giustamente celebre romanzo Notizie da nessun
luogo, Garzanti, Milano 1984 (ma anche presso altri editori, naturalmente)]
Dono augurale per il matrimonio di William Morris con Jane Burden, la
bellissima figlia di uno stalliere icona dei pittori preraffaelliti, Red
House e' una costruzione che segna la storia dell'architettura.
Hermann Muthesius, creatore del Werkbund tedesco, la defini' "il primo
esempio di casa moderna", concepita come un tutto e perfettamente inserita
nell'ambiente naturale. Ma il suo design originale manifesta la complessa
anima di Morris, nostalgica del Medioevo e insieme protesa verso un futuro
venato di utopia. Mobili e decorazioni sono opera di Philip Webb,
l'architetto, dello stesso Morris, di sua moglie Jane, finissima
ricamatrice, e dei suoi amici piu' cari: Dante Gabriele Rossetti e sua
moglie Lizzie Siddal, Edward e Giorgiana Burne-Jones, Charles Faulkner e le
sue sorelle Lucy e Kate, Ford Madox Brown.
Dopo la prima vendita, si sono alternati diversi proprietari. Quest'anno
finalmente e' stata acquistata (per piu' di un milione di sterline) dal
National Trust ed e' stata aperta al pubblico.
Red House, cosi' chiamata per il rosso dei mattoni, si trova nel Kent, a
Bexleyheath, un villaggio non molto distante da Londra. Nonostante la
dispersione di mobili e affreschi, tra cui il pannello centrale di Dantis
Amor di Rossetti e l'armadio dipinto da Burne-Jones con motivi chauceriani,
la casa conserva tracce rilevanti della non convenzionale compagnia. Gia'
nell'ingresso troviamo una credenza verde dipinta da Morris con scene
arturiane. Un'altra credenza di quercia laccata color sangue di drago con
cerniere in ferro e' nel soggiorno, e un terzo mobile bianco sostiene una
sorta di soppalco nel salotto, una delle stanze piu' affascinanti. Ai lati
tre dipinti di Burne-Jones. Una splendida, intatta scala di quercia
sovrastata da un soffitto dai motivi verde-blu-oro di influenza bizantina,
e' l'asse centrale della casa. Lo studio e' totalmente moderno: tavolo
funzionale, illuminato da tre delle cinque finestre, vista sul giardino,
caminetto. Osservando il giardino, Morris creera' i primi motivi delle sue
carte da parati, Trellis e Daisy.
*
Secondo Fiona MacCarthy, autrice della piu' completa biografia di Morris
(William Morris: A Life for Our Time, Faber & Faber, London 1996), Red House
fu una costruzione simbolica, il punto di partenza per la sua crociata
contro il suo tempo. E anche una mostra dei prodotti dell'impresa artigiana
(The Firm) fondata con Faulkner e Marshall, con la collaborazione di
Burne-Jones, Madox Brown e Rossetti. Ma Red House non fu soltanto un
progetto architettonico e un luogo ove sperimentare design innovativi. Fu
anche, e soprattutto, un'esperienza di vita per un gruppo di artisti
eccentrici e impegnati.
Morris era legato a Dante Gabriele Rossetti, fondatore (con Millais e Holman
Hunt) della "Fratellanza dei pittori pre-raffaelliti", e a Edward
Burne-Jones da un'amicizia che risale agli anni di Oxford. Conquistati dalle
antiche storie di cavalieri narrate nella Morte d'Arthur di Malory e dalle
poesie di Tennyson, avevano dipinto episodi del ciclo di re Artu' sulle
pareti della Debating Hall e, in una Oxford pervasa dal risveglio cristiano,
avevano sognato di dare vita a novelle comunita' monastiche.
Red House, edificata sulla strada che i pellegrini percorrevano verso
Canterbury, nella visione di Morris doveva diventare una sorta di Camelot
dell'Ottocento, la residenza conviviale di una comunita' di amici creativi
impegnati a rinnovare il mondo con un progetto personale, politico e
artistico. Ned e Giorgiana dovevano abitare in un'ala ampliata della casa, e
anche Rossetti e Lizzie. Gli amici cari arrivano per ora nel fine settimana.
