La nonviolenza e' in cammino. 702



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 702 del 13 ottobre 2003

Sommario di questo numero:
1. Simone Weil: ascoltare
2. Aldo Capitini: il miracolo
3. Da Assisi al mondo
4. Giobbe Santabarbara: sulla proposta di Lidia Menapace
5. Sergio Marelli, Giovanni Scotto, Francesco Tullio: appunti per una
politica estera di sicurezza e di pace per l'Italia
6. "Bastaguerra": appello per un'Europa disarmata e pacifica
7. Per la giustizia nello stato di diritto
8. Hannah Arendt: e il governo...
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'

1. MAESTRE. SIMONE WEIL: ASCOLTARE
[Da Simone Weil, La prima radice, Leonardo, Milano 1996, p. 126. Simone
Weil, nata a Parigi nel 1909, allieva di Alain, fu professoressa, militante
sindacale e politica della sinistra classista e libertaria, operaia di
fabbrica, miliziana nella guerra di Spagna contro i fascisti, lavoratrice
agricola, poi esule in America, infine a Londra impegnata a lavorare per la
Resistenza. Minata da una vita di generosita', abnegazione, sofferenze,
muore in Inghilterra nel 1943. Una descrizione meramente esterna come quella
che precede non rende pero' conto della vita interiore della Weil (ed in
particolare della svolta, o intensificazione, o meglio ancora:
radicalizzazione ulteriore, seguita alle prime esperienze mistiche del
1938). Ha scritto di lei Susan Sontag: "Nessuno che ami la vita vorrebbe
imitare la sua dedizione al martirio, o se l'augurerebbe per i propri figli
o per qualunque altra persona cara. Tuttavia se amiamo la serieta' come
vita, Simone Weil ci commuove, ci da' nutrimento". Opere di Simone Weil:
tutti i volumi di Simone Weil in realta' consistono di raccolte di scritti
pubblicate postume, in vita Simone Weil aveva pubblicato poco e su periodici
(e sotto pseudonimo nella fase finale della sua permanenza in Francia stanti
le persecuzioni antiebraiche). Tra le raccolte piu' importanti in edizione
italiana segnaliamo: L'ombra e la grazia (Comunita', poi Rusconi), La
condizione operaia (Comunita', poi Mondadori), La prima radice (Comunita',
SE, Leonardo), Attesa di Dio (Rusconi), La Grecia e le intuizioni
precristiane (Rusconi), Riflessioni sulle cause della liberta' e
dell'oppressione sociale (Adelphi), Sulla Germania totalitaria (Adelphi),
Lettera a un religioso (Adelphi); Sulla guerra (Pratiche). Sono fondamentali
i quattro volumi dei Quaderni, nell'edizione Adelphi curata da Giancarlo
Gaeta. Opere su Simone Weil: fondamentale e' la grande biografia di Simone
Petrement, La vita di Simone Weil, Adelphi, Milano 1994. Tra gli studi cfr.
AA. VV., Simone Weil, la passione della verita', Morcelliana, Brescia 1985;
Gabriella Fiori, Simone Weil, Garzanti, Milano 1990; Giancarlo Gaeta, Simone
Weil, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1992; Jean-Marie
Muller, Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele,
Torino 1994; Angela Putino, Simone Weil e la Passione di Dio, Edb, Bologna
1997; Maurizio Zani, Invito al pensiero di Simone Weil, Mursia, Milano 1994]
Fra i non pochi detti sublimi che il Libro dei morti egiziano pone sulle
labbra del giusto dopo la morte, il piu' commovente e' forse questo: "Non
sono mai stato sordo a parole giuste e vere".

2. MAESTRI. ALDO CAPITINI: IL MIRACOLO
[Da Aldo Capitini, Religione aperta, ora in Idem, Scritti filosofici e
religiosi, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998, p. 533. Aldo
Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato, docente
universitario, infaticabile promotore di iniziative per la nonviolenza e la
pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande pensatore ed
operatore della nonviolenza in Italia. Opere di Aldo Capitini: la miglior
antologia degli scritti e' (a cura di Giovanni Cacioppo e vari
collaboratori), Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che
contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche' integrale -
ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell'epoca -
bibliografia degli scritti di Capitini); recentemente e' stato ripubblicato
il saggio Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989; una
raccolta di scritti autobiografici, Opposizione e liberazione, Linea
d'ombra, Milano 1991, nuova edizione presso L'ancora del Mediterraneo,
Napoli 2003; e gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996;
segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri,
Edizioni Associate, Roma 1991. Presso la redazione di "Azione nonviolenta"
(e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) sono
disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di Capitini
non piu' reperibili in libreria (tra cui i fondamentali Elementi di
un'esperienza religiosa, 1937, e Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90
e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui
apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un
volume di Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione
ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Opere su Aldo
Capitini: oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il
messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno:
Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Clara Cutini (a cura di),
Uno schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988;
Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di
Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini.
Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Fondazione "Centro studi
Aldo Capitini", Elementi dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova
Italia, Scandicci (Fi) 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per
una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini,
Pisa 1998; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume
monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante,
La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del
Rosone, Foggia 1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta
2001; cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi,
Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; per una
bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito
citato; numerosi utilissimi materiali di e su Aldo Capitini sono nel sito
dell'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini: www.cosinrete.it]
Questo e' il miracolo dell'amore che porta l'infinito con se' e scopre
l'infinito.

3. EDITORIALE. DA ASSISI AL MONDO
La grande partecipazione in colloquio corale, i riconoscimenti da parte
delle maggiori istituzioni, la presenza e il saluto delle piu' autorevoli
figure morali del mondo: la marcia Perugia-Assisi ancora una volta ha
compiuto il miracolo di un messaggio di pace nitido e forte.
Chiedendo un'Europa aperta, solidale e nonviolenta (finalmente questa
decisiva parola: nonviolenta); chiamando ad un agire coerente nei mezzi e
nei fini, a costruire la pace con mezzi di pace; lanciando ancora una
proposta e una speranza al mondo.
La proposta di Francesco figlio di Pietro di Bernardone: dell'eguaglianza e
della solidarieta', della pace come giustizia e come misericordia, come
sobrieta' e come condivisione, come responsabilita', sollecitudine
dell'altro, di ogni altro.
