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La nonviolenza e' in cammino. 708
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 708
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 18 Oct 2003 17:44:02 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 708 del 19 ottobre 2003 Sommario di questo numero: 1. Lidia Menapace: una drammatica urgenza 2. Una cosa da fare 3. Silvia Marcuz: difendiamo la vita di chi lotta per la vita in Brasile 4. Sveva Haertter: obiezione di coscienza in Israele 5. Agnese Ginocchio: sulla proposta di Lidia Menapace, in forma di ballata 6. Enrico Peyretti: pace, religione, storia 7. Giuseppina Ciuffreda: la Red House e William Morris 8. Benedetto Vecchi presenta "Alla scoperta del sistema mondo" di Immanuel Wallerstein 9. Letture: AA. VV., Bobbio ad uso di amici e nemici 10. Letture: Harold Bloom, Shakespeare. L'invenzione dell'uomo 11. Letture: Paola Leonardi, Il coraggio di essere noi stesse. L'autostima al femminile e non solo 12. Letture: Robin Morgan, Sessualita', violenza e terrorismo 13. La "Carta" del Movimento Nonviolento 14. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. LIDIA MENAPACE: UNA DRAMMATICA URGENZA [Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: llidiamenapace at virgilio.it) per questo intervento. Lidia Menapace e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La maggior parte degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. (a cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001. L'intervento di Ileana Montini cui si fa riferimento e' apparso sul n. 705 di questo foglio; quello della Libreria delle donne di Milano sul n. 701. Siamo infinitamente grati a Lidia, a Ileana, alle donne della Libreria delle donne di Milano per il prezioso generoso contributo che le loro riflessioni ed esperienze apportano all'impegno, e all'esserci, e al chiarificarsi in colloquio corale, di tutte le persone amiche della nonviolenza] Ileana e' come sempre intelligente e problematica - giustamente - e colgo l'occasione, nel dire alcune parole sulle sue riflessioni, per ringraziare la Libreria delle Donne di Milano che pur non condividendo la proposta per la nota posizione sul diritto e la legge, si esprime con simpatia e riconoscimento, e condivisione di un disegno di Europa pacifica e accogliente. Le problematiche cui accenna Ileana non hanno posto alcuno nel testo di Costituzione europea che e' antico nel piglio patriarcale e moderno nelle tecnologie militari, un mix funesto. Sento una tale drammatica urgenza dinanzi a cio', che quasi chiederei una breve sospensiva, una epoche', nelle nostre (di femministe) ormai note posizioni differenziate, perche' non vorrei svegliarmi in una Europa nella quale le sofisticate riflessioni di femministe colte e privilegiate troveranno sempre nicchie persino dorate, mentre la sorte delle donne di ogni giorno in carne ed ossa sara' separata da noi attraverso la legge sulla riproduzione assistita, le condizioni di lavoro insopportabili, la mancanza di servizi, le pensioni che sfuggono, la precarieta' che incombe, e messe loro davanti in piena luce, come modelli inarrivabili, alcune agguerrite concorrenti ai ruoli maschili ecc. Non mi stupisco e nemmeno rimprovero quelle che ricondotte alla schiavitu' domestica e alla fatica di una vita esclusa e isolata da qualsiasi socializzazione si rifugiano nel ruolo tradizionale, fino a quando non le colpisce la depressione. 2. EDITORIALE. UNA COSA DA FARE "L'ipocrisia e' un omaggio che il vizio rende alla virtu'". Cosi' la massima 218 di La Rochefoucauld. Ma anche noi che pure amiamo i modi cerimoniosi - che son sempre meglio della brutalita' - ci indignamo di lancinante dolore e soffocante vergogna quando l'ipocrisia e' palese complicita' con l'omicidio. Cosi' e' nel caso dell'esibito dispiacere dei pubblici poteri italiani per le ennesime morti di innocenti nel mare in vista delle nostre coste. Innocenti che in fuga da miseria e violenze inenarrabili speravano trovare qui umana accoglienza, ed hanno trovato solo lo strazio estremo. C'e' un solo modo perche' questa strage cessi: ed e' accogliere tutte le persone che ne hanno diritto cosi' come la nostra Costituzione, scritta col sangue e con le unghie dei morti della Resistenza, stabilisce. E c'e' un solo modo per concretamente inverare cio' che la legge fondamentale del nostro ordinamento giuridico ci fa obbligo di fare: organizzare un servizio di trasporto pubblico e gratuito per chi in fuga dalla fame e dalle guerre, dalle ingiustizie e violenze piu' atroci, nel nostro paese vuol giungere a trovare scampo. E' una proposta umile e austera che da anni propugnamo, e il primo che volle esprimerci il suo sostegno ad essa fu un amico che ora non piu' vive ma che dimenticato non abbiamo, e che si chiamava Dino Frisullo. Come gli eroi del Risorgimento italiano sottoposti alla caccia al'uomo delle autocrazie imperversanti furono accolti e salvati da paesi e popoli generosi, come furono accolti e salvati da generosi popoli e paesi gli antifascisti italiani perseguitati dalla dittatura e minacciati dal genocidio, cosi' oggi e' a noi il dovere di accogliere e salvare chi fugge da poteri disumani e da una terribile miseria le cui scaturigini sono in determinante misura in un ordine mondiale inquo di cui noi siamo tra i beneficiari a danno dei quattro quinti dll'umanita'. Accogliere tutti. Offrire a tutti un servizio di trasporto pubblico e gratuito. Riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto umano di fuggire dalla fame, dalle torture e dalla morte, di salvare la propria vita. Riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di muoversi liberamente sull'unica terra che e' di tutti per trovare un luogo in cui vivere in pace e dignita'. E tutto il resto e' vilta', menzogna e assassinio. 