Dipingono, costruiscono mobili, affrescano pareti e soffitti. Morris,
storyteller eccezionale, racconta mentre Georgiana, Jane e sua sorella
Elizabeth ricamano, vestite con seducenti abiti comodi ideati da loro: il
contributo pre-raffaellita al movimento di Reform Dress lanciato in
Inghilterra e negli Stati Uniti dalle prime femministe e dai salutisti,
contro il corsetto e le crinoline. Morris ha anche il pollice verde. Crea
uno splendido giardino seguendo lo schema medievale raffigurato nei
manoscritti miniati. Alberi da frutta, querce e castagni, roseti, gelsomini
e fiori della passione rampicanti, bordure di lavanda e rosmarino, siepi di
fragole creano un ambiente da favola. La sua opera segnera' profondamente i
rinnovatori del giardino inglese, William Robinson e Gertrude Jekyll.
Il sogno dura cinque anni. Morris e' affaticato per i continui viaggi a
Londra, sede della Firm. Georgiana si ammala dopo la perdita di un figlio,
Lizzie Siddal muore per una overdose di laudano e Rossetti, preso
eroticamente da Jane, inizia con lei una storia artistica - la dipingera'
ossessivamente - e personale che tormentera' Morris per anni. Red House
chiude e i Morris, nel 1865, tornano a Londra, in Queen Square, seconda di
una serie di case che scandiranno la loro vita.
*
La strana confraternita ispiro' alcuni dei famosi acquerelli satirici di Max
Beerbhom, ma fu una fonte di ispirazione straordinaria per le tante
comunita' Arts and Crafts create come alternativa alla produzione di massa
da una folta schiera di artisti e intellettuali, da C. R. Ashbee a Edward
Carpenter. Alla fine dell'800 saranno 130, molte delle quali situate in
campagna per il ruolo centrale assegnato all'agricoltura organica, all'aria
pulita e alla vita semplice. Ma devono molto a Morris anche il "Movimento
Estetico" di E. W. Godwin e gli Omega Workshop di Roger Fry e Vanessa Bell,
la sorella pittrice di Virginia Woolf: Vanessa e Duncan Grant, decorarono
per anni Charleston Farm, nel Sussex, ritrovo campestre del gruppo di
Bloomsbury.
*
Ogni casa di Morris ha segnato momenti importanti della sua vita e aspetti
del suo impegno artistico e politico. Kelmscott House ad Hammersmith, a
Londra, vide la nascita della casa editrice che tra il 1891 e il 1898
pubblichera' 53 volumi, rilanciando un'arte della calligrafia ancora viva in
Inghilterra e recuperera' l'antica tecnica dei manoscritti miniati.
La casa fu la sede della "Lega socialista" fondata nel 1890 da un Morris
deluso dalle formazioni della sinistra esistenti, cui aderi' dai primi anni
Ottanta. Le riunione si svolsero per anni nel giardino. Vi partecipavano
regolarmente Eleanor, la figlia di Karl Marx; la scrittrice per l'infanzia
Edith Nesbit e George Bernard Shaw, fondatori della Societa' Fabiana; la
femminista e sindacalista Annie Besant, poi leader della Societa' Teosofica;
l'illustratore di libri per bambini Walter Crane; il poeta Swinburne e il
principe russo anarchico e ambientalista Kropotkin.
Pioniere ecologista, Morris fonda anche un'associazione per la difesa del
territorio contro la speculazione e l'inquinamento, convinto che alla base
di una vita dignitosa ci fossero le comunita' rurali locali, semplici ma
creative, unite l'una all'altra in cerchi sempre piu' ampi. Un ideale che
aveva tentato di vivere personalmente a Red House e che descrivera' nel suo
romanzo utopistico piu' noto, News from Nowhere. La risposta libertaria di
Morris all'utopia statalista e industrialista di Looking Backward,
pubblicata nel 1888 dallo statunitense Edward Bellamy, disegna un Medioevo
trasformato dalle nuove tendenze culturali e politiche che l''800 sta
incubando: socialismo, ambientalismo e femminismo.
*
Morris appartiene a quella generazione di intellettuali vittoriani, di cui
John Ruskin fu il profeta, che reagirono al cattivo gusto dell'epoca, al
degrado del design inglese e alla violenza della rivoluzione industriale
sugli esseri umani e sulla natura, con un difficile e ambizioso progetto:
unire l'istanza etica con la fruizione estetica.