La proposta di Aldo Capitini: del potere di tutti, dell'infinita apertura,
della compresenza.
La nonviolenza in cammino.

4. RIFLESSIONE. GIOBBE SANTABARBARA: SULLA PROPOSTA DI LIDIA MENAPACE
[Giobbe Santabarbara, come e' noto, e' uno dei principali collaboratori del
"Centro di ricerca per la pace" di Viterbo]
La proposta di Lidia Menapace "per un'Europa neutrale e attiva, disarmata e
smilitarizzata, solidale e nonviolenta" mi pare stia catalizzando una
riflessione ampiamente condivisa e fornendo un quadro di riferimento a varie
proposte che da molte parti sono state avanzate e che potrebbero essere
composte in un discorso complesso ed articolato, ma anche coerente e non
subalterno.
Alcuni elementi vanno definendosi con sempre maggior chiarezza, raccogliendo
ed organizzando in discorso e progetto comune non solo proposte ed
esperienze da piu' parti formulate e realizzate (ad esempio le molteplici
esperienze di intervento nonviolento nei conflitti; ad esempio le variegate
esperienze nell'ambito del servizio civile); ma anche esigenze ed intuizioni
da piu' parti sentite come decisive e la cui traduzione nella pratica e'
avvertita come necessaria e urgente.
Elementi chiari, su cui e' possibile costruire un ampio consenso, una
profonda persuasa condivisione delle persone di volonta' buona, delle
esperienze migliori della societa' civile, delle istituzioni democratiche,
della cultura piu' avvertita; e per fare qualche esempio senza alcuna
pretesa di esaustivita':
- cosi' la richiesta dell'inserimento nella cosiddetta Costituzione europea
del principio del ripudio della guerra;
- cosi' la richiesta dell'impegno giuridicamente codificato alla
neutralita', come attiva e cogente opposizione alla guerra (che e' sempre
omicidio di massa, e che nell'eta' atomica aperta dall'orrore di Hiroshima
mette in pericolo l'intera civilta' umana, l'intera umanita');
- cosi' le proposte operative della difesa popolare nonviolenta, dei corpi
civili di pace, di un servizio civile che inveri e universalizzi il
prendersi cura, una prassi di welfare community; che nel loro insieme
costituiscano forme efficaci di gestione della sicurezza, della difesa e
della cooperazione, e strumenti adeguati di intervento per la risoluzione
dei conflitti, la difesa e promozione della democrazia e dei diritti, la
costruzione della pace: insomma un vero e proprio "programma costruttivo"
(per usare la classica terminologia gandhiana) che sostanzi e renda
operativa la costruzione di un'alternativa immediata al modello di sicurezza
e di difesa fondato sulle armi e sugli eserciti (il cui catastrofico
fallimento e' ovunque palese), che renda quindi concretamente esperibile una
politica di disarmo e smilitarizzazione nel momento in cui e dal momento che
si offrono e si costruiscono alternative adeguate, persuasive, efficaci;
- cosi' quindi la scelta del disarmo e della smilitarizzazione come asse
della costruzione di un'Europa dei diritti, della solidarieta', della
cooperazione, della pace con mezzi di pace;
- cosi' quindi e decisivamente la scelta della nonviolenza come principio
giuriscostituente, come inveramento coerente e rigoroso delle aspirazioni e
dei valori profondi e fondanti sanciti nelle carte costituzionali nazionali
e nelle grandi dichiarazioni internazionali, dalla carta delle Nazioni Unite
alla Dichiarazione universale dei diritti umani.
*
L'intervento di Mao Valpiana apparso sul n. 700 di questo foglio ha
indicato - sviluppando idee gia' espresse da Lidia Menapace e da altri
intervenuti - l'opportunita' di passare ad una fase ulteriore
nell'iniziativa, dal dialogo all'incontro ed all'iniziativa pubblica, ed ha
anche indicato due date possibili rispettivamente in novembre e in dicembre
per incontrarsi e per dare attraverso una pubblica iniziativa rilevanza
pubblica alla proposta.
E' bene che a questo passaggio si arrivi, e che ci si arrivi presto:
attendiamo a giorni una conferma per le date precise da Lidia Menapace e
dalle altre portavoci della "Convenzione permanente di donne contro le
guerre" (nel cui ambito la proposta che qui adesso diciamo "per un'Europa
neutrale e attiva, disarmata e smilitarizzata, solidale e nonviolenta" e'
stata primieramente formulata ed elaborata con piu' precisione e centralita'
che altrove - come e' noto, anche molti altri soggetti da anni su questi
temi lavorano, ed e' bello scoprire quanto ampie gia' siano le convergenze e
quanto intensa l'affinita' di variegate esperienze e riflessioni).
Ed e' bene serrare i tempi anche per valorizzare i frutti dell'assemblea
dell'Onu dei popoli e della marcia Perugia-Assisi, che hanno detto una
parola chiara sull'"Europa che vogliamo": un'Europa centrata sul ripudio
della guerra, un'Europa da costruire sulla scelta di essere "aperta,
solidale, nonviolenta". Anche se nel programma della marcia come formulato
dalla benemerita Tavola della pace tali parole d'ordine potevano dare
l'impressione di restare un po' generiche ed astratte, l'assemblea prima e
la marcia poi indicano come esse possano trovare uno sbocco concreto, e lo
sbocco concreto a noi sembra che sia nella proposta di Lidia Menapace, che
quelle formule raccoglie ed invera in proposte operative, estrae
dall'astrazione e dalla marginalita' e rende cuore di un progetto politico -
e legislativo, ed istitutivo-organizzativo, istituzionale ed amministrativo,
oltre che culturale - di immediata praticabilita', di urgente attuazione.
Ed e' bene naturalmente che la riflessione comune continui a svilupparsi, ed
anzi si intensifichi adesso, che altre voci si esprimano, che l'analisi si
approfondisca, che le proposte si incontrino e confrontino, che i nodi, le
implicazioni e le contraddizioni e i limiti e le difficolta' anche vengano
alla luce; ancora una volta invitiamo tutte e tutti ad esprimersi in merito,
su questo foglio come altrove.