3. APPELLI. SILVIA MARCUZ: DIFENDIAMO LA VITA DI CHI LOTTA PER LA VITA IN BRASILE [Ringraziamo Silvia Marcuz (per contatti: smarcuz at libero.it) per averci tramesso questo appello (anche varie altre persone amiche ce lo hanno inviato e tutte le ringraziamo). Silvia Marcuz e' impegnata in iniziative di pace e di solidarieta', ha preso parte alla carovana della pace 2003 promossa dai giovani e dai missionari comboniani] I missionari comboniani e i giovani di impegno missionario (Gim) chiedono di aderire e di divulgare attraverso tutti i mezzi possibili la seguente campagna (per informazioni: padre Dario Bossi, e-mail: gimpadova at libero.it, tel. 04/8751506). * Brasile: minacce di morte per chi promuove la vita La violenza continua a crescere in tanti paesi del sud del mondo, che stanno scoppiando sotto la pressione della poverta', della corruzione, della mancanza di segni concreti di speranza. In Brasile i nostri fratelli ci chiedono con forza di diffondere queste notizie e questa campagna in difesa della vita minacciata di Valdenia Aparecida Paulino (avvocata, impegnata nella difesa dei diritti umani, sta subendo ingiurie, calunnie e minacce di morte...) e di padre Saverio Paolillo (missionario comboniano, impegnato nell'accompagnamento degli adolescenti nelle unita' di detenzione di San Paolo). Vi chiediamo di leggere con attenzione la seguente pagina web per conoscere le loro storie ed i motivi della terribile situazione in cui si stanno trovando: www.giovaniemissione.it/testimoni/darletvaldeniasaverio.htm e di esprimere la vostra solidarieta' e intervenire attivamente in una campagna di pressione per Valdenia e una per Saverio, rivolte ciascuna alle istituzioni competenti perche' cessino le minacce, sia appurata la verita' e la giustizia e siano poste le basi per fermare la violenza. Sono disponibili dei modelli di lettera gia' predisposti e gli indirizzi e-mail cui inviarle. 4. UMANITA'. SVEVA HAERTTER: OBIEZIONE DI COSCIENZA IN ISRAELE [Dal quotidiano "Il manifesto" del 17 ottobre 2003. Sveva Haertter, fortemente impegnata per la pace, la giustizia e il dialogo, fa parte della rete "Ebrei contro l'occupazione"] Subito dopo il rifiuto delle esecuzioni mirate da parte di 29 piloti dell'Iaf (l'aviazione mmilitare israeliana), alcuni intellettuali (tra cui Peretz Kidron ed Yitzchak Laor) sono ricorsi all'Alta corte chiedendo indagini sull'ordine di sganciare una bomba da una tonnellata su Gaza City per uccidere Salah Shehade (Hamas) causando la morte di 14 civili. Ma nel complesso l'aria per i piloti e' pesante anche per la coincidenza della loro iniziativa con la riapertura del dibattito sulla guerra del Kippur. Pesantissimo il pronunciamento dei piloti dell'El Al contro di loro; e nei confronti del generale refusenik Yitzchak Spector, eroe dell'aviazione israeliana, e' in corso una vera e propria campagna. Alla dichiarazione di sostegno ai piloti fatta da molti professori universitari e' seguita una inquietante iniziativa di studenti che invitano a disertare le lezioni tenute dai firmatari. Sono ben due gli appelli a sostegno dei piloti sottoscritti da scrittori: il primo, firmato tra gli altri da Grossman (autore di un articolo che invita ad ascoltare le istanze dei piloti), e dal drammaturgo Sobol (che in un'intervista parla apertamente di "fascistizzazione della societa' israeliana") che affronta la questione del diritto morale di scegliere se eseguire un ordine che ha conseguenze sulla popolazione civile, il secondo che vede tra i firmatari gli scrittori Yehoshua ed Oz, e' incentrato sul diritto di rifiutare ordini illegali senza fare esplicito riferimento a cio' che li rende illegali: le conseguenze sulla popolazione civile. Tema conduttore e' comunque la coscienza, la "linea rossa" da non oltrepassare e sulla quale si basa la teoria del rifiuto selettivo. In questo clima presso il tribunale militare di Jaffa dopo il fallito tentativo dei giudici di rimandare la palla al "conscience committee", sta per concludersi il processo a Yoni Ben-Artzi. In quanto pacifista, Yoni afferma che e' il servizio di leva in se' ad essere incompatibile con la sua coscienza e si batte dal carcere da oltre un anno per il diritto di rifiutarlo. L'avvocato Michael Sfarad ha riepilogato la sua linea di difesa a partire dalla constatazione che la decisione su chi e' considerato pacifista e chi no viene presa senza criteri chiari e competenza sulla materia, e dal carattere potenzialmente discriminatorio delle decisioni del comitato: "Mentre l'obiezione di coscienza viene accordata al 4% dei ragazzi che ne fanno richiesta, un altro comitato la riconosce alla quasi totalita' delle ragazze". All'obiezione del giudice che il servizio militare femminile e' diverso e di durata inferiore, l'avvocato ha risposto di aver a lungo sperato di sentirselo dire dall'esercito perche' questo gli avrebbe consentito un ricorso immediato: "Non posso immaginare che un giudice della corte suprema accetti che la liberta' di coscienza - fondamentale diritto umano e civile - si possa applicare diversamente sulla base del genere". "Yoni e' accusato di rifiutare un ordine legale. Ma costringere un pacifista a violare le proprie convinzioni indossando la divisa di un esercito - organizzazione la cui sola ragione di esistere e' la violenza - e' un ordine illegale, e rifiutare un ordine illegale e' ammesso dal codice militare". L'avvocato ha poi ricordato che la corte ha facolta' di interrompere un procedimento nel caso si convinca che le accuse nei confronti dell'imputato vengano mosse in maniera sleale: "La difesa non ha fatto mistero del fatto che avrebbe preferito condurre questo processo davanti ad un tribunale civile, dato che la liberta' di coscienza non e' un argomento di competenza militare. Ma dato che e' in questa corte che si celebra il processo, sarebbe un atto di giustizia poetica per un tribunale militare - carne della carne dell'esercito - rimediare al torto commesso nei confronti di Yoni Ben Artzi". Solo dopo essersi ritirati per oltre mezz'ora invece dei dieci minuti previsti, e' arrivato il secco annuncio che il verdetto arrivera' "tra due o tre settimane". Come mai ci sia voluto tanto per questa decisione non e' dato sapere. Certo e' che sia la centralita' dell'esercito nella societa' israeliana, che il carattere indiscutibile degli ordini che impartisce, stanno subendo duri colpi. 