Poeta, artista, traduttore di saghe, imprenditore, artigiano straordinario,
editore, miniaturista, autore di romanzi utopistici, imprenditore e
socialista, William Morris e' una figura chiave nella cultura inglese, e non
solo. Ha ispirato infatti quasi tutti i movimenti di rinnovamento dell'arte
in Europa, dalla Scuola di Glasglow di Charles Rennie Mackintosh, all'Art
Nouveau francese e belga, fino a elementi importanti della Bauhaus di Walter
Gropius.
Ma la sua vocazione artistica non puo' essere scissa dal suo impegno
politico, molto vicino ai movimenti ambientalisti e comunitari
contemporanei. Convinto che la bellezza sia un diritto umano fondamentale al
pari del pane, disgustato dalla perdita di qualita' dei prodotti industriali
e dalla violenza sugli operai, non solo sfruttati ma, soprattutto, privati
della dignita' e della gioia che possono nascere soltanto da un lavoro
creativo, Morris scorge con grande anticipo gli effetti negativi della
rivoluzione industriale sull'ambiente naturale, sul lavoro e sul tessuto
sociale delle comunita'. Vivente Felix Holt, il gentleman protagonista del
romanzo di George Eliot che sceglie di diventare artigiano, celebra l'unione
del lavoro intellettuale con quello manuale e rifiuta la gerarchia tra arti
alte e basse, tra artigianato e belle arti.
S'impegnera' politicamente nelle embrionali organizzazioni della sinistra,
sara' in contatto con Marx e Engels e terra' conferenze per gli operai in
tutta l'Inghilterra su "come viviamo e come potremmo vivere". Sostiene gli
scioperi e viene arrestato, parlera' a Trafalgar Square a diecimila
disoccupati nella domenica di sangue del 1887, il 13 novembre, quando un
giovane manifestante fu ucciso dalla polizia.
Fondera' la Lega socialista e cerchera' di creare oggetti della vita
quotidiana belli e accessibili al popolo. Un fallimento. Per il costo
eccessivo dei magnifici manufatti, che abbelliranno invece le case
dell'aristocrazia e della ricca middle class. Prevarra' il design
industriale di Christopher Dresser quindi la produzione di massa senza
qualita', mentre la Lega socialista libertaria cedera' il posto ai partiti
laburisti e al comunismo della Rivoluzione d'Ottobre.
Ma gli operai, soprattutto i minatori con cui instauro' rapporti speciali,
lo ameranno tanto da conservare gelosamente le copie dei suoi romanzi
utopistici anche quando per fame avevano venduto tutto. E oggi, dopo il
crollo dell'Unione sovietica e la crisi della sinistra, con l'esplosione
drammatica dei disastri ambientali e la diffusione a macchia d'olio nel
mondo dei nuovi movimenti di ecologia sociale centrati sulla comunita', il
suo originale messaggio torna di nuovo attuale.

8. LIBRI. BENEDETTO VECCHI PRESENTA "ALLA SCOPERTA DEL SISTEMA MONDO" DI
IMMANUEL WALLERSTEIN
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 9 ottobre 2003.
Benedetto Vecchi e' redattore culturale del quotidiano "Il manifesto"; ha
recentemente pubblicato per Laterza una Intervista sull'identita' a Zygmunt
Bauman.
Immanuel Wallerstein, economista, docente alla State University di New York,
dirige il Fernand Braudel Center; fondamentale il suo contributo
nell'elaborazione dell'approccio analitico dell'economia-mondo; una scheda
del quotidiano cosi' lo presenta: "Autore prolifico, Immanuel Wallerstein ha
iniziato ad occuparsi di storia africana. Della sua attivita' di studioso
dell'Africa testimoniano i saggi di apertura del volume recensito in questa
pagina, Alla scoperta del sistema mondo (manifestolibri). Sicuramente la sua
opera piu' nota e' Il sistema mondiale dell'economia moderna (tre volumi, Il
Mulino), un testo fondamentale per comprendere il suo pensiero. Nato nel
1930 a New York, occupa la cattedra di sociologia alla State University of
New York ed e' diventato direttore del Fernand Braudel Center nel 1977,
centro di studi che ha raccolto attorno a se' una nutrita schiera di
economisti, sociologhi, antropologi e storici. In quegli anni inizia un
lungo sodalizio intellettuale con Giovanni Arrighi e Terence Hopkins (con
quest'ultimo ha lavorato fino alla sua morte), e' a loro firma il volume
Antisystemic mouvement (manifestolibri). Da segnalare inoltre Razza nazione
classe (scritto con Etienne Balibar, Edizioni Associate), il Capitalismo
storico (Einaudi), La scienza sociale: come sbarazzarsene (Il Saggiatore), e
Dopo il liberalismo (Jaca Book). Da ricordare infine l'opera di raccolta e
pubblicazione dei suoi ultimi libri da parte delle edizioni Asterios (L'era
della transizione, Capitalismo storico e civilta' capitalistica, Geopolitica
e geocultura, ´Liberalismo e democrazia, e Navigando nella transizione)"]
Sistema-mondo, economia mondo, impero. Sono queste le stelle polari nella
produzione teorica di Immanuel Wallerstein da quando, agli inizi degli anni
Settanta, mando' alle stampe Il sistema mondiale dell'economia moderna, una
monumentale opera in tre volumi sulla formazione del capitalismo storico.