*
Come e' stato da piu' interventi rilevato, siamo in un momento topico: e'
adesso che l'Europa deve elaborare una propria proposta di politica
internazionale che si opponga al disegno strategico della "guerra
preventiva" che sta alimentando ogni sorta di terrorismo nel mondo (di
stato, di gruppi, di singoli) e sta devastando oltre che saccheggiando il
pianeta; all'Europa incombe il dovere di una proposta di politica
internazionale che sia di valido sostegno a un'Onu rinnovata e
democratizzata; una proposta di politica internazionale che abbia come
criterio-guida la costruzione della pace con mezzi di pace, la promozione
della democrazia con la democrazia, la difesa dei diritti umani attraverso
il rispetto dei diritti umani: detto in una parola: una politica
internazionale della nonviolenza come principio giuriscostituente e come
prassi di pace e di cooperazione coerente nei mezzi e nei fini. Ve ne e'
urgente, immenso bisogno in un mondo dilaniato da guerre ed immani
ingiustizie globali.
Perche' l'Europa elabori e pratichi questa politica occorre contrastare qui
e adesso taluni pericolosissimi processi degenerativi in corso: occorre
opporsi alle politiche di riarmo e militarizzazione, ed occorre formulare e
sperimentare valide alternative fondate sulla scelta della nonviolenza.
Ed occorre che nella Costituzione europea tutto cio' sia scritto a chiare
lettere, subito.
Ed occorre che le forze politiche ed i candidati che si presenteranno alle
elezioni per il rinnovo del parlamento europeo tra qualche mese prendano
posizione prima del voto in modo inequivoco e impegnativo sulle proposte per
un'Europa di pace sopra accennate ed insomma sulla proposta dei movimenti
delle donne, di solidarieta'e di liberazione, per i diritti sociali,
ecopacifisti e nonviolenti, che compendiamo nell'espressione "per un'Europa
neutrale e attiva, disarmata e smilitarizzata, solidale e nonviolenta" e che
hanno trovato una sintesi nella proposta di Lidia Menapace.
*
Se, come si usa dire, vi e' in Europa un forte movimento per la pace e la
giustizia, che non si limita solo ai cortei e alle assemblee, ma vuole
essere soggetto politico e culturale rappresentativo e portatore di
interessi generali - l'interesse fondamentale dell'umanita' intera: la pace
come condizione necessaria per la civile convivenza -, questo e' il momento
in cui deve farsi sentire e far si' che la sua azione sortisca esiti
legislativi ed istituzionali (non c'e' tempo da perdere con le chiacchiere
ininfluenti ed i vacui esibizionismi ad uso dei media); questo e' il momento
in cui deve fare delle scelte: e la scelta delle scelte e' la scelta della
nonviolenza, che sia azione trasformatrice e criterio di edificazione di
un'Europa di pace, che sia principio giuriscostituente dell'Unione Europea.

5. DOCUMENTI. SERGIO MARELLI, GIOVANNI SCOTTO, FRANCESCO TULLIO: APPUNTI PER
UNA POLITICA ESTERA DI SICUREZZA E DI PACE DELL'ITALIA
[Ringraziamo Francesco Tullio (per contatti:
psicosoluzioni at francescotullio.it) per averci trasmesso il testo seguente,
che costituisce la premessa a un memorandum per la presidenza italiana
dell'Unione Europea predisposto dal "Centro studi difesa civile" e ricavato
da un documento di "Saferworld" e "International alert" sul tema:
"Potenziare l'intervento dell'Unione Europea nella prevenzione dei
conflitti".
Sergio Marelli e' autorevole rappresentante dell'associazione delle ong
italiane.
Giovanni Scotto e' uno dei piu' importanti studiosi italiani nell'ambito
della peace research, studioso e amico della nonviolenza; ricercatore presso
il "Berghof Research Center for Constructive Conflict Management" di
Berlino; collabora con l'"Institute for Peace Work and Nonviolent Settlement
of Conflicts" di Wahlenau ed e' presifdente del "Centro studi difesa civile"
di Roma. Tra le opere di Giovanni Scotto: con Emanuele Arielli, I conflitti,
Bruno Mondadori, Milano 1998 (una seconda edizione notevolmente ampliata e'
in via di pubblicazione in questi giorni); sempre con Emanuele Arielli, La
guerra del Kosovo, Editori Riuniti, Roma 1999.
Francesco Tullio, prestigioso studioso e amico della nonviolenza, e' uno dei
piu' noti peace-researcher a livello internazionale e animatore di molte
iniziative per la pace e la gestione e risoluzione nonviolenta dei
conflitti; nato a Roma il 18 giugno 1952, laurea in medicina e chirurgia,
specializzazione in psichiatria, libero professionista, psicoterapeuta,
esperto di gestione delle risorse umane, di prevenzione e trasformazione dei
conflitti, di problem solving organizzativo; docente di psicoterapia breve
alla Universita' di Perugia, docente di psicologia al master "Esperto in
cultura d'impresa" all'Universita' di Perugia, 2001, ricercatore a contratto
con il Centro militare di studi strategici nell'anno 1998-1999, presidente
onorario del Centro studi difesa civile (sito: www.pacedifesa.org) di cui e'
stato e resta infaticabile animatore, ha coordinato ricerche per diversi
enti, tra cui quella per l'Ufficio Onu del Ministero Affari Esteri su "Ong e
gestione dei conflitti. Il confidence-building a livello di comunita' nelle
crisi internazionali. Analisi, esperienze, prospettive"; promotore del
Centro di ricerca e formazione sui conflitti e la pace presso l'Universita'
di Perugia e dell'Istituto internazionale di ricerca sui conflitti e per la
pace; numerose le sue esperienze come medico, in Germania, in Nicaragua ed
in Italia, sia in reparti di medicina che di chirurgia ed in particolare in
pronto soccorso, come medico di famiglia, inoltre come psichiatra nei
servizi pubblici ed in un servizio di medicina legale, infine come libero
professionista psicosomatista e psicoterapeuta; le sue attivita' di studioso
e formatore si sono incentrate sulla ricerca teorica, la gestione pragmatica
dei conflitti, sulla mediazione e la gestione delle risorse umane per e
nelle emergenze; e' impegnato dal 1970 in attivita' di volontariato per la
prevenzione della violenza e lo sviluppo umano; quale conduttore di
incontri, seminari, laboratori teorico-pratici, si e' occupato di gestione
dei conflitti, d'affiatamento di gruppi di lavoro, di gruppi di terapia e di
crescita umana; in ambito sociale tale interesse si e' tradotto in un
contributo culturale per la prevenzione e la gestione dei conflitti
intergruppali. In particolare ha coordinato ricerche e convegni sui temi
della violenza organizzata e della guerra; e' autore e curatore di diverse
pubblicazioni]
Le proposte di International Alert e Saferworld intendono evidenziare i
passi concreti che l'Unione Europea potrebbe compiere nel 2003 per
promuovere un intervento organico di  prevenzione dei conflitti violenti. Il
"Centro studi difesa civile", nel presentarlo al pubblico italiano, vuole
fornire un supporto a coloro che sono coinvolti nella definizione delle
linee guida  del semestre di presidenza italiana, ma anche ai parlamentari e
alle ong.
