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La nonviolenza e' in cammino. 702
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 702
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 13 Oct 2003 00:48:30 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 702 del 13 ottobre 2003 Sommario di questo numero: 1. Simone Weil: ascoltare 2. Aldo Capitini: il miracolo 3. Da Assisi al mondo 4. Giobbe Santabarbara: sulla proposta di Lidia Menapace 5. Sergio Marelli, Giovanni Scotto, Francesco Tullio: appunti per una politica estera di sicurezza e di pace per l'Italia 6. "Bastaguerra": appello per un'Europa disarmata e pacifica 7. Per la giustizia nello stato di diritto 8. Hannah Arendt: e il governo... 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento 10. Per saperne di piu' 1. MAESTRE. SIMONE WEIL: ASCOLTARE [Da Simone Weil, La prima radice, Leonardo, Milano 1996, p. 126. Simone Weil, nata a Parigi nel 1909, allieva di Alain, fu professoressa, militante sindacale e politica della sinistra classista e libertaria, operaia di fabbrica, miliziana nella guerra di Spagna contro i fascisti, lavoratrice agricola, poi esule in America, infine a Londra impegnata a lavorare per la Resistenza. Minata da una vita di generosita', abnegazione, sofferenze, muore in Inghilterra nel 1943. Una descrizione meramente esterna come quella che precede non rende pero' conto della vita interiore della Weil (ed in particolare della svolta, o intensificazione, o meglio ancora: radicalizzazione ulteriore, seguita alle prime esperienze mistiche del 1938). Ha scritto di lei Susan Sontag: "Nessuno che ami la vita vorrebbe imitare la sua dedizione al martirio, o se l'augurerebbe per i propri figli o per qualunque altra persona cara. Tuttavia se amiamo la serieta' come vita, Simone Weil ci commuove, ci da' nutrimento". Opere di Simone Weil: tutti i volumi di Simone Weil in realta' consistono di raccolte di scritti pubblicate postume, in vita Simone Weil aveva pubblicato poco e su periodici (e sotto pseudonimo nella fase finale della sua permanenza in Francia stanti le persecuzioni antiebraiche). Tra le raccolte piu' importanti in edizione italiana segnaliamo: L'ombra e la grazia (Comunita', poi Rusconi), La condizione operaia (Comunita', poi Mondadori), La prima radice (Comunita', SE, Leonardo), Attesa di Dio (Rusconi), La Grecia e le intuizioni precristiane (Rusconi), Riflessioni sulle cause della liberta' e dell'oppressione sociale (Adelphi), Sulla Germania totalitaria (Adelphi), Lettera a un religioso (Adelphi); Sulla guerra (Pratiche). Sono fondamentali i quattro volumi dei Quaderni, nell'edizione Adelphi curata da Giancarlo Gaeta. Opere su Simone Weil: fondamentale e' la grande biografia di Simone Petrement, La vita di Simone Weil, Adelphi, Milano 1994. Tra gli studi cfr. AA. VV., Simone Weil, la passione della verita', Morcelliana, Brescia 1985; Gabriella Fiori, Simone Weil, Garzanti, Milano 1990; Giancarlo Gaeta, Simone Weil, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1992; Jean-Marie Muller, Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1994; Angela Putino, Simone Weil e la Passione di Dio, Edb, Bologna 1997; Maurizio Zani, Invito al pensiero di Simone Weil, Mursia, Milano 1994] Fra i non pochi detti sublimi che il Libro dei morti egiziano pone sulle labbra del giusto dopo la morte, il piu' commovente e' forse questo: "Non sono mai stato sordo a parole giuste e vere". 2. MAESTRI. ALDO CAPITINI: IL MIRACOLO [Da Aldo Capitini, Religione aperta, ora in Idem, Scritti filosofici e religiosi, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998, p. 533. Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Opere di Aldo Capitini: la miglior antologia degli scritti e' (a cura di Giovanni Cacioppo e vari collaboratori), Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche' integrale - ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell'epoca - bibliografia degli scritti di Capitini); recentemente e' stato ripubblicato il saggio Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989; una raccolta di scritti autobiografici, Opposizione e liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991, nuova edizione presso L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2003; e gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996; segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri, Edizioni Associate, Roma 1991. Presso la redazione di "Azione nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui i fondamentali Elementi di un'esperienza religiosa, 1937, e Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90 e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un volume di Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Opere su Aldo Capitini: oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno: Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Clara Cutini (a cura di), Uno schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Fondazione "Centro studi Aldo Capitini", Elementi dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante, La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001; cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi, Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; per una bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito citato; numerosi utilissimi materiali di e su Aldo Capitini sono nel sito dell'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini: www.cosinrete.it] Questo e' il miracolo dell'amore che porta l'infinito con se' e scopre l'infinito. 3. EDITORIALE. DA ASSISI AL MONDO La grande partecipazione in colloquio corale, i riconoscimenti da parte delle maggiori istituzioni, la presenza e il saluto delle piu' autorevoli figure morali del mondo: la marcia Perugia-Assisi ancora una volta ha compiuto il miracolo di un messaggio di pace nitido e forte. Chiedendo un'Europa aperta, solidale e nonviolenta (finalmente questa decisiva parola: nonviolenta); chiamando ad un agire coerente nei mezzi e nei fini, a costruire la pace con mezzi di pace; lanciando ancora una proposta e una speranza al mondo. La proposta di Francesco figlio di Pietro di Bernardone: dell'eguaglianza e della solidarieta', della pace come giustizia e come misericordia, come sobrieta' e come condivisione, come responsabilita', sollecitudine dell'altro, di ogni altro. La proposta di Aldo Capitini: del potere di tutti, dell'infinita apertura, della compresenza. La nonviolenza in cammino. 