Partendo dalle oramai famose affermazioni di Marx sull'intima vocazione
"cosmopolita" del capitale, lo studioso americano - e' nato a New York nel
1930 - giungeva alla conclusione che cio' che vale per il capitalismo -
creare un mondo a propria immagine e somiglianza - puo' pero' essere
applicato retrospettivamente a qualsiasi formazione statale o economica. Sia
l'impero romano che il capitalismo sono infatti sistemi-mondo, ma mentre
Roma estendeva i suoi domini facendo leva sulle sue legioni, la Ibm, o la
Esso o la General Electric o la Bayer hanno fondato la loro egemonia
economica e politica sulla preminenza di una forma specifica di rapporto
sociale basata sul lavoro salariato, anche se questo non esclude la presenza
di altre tipologie di lavoro, come possono essere quello servile, quello
coatto e quello "indipendente".
Cosi', se nell'impero romano e' la casta raccolta attorno all'imperatore a
tirare le redini del sistema-mondo, nel capitalismo storico e' l'attivita'
economica che lo struttura. E' ovvio che una tale tesi risultasse eterodossa
tanto per gli storici e gli economisti marxisti che per quelli liberali. I
primi non negavano certo la dimensione internazionale dell'economia, ma
preferivano parlare di imperialismo e dei conflitti tra gli stati leader per
l'egemonia, mentre per i secondi e' la tendenza a un equilibrio generale
dell'economia che spinge il capitale a ignorare vincoli nazionali o
continentali. Wallersterin considera pero' entrambe le posizioni incapaci di
spiegare il perche' tutte le formazioni sociali, economiche e politiche
storicamente esistite tendono sempre ad attivare funzioni autoregolatrici e
autoconservative - in primo luogo la divisione a cerchi concentrici tra un
centro, una semiperiferia e una periferia - all'interno pero' di uno schema
ciclico di genesi, sviluppo ed eclissi.
Al di la' degli evidenti influssi della sociologia funzionalista e della
teoria dei sistemi, l'aspetto piu' importante della sua riflessione risiede
nell'aver colto la crisi dell'ordine mondiale uscito dalla seconda guerra
mondiale e di aver indicato una possibile metodologia di analisi, da lui
stesso definita "olistica", sugli sviluppi ulteriori del capitalismo
storico.
L'opera di Wallerstein non e' stata risparmiata da aspre critiche, ma
l'accusa piu' sprezzante e' stata sicuramente quella di venire presentata
come un postulato che non ha bisogno di dimostrazione. Accusa ingenerosa per
un intellettuale da sempre militante, anche quando ha scelto di relegare
alle sole aule universitarie il suo impegno politico.
*
Di questo scelta da' conto il denso volume che raccoglie i saggi scritti
nell'arco di quarant'anni e pubblicato dalla Manifestolibri con il titolo
Alla scoperta del sistema mondo (pp. 517, euro 30).
Il libro e' infatti un'avvincente autobiografia intellettuale di uno
studioso-militante che si dichiara sempre pronto a verificare ed
eventualmente modificare le sue tesi se la realta' le smentisce. Un esempio
di questo esercizio della verifica lo si ricava dalla sua previsione del
declino dell'economia statunitense operata alla fine degli anni Settanta. In
quel decennio, per Wallerstein, gli Stati uniti erano entrati decisamente
nella fase discendente della loro egemonia mondiale e lo scettro del potere
mondiale si stava spostando verso il Pacifico e il Vecchio continente. Tutti
i dati lo attestavano, dagli indicatori della produzione industriale ai
flussi del capitale finanziario, alla conquista della leadership in alcuni
settori di punta, come stava avvenendo nel settore automobilistico o
nell'elettronica di consumo, dove le corporation statunitensi erano scalzate
dal podio dalle conglomerate giapponesi.