In questa prefazione intendiamo volgere l'attenzione ad alcune possibili
scelte del nostro Paese, che sviluppino la cultura e gli strumenti concreti
della trasformazione costruttiva dei conflitti, per una politica estera e di
sicurezza coerente ed efficace.
Avvertiamo che il sistema internazionale si trova sulla soglia di una
trasformazione epocale. In tutto il mondo milioni di cittadini, non solo
quelli scesi in piazza, hanno preso coscienza della gravita' del momento.
Voci autorevoli si sono levate contro la guerra, dal papa ai capi religiosi
di altre confessioni e fedi. Le bandiere della pace che sventolano in tutte
le citta' italiane sono un segno di attenzione diffusa e indicano la
preferenza verso forme di gestione diplomatica e di prevenzione delle crisi
internazionali.
Crediamo che l'impegno della pace non sia solo una dichiarazione di
principio, lontana dal realismo della politica internazionale. Scegliere la
pace significa costruirla negli atti concreti, nelle scelte quotidiane ed in
quelle di politica estera, non solo durante le crisi come quella che viviamo
oggi, ma anche portando il contributo del nostro paese nei processi meno
seguiti dai media, ma decisivi nel lungo periodo per assicurare al pianeta
ed al nostro paese un futuro di stabilita' e di benessere.
E' sulla capacita' di mettere in atto valide misure che garantiscano pace,
giustizia e sicurezza, che si misurera' nel breve e nel lungo periodo il
valore della nostra civilta'. Per realizzare queste misure tutti sono
convocati, sia i governi che le opposizioni. D'altra parte, i politici e i
funzionari addetti a queste tematiche sono anch'essi interessati a cercare e
trovare le risposte piu' idonee ed efficaci ed allo stesso tempo meno
rischiose possibili, per affrontare le tensioni future.
Le seguenti proposte ovviamente non sono esaustive di tutto cio' che di
costruttivo il nostro paese puo' fare a livello internazionale ed interno.
*
Il ruolo del ministero degli esteri
- Il governo italiano potrebbe adottare un "piano di azione" simile a quelli
adottati da altri paesi membri dell'Unione Europea, ad esempio la Svezia,
per elaborare un indirizzo sistematico di prevenzione delle crisi e della
violenza internazionale non solo nell'ambito della cooperazione allo
sviluppo, ma anche delle politiche culturali e del commercio estero.
- Sarebbe funzionale, agli interessi e valori italiani, un salto di qualita'
nell'impegno per la soluzione di crisi e conflitti di lunga durata. In
diverse regioni del mondo ci sono ampi spazi per iniziative di mediazione e
sostegno ai processi di pace. Paesi come la Norvegia e la Svizzera,
nonostante le loro piccole dimensioni, hanno avuto un ruolo importante in
alcuni processi negoziali degli ultimi anni.
- Appare utile sviluppare ulteriormente gli strumenti di segnalazione
precoce di potenziali crisi e di intervento tempestivo, con missioni di
inchiesta, attivazione di organizzazioni internazionali e la nomina di
autorevoli mediatori.
- Oltre a mantenere gli impegni per le risorse per la cooperazione allo
sviluppo, e' importante verificare concretamente le ricadute degli aiuti
italiani sulla stabilita' e la giustizia locale attraverso l'introduzione di
indicatori di valutazione di impatto sui conflitti. Questi strumenti,
orientati alla individuazione di successi ed errori degli interventi della
cooperazione, delle politiche commerciali e in generale delle scelte di
politica internazionale, faciliterebbero efficienti e tempestive correzioni
di rotta.
- Sarebbe pertanto opportuno valutare l'istituzione presso il Ministero
degli esteri di un ufficio che si occupi di sostenere e coordinare tali
politiche ed interventi, in modo da valorizzare le lodevoli iniziative messe
in atto dai diversi uffici.
- Il sudest Europa restera' auspicabilmente una regione al centro
dell'attenzione politica italiana. L'obiettivo dell'Italia dovrebbe essere
di sostenere le forze democratiche presenti in tutti i paesi dell'area,
facilitare il processo di integrazione regionale inaugurato con il Patto di
Stabilita' per l'Europa sud-orientale e in particolare impegnarsi per
sostenere i processi di pace nelle realta' in cui i conflitti sono ancora
irrisolti (Kosovo, Macedonia) e laddove tali processi sono gia' avviati
(Bosnia, Croazia).
*
La partecipazione ai processi multilaterali
- Ci aspettiamo che l'Italia prosegua la sua politica di rafforzamento
dell'integrazione europea. La politica estera comune dell'Unione Europea
deve fondarsi sul valore della pace, intesa come sicurezza attraverso il
dialogo, la cooperazione e gli strumenti di trasformazione costruttiva dei
conflitti. Il valore della pace va riconosciuto nel testo della convenzione
europea attualmente in fase di redazione.
- Le organizzazioni internazionali multilaterali, in particolare l'Onu e
l'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSsce), vanno
potenziate nel loro lavoro di prevenzione dei conflitti violenti e di
mediazione nelle crisi internazionali. L'Italia puo' dare un contributo
assai piu' alto in termini di personale civile e di sostegno politico
all'attivita' di tali organizzazioni nel solco della nostra tradizione.