4. RIFLESSIONE. GIOBBE SANTABARBARA: SULLA PROPOSTA DI LIDIA MENAPACE [Giobbe Santabarbara, come e' noto, e' uno dei principali collaboratori del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo] La proposta di Lidia Menapace "per un'Europa neutrale e attiva, disarmata e smilitarizzata, solidale e nonviolenta" mi pare stia catalizzando una riflessione ampiamente condivisa e fornendo un quadro di riferimento a varie proposte che da molte parti sono state avanzate e che potrebbero essere composte in un discorso complesso ed articolato, ma anche coerente e non subalterno. Alcuni elementi vanno definendosi con sempre maggior chiarezza, raccogliendo ed organizzando in discorso e progetto comune non solo proposte ed esperienze da piu' parti formulate e realizzate (ad esempio le molteplici esperienze di intervento nonviolento nei conflitti; ad esempio le variegate esperienze nell'ambito del servizio civile); ma anche esigenze ed intuizioni da piu' parti sentite come decisive e la cui traduzione nella pratica e' avvertita come necessaria e urgente. Elementi chiari, su cui e' possibile costruire un ampio consenso, una profonda persuasa condivisione delle persone di volonta' buona, delle esperienze migliori della societa' civile, delle istituzioni democratiche, della cultura piu' avvertita; e per fare qualche esempio senza alcuna pretesa di esaustivita': - cosi' la richiesta dell'inserimento nella cosiddetta Costituzione europea del principio del ripudio della guerra; - cosi' la richiesta dell'impegno giuridicamente codificato alla neutralita', come attiva e cogente opposizione alla guerra (che e' sempre omicidio di massa, e che nell'eta' atomica aperta dall'orrore di Hiroshima mette in pericolo l'intera civilta' umana, l'intera umanita'); - cosi' le proposte operative della difesa popolare nonviolenta, dei corpi civili di pace, di un servizio civile che inveri e universalizzi il prendersi cura, una prassi di welfare community; che nel loro insieme costituiscano forme efficaci di gestione della sicurezza, della difesa e della cooperazione, e strumenti adeguati di intervento per la risoluzione dei conflitti, la difesa e promozione della democrazia e dei diritti, la costruzione della pace: insomma un vero e proprio "programma costruttivo" (per usare la classica terminologia gandhiana) che sostanzi e renda operativa la costruzione di un'alternativa immediata al modello di sicurezza e di difesa fondato sulle armi e sugli eserciti (il cui catastrofico fallimento e' ovunque palese), che renda quindi concretamente esperibile una politica di disarmo e smilitarizzazione nel momento in cui e dal momento che si offrono e si costruiscono alternative adeguate, persuasive, efficaci; - cosi' quindi la scelta del disarmo e della smilitarizzazione come asse della costruzione di un'Europa dei diritti, della solidarieta', della cooperazione, della pace con mezzi di pace; - cosi' quindi e decisivamente la scelta della nonviolenza come principio giuriscostituente, come inveramento coerente e rigoroso delle aspirazioni e dei valori profondi e fondanti sanciti nelle carte costituzionali nazionali e nelle grandi dichiarazioni internazionali, dalla carta delle Nazioni Unite alla Dichiarazione universale dei diritti umani. * L'intervento di Mao Valpiana apparso sul n. 700 di questo foglio ha indicato - sviluppando idee gia' espresse da Lidia Menapace e da altri intervenuti - l'opportunita' di passare ad una fase ulteriore nell'iniziativa, dal dialogo all'incontro ed all'iniziativa pubblica, ed ha anche indicato due date possibili rispettivamente in novembre e in dicembre per incontrarsi e per dare attraverso una pubblica iniziativa rilevanza pubblica alla proposta. E' bene che a questo passaggio si arrivi, e che ci si arrivi presto: attendiamo a giorni una conferma per le date precise da Lidia Menapace e dalle altre portavoci della "Convenzione permanente di donne contro le guerre" (nel cui ambito la proposta che qui adesso diciamo "per un'Europa neutrale e attiva, disarmata e smilitarizzata, solidale e nonviolenta" e' stata primieramente formulata ed elaborata con piu' precisione e centralita' che altrove - come e' noto, anche molti altri soggetti da anni su questi temi lavorano, ed e' bello scoprire quanto ampie gia' siano le convergenze e quanto intensa l'affinita' di variegate esperienze e riflessioni). Ed e' bene serrare i tempi anche per valorizzare i frutti dell'assemblea dell'Onu dei popoli e della marcia Perugia-Assisi, che hanno detto una parola chiara sull'"Europa che vogliamo": un'Europa centrata sul ripudio della guerra, un'Europa da costruire sulla scelta di essere "aperta, solidale, nonviolenta". Anche se nel programma della marcia come formulato dalla benemerita Tavola della pace tali parole d'ordine potevano dare l'impressione di restare un po' generiche ed astratte, l'assemblea prima e la marcia poi indicano come esse possano trovare uno sbocco concreto, e lo sbocco concreto a noi sembra che sia nella proposta di Lidia Menapace, che quelle formule raccoglie ed invera in proposte operative, estrae dall'astrazione e dalla marginalita' e rende cuore di un progetto politico - e legislativo, ed istitutivo-organizzativo, istituzionale ed amministrativo, oltre che culturale - di immediata praticabilita', di urgente attuazione. Ed e' bene naturalmente che la riflessione comune continui a svilupparsi, ed anzi si intensifichi adesso, che altre voci si esprimano, che l'analisi si approfondisca, che le proposte si incontrino e confrontino, che i nodi, le implicazioni