Dieci anni piu' tardi gli stessi indicatori mostravano tutt'altra situazione
con molte imprese made in Usa saldamente al comando. Wallerstein, a quel
punto, mette da parte gli amati cicli di Kondratieff, attraverso i quali ha
spiegato le crisi ricorrenti del sistema capitalistico, e cerca di
verificare se qualcosa non va nella sua previsione di declino dell'economia
americana. La sua conclusione, testimoniata da uno dei saggi contenuti nel
volume, e' perentoria: ci troviamo di fronte a un fatto inedito nella storia
del mondo moderno perche' e' la prima volta che un'economia mondo come
quella capitalista si sta prontamente trasformando in un impero. La
rinnovata egemonia degli Stati uniti e' transitoria e va cercata nella
centralita' assunta dal complesso militare-industriale nella vita economica
americana. Siamo quindi di fronte al mantenimento dell'egemonia in virtu'
della potenza espressa dai marines e non della forza delle imprese.
Questo work in progress ne e' ampiamente testimonianza nella seconda e terza
parte de Alla conquista del sistema-mondo, e va inteso come la reazione di
un intellettuale radical allo spaesamento politico della nuova sinistra
americana dopo l'esaurirsi della spinta propulsiva del movimento dei diritti
civili. Il suo ritiro nelle aule universitarie e' infatti prospettato come
il necessario dislocamento dell'impegno politico dentro la fabbrica del
consenso. La sua vicenda intellettuale e' quindi da considerare come
emblematica delle vicende della new left statunitense, che ha il battesimo
del fuoco nelle universita', una breve parentesi nelle piazze per poi
tornare di nuovo nelle aule universitarie.
Il volume inizia infatti con un giovane Wallerstein attivista a favore dei
diritti civili, ma diffidente nei confronti del partito comunista americano,
considerato troppo ortodosso e impermeabile alla societa' che pure voleva
trasformare. Sono gli anni del secondo dopoguerra e del maccartismo e
Wallerstein si specializza in storia africana.
*
Sull'Africa gli scritti presenti nel volume hanno sicuramente il merito di
mettere nero su bianco alcune verita' scomode per il pensiero critico. Per
Wallerstein, i semi di un'involuzione autoritaria dei paesi usciti dal
colonialismo sono stati gettati quando il movimento di liberazione nazionale
si trasforma in partito unico e comincia a utilizzare la razza come elemento
di stabilita' e coesione sociale. E' il primo atto di un dramma che ancora
non si e' concluso. Le linee di frattura dell'etnia si incistano cosi' in
realta' sociali e culturali che le avevano elaborate e superate gia' durante
il colonialismo come elemento di resistenza a un potere alieno che le
sfruttava per depotenziare le rivendicazioni nazionali. La sua polemica nei
confronti di chi, poco importa se storico o leader politico, inventa un
"problema etnico" risulta ancora oggi illuminante sul presente di un
continente mandato alla deriva dalle politiche neocolonialiste del nord del
mondo e dalla complicita' delle leadership locali. E sorprendente e'
altresi' la sua difesa appassionata dei Dannati della terra di Franz Fanon,
un libro considerato il primo serio tentativo di una analisi di classe dei
paesi africani che tiene conto delle trasformazioni dell'economia rurale
operate dai conquistatori. Wallerstein si schiera quindi contro i cinesi e i
vietnamiti, considerando la centralita' assegnata ai contadini nella lotta
di liberazione nazionale come una semplificazione di un panorama sociale e
culturale ben piu' ricco di quello prospettato dal comandante Giap.
*
Il saggio migliore della prima parte del volume e' pero' quello in cui, da
militante, affronta anche le questioni interne alla nuova sinistra
americana.
Dopo aver sottolineato il carattere dirompente e innovativo del mouvement
sia dal punto di vista delle forme di azione - il free-speach, i sit-in, le
performance di strada - e teorico - l'affrancamento dall'ortodossia
sovietica, ad esempio - Wallerstein affronta i rischi di una implosione
derivanti da una certa attitudine all'ipercriticismo nei confronti dei
liberal statunitensi. Il movimento, afferma lo studioso, non puo' sfuggire
alla verifica della realta' e deve misurarsi sia con la sua forza che con le
necessarie mediazioni con il pensiero liberal. Un saggio scarno, lucido e
preveggente sulla ricorrente tentazione nei movimenti sociali di essere
autosufficienti e indisposti a qualsiasi alleanza. La sua conclusione e'
amara: "siamo stati troppo impazienti. Dobbiamo fermarci per comprendere
come funziona il mondo".