- Va sostenuto nella maniera piu' ampia possibile il processo di
costituzione del Tribunale penale internazionale, anche facendo in modo che
i paesi alleati scoprano il valore di questa istituzione.
*
Disarmo e controllo degli armamenti
- L'Italia dovrebbe continuare il proprio impegno per il rispetto dei
trattati internazionali in materia di disarmo e controllo degli armamenti.
La comunita' degli stati si e' data una serie di strumenti per contrastare
la minaccia globale delle armi di distruzione di massa atomiche,
batteriologiche e chimiche: le agenzie e gli strumenti indipendenti di
verifica (Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche; Agenzia
internazionale per l'energia atomica; Convenzione sulle armi biologiche)
vanno rafforzati. E' auspicabile che venga segnalata anche agli Stati Uniti
l'importanza della loro partecipazione a questi processi.
- E' indispensabile un regime di controlli rigorosi del commercio di armi a
livello europeo. L'Italia deve valorizzare l'esperienza delle propria
normativa (legge 185/1990, recentemente emendata), mirando a potenziarla e
tradurla  in una direttiva europea.
*
Il coordinamento con la societa' civile
- Lo Stato italiano dovra' sostenere e coordinare i propri sforzi con le
iniziative della societa' civile gia' da anni impegnate in iniziative di
diplomazia popolare e cooperazione in situazioni di conflitto. Il vastissimo
patrimonio di esperienze di solidarieta' internazionale che
l'associazionismo italiano ha praticato negli ultimi decenni va riconosciuto
istituzionalmente fino a farne, a tutti gli effetti,  uno strumento della
politica estera italiana nel mondo.
- Un aspetto che contribuirebbe ad aumentare la capacita' di lavorare
efficacemente alla prevenzione e' il coordinamento e la messa in rete di
organizzazioni e iniziative esistenti, allo scopo di sfruttare sinergie ed
evitare "buchi" o duplicazioni. Da alcuni anni gli organismi della societa'
civile europea hanno iniziato ad organizzarsi in una Piattaforma europea per
la prevenzione dei conflitti (Epcp). L'obiettivo principale e' quello di
raccordare attori che operano in ambiti diversi: diritti umani, costruzione
della pace, cooperazione allo sviluppo, azione umanitaria, processi di
democratizzazione e institution building. Con investimenti relativamente
limitati, l'Italia potra' incoraggiare le realta' della societa' civile a
dotarsi di strumenti concettuali ed operativi per la prevenzione, ad esempio
rilanciando l'idea di una Piattaforma nazionale per la prevenzione e la
trasformazione dei conflitti.
- Chiediamo che l'Italia sostenga, durante il suo turno di Presidenza
dell'Unione Europea, la creazione di un Corpo civile di pace europeo, che
possa funzionare da anello di congiunzione tra le iniziative della societa'
civile e le istituzioni. Gia' a meta' anni novanta il Parlamento Europeo ha
raccomandato la creazione di tale organismo, composto di civili esperti nei
processi di trasformazione pacifica dei conflitti. Esso si occupera' di un
ampio raggio di attivita' attraverso le differenti fasi dei conflitti con
concrete funzioni di peace-keeping (per arginare o ridurre la violenza), di
peace-making (per facilitare il confronto tra le parti al fine di una
gestione nonviolenta del conflitto), e di peace-building (per eliminare le
cause sottostanti i conflitti e creare le condizioni per la costruzione
della pace). Questa iniziativa si inserisce nel percorso avviato dalle
Nazioni Unite che a meta' degli anni ottanta ipotizzarono la nascita di
contingenti di caschi bianchi da affiancare ai caschi blu dell'Onu.
- Un ruolo tecnico per la organizzazione dei contingenti italiani di Corpi
civili di pace, con risvolti importanti anche per la gestione della
microconflittualita' interna, potrebbe essere svolto dal Tavolo per la
Difesa civile non armata e nonviolenta, previsto dalla legge  230/98 presso
l'Ufficio Nazionale Servizio Civile - Presidenza del Consiglio. Questa
disposizione, i cui fondi erano previsti nella finanziaria 2002, va messa in
pratica nell'ambito del nuovo servizio civile volontario come nucleo di un
sistema di difesa civile che puo' assumere un ruolo centrale nell'indirizzo
e nel coordinamento di iniziative comuni tra societa' civile e istituzioni.
*
Ricerca e formazione
- E' necessario che l'Italia favorisca le iniziative di ricerca nel campo
della Peace research. In molte universita' sono stati attivati i nuovi corsi
di laurea in scienze dello sviluppo, della cooperazione e la pace e, gia' da
anni, sono attivi centri interdipartimentali di ricerca sulla pace; ma non
basta. Andrebbero attivati stabilmente alcuni Centri di ricerca e formazione
sui conflitti e per la pace, che approfondiscano il nesso interdisciplinare
fra crisi politico-economica e  psico-sociale ed il nesso fra competenze
nella gestione dei microconflitti locali e la prevenzione dei conflitti
internazionali.
- Il coordinamento scientifico di queste iniziative potrebbe risiedere in un
Istituto Internazionale di Ricerca per la Pace e sui Conflitti (sul modello
del Prio norvegese o del Sipri svedese) in grado di contribuire alle
ricerche per la  politica estera di pace e di sicurezza dell'Italia. Disegni
di legge per la realizzazione di tale Istituto, ispirati dal Movimento
Internazionale della Riconciliazione e dal Centro studi difesa civile, sono
stati depositati in parlamento da esponenti di maggioranza e di opposizione.
- Il governo, gli enti locali, le associazioni della societa' civile, gli
enti di formazione possono promuovere corsi per la gestione costruttiva dei
conflitti a tutti i livelli. Attraverso la formazione di formatori che
operino da "moltiplicatori" di una cultura della gestione costruttiva dei
conflitti si potra' contribuire concretamente alla diffusione di strumenti,
prassi, comportamenti che promuovano il dialogo e la cooperazione tra le
persone, i gruppi ed anche gli Stati.