e le contraddizioni e i limiti e le difficolta' anche vengano alla luce; ancora una volta invitiamo tutte e tutti ad esprimersi in merito, su questo foglio come altrove. * Come e' stato da piu' interventi rilevato, siamo in un momento topico: e' adesso che l'Europa deve elaborare una propria proposta di politica internazionale che si opponga al disegno strategico della "guerra preventiva" che sta alimentando ogni sorta di terrorismo nel mondo (di stato, di gruppi, di singoli) e sta devastando oltre che saccheggiando il pianeta; all'Europa incombe il dovere di una proposta di politica internazionale che sia di valido sostegno a un'Onu rinnovata e democratizzata; una proposta di politica internazionale che abbia come criterio-guida la costruzione della pace con mezzi di pace, la promozione della democrazia con la democrazia, la difesa dei diritti umani attraverso il rispetto dei diritti umani: detto in una parola: una politica internazionale della nonviolenza come principio giuriscostituente e come prassi di pace e di cooperazione coerente nei mezzi e nei fini. Ve ne e' urgente, immenso bisogno in un mondo dilaniato da guerre ed immani ingiustizie globali. Perche' l'Europa elabori e pratichi questa politica occorre contrastare qui e adesso taluni pericolosissimi processi degenerativi in corso: occorre opporsi alle politiche di riarmo e militarizzazione, ed occorre formulare e sperimentare valide alternative fondate sulla scelta della nonviolenza. Ed occorre che nella Costituzione europea tutto cio' sia scritto a chiare lettere, subito. Ed occorre che le forze politiche ed i candidati che si presenteranno alle elezioni per il rinnovo del parlamento europeo tra qualche mese prendano posizione prima del voto in modo inequivoco e impegnativo sulle proposte per un'Europa di pace sopra accennate ed insomma sulla proposta dei movimenti delle donne, di solidarieta'e di liberazione, per i diritti sociali, ecopacifisti e nonviolenti, che compendiamo nell'espressione "per un'Europa neutrale e attiva, disarmata e smilitarizzata, solidale e nonviolenta" e che hanno trovato una sintesi nella proposta di Lidia Menapace. * Se, come si usa dire, vi e' in Europa un forte movimento per la pace e la giustizia, che non si limita solo ai cortei e alle assemblee, ma vuole essere soggetto politico e culturale rappresentativo e portatore di interessi generali - l'interesse fondamentale dell'umanita' intera: la pace come condizione necessaria per la civile convivenza -, questo e' il momento in cui deve farsi sentire e far si' che la sua azione sortisca esiti legislativi ed istituzionali (non c'e' tempo da perdere con le chiacchiere ininfluenti ed i vacui esibizionismi ad uso dei media); questo e' il momento in cui deve fare delle scelte: e la scelta delle scelte e' la scelta della nonviolenza, che sia azione trasformatrice e criterio di edificazione di un'Europa di pace, che sia principio giuriscostituente dell'Unione Europea. 5. DOCUMENTI. SERGIO MARELLI, GIOVANNI SCOTTO, FRANCESCO TULLIO: APPUNTI PER UNA POLITICA ESTERA DI SICUREZZA E DI PACE DELL'ITALIA [Ringraziamo Francesco Tullio (per contatti: psicosoluzioni at francescotullio.it) per averci trasmesso il testo seguente, che costituisce la premessa a un memorandum per la presidenza italiana dell'Unione Europea predisposto dal "Centro studi difesa civile" e ricavato da un documento di "Saferworld" e "International alert" sul tema: "Potenziare l'intervento dell'Unione Europea nella prevenzione dei conflitti". Sergio Marelli e' autorevole rappresentante dell'associazione delle ong italiane. Giovanni Scotto e' uno dei piu' importanti studiosi italiani nell'ambito della peace research, studioso e amico della nonviolenza; ricercatore presso il "Berghof Research Center for Constructive Conflict Management" di Berlino; collabora con l'"Institute for Peace Work and Nonviolent Settlement of Conflicts" di Wahlenau ed e' presifdente del "Centro studi difesa civile" di Roma. Tra le opere di Giovanni Scotto: con Emanuele Arielli, I conflitti, Bruno Mondadori, Milano 1998 (una seconda edizione notevolmente ampliata e' in via di pubblicazione in questi giorni); sempre con Emanuele Arielli, La guerra del Kosovo, Editori Riuniti, Roma 1999. Francesco Tullio, prestigioso studioso e amico della nonviolenza, e' uno dei piu' noti peace-researcher a livello internazionale e animatore di molte iniziative per la pace e la gestione e risoluzione nonviolenta dei conflitti; nato a Roma il 18 giugno 1952, laurea in medicina e chirurgia, specializzazione in psichiatria, libero professionista, psicoterapeuta, esperto di gestione delle risorse umane, di prevenzione e trasformazione dei conflitti, di problem solving organizzativo; docente di psicoterapia breve alla Universita' di Perugia, docente di psicologia al master "Esperto in cultura d'impresa" all'Universita' di Perugia, 2001, ricercatore a contratto con il Centro militare di studi strategici nell'anno 1998-1999, presidente onorario del Centro studi difesa civile (sito: www.pacedifesa.org) di cui e' stato e resta infaticabile animatore, ha coordinato ricerche per diversi enti, tra cui quella per l'Ufficio Onu del Ministero Affari Esteri su "Ong e gestione dei conflitti. Il confidence-building a livello di comunita' nelle crisi internazionali. Analisi, esperienze, prospettive"; promotore del Centro di ricerca e formazione sui conflitti e la pace presso l'Universita' di Perugia e dell'Istituto internazionale di ricerca sui conflitti e per la pace; numerose le sue esperienze come medico, in Germania, in Nicaragua ed in Italia, sia in reparti di medicina che di chirurgia ed in particolare in pronto soccorso, come medico di famiglia, inoltre come psichiatra nei servizi pubblici ed in un servizio di medicina legale, infine come libero professionista psicosomatista e psicoterapeuta; le sue attivita' di studioso e formatore si sono incentrate sulla ricerca teorica, la gestione pragmatica dei conflitti, sulla mediazione e la gestione delle