Sono anni di studio. Approfondisce la conoscenza dei testi di Braudel e di
Bloch, si appassiona al dibattito francese sul rapporto tra breve e lunga
durata storica, legge i testi filosofici del chimico Prigogine, ritorna piu'
volte a Mao, arriva alla resa dei conti, teorica ovviamente, con alcuni
economisti (Joseph Schumpeter), si immerge nello studio dei censimenti
nazionali e dei rapporti economici di vari paesi. Wallerstein disegna cosi'
un grande affresco di cinquecento anni di storia mondiale, dal ruolo delle
citta'-stato europee all'espansione coloniale, soffermandosi sulle novita'
che il sistema-mondo in formazione presenta. Il capitalismo - afferma - si
caratterizza per la produzione di un surplus, parte del quale viene
continuamente reinvestito per allargare sia la base produttiva che per
conquistare nuovi mercati. Questo non significa, pero', che il lavoro
salariato sia l'unica forma di attivita' lavorativa esistente.
Nell'organizzazione del proprio sistema-mondo, il capitale prevede infatti
la compresenza di diversi livelli di sviluppo economico - il centro, la
semiperiferia e la periferia - a causa delle sua tendenza a creare catene di
produzione che ignorano le barriere nazionale e che si avvalgono proprio
delle compresenza di diverse forme di lavoro al fine di accrescere il
surplus.
Alle critiche di molti economisti di ascendenza marxista, che lo accusano di
rendere irrilevante il conflitto tra capitale e lavoro, Wallerstein risponde
con una serie di saggi sui "movimenti antisistema" sintomo e manifestazione
dell'inizio del declino di un sistema-mondo. Quanto al Sessantotto il suo e'
un giudizio netto: si tratta di una rivoluzione mondiale che annuncia la
crisi dell'economia mondo capitalista, la quale e' tutta interna alla logica
dell'accumulazione capitalistica. I movimenti cioe' sono il sintomo e non la
causa della crisi del capitalismo. Il suo posto sara' occupato da un altro
sistema-mondo, ma non sappiamo, avverte lo studioso, se sara' nuovamente
un'economia-mondo come e' stato il capitalismo storico oppure se dara' vita
a un impero.
Alla scoperta del sistema-mondo si chiude proprio con questa ipotesi aperta,
non esente pero' da una forte connotazione "naturalistica" sui
sistemi-mondo, quasi che i loro cicli di genesi, sviluppo e morte siano piu'
comprensibili attraverso la biologia che non attraverso le scienza sociali,
ignorando quasi del tutto il ruolo deteminante dei conflitti sociali, di
classe, interstatuali nel loro mutamento. Cosi' analizza negli ultimi saggi,
quasi con fastidio, la grancassa sulla new economy o sul neoliberismo.
Reagisce con fastidio al cahiers de doleances della sinistra europea sulla
fine del welfare state - una breve parentesi destinata a essere chiusa dalle
leggi dell'economia mondo capitalistica. Guarda con simpatico disincanto il
"movimento dei movimenti". A Porto Alegre nel 2001, quando il suo nome e'
saluto da una standing ovation di dieci minuti, chiude il suo intervento con
l'invito a "comprendere come e' cambiato nuovamente il mondo e a non essere
troppo impazienti". In fondo, per lui il tempo della trasformazione e'
quello della lunga durata.
*
Un'autobiografia intellettuale importante per comprendere la traiettoria di
una parte significativa del pensiero critico oltreoceano. Wallerstein ha
sicuramente il merito di aver anticipato lo studio di quel fenomeno chiamato
globalizzazione, con l'ambizione di chi punta a scoprire le "leggi" del
capitalismo storico.