*
Una strategia coerente, efficiente ed incisiva per la prevenzione e la
trasformazione dei conflitti violenti e' un logico pilastro di una politica
estera e di sicurezza improntata alla pace, sia dell'Italia che dell'Europa.
E' bene che il nostro paese investa le risorse umane e finanziarie
necessarie per svilupparla. Il semestre italiano di presidenza del Consiglio
europeo rappresenta senz'altro un'occasione  in questo senso.

6. DOCUMENTAZIONE. "BASTAGUERRA": APPELLO PER UN'EUROPA DISARMATA E PACIFICA
[Ringraziamo di cuore Nella Ginatempo (per contatti: nellagin at tiscali.it)
per averci trasmesso questo appello diffuso dal gruppo di lavoro del Forum
sociale europeo "Bastaguerra" in vista dell'incontro intergovernativo del 4
ottobre a Roma (e della manifestazione del "movimento dei movimenti" che e'
stata ancora una volta sciagurata occasione per provocazioni e violenze).
Ancora una volta dobbiamo rilevare come anche in questo documento - come
purtroppo in troppi altri prodotti dall'ampio e variegato movimento per la
pace e la giustizia - manchi il benche' minimo accenno alla scelta della
nonviolenza: e questa omissione e' di per se' sufficiente a rendere meno
credibili - e astratte e velleitarie - anche le tante cose ragionevoli che
nel documento vengono enunciate; poiche' l'omissione della scelta della
nonviolenza e' sintomatica di una subalternita' profonda e pervasiva a
logiche e condotte che sono, coscientemente o meno, omologhe a - e
surdeterminate da, ed imitative di - quelle dei poteri autoritari,
guerrafondai, sfruttatori e maschilisti. Senza la scelta della nonviolenza
resta inane la volonta' di opporsi alla guerra e alle ingiustizie globali,
poiche' senza la scelta della nonviolenza non si esce dalla spirale della
violenza - del dominio, dell'alienazione - che tutto suborna e travia e
trangugia ed annienta. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita', solo la
nonviolenza puo' opporsi in modo limpido ed intrasigente alla violenza
dispiegata come a quella cristallizzata, solo la nonviolenza contrasta la
guerra e l'oppressione fino alle radici, solo la nonviolenza costituisce
un'alternativa di solidarieta' e di liberazione cosciente e coerente]
Ci troviamo oggi in uno scenario globale in cui l'unica superpotenza, gli
Stati Uniti, la piu' potente del mondo sul piano militare, cerca di imporre
il proprio dominio sullo scacchiere mondiale attraverso l'uso della guerra
permanente contro tutti gli Stati che non accettano di piegarsi agli
interessi assoluti delle multinazionali e del governo Usa, o che si trovano
in regioni di importanza strategica.
Queste le ragioni profonde delle guerre in Afghanistan e in Iraq, che sono
state "vendute" giustificandole con vere e proprie menzogne; queste le
ragioni di una tendenza alla "guerra permanente", che progetta altri
interventi (in Siria? in Iran? in Africa?).
L'Europa purtroppo non e' estranea a questa logica, e se sulla guerra contro
l'Iraq i governi europei si sono divisi, nel progetto di trattato
costituzionale europeo trova posto una proposta di "difesa comune" che in
realta' e' solamente lo strumento della "salvaguardia degli interessi
dell'Unione": in questo senso l'"esercito europeo" che si propone - sia esso
integrato completamente o parzialmente autonomo dalla Nato - va nella
direzione di una forza armata interventista e di presenza e controllo nei
paesi del sud. Ancora una volta l'idea di "sicurezza" viene coniugata per
costruire una "fortezza Europa", che mentre dimentica diritti e bisogni dei
suoi stessi cittadini, prepara politiche di dominio verso gli altri popoli.
*
La maggioranza delle cittadine e dei cittadini europei, come quelli del
resto del mondo, hanno gia' detto no a questo scenario ed alla guerra
permanente globale.
Per questo il movimento dei movimenti chiede con forza un ruolo nuovo per
l'Europa, come continente che rifiuti la sudditanza politica economica e
militare agli Stati Uniti, che si opponga al disegno di imporre al mondo la
globalizzazione attraverso le guerre, che inizi operativamente una politica
di disarmo globale. Il 4 ottobre a Roma manifestiamo anche contro l'Europa
della guerra e degli armamenti per un'altra Europa possibile, quella del
disarmo e delle politiche attive di pace.
L'Europa che vogliamo non solo ripudia tutte le guerre - si chiamino
"umanitarie" o "per la sicurezza" e "per la democrazia" - ma rinuncia
all'esercito europeo ed alla corsa agli armamenti per produrre una concreta
politica di disarmo:
- chiudendo gli insediamenti militari Usa e Nato, che costituiscono le basi
per la guerra globale, con quegli strumenti di morte che per di piu' vengono
fatti transitare attraverso strade porti e ferrovie, piegati alla volonta'
di guerra Usa. L'Europa che vogliamo non ha bisogno di queste basi poiche' i
rapporti con gli altri Stati e soprattutto con gli altri popoli saranno
improntati alla cooperazione e non all'imposizione di un dominio militare;
- smantellando missili ed armamenti; questo significa anche riconvertire i
meccanismi di spesa, tagliare drasticamente le spese militari e trasformarle
in spese sociali, cominciare una riconversione dell'economia, invertendo la
tendenza che ha portato a liberalizzare il commercio di armi e ad aumentare
le commesse alle industrie di armamenti e di produzione di armi;
- rinunciando all'esercito europeo ed alle politiche di potenza militare:
l'autonomia della nuova Europa dagli Stati Uniti non si puo' certo ottenere
perseguendo una politica di spartizione delle zone di influenza oppure di
deterrenza militare. E' solo attraverso un altro modello di rapporti
internazionali e attraverso la nuova civilta' della pace che l'Europa potra'
avere una sua identita' autonoma e costituire un freno alla barbarie
militarizzata che incombe sul mondo;
- progettando e costruendo una nuova idea di intervento nelle aree di crisi
e di controversie internazionali attraverso i corpi civili di pace,
rifiutando la commistione tra missioni umanitarie e uso della forza, tra
presunta assistenza e militarizzazione. Oggi le "missioni di pace" del nuovo
scenario globale realizzate con corpi militari, si inscrivono nel disegno
della guerra permanente globale, costituendone supporto logistico, militare
e ideologico.