risorse umane per e nelle emergenze; e' impegnato dal 1970 in attivita' di volontariato per la prevenzione della violenza e lo sviluppo umano; quale conduttore di incontri, seminari, laboratori teorico-pratici, si e' occupato di gestione dei conflitti, d'affiatamento di gruppi di lavoro, di gruppi di terapia e di crescita umana; in ambito sociale tale interesse si e' tradotto in un contributo culturale per la prevenzione e la gestione dei conflitti intergruppali. In particolare ha coordinato ricerche e convegni sui temi della violenza organizzata e della guerra; e' autore e curatore di diverse pubblicazioni] Le proposte di International Alert e Saferworld intendono evidenziare i passi concreti che l'Unione Europea potrebbe compiere nel 2003 per promuovere un intervento organico di prevenzione dei conflitti violenti. Il "Centro studi difesa civile", nel presentarlo al pubblico italiano, vuole fornire un supporto a coloro che sono coinvolti nella definizione delle linee guida del semestre di presidenza italiana, ma anche ai parlamentari e alle ong. In questa prefazione intendiamo volgere l'attenzione ad alcune possibili scelte del nostro Paese, che sviluppino la cultura e gli strumenti concreti della trasformazione costruttiva dei conflitti, per una politica estera e di sicurezza coerente ed efficace. Avvertiamo che il sistema internazionale si trova sulla soglia di una trasformazione epocale. In tutto il mondo milioni di cittadini, non solo quelli scesi in piazza, hanno preso coscienza della gravita' del momento. Voci autorevoli si sono levate contro la guerra, dal papa ai capi religiosi di altre confessioni e fedi. Le bandiere della pace che sventolano in tutte le citta' italiane sono un segno di attenzione diffusa e indicano la preferenza verso forme di gestione diplomatica e di prevenzione delle crisi internazionali. Crediamo che l'impegno della pace non sia solo una dichiarazione di principio, lontana dal realismo della politica internazionale. Scegliere la pace significa costruirla negli atti concreti, nelle scelte quotidiane ed in quelle di politica estera, non solo durante le crisi come quella che viviamo oggi, ma anche portando il contributo del nostro paese nei processi meno seguiti dai media, ma decisivi nel lungo periodo per assicurare al pianeta ed al nostro paese un futuro di stabilita' e di benessere. E' sulla capacita' di mettere in atto valide misure che garantiscano pace, giustizia e sicurezza, che si misurera' nel breve e nel lungo periodo il valore della nostra civilta'. Per realizzare queste misure tutti sono convocati, sia i governi che le opposizioni. D'altra parte, i politici e i funzionari addetti a queste tematiche sono anch'essi interessati a cercare e trovare le risposte piu' idonee ed efficaci ed allo stesso tempo meno rischiose possibili, per affrontare le tensioni future. Le seguenti proposte ovviamente non sono esaustive di tutto cio' che di costruttivo il nostro paese puo' fare a livello internazionale ed interno. * Il ruolo del ministero degli esteri - Il governo italiano potrebbe adottare un "piano di azione" simile a quelli adottati da altri paesi membri dell'Unione Europea, ad esempio la Svezia, per elaborare un indirizzo sistematico di prevenzione delle crisi e della violenza internazionale non solo nell'ambito della cooperazione allo sviluppo, ma anche delle politiche culturali e del commercio estero. - Sarebbe funzionale, agli interessi e valori italiani, un salto di qualita' nell'impegno per la soluzione di crisi e conflitti di lunga durata. In diverse regioni del mondo ci sono ampi spazi per iniziative di mediazione e sostegno ai processi di pace. Paesi come la Norvegia e la Svizzera, nonostante le loro piccole dimensioni, hanno avuto un ruolo importante in alcuni processi negoziali degli ultimi anni. - Appare utile sviluppare ulteriormente gli strumenti di segnalazione precoce di potenziali crisi e di intervento tempestivo, con missioni di inchiesta, attivazione di organizzazioni internazionali e la nomina di autorevoli mediatori. - Oltre a mantenere gli impegni per le risorse per la cooperazione allo sviluppo, e' importante verificare concretamente le ricadute degli aiuti italiani sulla stabilita' e la giustizia locale attraverso l'introduzione di indicatori di valutazione di impatto sui conflitti. Questi strumenti, orientati alla individuazione di successi ed errori degli interventi della cooperazione, delle politiche commerciali e in generale delle scelte di politica internazionale, faciliterebbero efficienti e tempestive correzioni di rotta. - Sarebbe pertanto opportuno valutare l'istituzione presso il Ministero degli esteri di un ufficio che si occupi di sostenere e coordinare tali politiche ed interventi, in modo da valorizzare le lodevoli iniziative messe in atto dai diversi uffici. - Il sudest Europa restera' auspicabilmente una regione al centro dell'attenzione politica italiana. L'obiettivo dell'Italia dovrebbe essere di sostenere le forze democratiche presenti in tutti i paesi dell'area, facilitare il processo di integrazione regionale inaugurato con il Patto di Stabilita' per l'Europa sud-orientale e in particolare impegnarsi per sostenere i processi di pace nelle realta' in cui i conflitti sono ancora irrisolti (Kosovo, Macedonia) e laddove tali processi sono gia' avviati (Bosnia, Croazia). * La partecipazione ai processi multilaterali - Ci aspettiamo che l'Italia prosegua la sua politica di rafforzamento dell'integrazione europea. La politica estera comune dell'Unione Europea deve fondarsi sul valore della pace, intesa come sicurezza attraverso il dialogo, la cooperazione e gli strumenti di trasformazione costruttiva dei conflitti. Il valore della pace va riconosciuto nel testo della convenzione europea attualmente in fase di redazione. - Le organizzazioni internazionali multilaterali, in particolare l'Onu e l'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSsce), vanno potenziate nel loro lavoro di prevenzione dei conflitti violenti