La sua metodologia "olistica" lo ha inoltre portato a individuare la crisi
dell'"imperialismo realeª", cioe' di quell'organizzazione dell'economia
mondiale che prevede un centro e una sola periferia, individuando invece nei
paesi della semiperiferia il ruolo di stabilizzazione del sistema grazie a
un intervento statale nell'attivita' produttiva che ha evitato una
polarizzazione mondiale tra paesi ricchi e paesi poveri che sarebbe
risultata esplosiva per il capitalismo. Ha infine anticipato, con le sue
"catene di produzione", quel downsizing su scala mondiale che e' diventato
per le imprese uno degli strumenti istituzionali per affrontare la
concorrenza: strumento che strutturalmente prevede la compresenza di diverse
tipologie di lavoro, in un miscellanea indistinta di lavoro salariato,
servile, coatto, indipendente.
Ma via via che il suo modello cercava di spiegare la vita sociale - dalle
migrazioni alla crisi della famiglia patriarcale, dal razzismo al
fondamentalismo religioso, dalla crisi dello stato nazione all'industria
culturale in quanto produttrice di consenso allo status quo - piu' quel
modello risultava buono per tutte le epoche, quasi che il capitalismo
storico altro non fosse che una momentanea deviazione dalla ciclicita' del
susseguirsi di diversi sistema-mondo.
Il capitalismo opera si' una cesura nella storia, ma nel modello di
Wallerstein viene circoscritta alla fase della sua breve adolescenza che
coincide con la rivoluzione industriale e con il diffondersi del lavoro
salariato. Prima c'e' la sua lunghissima infanzia - piu' o meno quattrocento
anni, dal 1350 al 1750 - segnata dalle citta'-stato e dall'attivita'
mercantile. Ben diversa e' la sua maggiore eta', quella attuale: resta solo
la produzione industriale, mentre il lavoro salariato coincide con un certo
tipo di mansione - gli operai industriali - e sulla scena rimane solo una
indistinta e anonima legione di proletari, cioe' di anonimi uomini e donne
con prole. Alla fine del rapporto sociale di produzione capitalistico rimane
ben poco, piccoli atolli nel gran mare della transizione a un altro
sistema-mondo. Una prospettiva che andrebbe rovesciata. Quelli che appaiono
atolli altro non sono che il mondo intero, mentre l'immenso mare di lavoro
servile o coatto sono piccoli rigagnoli inquinati dal capitalismo reale. Nel
sistema mondo capitalista, inoltre, si attenua sempre piu' quel confine tra
economia mondo e forma imperiale del comando.
Va da se' che la base costitutiva dell'economia mondo va ricercata nella
cooperazione produttiva disseminata su tutti gli anelli delle "catene di
produzione" incentrata sul regime del lavoro salariato. mentre l'impero
altro non e' che la forma politica - transnazionale certo, ma sempre con un
centro, una semiperiferia e una periferia - dove gli stati-nazione e gli
organismi internazionali lavorano alacremente alla riscrittura della
costituzione materiale e formale del capitalismo storico. Con un imprevisto,
pero', l'emergere di un movimento globale antisistema che ha saputo
dimostrare di saper studiare e essere paziente.

9. LETTURE. AA. VV.: BOBBIO AD USO DI AMICI E NEMICI
AA. VV., Bobbio ad uso di amici e nemici, Marsilio, Venezia 2003, pp. 222,
euro 9,90. Una bella raccolta di interventi sul grande pensatore.

10. LETTURE. HAROLD BLOOM: SHAKESPEARE. L'INVENZIONE DELL'UOMO
Harold Bloom, Shakespeare. L'invenzione dell'uomo, Rizzoli, Milano 2001,
2003, pp. 580, euro 11. Leggere Bloom e' sempre una gioia, quando parla di
Shakespeare poi - e lo legge e lo interpreta con finezza magistrale - e' una
felicita' al quadrato.

11. LETTURE. PAOLA LEONARDI: IL CORAGGIO DI ESSERE NOI STESSE. L'AUTOSTIMA
AL FEMMINILE E NON SOLO
Paola Leonardi, Il coraggio di essere noi stesse. L'autostima al femminile e
non solo, Baldini & Castoldi, Milano 2003, pp. 172, euro 12,40. Un agile
libro della psicoterapeuta fondatrice del Centro autostima donne.

12. LETTURE. ROBIN MORGAN: SESSUALITA', VIOLENZA E TERRORISMO
Robin Morgan, Sessualita', violenza e terrorismo, La Tartaruga, Milano 1998,
2003, pp. 250, euro 14,40. Un llibro duro, intenso e impegnativo della
prestigiosa poetessa, saggista e militante femminista americana.

13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

14. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it;
angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it

Numero 708 del 19 ottobre 2003