5. RIFLESSIONE. AGNESE GINOCCHIO: SULLA PROPOSTA DI LIDIA MENAPACE, IN FORMA DI BALLATA [Ringraziamo Agnese Ginocchio (per contatti: agnese.musica at katamail.com) per questo intervento. Agnese Ginocchio e' cantautrice e amica della nonviolenza, impegnata in molte iniziative di pace e di solidarieta'] "Un'Europa neutrale e attiva, disarmata e smilitarizzata, solidale e nonviolenta" L'Europa che vorrei, quella del futuro, assomiglia al volto d'un bambino che guarda curioso intorno a se' per scorgere le forme, i lineamenti delle cose e delle persone e impararne il significato. L'Europa che vorrei ha grandi occhi verdi verdi come l'immensa distesa dei campi, quelli su cui mi distendo, supina a terra, dimenticando in quel momento il pensiero che mi assilla il male che mi tormenta dentro. L'Europa che vorrei e' quel cielo che contemplo su di me in quel momento rimembro gli incontri d'ogni tempo gli abbracci tralasciati per paura di rischiare e di cadere a vuoto e quelli invece conquistati a caro prezzo per amore della liberta' e della maturita' che mi ha segnata perche' ho capito che nulla va perduto o dimenticato di quanto ho conosciuto e amato. L'Europa che vorrei mi rimembra gli sguardi della gente che ho incontrato volti scuri, volti chiari giovani e anziani, donne e bambini volti provati negli anni e dalla violenza martoriati ma li porto dentro tutti come un tesoro, un amore infinito come il vento, come un secondo cuore che batte all'unisono, fino a fondersi nel mio Ah, l'Europa che vorrei sa di speranza canterei senza sosta notte e giorno mesi e anni fino a consumarmi fino a dileguarmi nell'anima del vento oltre la morte oltre ogni dolore per farla rifiorire ovunque. E' l'arma di una bianca colomba si chiama: nonviolenza spiega le ali in alto per abbracciare il mondo volo di liberta' la nonviolenza e' liberta'! E' l'arma della solidarieta', della pace e dell'amore la nonviolenza e' amore! E' la mia chitarra che vibra sul mio corpo, la mia vita le note della liberta' il mio canto libero, il mio sogno il mio uomo, il mio mondo, il mio Dio! La nonviolenza e' il mio canto! L'Europa che vorrei e' un sogno di speranza s'avvera se ci credi s'avvera se ti impegni a realizzarla Rachel ce l'ha fatta... L'Europa che vorrei la porto nel mio cuore notte e giorno nel mio cuore il cuore dell'uomo il cuore del mondo il cuore che grida amore contro secoli di guerre e di odii infiniti il cuore che reclama amore contro l'indifferenza del silenzio innocente il cuore ferito e umiliato che continua a reclamare il suo diritto all'amore l'amore rinnegato, ripudiato l'amore calpestato, ucciso l'amore macchiato di sangue innocente omicidio del corrotto potere che uccide il sentimento del cuore attentato alla vita... guerra! Terribile ingiustizia contro l'indifferenza del silenzio innocente. Ma l'Europa che vorrei e' sempre quel volto di bambino che guarda disarmato non conosce il significato dell'attentato alla vita non conosce la guerra. La bellezza si veste nella sua innocenza seme privilegiante della piccolezza l'arcobaleno infinito che unisce cielo e terra "Chi non diventa come un bambino non puo' ereditare il regno dei cieli". L'Europa che vorrei e' quel bambino sono io, sei tu, siamo noi possiamo esserlo davvero non e' un sogno, basta volerlo provare a guardare e a pensare in modo disarmato, e' questo il giusto significato che rimette ordine e pone ogni cosa al suo posto! La nonviolenza e' il canto il mio canto libero il volto d'un bambino che guarda disarmato... L'Europa che vorrei e' il volto d'un bambino che guarda disarmato L'Europa che vorrei e' il volto d'un bambino che guarda disarmato L'Europa che vorrei ancora e' il volto d'un bambino che guarda disarmato e abbraccia il mondo intero con le ali della colomba bianca la nonviolenza appellativo femminile, immagine e figura dell'amore ,della bellezza e della procreazione creatura per eccellenza... La nonviolenza e' il volo e il canto della mia prima innocenza essenza che mi ha tracciata liberta' e Meta senza confini che va oltre il limite del tempo e dell'esistenza... 6. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: PACE, RELIGIONE, STORIA [Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: peyretti at tiscali.it) per questo intervento. Enrico Peyretti e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; della sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, una edizione a stampa - ma il lavoro e' stato successivamente aggiornato - e' in Fondazione Venezia per la ricerca sulla pace, Annuario della pace. Italia / maggio 2000 - giugno 2001, Asterios, Trieste 2001, un'edizione aggiornata e' apparsa recentemente in questo stesso notiziario (e contiamo di presentarne prossimamente un'edizione nuovamente aggiornata). Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 477 del 15 gennaio 2003 di questo notiziario. Raimon (Raimundo) Panikkar e' nato a Barcellona nel 1918 da madre spagnola e padre indiano; laureato in chimica, filosofia e teologia, ha insegnato in molte universita' europee, asiatiche ed americane; e' uno dei principali esperti di studi interculturali. Opere di Raimon Panikkar: tra i suoi numerosi libri cfr. Il dialogo intrareligioso, Cittadella, Assisi 1988; Trinita' ed esperienza religiosa dell'uomo, Cittadella, Assisi 1989; La torre di Babele, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1990; La sfida di scoprirsi monaco, Cittadella, Assisi 1991; Ecosofia: la nuova saggezza, Cittadella, Assisi 1993; Saggezza stile di vita, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1993; La pienezza dell'uomo. Una cristofania, Jaca Book, Milano 1999; Pace e interculturalita', Jaca Book, Milano 2002; Pace e disarmo culturale, Rizzoli, Milano 2003; La nuova innocenza, tre volumi, Servitium, Palazzago (Bg). Si vedano anche gli atti del seminario animato da Panikkar su Pace e disarmo culturale, L'altrapagina, Citta' di Castello (Pg) 1987 (con interventi tra gli altri di Ernesto Balducci, Fabrizio Battistelli, Luigi Cortesi, Antonino Drago, Achille Rossi). Opere su Raimon Panikkar: Achille Rossi, Pluralismo e armonia: introduzione al pensiero di Raimon Panikkar, L'altrapagina, Citta' di Castello (Pg) s. d. ma 1990] Raimon Panikkar, nel libro Pace e disarmo culturale (Rizzoli, Milano 2003, seconda edizione riveduta, pp. 85-86), scrive: "Prova del cambiamento della coscienza religiosa del nostro tempo e' il fatto che la pace tende a ritrovare la sua radice religiosa. E' con essa [la radice religiosa] che non solo si approfondisce lo studio della pace, ma anche