*
La politica di disarmo richiede una rottura della complicita' con le
occupazioni militari e l'organizzazione di strumenti alternativi, dalle
forze di interposizione alla diplomazia dal basso, all'organizzazione delle
politiche di solidarieta' e ricostruzione.
L'Europa che vogliamo non solo intraprende un'altra politica estera, ma si
fa promotrice di una nuova economia che riconverte la produzione di armi in
altre produzioni ad uso civile; destina fondi alla cooperazione ed ai
diritti sociali di tutti i popoli del mondo, non solo europei; promuove una
vera politica di accoglienza per i profughi.
Ma soprattutto l'Europa che vogliamo e' l'Europa che promuove la pace; si
oppone alle politiche di dominio ed alle occupazioni militari e ritira le
sue truppe dall'Iraq, dall'Afghanistan e da tutti i territori occupati -
prendendo iniziative concrete per promuovere una pace giusta in
Palestina-Israele - e opponendosi, nella pratica e non solo in teoria, alla
guerra preventiva, ovvero permanente e globale.

7. APPELLI. PER LA GIUSTIZIA NELLO STATO DI DIRITTO
[Riceviamo e diffondiamo il seguente appello sottoscritto da numerosi
giuristi di varie universita' italiane. Le adesioni possono essere inviate
al sito: www.ordinamentogiudiziario.org oppure al fax: 0118127553]
I sottoscritti professori universitari di diritto esprimono radicale
dissenso, nel metodo e nei contenuti, rispetto al disegno di legge-delega
per la riforma dell'ordinamento giudiziario.
Nel metodo va deplorato che una riforma di tale rilievo non sia stata
preceduta e accompagnata da un sistematico confronto con operatori e
studiosi del diritto nella ricerca, senza dubbio difficile ma del tutto
ragionevole, di soluzioni ampiamente condivise. Si e', invece, proceduto
nella logica di una "rivincita" del potere politico sulla  giurisdizione,
nell'indifferenza verso le attese di giustizia del cittadino.
Nei suoi contenuti il disegno di legge si ispira ad un modello burocratico e
piramidale di magistratura con una progressione in carriera appiattita sui
gradi di impugnazione e costellata da farraginosi meccanismi concorsuali;
dunque, inidonea a garantire le doti di equilibrio, di saggezza e di
professionalita' che si richiedono al giudice sin dal processo di primo
grado dove, piu' che altrove, si assumono decisioni destinate ad influire
pesantemente sulla liberta' personale, sui diritti e sui beni
dell'individuo. In particolare, per quanto riguarda il pubblico ministero,
appare poco compatibile coi principi costituzionali l'organizzazione
fortemente gerarchica delle procure con la restaurazione ai vertici di
poteri, pressoche' illimitati, di sostituzione e di avocazione: inevitabile,
in un simile contesto, la possibilita' di pesanti influenze dell'esecutivo
sia per quanto riguarda l'esercizio dell'azione penale sia per quanto
concerne la conduzione delle indagini, con sostanziale vanificazione
dell'obbligatorieta' dell'azione penale e con ricadute sulla stessa
uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.
Una serie di emendamenti ha, poi, ulteriormente peggiorato il testo del
progetto, sino a colpire l'essenza stessa della funzione giurisdizionale,
l'interpretazione della legge nel caso concreto. Diventa, infatti, illecito
disciplinare "l'attivita' di interpretazione di norme di diritto che
palesemente e inequivocabilmente sia contro la lettera e la volonta' della
legge o abbia contenuto creativo" (art. 7, lettera c), n. 7 del ddl, nella
versione approvata il 25 settembre scorso dalla commissione giustizia del
Senato in sede referente). La disposizione non riguarda il caso di
provvedimenti "abnormi" che non trovino alcun fondamento nella legge;
ipotesi gia' autonomamente prevista come illecito disciplinare dal medesimo
progetto (art. 7, lettera c), n. 3) e, d'altronde, gia' oggi considerata
tale dalla giurisprudenza della sezione disciplinare del Csm. Qui ad essere
sanzionata e' l'attivita' stessa di interpretazione della legge, nell'ambito
di un progetto "punitivo" che prende le mosse dalla mozione approvata dal
Senato il 5 dicembre 2001 allorche' i magistrati del tribunale di Milano
furono accusati di "disapplicare una legge dello Stato", a causa
dell'indirizzo seguito sul terreno delle rogatorie (e poi confermato dalla
Cassazione).
E' avvilente dovere, oggi, ricordare che sulla correttezza delle
interpretazioni svolte dal giudice si discute, non in via disciplinare, ma
nella sede fisiologica delle impugnazioni, e secondo criteri di razionalita'
sicuramente non riducibili alla "lettera" e alla "volonta'" della legge; ne'
tantomeno a cio' che traspare dal polemico richiamo al "contenuto creativo
della decisione". Sono formule che si potrebbero definire semplicemente
insensate ed anacronistiche nella parte in cui sottintendono, contro ogni
ragionevolezza, il carattere puramente "dichiarativo" del complesso
meccanismo conoscitivo che e' l'interpretazione della legge in funzione
applicativa; ma capaci, nel quadro dell'azione disciplinare promossa dal
ministro, di convertirsi in potenti strumenti di rottura dei valori su cui
si regge la giurisdizione in uno Stato di diritto. Dove il giudice e'
costretto, per non rischiare il procedimento disciplinare, a uniformare le
sue interpretazioni a quelle "gradite" al potere politico non puo' esservi
ne' giustizia della decisione ne', prima ancora, efficace esercizio della
funzione difensiva, le cui radici affondano nel libero confronto delle
opposte tesi e, dunque, nel pluralismo interpretativo.
Auspichiamo pertanto che la comunita' dei giuristi e degli operatori del
diritto si unisca nella difesa dei valori fondamentali della giurisdizione.