e di mediazione nelle crisi internazionali. L'Italia puo' dare un contributo assai piu' alto in termini di personale civile e di sostegno politico all'attivita' di tali organizzazioni nel solco della nostra tradizione. - Va sostenuto nella maniera piu' ampia possibile il processo di costituzione del Tribunale penale internazionale, anche facendo in modo che i paesi alleati scoprano il valore di questa istituzione. * Disarmo e controllo degli armamenti - L'Italia dovrebbe continuare il proprio impegno per il rispetto dei trattati internazionali in materia di disarmo e controllo degli armamenti. La comunita' degli stati si e' data una serie di strumenti per contrastare la minaccia globale delle armi di distruzione di massa atomiche, batteriologiche e chimiche: le agenzie e gli strumenti indipendenti di verifica (Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche; Agenzia internazionale per l'energia atomica; Convenzione sulle armi biologiche) vanno rafforzati. E' auspicabile che venga segnalata anche agli Stati Uniti l'importanza della loro partecipazione a questi processi. - E' indispensabile un regime di controlli rigorosi del commercio di armi a livello europeo. L'Italia deve valorizzare l'esperienza delle propria normativa (legge 185/1990, recentemente emendata), mirando a potenziarla e tradurla in una direttiva europea. * Il coordinamento con la societa' civile - Lo Stato italiano dovra' sostenere e coordinare i propri sforzi con le iniziative della societa' civile gia' da anni impegnate in iniziative di diplomazia popolare e cooperazione in situazioni di conflitto. Il vastissimo patrimonio di esperienze di solidarieta' internazionale che l'associazionismo italiano ha praticato negli ultimi decenni va riconosciuto istituzionalmente fino a farne, a tutti gli effetti, uno strumento della politica estera italiana nel mondo. - Un aspetto che contribuirebbe ad aumentare la capacita' di lavorare efficacemente alla prevenzione e' il coordinamento e la messa in rete di organizzazioni e iniziative esistenti, allo scopo di sfruttare sinergie ed evitare "buchi" o duplicazioni. Da alcuni anni gli organismi della societa' civile europea hanno iniziato ad organizzarsi in una Piattaforma europea per la prevenzione dei conflitti (Epcp). L'obiettivo principale e' quello di raccordare attori che operano in ambiti diversi: diritti umani, costruzione della pace, cooperazione allo sviluppo, azione umanitaria, processi di democratizzazione e institution building. Con investimenti relativamente limitati, l'Italia potra' incoraggiare le realta' della societa' civile a dotarsi di strumenti concettuali ed operativi per la prevenzione, ad esempio rilanciando l'idea di una Piattaforma nazionale per la prevenzione e la trasformazione dei conflitti. - Chiediamo che l'Italia sostenga, durante il suo turno di Presidenza dell'Unione Europea, la creazione di un Corpo civile di pace europeo, che possa funzionare da anello di congiunzione tra le iniziative della societa' civile e le istituzioni. Gia' a meta' anni novanta il Parlamento Europeo ha raccomandato la creazione di tale organismo, composto di civili esperti nei processi di trasformazione pacifica dei conflitti. Esso si occupera' di un ampio raggio di attivita' attraverso le differenti fasi dei conflitti con concrete funzioni di peace-keeping (per arginare o ridurre la violenza), di peace-making (per facilitare il confronto tra le parti al fine di una gestione nonviolenta del conflitto), e di peace-building (per eliminare le cause sottostanti i conflitti e creare le condizioni per la costruzione della pace). Questa iniziativa si inserisce nel percorso avviato dalle Nazioni Unite che a meta' degli anni ottanta ipotizzarono la nascita di contingenti di caschi bianchi da affiancare ai caschi blu dell'Onu. - Un ruolo tecnico per la organizzazione dei contingenti italiani di Corpi civili di pace, con risvolti importanti anche per la gestione della microconflittualita' interna, potrebbe essere svolto dal Tavolo per la Difesa civile non armata e nonviolenta, previsto dalla legge 230/98 presso l'Ufficio Nazionale Servizio Civile - Presidenza del Consiglio. Questa disposizione, i cui fondi erano previsti nella finanziaria 2002, va messa in pratica nell'ambito del nuovo servizio civile volontario come nucleo di un sistema di difesa civile che puo' assumere un ruolo centrale nell'indirizzo e nel coordinamento di iniziative comuni tra societa' civile e istituzioni. * Ricerca e formazione - E' necessario che l'Italia favorisca le iniziative di ricerca nel campo della Peace research. In molte universita' sono stati attivati i nuovi corsi di laurea in scienze dello sviluppo, della cooperazione e la pace e, gia' da anni, sono attivi centri interdipartimentali di ricerca sulla pace; ma non basta. Andrebbero attivati stabilmente alcuni Centri di ricerca e formazione sui conflitti e per la pace, che approfondiscano il nesso interdisciplinare fra crisi politico-economica e psico-sociale ed il nesso fra competenze nella gestione dei microconflitti locali e la prevenzione dei conflitti internazionali. - Il coordinamento scientifico di queste iniziative potrebbe risiedere in un Istituto Internazionale di Ricerca per la Pace e sui Conflitti (sul modello del Prio norvegese o del Sipri svedese) in grado di contribuire alle ricerche per la politica estera di pace e di sicurezza dell'Italia. Disegni di legge per la realizzazione di tale Istituto, ispirati dal Movimento Internazionale della Riconciliazione e dal Centro studi difesa civile, sono stati depositati in parlamento da esponenti di maggioranza e di opposizione. - Il governo, gli enti locali, le associazioni della societa' civile, gli enti di formazione possono promuovere corsi per la gestione costruttiva dei conflitti a tutti i livelli. Attraverso la formazione di formatori che operino da "moltiplicatori" di una cultura della gestione costruttiva dei conflitti si potra' contribuire concretamente alla diffusione di strumenti, prassi, comportamenti che promuovano il dialogo e la cooperazione tra le persone, i gruppi ed anche gli Stati. * Una strategia coerente, efficiente ed incisiva per la prevenzione e la trasformazione dei conflitti violenti e' un logico pilastro di una politica estera e di sicurezza improntata alla pace, sia dell'Italia che dell'Europa. E' bene che il nostro paese investa le risorse umane e finanziarie necessarie per svilupparla. Il semestre italiano di presidenza del Consiglio europeo rappresenta senz'altro un'occasione in questo senso. 