si purifica il concetto medesimo di "religione"... La citta' terrena non e' considerata una semplice preparazione per il cielo o un riflesso della citta' di Dio, ma piuttosto un'arena nella quale si costruisce il destino ultimo dell'uomo. Ed e' cosi', si neghi o meno l'aldila'... Se uno non crede nell'altra vita, la sua realizzazione sulla terra si converte in qualcosa di ultimo e definitivo e, cioe', in questione religiosa; se si crede nell'altra vita, il goderne in cielo dipendera' da cio' che si e' stati in terra. Se il terrestre e' il trampolino per il celeste, la terra acquista essa pure caratteri definitivi: la pax terrena [a questa si richiama, dal titolo stesso, l'enciclica giovannea Pacem in Terris - ndr] che ha consentito la mia perfezione acquistera' un'importanza anche religiosa". Ora, mi pare che tra i cattolici (e tra i protestanti? e nelle religioni non cristiane?) ci sia ancora - ma in discussione e in diminuzione, speriamo - l'idea prevalente che la pace si puo' realizzare solo nell'aldila', oltre e fuori il tempo e il mondo, per sola opera di Dio, e che, in questo mondo imperfetto, pieno di male, e destinato a passare e a perire, ci si debba rassegnare alle soluzioni violente dei conflitti, come insuperabili, e che basti essere pacifici nella relazioni private, tra persone, per meritare il paradiso. In questo ordine di idee, se si cerca con troppa fiducia la pace in terra si rischia l'accusa dell'illusione di volere il paradiso in terra. Chiedo a chi conosce e appartiene al mondo religioso in generale, cattolico in specie: l'enciclica Pacem in terris ha modificato, sta modificando, questo modo di pensare che in definitiva condanna e consegna la terra alla guerra, e spera e si impegna solo per la pace del cielo? 7. RIFLESSIONE. GIUSEPPINA CIUFFREDA: LA RED HOUSE E WILLIAM MORRIS [Dal quotidiano "Il manifesto" del 17 ottobre 2003. Giuseppina Ciuffreda, intellettuale femminista, giornalista di particolare rigore intellettuale e morale, scrive sul quotidiano "Il manifesto" ed e' direttrice editoriale di "CNS Ecologia Politica"; e' una delle voci piu' autorevoli delle esperienze di ricerca e di liberazione nel nostro paese negli ultimi decenni, una maestra a molte e molti. William Morris (1834-1896) fu uno straordinario intellettuale, artista e militante; tra le sue opere di scrittore e pubblicista in edizione italiana segnaliamo la raccolta di scritti politici Come potremmo vivere, Editori Riuniti, Roma 1979; e il giustamente celebre romanzo Notizie da nessun luogo, Garzanti, Milano 1984 (ma anche presso altri editori, naturalmente)] Dono augurale per il matrimonio di William Morris con Jane Burden, la bellissima figlia di uno stalliere icona dei pittori preraffaelliti, Red House e' una costruzione che segna la storia dell'architettura. Hermann Muthesius, creatore del Werkbund tedesco, la defini' "il primo esempio di casa moderna", concepita come un tutto e perfettamente inserita nell'ambiente naturale. Ma il suo design originale manifesta la complessa anima di Morris, nostalgica del Medioevo e insieme protesa verso un futuro venato di utopia. Mobili e decorazioni sono opera di Philip Webb, l'architetto, dello stesso Morris, di sua moglie Jane, finissima ricamatrice, e dei suoi amici piu' cari: Dante Gabriele Rossetti e sua moglie Lizzie Siddal, Edward e Giorgiana Burne-Jones, Charles Faulkner e le sue sorelle Lucy e Kate, Ford Madox Brown. Dopo la prima vendita, si sono alternati diversi proprietari. Quest'anno finalmente e' stata acquistata (per piu' di un milione di sterline) dal National Trust ed e' stata aperta al pubblico. Red House, cosi' chiamata per il rosso dei mattoni, si trova nel Kent, a Bexleyheath, un villaggio non molto distante da Londra. Nonostante la dispersione di mobili e affreschi, tra cui il pannello centrale di Dantis Amor di Rossetti e l'armadio dipinto da Burne-Jones con motivi chauceriani, la casa conserva tracce rilevanti della non convenzionale compagnia. Gia' nell'ingresso troviamo una credenza verde dipinta da Morris con scene arturiane. Un'altra credenza di quercia laccata color sangue di drago con cerniere in ferro e' nel soggiorno, e un terzo mobile bianco sostiene una sorta di soppalco nel salotto, una delle stanze piu' affascinanti. Ai lati tre dipinti di Burne-Jones. Una splendida, intatta scala di quercia sovrastata da un soffitto dai motivi verde-blu-oro di influenza bizantina, e' l'asse centrale della casa. Lo studio e' totalmente moderno: tavolo funzionale, illuminato da tre delle cinque finestre, vista sul giardino, caminetto. Osservando il giardino, Morris creera' i primi motivi delle sue carte da parati, Trellis e Daisy. * Secondo Fiona MacCarthy, autrice della piu' completa biografia di Morris (William Morris: A Life for Our Time, Faber & Faber, London 1996), Red House fu una costruzione simbolica, il punto di partenza per la sua crociata contro il suo tempo. E anche una mostra dei prodotti dell'impresa artigiana (The Firm) fondata con Faulkner e Marshall, con la collaborazione di Burne-Jones, Madox Brown e Rossetti. Ma Red House non fu soltanto un progetto architettonico e un luogo ove sperimentare design innovativi. Fu anche, e soprattutto, un'esperienza di vita per un gruppo di artisti eccentrici e impegnati. Morris era legato a Dante Gabriele Rossetti, fondatore (con Millais e Holman Hunt) della "Fratellanza dei pittori pre-raffaelliti", e a Edward Burne-Jones da un'amicizia che risale agli anni di Oxford. Conquistati dalle antiche storie di cavalieri narrate nella Morte d'Arthur di Malory e dalle poesie di Tennyson, avevano dipinto episodi del ciclo di re Artu' sulle pareti della Debating Hall e, in una Oxford pervasa dal risveglio cristiano, avevano sognato di dare vita a novelle comunita' monastiche. Red House, edificata sulla strada che i pellegrini percorrevano verso Canterbury, nella visione di Morris doveva diventare una sorta di Camelot dell'Ottocento, la residenza conviviale di una comunita' di amici creativi impegnati a rinnovare il mondo con un progetto personale, politico e artistico. Ned e Giorgiana dovevano abitare in un'ala ampliata della casa, e anche Rossetti e Lizzie. Gli amici cari arrivano per ora nel fine settimana. Dipingono, costruiscono