[AI] - Iraq: osservatorio sull ’occupazione e critiche al governo di transizione



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Iraq: osservatorio sull’occupazione e critiche al governo di transizione

Alla conferenza stampa dell’Onu dei Popoli di venerdi 10 ottobre sono
intervenuti oltre a Flavio Lotti, coordinatore di Tavola della Pace, i
rappresentanti delle tre principali religioni professate in Iraq: Jamil
Nisan parroco cattolico caldeo di Baghdad, Safai Abd-Alraham Alnsari,
sciita e Abdalslam Daood Soidan sannita. Ha partecipato inoltre Eman Ahmed
Khammas giornalista irachena co-direttore dell’Occupation Watch Center,
l’osservatorio internazionale sull’occupazione.

La presenza congiunta dei rappresentanti delle religioni ha voluto
dimostrare la volontà e la possibilità di parlare insieme di pace e
libertà per l’Iraq, invocando un impegno concreto a sostegno della libertà
e della giustizia nella loro terra. A questo proposito Jamil Nisan ha
sostenuto che in Iraq ci sono forze che lavorano contro la pace e la
giustizia ha inoltre sottolineato che le forze politiche locali possono
svelare chi sono queste forze. I rappresentanti sciita e sannita, che
lavorano in un istituto che rappresenta tutte le fedi religiose presenti
in Iraq, hanno sottolineato il loro atteggiamento critico nei confronti
del governo di transizione iracheno in quanto insediato dagli
anglo-americani e non rappresentante il popolo iracheno. “Anche se alcuni
membri appartenevano alle forze di opposizione contro Saddam e sono di
indiscusso valore – ha dichiarato la delegazione irachena - hanno
accettato una scorciatoia per governare il paese senza aspettare un
mandato popolare e per questo spera che le forze di occupazione si
trattengano il più possibile in Iraq”.

Occupation Watch Iraq

Oggi in Iraq è nato un osservatorio internazionale sull’occupazione, un
organo di giornalisti che si sta occupando del recupero di informazioni in
merito alle vittime della guerra ma che sta incontrando l’ostacolo dovuto
alle direttive anglo-americane di non rilasciare informazioni ai
giornalisti. Eman Ahmed Khammas ha sottolineato l’illegalità della guerra
nel suo paese in quanto fondata su bugie: “l’Iraq non possedeva armi di
distruzione di massa, l’Iraq non ha mai avuto rapporti con Al Queda
pertanto non ha avuto nessuna responsabilità nell’attentato dell’11
settembre - Se la guerra preventiva è stata costruita su bugie ci si può
aspettare un futuro di bugie e di illegalità”. “Sono state comunque
contate 20.000 vittime tra morti e feriti durante i bombardamenti, ma
l’aspetto più grave è l’attuale mancanza di sicurezza nel paese tanto da
riscontrare anche 1000 vittime alla settimana dovute al fuoco alleato ma
anche alla criminalità diffusa e non controllata. Si stanno verificando
sparizioni di cittadini iracheni, i soldati americani arrestano persone in
maniera indiscriminata e li isolano nei campi di detenzione”.

Un’interessante contributo capace di gettare luce sui retroscena della
ricostruzione post-bellica in Irak è giunto da Eman Ahmed Khammas (Irak),
giornalista e co-direttrice dell'Occupation Watch Center (Osservatorio
sull'occupazione in Irak). Khammas afferma che la ricostruzione dell'Irak
viene gestita da imprese americane che commettono dei crimini economici
perché stanno escludendo il popolo dal partecipare alla ricostruzione del
proprio paese. Ci sono 9-10 milioni di iracheni disoccupati perché la
maggior parte delle istituzioni in Irak sono state distrutte: un problema
che ha due facce, un problema di ordine economico e uno abitativo, in
quanto molti sono stati sfrattati. Molti, per esempio, dormono in scuole
occupate. L’autorità di occupazione ha detto che ci sono 70.000 iracheni
senza tetto solo a Baghdad. In una situazione di tale insicurezza non è
possibile ricostruire l'Iraq (i saccheggi e gli omicidi si stanno
moltiplicando). Vi è inoltre il problema dei risarcimenti; le sanzioni
degli ultimi 13 anni hanno reso impossibile saldare il debito verso il
Kuwait che ammonta ora a 3.300 miliardi di dollari. L’ordine sociale è
turbato dalle continue violenze e da una situazione lavorativa
insostenibile; l’Irak importa petrolio, pur essendo il secondo Paese tra i
produttori! Una settimana fa il governo insediato dagli americani ha
sancito che le imprese straniere potranno avere la proprietà totale delle
imprese locali. Questi sono i principali motivi che spingono la
popolazione a resistere nei confronti dell’occupazione americana.

Per approfondimenti : www.occupationwatch.org