6. DOCUMENTAZIONE. "BASTAGUERRA": APPELLO PER UN'EUROPA DISARMATA E PACIFICA [Ringraziamo di cuore Nella Ginatempo (per contatti: nellagin at tiscali.it) per averci trasmesso questo appello diffuso dal gruppo di lavoro del Forum sociale europeo "Bastaguerra" in vista dell'incontro intergovernativo del 4 ottobre a Roma (e della manifestazione del "movimento dei movimenti" che e' stata ancora una volta sciagurata occasione per provocazioni e violenze). Ancora una volta dobbiamo rilevare come anche in questo documento - come purtroppo in troppi altri prodotti dall'ampio e variegato movimento per la pace e la giustizia - manchi il benche' minimo accenno alla scelta della nonviolenza: e questa omissione e' di per se' sufficiente a rendere meno credibili - e astratte e velleitarie - anche le tante cose ragionevoli che nel documento vengono enunciate; poiche' l'omissione della scelta della nonviolenza e' sintomatica di una subalternita' profonda e pervasiva a logiche e condotte che sono, coscientemente o meno, omologhe a - e surdeterminate da, ed imitative di - quelle dei poteri autoritari, guerrafondai, sfruttatori e maschilisti. Senza la scelta della nonviolenza resta inane la volonta' di opporsi alla guerra e alle ingiustizie globali, poiche' senza la scelta della nonviolenza non si esce dalla spirale della violenza - del dominio, dell'alienazione - che tutto suborna e travia e trangugia ed annienta. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita', solo la nonviolenza puo' opporsi in modo limpido ed intrasigente alla violenza dispiegata come a quella cristallizzata, solo la nonviolenza contrasta la guerra e l'oppressione fino alle radici, solo la nonviolenza costituisce un'alternativa di solidarieta' e di liberazione cosciente e coerente] Ci troviamo oggi in uno scenario globale in cui l'unica superpotenza, gli Stati Uniti, la piu' potente del mondo sul piano militare, cerca di imporre il proprio dominio sullo scacchiere mondiale attraverso l'uso della guerra permanente contro tutti gli Stati che non accettano di piegarsi agli interessi assoluti delle multinazionali e del governo Usa, o che si trovano in regioni di importanza strategica. Queste le ragioni profonde delle guerre in Afghanistan e in Iraq, che sono state "vendute" giustificandole con vere e proprie menzogne; queste le ragioni di una tendenza alla "guerra permanente", che progetta altri interventi (in Siria? in Iran? in Africa?). L'Europa purtroppo non e' estranea a questa logica, e se sulla guerra contro l'Iraq i governi europei si sono divisi, nel progetto di trattato costituzionale europeo trova posto una proposta di "difesa comune" che in realta' e' solamente lo strumento della "salvaguardia degli interessi dell'Unione": in questo senso l'"esercito europeo" che si propone - sia esso integrato completamente o parzialmente autonomo dalla Nato - va nella direzione di una forza armata interventista e di presenza e controllo nei paesi del sud. Ancora una volta l'idea di "sicurezza" viene coniugata per costruire una "fortezza Europa", che mentre dimentica diritti e bisogni dei suoi stessi cittadini, prepara politiche di dominio verso gli altri popoli. * La maggioranza delle cittadine e dei cittadini europei, come quelli del resto del mondo, hanno gia' detto no a questo scenario ed alla guerra permanente globale. Per questo il movimento dei movimenti chiede con forza un ruolo nuovo per l'Europa, come continente che rifiuti la sudditanza politica economica e militare agli Stati Uniti, che si opponga al disegno di imporre al mondo la globalizzazione attraverso le guerre, che inizi operativamente una politica di disarmo globale. Il 4 ottobre a Roma manifestiamo anche contro l'Europa della guerra e degli armamenti per un'altra Europa possibile, quella del disarmo e delle politiche attive di pace. L'Europa che vogliamo non solo ripudia tutte le guerre - si chiamino "umanitarie" o "per la sicurezza" e "per la democrazia" - ma rinuncia all'esercito europeo ed alla corsa agli armamenti per produrre una concreta politica di disarmo: - chiudendo gli insediamenti militari Usa e Nato, che costituiscono le basi per la guerra globale, con quegli strumenti di morte che per di piu' vengono fatti transitare attraverso strade porti e ferrovie, piegati alla volonta' di guerra Usa. L'Europa che vogliamo non ha bisogno di queste basi poiche' i rapporti con gli altri Stati e soprattutto con gli altri popoli saranno improntati alla cooperazione e non all'imposizione di un dominio militare; - smantellando missili ed armamenti; questo significa anche riconvertire i meccanismi di spesa, tagliare drasticamente le spese militari e trasformarle in spese sociali, cominciare una riconversione dell'economia, invertendo la tendenza che ha portato a liberalizzare il commercio di armi e ad aumentare le commesse alle industrie di armamenti e di produzione di armi; - rinunciando all'esercito europeo ed alle politiche di potenza militare: l'autonomia della nuova Europa dagli Stati Uniti non si puo' certo ottenere perseguendo una politica di spartizione delle zone di influenza oppure di deterrenza militare. E' solo attraverso un altro modello di rapporti internazionali e attraverso la nuova civilta' della pace che l'Europa potra' avere una sua identita' autonoma e costituire un freno alla barbarie militarizzata che incombe sul mondo; - progettando e costruendo una nuova idea di intervento nelle aree di crisi e di controversie internazionali