mobili, affrescano pareti e soffitti. Morris, storyteller eccezionale, racconta mentre Georgiana, Jane e sua sorella Elizabeth ricamano, vestite con seducenti abiti comodi ideati da loro: il contributo pre-raffaellita al movimento di Reform Dress lanciato in Inghilterra e negli Stati Uniti dalle prime femministe e dai salutisti, contro il corsetto e le crinoline. Morris ha anche il pollice verde. Crea uno splendido giardino seguendo lo schema medievale raffigurato nei manoscritti miniati. Alberi da frutta, querce e castagni, roseti, gelsomini e fiori della passione rampicanti, bordure di lavanda e rosmarino, siepi di fragole creano un ambiente da favola. La sua opera segnera' profondamente i rinnovatori del giardino inglese, William Robinson e Gertrude Jekyll. Il sogno dura cinque anni. Morris e' affaticato per i continui viaggi a Londra, sede della Firm. Georgiana si ammala dopo la perdita di un figlio, Lizzie Siddal muore per una overdose di laudano e Rossetti, preso eroticamente da Jane, inizia con lei una storia artistica - la dipingera' ossessivamente - e personale che tormentera' Morris per anni. Red House chiude e i Morris, nel 1865, tornano a Londra, in Queen Square, seconda di una serie di case che scandiranno la loro vita. * La strana confraternita ispiro' alcuni dei famosi acquerelli satirici di Max Beerbhom, ma fu una fonte di ispirazione straordinaria per le tante comunita' Arts and Crafts create come alternativa alla produzione di massa da una folta schiera di artisti e intellettuali, da C. R. Ashbee a Edward Carpenter. Alla fine dell'800 saranno 130, molte delle quali situate in campagna per il ruolo centrale assegnato all'agricoltura organica, all'aria pulita e alla vita semplice. Ma devono molto a Morris anche il "Movimento Estetico" di E. W. Godwin e gli Omega Workshop di Roger Fry e Vanessa Bell, la sorella pittrice di Virginia Woolf: Vanessa e Duncan Grant, decorarono per anni Charleston Farm, nel Sussex, ritrovo campestre del gruppo di Bloomsbury. * Ogni casa di Morris ha segnato momenti importanti della sua vita e aspetti del suo impegno artistico e politico. Kelmscott House ad Hammersmith, a Londra, vide la nascita della casa editrice che tra il 1891 e il 1898 pubblichera' 53 volumi, rilanciando un'arte della calligrafia ancora viva in Inghilterra e recuperera' l'antica tecnica dei manoscritti miniati. La casa fu la sede della "Lega socialista" fondata nel 1890 da un Morris deluso dalle formazioni della sinistra esistenti, cui aderi' dai primi anni Ottanta. Le riunione si svolsero per anni nel giardino. Vi partecipavano regolarmente Eleanor, la figlia di Karl Marx; la scrittrice per l'infanzia Edith Nesbit e George Bernard Shaw, fondatori della Societa' Fabiana; la femminista e sindacalista Annie Besant, poi leader della Societa' Teosofica; l'illustratore di libri per bambini Walter Crane; il poeta Swinburne e il principe russo anarchico e ambientalista Kropotkin. Pioniere ecologista, Morris fonda anche un'associazione per la difesa del territorio contro la speculazione e l'inquinamento, convinto che alla base di una vita dignitosa ci fossero le comunita' rurali locali, semplici ma creative, unite l'una all'altra in cerchi sempre piu' ampi. Un ideale che aveva tentato di vivere personalmente a Red House e che descrivera' nel suo romanzo utopistico piu' noto, News from Nowhere. La risposta libertaria di Morris all'utopia statalista e industrialista di Looking Backward, pubblicata nel 1888 dallo statunitense Edward Bellamy, disegna un Medioevo trasformato dalle nuove tendenze culturali e politiche che l''800 sta incubando: socialismo, ambientalismo e femminismo. * Morris appartiene a quella generazione di intellettuali vittoriani, di cui John Ruskin fu il profeta, che reagirono al cattivo gusto dell'epoca, al degrado del design inglese e alla violenza della rivoluzione industriale sugli esseri umani e sulla natura, con un difficile e ambizioso progetto: unire l'istanza etica con la fruizione estetica. Poeta, artista, traduttore di saghe, imprenditore, artigiano straordinario, editore, miniaturista, autore di romanzi utopistici, imprenditore e socialista, William Morris e' una figura chiave nella cultura inglese, e non solo. Ha ispirato infatti quasi tutti i movimenti di rinnovamento dell'arte in Europa, dalla Scuola di Glasglow di Charles Rennie Mackintosh, all'Art Nouveau francese e belga, fino a elementi importanti della Bauhaus di Walter Gropius. Ma la sua vocazione artistica non puo' essere scissa dal suo impegno politico, molto vicino ai movimenti ambientalisti e comunitari contemporanei. Convinto che la bellezza sia un diritto umano fondamentale al pari del pane, disgustato dalla perdita di qualita' dei prodotti industriali e dalla violenza sugli operai, non solo sfruttati ma, soprattutto, privati della dignita' e della gioia che possono nascere soltanto da un lavoro creativo, Morris scorge con grande anticipo gli effetti negativi della rivoluzione industriale sull'ambiente naturale, sul lavoro e sul tessuto sociale delle comunita'. Vivente Felix Holt, il gentleman protagonista del romanzo di George Eliot che sceglie di diventare artigiano, celebra l'unione del lavoro intellettuale con quello manuale e rifiuta la gerarchia tra arti alte e basse, tra artigianato e belle arti. S'impegnera' politicamente nelle embrionali organizzazioni della sinistra, sara' in contatto con Marx e Engels e terra' conferenze per gli operai in tutta l'Inghilterra su "come viviamo e come potremmo vivere". Sostiene gli scioperi e viene arrestato, parlera' a Trafalgar Square a diecimila disoccupati nella domenica di sangue del 1887, il 13 novembre, quando un giovane manifestante fu ucciso dalla polizia. Fondera' la Lega socialista e cerchera' di creare oggetti della vita quotidiana belli e accessibili al popolo. Un fallimento. Per il costo eccessivo dei magnifici manufatti, che abbelliranno invece le case dell'aristocrazia e della ricca middle class. Prevarra' il design industriale di Christopher Dresser quindi la produzione di massa senza qualita', mentre la Lega socialista libertaria cedera' il posto ai partiti laburisti e al comunismo della Rivoluzione d'Ottobre. Ma gli operai, soprattutto i minatori con cui instauro' rapporti speciali, lo ameranno tanto da conservare gelosamente le copie dei suoi romanzi utopistici anche quando per fame avevano venduto tutto. E oggi, dopo il crollo dell'Unione sovietica e la crisi della sinistra, con l'esplosione drammatica dei disastri ambientali e la diffusione a macchia d'olio nel mondo dei nuovi movimenti di ecologia sociale centrati sulla comunita', il suo originale messaggio torna di nuovo attuale. 