9 ottobre 2003
Prime adesioni: Alberto Alessandri  (Universita' di Milano Bocconi); Adele
Anzon (Universita' Roma Due); Umberto Allegretti (Universita' di Firenze);
Marta Bargis (Universita' del Piemonte Orientale A. Avogadro); Ernesto
Bettinelli (Universita' di Pavia); Raffaele Bifulco (univ. Lecce); Francesco
Bilancia (univ. Chieti-Pescara); Francesco Caprioli (Universita' di
Cagliari); Michele Carducci (Universita' di Lecce); Paolo Caretti
(Universita' di Firenze); Agatino Cariola  (Universita' di Catania);
Federico Carpi (Universita' di Bologna); Antonio Carratta (Universita' di
Macerata); Isa Castangia (Universita' di Cagliari); Massimo Ceresa Gastaldo
(Universita' di Milano Bocconi); Sergio Chiarloni (Universita' di Torino);
Stefano Maria Cicconetti (Universita' Roma Tre); Paolo Comanducci
Universita' di Genova); Franco Coppi (Universita' di Roma La Sapienza);
Giorgio Costantino (Universita' di Bari); Franco Della Casa (Universita' di
Genova); Gianmario Demuro (Universita' di Cagliari); Alfonso Di Giovine
(Universita' di Torino); Mario Dogliani (Universita' di Torino); Emilio
Dolcini (Universita' di Milano Statale); Leopoldo Elia (Universita' di Roma
La Sapienza); Giovanna Falzone (Universita' di Cagliari); Elio Fazzalari
(Universita' di Roma La Sapienza); Giovanni Ferrara (Universita' di Roma La
Sapienza); Luigi Ferrajoli (Universita' di Camerino); Paolo Ferrua
(Universita' di Torino); Maurizio Fioravanti (Universita' di Firenze);
Rosanna Gambini (Universita' di Torino); Silvio Gambino (Universita' della
Calabria); Andrea Giorgis (Universita' del Piemonte Orientale A. Avogadro);
Glauco Giostra (Universita' di Macerata); Ettore Gliozzi (Universita' di
Torino); Tania Groppi (Universita' di Siena); Carlo Federico Grosso
(Universita' di Torino); Enrico Grosso (Universita' del Piemonte Orientale
A. Avogadro); Riccardo Guastini (Universita' di Genova); Roberto Kostoris
(Universita' di Padova); Lucio Lanfranchi (Universita' di Roma La Sapienza);
Sergio Lariccia (Universita' di Roma La Sapienza); Elisabetta Loffredo
(Universita' di Cagliari); Gilberto Lozzi (Universita' di Roma La Sapienza);
Alberto Lucarelli (Universita' di Napoli Federico II); Angelo Luminoso
(Universita' di Cagliari); Joerg Luther (Universita' del Piemonte Orientale
A. Avogadro); Giorgio Marinucci (Universita' di Milano Statale); Enrico
Marzaduri (Universita' di Pisa); Francesco Merloni (Universita' di Perugia);
Roberto Miccu' (Universita' di Roma La Sapienza); Serafino Nosengo
(Universita' del Piemonte Orientale A. Avogadro); Renzo Orlandi (Universita'
di Firenze); Alessandro Pace (Universita' di Roma La Sapienza); Francesco
Palazzo (Universita' di Firenze); Elisabetta Palici Di Suni (Universita' di
Torino); Piero Pinna (Universita' di Sassari); Alessandro Pizzorusso
(Universita' di Pisa); Salvatore Prisco  (Universita' di Napoli Federico
II); Andrea Proto Pisani (Universita' di Firenze); Francesco Rigano
(Universita' di Pavia); Guido Rossi (Universita' di Milano Statale); Antonio
Ruggeri (Universita' di Messina); Giovanni Serges (Universita' Roma Tre);
Stefano Sicardi (Universita' di Torino); Delfino Siracusano (Universita' di
Roma La Sapienza); Emanuele Somma (Universita' di Genova); Luisa Torchia
(Universita' di Urbino - Scuola superiore pubblica amministrazione);
Giuseppe Verde (Universita' di Palermo); Mauro Volpi (Universita' di
Perugia);  Roberto Weigmann (Universita' di Torino); Enzo Zappala'
(Universita' di Catania).

8. MAESTRE. HANNAH ARENDT: E IL GOVERNO...
[Da Tra amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy
1949-1975, Sellerio, Palermo 1999, p. 545. E' un frammento da una lettera di
Hannah Arendt alla sua grande amica, scritta da Chicago il 15 maggio 1972.
Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva
di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe
all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America; e' tra le
massime pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice, intervenne
ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista
rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori' a New York nel
1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti
tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo l
'anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo l'anno dell'edizione
originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima edizione 1951),
Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Tra passato e
futuro (1961), Garzanti, Milano; La banalita' del male. Eichmann a
Gerusalemme (1963), Feltrinelli, Milano; Sulla rivoluzione (1963),
Comunita', Milano; postumo e incompiuto e' apparso La vita della mente
(1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di brevi saggi di intervento
politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano, 1985. Molto interessanti i
carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969. Filosofia e politica,
Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra amiche. La corrispondenza
di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975, Sellerio, Palermo 1999). Una
recente raccolta di scritti vari e' Archivio Arendt. 1. 1930-1948,
Feltrinelli, Milano 2001; Archivio Arendt 2. 1950-1954, Feltrinelli, Milano
2003. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e' la biografia di Elisabeth
Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri, Torino 1994; tra gli studi
critici: Laura Boella, Hannah Arendt, Feltrinelli, Milano 1995; Roberto
Esposito, L'origine della politica: Hannah Arendt o Simone Weil?, Donzelli,
Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona
Forti, Vita della mente e tempo della polis, Franco Angeli, Milano 1996;
Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt, Milano 1999; Augusto Illuminati,
Esercizi politici: quattro sguardi su Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma
1994; Friedrich G. Friedmann, Hannah Arendt, Giuntina, Firenze 2001. Per chi
legge il tedesco due piacevoli monografie divulgative-introduttive (con
ricco apparato iconografico) sono: Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt,
Reinbek bei Hamburg 1987, 1999; Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv,
Muenchen 2000]
E il governo, temo, scoprira' un "complotto comunista", identificandolo con
l'opposizione, e usando questo come un buon pretesto per minare ancora di
piu' i diritti costituzionali.

9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

10. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it;
angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it

Numero 702 del 13 ottobre 2003