attraverso i corpi civili di pace, rifiutando la commistione tra missioni umanitarie e uso della forza, tra presunta assistenza e militarizzazione. Oggi le "missioni di pace" del nuovo scenario globale realizzate con corpi militari, si inscrivono nel disegno della guerra permanente globale, costituendone supporto logistico, militare e ideologico. * La politica di disarmo richiede una rottura della complicita' con le occupazioni militari e l'organizzazione di strumenti alternativi, dalle forze di interposizione alla diplomazia dal basso, all'organizzazione delle politiche di solidarieta' e ricostruzione. L'Europa che vogliamo non solo intraprende un'altra politica estera, ma si fa promotrice di una nuova economia che riconverte la produzione di armi in altre produzioni ad uso civile; destina fondi alla cooperazione ed ai diritti sociali di tutti i popoli del mondo, non solo europei; promuove una vera politica di accoglienza per i profughi. Ma soprattutto l'Europa che vogliamo e' l'Europa che promuove la pace; si oppone alle politiche di dominio ed alle occupazioni militari e ritira le sue truppe dall'Iraq, dall'Afghanistan e da tutti i territori occupati - prendendo iniziative concrete per promuovere una pace giusta in Palestina-Israele - e opponendosi, nella pratica e non solo in teoria, alla guerra preventiva, ovvero permanente e globale. 7. APPELLI. PER LA GIUSTIZIA NELLO STATO DI DIRITTO [Riceviamo e diffondiamo il seguente appello sottoscritto da numerosi giuristi di varie universita' italiane. Le adesioni possono essere inviate al sito: www.ordinamentogiudiziario.org oppure al fax: 0118127553] I sottoscritti professori universitari di diritto esprimono radicale dissenso, nel metodo e nei contenuti, rispetto al disegno di legge-delega per la riforma dell'ordinamento giudiziario. Nel metodo va deplorato che una riforma di tale rilievo non sia stata preceduta e accompagnata da un sistematico confronto con operatori e studiosi del diritto nella ricerca, senza dubbio difficile ma del tutto ragionevole, di soluzioni ampiamente condivise. Si e', invece, proceduto nella logica di una "rivincita" del potere politico sulla giurisdizione, nell'indifferenza verso le attese di giustizia del cittadino. Nei suoi contenuti il disegno di legge si ispira ad un modello burocratico e piramidale di magistratura con una progressione in carriera appiattita sui gradi di impugnazione e costellata da farraginosi meccanismi concorsuali; dunque, inidonea a garantire le doti di equilibrio, di saggezza e di professionalita' che si richiedono al giudice sin dal processo di primo grado dove, piu' che altrove, si assumono decisioni destinate ad influire pesantemente sulla liberta' personale, sui diritti e sui beni dell'individuo. In particolare, per quanto riguarda il pubblico ministero, appare poco compatibile coi principi costituzionali l'organizzazione fortemente gerarchica delle procure con la restaurazione ai vertici di poteri, pressoche' illimitati, di sostituzione e di avocazione: inevitabile, in un simile contesto, la possibilita' di pesanti influenze dell'esecutivo sia per quanto riguarda l'esercizio dell'azione penale sia per quanto concerne la conduzione delle indagini, con sostanziale vanificazione dell'obbligatorieta' dell'azione penale e con ricadute sulla stessa uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Una serie di emendamenti ha, poi, ulteriormente peggiorato il testo del progetto, sino a colpire l'essenza stessa della funzione giurisdizionale, l'interpretazione della legge nel caso concreto. Diventa, infatti, illecito disciplinare "l'attivita' di interpretazione di norme di diritto che palesemente e inequivocabilmente sia contro la lettera e la volonta' della legge o abbia contenuto creativo" (art. 7, lettera c), n. 7 del ddl, nella versione approvata il 25 settembre scorso dalla commissione giustizia del Senato in sede referente). La disposizione non riguarda il caso di provvedimenti "abnormi" che non trovino alcun fondamento nella legge; ipotesi gia' autonomamente prevista come illecito disciplinare dal medesimo progetto (art. 7, lettera c), n. 3) e, d'altronde, gia' oggi considerata tale dalla giurisprudenza della sezione disciplinare del Csm. Qui ad essere sanzionata e' l'attivita' stessa di interpretazione della legge, nell'ambito di un progetto "punitivo" che prende le mosse dalla mozione approvata dal Senato il 5 dicembre 2001 allorche' i magistrati del tribunale di Milano furono accusati di "disapplicare una legge dello Stato", a causa dell'indirizzo seguito sul terreno delle rogatorie (e poi confermato dalla Cassazione). E' avvilente dovere, oggi, ricordare che sulla correttezza delle interpretazioni svolte dal giudice si discute, non in via disciplinare, ma nella sede fisiologica delle impugnazioni, e secondo criteri di razionalita' sicuramente non riducibili alla "lettera" e alla "volonta'" della legge; ne' tantomeno a cio' che traspare dal polemico richiamo al "contenuto creativo della decisione". Sono formule che si potrebbero definire semplicemente insensate ed anacronistiche nella parte in cui sottintendono, contro ogni ragionevolezza, il carattere puramente "dichiarativo" del complesso meccanismo conoscitivo che e' l'interpretazione della legge in funzione applicativa; ma capaci, nel quadro dell'azione disciplinare promossa dal ministro, di convertirsi in potenti strumenti di rottura dei valori su cui si regge la giurisdizione in uno Stato di diritto. Dove il giudice e' costretto, per non rischiare il procedimento disciplinare, a uniformare le sue interpretazioni a quelle "gradite" al potere politico non puo' esservi ne' giustizia della decisione ne', prima ancora, efficace esercizio della funzione difensiva, le cui radici affondano nel libero confronto delle opposte tesi e, dunque, nel pluralismo interpretativo. Auspichiamo pertanto che la comunita' dei giuristi e degli operatori del diritto si unisca nella difesa dei valori fondamentali della giurisdizione. 