8. LIBRI. BENEDETTO VECCHI PRESENTA "ALLA SCOPERTA DEL SISTEMA MONDO" DI IMMANUEL WALLERSTEIN [Dal quotidiano "Il manifesto" del 9 ottobre 2003. Benedetto Vecchi e' redattore culturale del quotidiano "Il manifesto"; ha recentemente pubblicato per Laterza una Intervista sull'identita' a Zygmunt Bauman. Immanuel Wallerstein, economista, docente alla State University di New York, dirige il Fernand Braudel Center; fondamentale il suo contributo nell'elaborazione dell'approccio analitico dell'economia-mondo; una scheda del quotidiano cosi' lo presenta: "Autore prolifico, Immanuel Wallerstein ha iniziato ad occuparsi di storia africana. Della sua attivita' di studioso dell'Africa testimoniano i saggi di apertura del volume recensito in questa pagina, Alla scoperta del sistema mondo (manifestolibri). Sicuramente la sua opera piu' nota e' Il sistema mondiale dell'economia moderna (tre volumi, Il Mulino), un testo fondamentale per comprendere il suo pensiero. Nato nel 1930 a New York, occupa la cattedra di sociologia alla State University of New York ed e' diventato direttore del Fernand Braudel Center nel 1977, centro di studi che ha raccolto attorno a se' una nutrita schiera di economisti, sociologhi, antropologi e storici. In quegli anni inizia un lungo sodalizio intellettuale con Giovanni Arrighi e Terence Hopkins (con quest'ultimo ha lavorato fino alla sua morte), e' a loro firma il volume Antisystemic mouvement (manifestolibri). Da segnalare inoltre Razza nazione classe (scritto con Etienne Balibar, Edizioni Associate), il Capitalismo storico (Einaudi), La scienza sociale: come sbarazzarsene (Il Saggiatore), e Dopo il liberalismo (Jaca Book). Da ricordare infine l'opera di raccolta e pubblicazione dei suoi ultimi libri da parte delle edizioni Asterios (L'era della transizione, Capitalismo storico e civilta' capitalistica, Geopolitica e geocultura, ´Liberalismo e democrazia, e Navigando nella transizione)"] Sistema-mondo, economia mondo, impero. Sono queste le stelle polari nella produzione teorica di Immanuel Wallerstein da quando, agli inizi degli anni Settanta, mando' alle stampe Il sistema mondiale dell'economia moderna, una monumentale opera in tre volumi sulla formazione del capitalismo storico. Partendo dalle oramai famose affermazioni di Marx sull'intima vocazione "cosmopolita" del capitale, lo studioso americano - e' nato a New York nel 1930 - giungeva alla conclusione che cio' che vale per il capitalismo - creare un mondo a propria immagine e somiglianza - puo' pero' essere applicato retrospettivamente a qualsiasi formazione statale o economica. Sia l'impero romano che il capitalismo sono infatti sistemi-mondo, ma mentre Roma estendeva i suoi domini facendo leva sulle sue legioni, la Ibm, o la Esso o la General Electric o la Bayer hanno fondato la loro egemonia economica e politica sulla preminenza di una forma specifica di rapporto sociale basata sul lavoro salariato, anche se questo non esclude la presenza di altre tipologie di lavoro, come possono essere quello servile, quello coatto e quello "indipendente". Cosi', se nell'impero romano e' la casta raccolta attorno all'imperatore a tirare le redini del sistema-mondo, nel capitalismo storico e' l'attivita' economica che lo struttura. E' ovvio che una tale tesi risultasse eterodossa tanto per gli storici e gli economisti marxisti che per quelli liberali. I primi non negavano certo la dimensione internazionale dell'economia, ma preferivano parlare di imperialismo e dei conflitti tra gli stati leader per l'egemonia, mentre per i secondi e' la tendenza a un equilibrio generale dell'economia che spinge il capitale a ignorare vincoli nazionali o continentali. Wallersterin considera pero' entrambe le posizioni incapaci di spiegare il perche' tutte le formazioni sociali, economiche e politiche storicamente esistite tendono sempre ad attivare funzioni autoregolatrici e autoconservative - in primo luogo la divisione a cerchi concentrici tra un centro, una semiperiferia e una periferia - all'interno pero' di uno schema ciclico di genesi, sviluppo ed eclissi. Al di la' degli evidenti influssi della sociologia funzionalista e della teoria dei sistemi, l'aspetto piu' importante della sua riflessione risiede nell'aver colto la crisi dell'ordine mondiale uscito dalla seconda guerra mondiale e di aver indicato una possibile metodologia di analisi, da lui stesso definita "olistica", sugli sviluppi ulteriori del capitalismo storico. L'opera di Wallerstein non e' stata risparmiata da aspre critiche, ma l'accusa piu' sprezzante e' stata sicuramente quella di venire presentata come un postulato che non ha bisogno di dimostrazione. Accusa ingenerosa per un intellettuale da sempre militante, anche quando ha scelto di relegare alle sole aule universitarie il suo impegno politico. * Di questo scelta da' conto il denso volume che raccoglie i saggi scritti nell'arco di quarant'anni e pubblicato dalla Manifestolibri con il titolo Alla scoperta del sistema mondo (pp. 517, euro 30). Il libro e' infatti un'avvincente autobiografia intellettuale di uno studioso-militante che si dichiara sempre pronto a verificare ed eventualmente modificare le sue tesi se la realta' le smentisce. Un esempio di questo esercizio della verifica lo si ricava dalla sua previsione del declino dell'economia statunitense operata alla fine degli anni Settanta. In quel decennio, per Wallerstein, gli Stati uniti erano entrati decisamente nella fase discendente della loro egemonia mondiale e lo scettro del potere mondiale si stava spostando verso il Pacifico e il Vecchio continente. Tutti i dati lo attestavano, dagli indicatori della produzione industriale ai flussi del capitale finanziario, alla conquista della leadership in alcuni settori di punta, come stava avvenendo nel settore automobilistico o nell'elettronica di consumo, dove le corporation statunitensi erano scalzate dal podio dalle conglomerate giapponesi. Dieci anni piu' tardi gli stessi indicatori mostravano tutt'altra situazione con molte imprese made in Usa saldamente al comando. Wallerstein, a quel punto, mette da parte gli amati cicli di Kondratieff, attraverso i quali ha spiegato le crisi ricorrenti del sistema capitalistico, e cerca di verificare se qualcosa non va nella sua previsione di declino dell'economia americana. La sua conclusione, testimoniata da uno dei saggi contenuti nel volume, e' perentoria: ci troviamo di fronte a un fatto inedito nella storia del mondo moderno perche' e' la prima volta che un'economia mondo come quella capitalista si sta prontamente trasformando in un impero. La rinnovata egemonia degli Stati uniti e' transitoria e va cercata nella centralita' assunta dal complesso militare-industriale nella vita economica americana. Siamo quindi di fronte al mantenimento dell'egemonia in virtu' della potenza espressa dai marines e non della forza delle imprese. Questo work in progress ne e' ampiamente testimonianza nella seconda e terza parte de Alla conquista del sistema-mondo, e va inteso come la reazione di un intellettuale radical allo spaesamento politico della nuova sinistra americana dopo l'esaurirsi della spinta propulsiva del movimento dei diritti civili. Il suo ritiro nelle aule universitarie e' infatti prospettato come il necessario dislocamento dell'impegno politico dentro la fabbrica del consenso. La sua vicenda intellettuale e' quindi da considerare come emblematica delle vicende della new left statunitense, che ha il battesimo del fuoco nelle universita', una breve parentesi nelle piazze per poi tornare di nuovo nelle aule universitarie. Il volume inizia infatti con un giovane Wallerstein attivista a favore dei diritti civili, ma diffidente nei confronti del partito comunista americano, considerato troppo ortodosso e impermeabile alla societa' che pure voleva trasformare. Sono gli anni del secondo dopoguerra e del maccartismo e Wallerstein si specializza in storia africana. * Sull'Africa gli scritti presenti nel volume hanno sicuramente il merito di mettere nero su bianco alcune verita' scomode per il pensiero critico. Per Wallerstein, i semi di un'involuzione autoritaria dei paesi usciti dal colonialismo sono stati gettati quando il movimento di liberazione nazionale si trasforma in partito unico e comincia a utilizzare la razza come elemento di stabilita' e coesione sociale. E' il primo atto di un dramma che ancora non si e' concluso. Le linee di frattura dell'etnia si incistano cosi' in realta' sociali e culturali che le avevano elaborate e superate gia' durante il colonialismo come elemento di resistenza a un potere alieno che le sfruttava per depotenziare le rivendicazioni nazionali. La sua polemica nei confronti di chi, poco importa se storico o leader politico, inventa un "problema etnico" risulta ancora oggi illuminante sul presente di un continente mandato alla deriva dalle politiche neocolonialiste del nord del mondo e dalla complicita' delle leadership locali. E sorprendente e' altresi' la sua difesa appassionata dei Dannati della terra di Franz Fanon, un libro considerato il primo serio tentativo di una analisi di classe dei paesi africani che tiene conto delle trasformazioni dell'economia rurale operate dai conquistatori. Wallerstein si schiera quindi contro i cinesi e i vietnamiti, considerando la centralita' assegnata ai contadini nella lotta di liberazione nazionale come una semplificazione di un panorama sociale e culturale ben piu' ricco di quello prospettato dal comandante Giap. * Il saggio migliore della prima parte del volume e' pero' quello in cui, da militante, affronta anche le questioni interne alla nuova sinistra americana. Dopo aver sottolineato il carattere dirompente e innovativo del mouvement sia dal punto di vista delle forme di azione - il free-speach, i sit-in, le performance di strada - e teorico - l'affrancamento dall'ortodossia sovietica, ad esempio - Wallerstein affronta i rischi di una implosione derivanti da una certa attitudine all'ipercriticismo nei confronti dei liberal statunitensi. Il movimento, afferma lo studioso, non puo' sfuggire alla verifica della realta' e deve misurarsi sia con la sua forza che con le necessarie mediazioni con il pensiero liberal. Un saggio scarno, lucido e preveggente sulla ricorrente tentazione nei movimenti sociali di essere autosufficienti e indisposti a qualsiasi alleanza. La sua conclusione e' amara: "siamo stati troppo impazienti. Dobbiamo fermarci per comprendere come funziona il mondo". Sono anni di studio. Approfondisce la conoscenza dei testi di Braudel e di Bloch, si appassiona al dibattito francese sul rapporto tra breve e lunga durata storica, legge i testi filosofici del chimico Prigogine, ritorna piu' volte a Mao, arriva alla resa dei conti, teorica ovviamente, con alcuni economisti (Joseph Schumpeter), si immerge nello studio dei censimenti nazionali e dei rapporti economici di vari paesi. Wallerstein disegna cosi' un grande affresco di cinquecento anni di storia mondiale, dal ruolo delle citta'-stato europee all'espansione coloniale, soffermandosi sulle novita' che il sistema-mondo in formazione presenta. Il capitalismo - afferma - si caratterizza per la produzione di un surplus, parte del quale viene continuamente reinvestito per allargare sia la base produttiva che per conquistare nuovi mercati. Questo non significa, pero', che il lavoro salariato sia l'unica forma di attivita' lavorativa esistente. Nell'organizzazione del proprio sistema-mondo, il capitale prevede infatti la compresenza di diversi livelli di sviluppo economico - il centro, la semiperiferia e la periferia - a causa delle sua tendenza a creare catene di produzione che ignorano le barriere nazionale e che si avvalgono proprio delle compresenza di diverse forme di lavoro al fine di accrescere il surplus. Alle critiche di molti economisti di ascendenza marxista, che lo accusano di rendere irrilevante il conflitto tra capitale e lavoro, Wallerstein risponde con una serie di saggi sui "movimenti antisistema" sintomo e manifestazione dell'inizio del declino di un sistema-mondo. Quanto