9 ottobre 2003 Prime adesioni: Alberto Alessandri (Universita' di Milano Bocconi); Adele Anzon (Universita' Roma Due); Umberto Allegretti (Universita' di Firenze); Marta Bargis (Universita' del Piemonte Orientale A. Avogadro); Ernesto Bettinelli (Universita' di Pavia); Raffaele Bifulco (univ. Lecce); Francesco Bilancia (univ. Chieti-Pescara); Francesco Caprioli (Universita' di Cagliari); Michele Carducci (Universita' di Lecce); Paolo Caretti (Universita' di Firenze); Agatino Cariola (Universita' di Catania); Federico Carpi (Universita' di Bologna); Antonio Carratta (Universita' di Macerata); Isa Castangia (Universita' di Cagliari); Massimo Ceresa Gastaldo (Universita' di Milano Bocconi); Sergio Chiarloni (Universita' di Torino); Stefano Maria Cicconetti (Universita' Roma Tre); Paolo Comanducci Universita' di Genova); Franco Coppi (Universita' di Roma La Sapienza); Giorgio Costantino (Universita' di Bari); Franco Della Casa (Universita' di Genova); Gianmario Demuro (Universita' di Cagliari); Alfonso Di Giovine (Universita' di Torino); Mario Dogliani (Universita' di Torino); Emilio Dolcini (Universita' di Milano Statale); Leopoldo Elia (Universita' di Roma La Sapienza); Giovanna Falzone (Universita' di Cagliari); Elio Fazzalari (Universita' di Roma La Sapienza); Giovanni Ferrara (Universita' di Roma La Sapienza); Luigi Ferrajoli (Universita' di Camerino); Paolo Ferrua (Universita' di Torino); Maurizio Fioravanti (Universita' di Firenze); Rosanna Gambini (Universita' di Torino); Silvio Gambino (Universita' della Calabria); Andrea Giorgis (Universita' del Piemonte Orientale A. Avogadro); Glauco Giostra (Universita' di Macerata); Ettore Gliozzi (Universita' di Torino); Tania Groppi (Universita' di Siena); Carlo Federico Grosso (Universita' di Torino); Enrico Grosso (Universita' del Piemonte Orientale A. Avogadro); Riccardo Guastini (Universita' di Genova); Roberto Kostoris (Universita' di Padova); Lucio Lanfranchi (Universita' di Roma La Sapienza); Sergio Lariccia (Universita' di Roma La Sapienza); Elisabetta Loffredo (Universita' di Cagliari); Gilberto Lozzi (Universita' di Roma La Sapienza); Alberto Lucarelli (Universita' di Napoli Federico II); Angelo Luminoso (Universita' di Cagliari); Joerg Luther (Universita' del Piemonte Orientale A. Avogadro); Giorgio Marinucci (Universita' di Milano Statale); Enrico Marzaduri (Universita' di Pisa); Francesco Merloni (Universita' di Perugia); Roberto Miccu' (Universita' di Roma La Sapienza); Serafino Nosengo (Universita' del Piemonte Orientale A. Avogadro); Renzo Orlandi (Universita' di Firenze); Alessandro Pace (Universita' di Roma La Sapienza); Francesco Palazzo (Universita' di Firenze); Elisabetta Palici Di Suni (Universita' di Torino); Piero Pinna (Universita' di Sassari); Alessandro Pizzorusso (Universita' di Pisa); Salvatore Prisco (Universita' di Napoli Federico II); Andrea Proto Pisani (Universita' di Firenze); Francesco Rigano (Universita' di Pavia); Guido Rossi (Universita' di Milano Statale); Antonio Ruggeri (Universita' di Messina); Giovanni Serges (Universita' Roma Tre); Stefano Sicardi (Universita' di Torino); Delfino Siracusano (Universita' di Roma La Sapienza); Emanuele Somma (Universita' di Genova); Luisa Torchia (Universita' di Urbino - Scuola superiore pubblica amministrazione); Giuseppe Verde (Universita' di Palermo); Mauro Volpi (Universita' di Perugia); Roberto Weigmann (Universita' di Torino); Enzo Zappala' (Universita' di Catania). 8. MAESTRE. HANNAH ARENDT: E IL GOVERNO... [Da Tra amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975, Sellerio, Palermo 1999, p. 545. E' un frammento da una lettera di Hannah Arendt alla sua grande amica, scritta da Chicago il 15 maggio 1972. Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America; e' tra le massime pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice, intervenne ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori' a New York nel 1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo l 'anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo l'anno dell'edizione originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima edizione 1951), Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Tra passato e futuro (1961), Garzanti, Milano; La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), Feltrinelli, Milano; Sulla rivoluzione (1963), Comunita', Milano; postumo e incompiuto e' apparso La vita della mente (1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di brevi saggi di intervento politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano, 1985. Molto interessanti i carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969. Filosofia e politica, Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975, Sellerio, Palermo 1999). Una recente raccolta di scritti vari e' Archivio Arendt. 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001; Archivio Arendt 2. 1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e' la biografia di Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri, Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella, Hannah Arendt, Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti, Vita della mente e tempo della polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt, Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro sguardi su Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. Friedmann, Hannah Arendt, Giuntina, Firenze 2001. Per chi legge il tedesco due piacevoli monografie divulgative-introduttive (con ricco apparato iconografico) sono: Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999; Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000] E il governo, temo, scoprira' un "complotto comunista", identificandolo con l'opposizione, e usando questo come un buon pretesto per minare ancora di piu' i diritti costituzionali. 9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 10. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 702 del 13 ottobre 2003
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