al Sessantotto il suo e' un giudizio netto: si tratta di una rivoluzione mondiale che annuncia la crisi dell'economia mondo capitalista, la quale e' tutta interna alla logica dell'accumulazione capitalistica. I movimenti cioe' sono il sintomo e non la causa della crisi del capitalismo. Il suo posto sara' occupato da un altro sistema-mondo, ma non sappiamo, avverte lo studioso, se sara' nuovamente un'economia-mondo come e' stato il capitalismo storico oppure se dara' vita a un impero. Alla scoperta del sistema-mondo si chiude proprio con questa ipotesi aperta, non esente pero' da una forte connotazione "naturalistica" sui sistemi-mondo, quasi che i loro cicli di genesi, sviluppo e morte siano piu' comprensibili attraverso la biologia che non attraverso le scienza sociali, ignorando quasi del tutto il ruolo deteminante dei conflitti sociali, di classe, interstatuali nel loro mutamento. Cosi' analizza negli ultimi saggi, quasi con fastidio, la grancassa sulla new economy o sul neoliberismo. Reagisce con fastidio al cahiers de doleances della sinistra europea sulla fine del welfare state - una breve parentesi destinata a essere chiusa dalle leggi dell'economia mondo capitalistica. Guarda con simpatico disincanto il "movimento dei movimenti". A Porto Alegre nel 2001, quando il suo nome e' saluto da una standing ovation di dieci minuti, chiude il suo intervento con l'invito a "comprendere come e' cambiato nuovamente il mondo e a non essere troppo impazienti". In fondo, per lui il tempo della trasformazione e' quello della lunga durata. * Un'autobiografia intellettuale importante per comprendere la traiettoria di una parte significativa del pensiero critico oltreoceano. Wallerstein ha sicuramente il merito di aver anticipato lo studio di quel fenomeno chiamato globalizzazione, con l'ambizione di chi punta a scoprire le "leggi" del capitalismo storico. La sua metodologia "olistica" lo ha inoltre portato a individuare la crisi dell'"imperialismo realeª", cioe' di quell'organizzazione dell'economia mondiale che prevede un centro e una sola periferia, individuando invece nei paesi della semiperiferia il ruolo di stabilizzazione del sistema grazie a un intervento statale nell'attivita' produttiva che ha evitato una polarizzazione mondiale tra paesi ricchi e paesi poveri che sarebbe risultata esplosiva per il capitalismo. Ha infine anticipato, con le sue "catene di produzione", quel downsizing su scala mondiale che e' diventato per le imprese uno degli strumenti istituzionali per affrontare la concorrenza: strumento che strutturalmente prevede la compresenza di diverse tipologie di lavoro, in un miscellanea indistinta di lavoro salariato, servile, coatto, indipendente. Ma via via che il suo modello cercava di spiegare la vita sociale - dalle migrazioni alla crisi della famiglia patriarcale, dal razzismo al fondamentalismo religioso, dalla crisi dello stato nazione all'industria culturale in quanto produttrice di consenso allo status quo - piu' quel modello risultava buono per tutte le epoche, quasi che il capitalismo storico altro non fosse che una momentanea deviazione dalla ciclicita' del susseguirsi di diversi sistema-mondo. Il capitalismo opera si' una cesura nella storia, ma nel modello di Wallerstein viene circoscritta alla fase della sua breve adolescenza che coincide con la rivoluzione industriale e con il diffondersi del lavoro salariato. Prima c'e' la sua lunghissima infanzia - piu' o meno quattrocento anni, dal 1350 al 1750 - segnata dalle citta'-stato e dall'attivita' mercantile. Ben diversa e' la sua maggiore eta', quella attuale: resta solo la produzione industriale, mentre il lavoro salariato coincide con un certo tipo di mansione - gli operai industriali - e sulla scena rimane solo una indistinta e anonima legione di proletari, cioe' di anonimi uomini e donne con prole. Alla fine del rapporto sociale di produzione capitalistico rimane ben poco, piccoli atolli nel gran mare della transizione a un altro sistema-mondo. Una prospettiva che andrebbe rovesciata. Quelli che appaiono atolli altro non sono che il mondo intero, mentre l'immenso mare di lavoro servile o coatto sono piccoli rigagnoli inquinati dal capitalismo reale. Nel sistema mondo capitalista, inoltre, si attenua sempre piu' quel confine tra economia mondo e forma imperiale del comando. Va da se' che la base costitutiva dell'economia mondo va ricercata nella cooperazione produttiva disseminata su tutti gli anelli delle "catene di produzione" incentrata sul regime del lavoro salariato. mentre l'impero altro non e' che la forma politica - transnazionale certo, ma sempre con un centro, una semiperiferia e una periferia - dove gli stati-nazione e gli organismi internazionali lavorano alacremente alla riscrittura della costituzione materiale e formale del capitalismo storico. Con un imprevisto, pero', l'emergere di un movimento globale antisistema che ha saputo dimostrare di saper studiare e essere paziente. 9. LETTURE. AA. VV.: BOBBIO AD USO DI AMICI E NEMICI AA. VV., Bobbio ad uso di amici e nemici, Marsilio, Venezia 2003, pp. 222, euro 9,90. Una bella raccolta di interventi sul grande pensatore. 10. LETTURE. HAROLD BLOOM: SHAKESPEARE. L'INVENZIONE DELL'UOMO Harold Bloom, Shakespeare. L'invenzione dell'uomo, Rizzoli, Milano 2001, 2003, pp. 580, euro 11. Leggere Bloom e' sempre una gioia, quando parla di Shakespeare poi - e lo legge e lo interpreta con finezza magistrale - e' una felicita' al quadrato. 11. LETTURE. PAOLA LEONARDI: IL CORAGGIO DI ESSERE NOI STESSE. L'AUTOSTIMA AL FEMMINILE E NON SOLO Paola Leonardi, Il coraggio di essere noi stesse. L'autostima al femminile e non solo, Baldini & Castoldi, Milano 2003, pp. 172, euro 12,40. Un agile libro della psicoterapeuta fondatrice del Centro autostima donne. 12. LETTURE. ROBIN MORGAN: SESSUALITA', VIOLENZA E TERRORISMO Robin Morgan, Sessualita', violenza e terrorismo, La Tartaruga, Milano 1998, 2003, pp. 250, euro 14,40. Un llibro duro, intenso e impegnativo della prestigiosa poetessa, saggista e militante femminista americana. 13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 14. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 708 del 19 ottobre 2003
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