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La nonviolenza e' in cammino. 691
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 691
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 1 Oct 2003 21:03:34 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 691 del 2 ottobre 2003 Sommario di questo numero: 1. Lidia Menapace: storia umana e principio speranza 2. Lanfranco Mencaroni: Europa nonviolenta e liberalsocialista (un contributo alla proposta di Lidia Menapace) 3. Severino Vardacampi: sulla proposta di Lidia Menapace e sull'urgenza di tradurla in un'ampia campagna politica 4. Rete "Ebrei contro l'occupazione": un appello per la pace 5. "Azione nonviolenta" di ottobre 6. Mao Valpiana: il sentiero, lungo e bello, della politica nonviolenta 7. Aggiornamento del sito de "Il paese delle donne" 8. Maria D'Amico: costruire ponti di pace 9. Teologhe in Europa 10. Angelo Baracca: il riarmo atomico 11. Laura Moschini presenta "Mary Wollstonecraft. Diritti umani e rivoluzione francese" di Roberta Modugno 12. Letture. Amelie Nothomb, Igiene dell'assassino 13. Riletture: Albert Camus, L'uomo in rivolta 14. Riletture: Francoise Sironi, Persecutori e vittime 15. Riletture: Franco Venturi, Il populismo russo 16. Riletture: Vera Zasulic, Olga Ljubatovic, Elizaveta Kovalskaja, Memorie di donne terroriste 17. La "Carta" del Movimento Nonviolento 18. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. LIDIA MENAPACE: STORIA UMANA E PRINCIPIO SPERANZA [Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: llidiamenapace at virgilio.it) per questo intervento. Lidia Menapace e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La maggior parte degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. (a cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001] Ringrazio tutti/tutte quelle che prendono la parola sulla proposta di un'Europa neutrale attiva ecc. La proposta che avanzai anni fa nella forma odierna, solo un po' meno ricca e corposa, parte dal desiderio di avere una ipotesi da mettere avanti di fronte alla disperante ripetitivita' dei discorsi di chi si occupa di Europa. Il testo del Trattato (che non e' ancora una Costituzione ma tende a diventarla e ad essere vincolante come gia' vincolanti sono stati tutti i Trattati europei - Maastricht, Schengen ecc. - e che presenta procedure di modifica pressoche' impossibili a percorrersi) e' collegato con il peggio della storia europea, la storia del continente piu' aggressivo e cruento dell'intero pianeta (io pure ho proposto che l'Europa faccia una pubblica e solenne autocritica e cesura col suo passato). Noi cerchiamo di vedere se in quella storia terribile non vi sia nulla da salvare: e a noi pare che due movimenti (quello operaio e quello delle donne nati in Europa) abbiano sempre e solo usato tutti gli strumenti dell'azione nonviolenta e con cio' abbiano pero' cambiato la faccia della terra. Gli e le aderenti a tali movimenti sono stati per lo piu' neutralisti e non interventisti in occasione della prima guerra mondiale e resistenti nonviolenti nel corso della seconda. La storia e' tutta da rileggere: quella di Hitler fu una "resitstibile ascesa" come diceva Bert Brecht, e la Societa'delle Nazioni fu scavalcata dall'alleanza tra Mussolini e Hitler, uno dei segni funesti dell'arrivo della seconda guerra mondiale, e non poco e' da sottolineare l'inerzia degli altri paesi. Poi gli Usa intervennero, ma prima non fecero nulla per prevenire l'avvento del nazismo. Se oggi ci si mette in concorrenza militare con gli Usa la quarta guerra mondiale e' gia' vinta dagli Usa stessi che gia' hanno vinto la terza appunto inducendo l'Urss all'antagonismo militare invece che all'alternativa politica, sociale e morale. * Da due anni chiedo che mi si dica come debbo chiamare una posizione che rifiuta la guerra, se nel diritto internazionale chi rifiuta la guerra viene definito neutrale. Non e' detto che sia sempre una posizione nobile; e la Svizzera non e' simpatica: ma la Svezia e la Finlandia sono certo meglio e anche l'Austria. Non possiamo studiare i loro modelli di difesa e collocare l'Europa al livello piu' basso a scendere? Non riesco a stare zitta e inerte (questa non sarebbe neutralita' bensi' accidia) mentre il mondo sta andando verso la guerra. Credo che nemmeno gli Usa possano comprare tutto e si sono gia' trovati in difficolta' al Consiglio di sicurezza; e a Cancun una inedita alleanza tra paesi poveri e movimenti alternativi dei paesi ricchi rivela di avere una qualche possibilita' di azione efficace. A Riva del Garda si e' molto discusso e anche efficacemente. Non e' colpa nostra se i giornalisti erano tutti li' ad aspettare gli scontri, e li avrebbero inventati se non ci fossero stati, nell'indifferenza di quelli che discutevano. E non si sono nemmeno accorti che la "Commissione giustizia e pace" dell'archidiocesi di Trento aveva aderito al forum e vi prendeva parte. * Un paese neutrale non fa guerre e nemmeno politiche aggressive, e si sottopone al giudizio della comunita' internazionale se ne avvia; non offre il suo territorio ne' il suo spazio aereo al passaggio di truppe o di velivoli, non ospita basi militari sul suo territorio: questa sarebbe una base giuridica per avviare un contenzioso con la Nato, ad esempio. Dico una cosa per me pregiudiziale: la democrazia e' fondata su una idea positiva della specie umana, cioe' che nell'ambito delle cose probabili (che sono appunto il terreno sul quale si prendono decisioni politiche) le persone, se correttamente informate, tendono a scegliere per il meglio; e se si accorgono, o viene loro dimostrato, di avere sbagliato sono disposte a correggere le loro decisioni alla prima scadenza utile. Se si crede che non vi sia rimedio e che il mondo vada al peggio "per natura" e tutto e' perduto, meglio fare novene perche' una qualche divinita' trovi un buon tiranno che prenda le decisioni indiscutibili per tutti e tutte. Senza una qualche fiducia nella ragione - in una certa luce che si puo' fare in qualsiasi coscienza - e, insomma, senza speranza, non vi puo' essere democrazia. 2. RIFLESSIONE. LANFRANCO MENCARONI: EUROPA NONVIOLENTA E LIBERALSOCIALISTA (UN CONTRIBUTO ALLA PROPOSTA DI LIDIA MENAPACE) [Ringraziamo Lanfranco Menacaroni (per contatti: capitini at tiscalinet.it) per averci inviato come contributo alla riflessione sulla proposta di Lidia Menapace questo intervento gia' apparso sul "Cos in rete" di giugno. Lanfranco Mencaroni, amico e collaboratore di Aldo Capitini, e' infaticabile prosecutore dell'opera comune, animatore dell'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini (per contatti: capitini at tiscalinet.it) e curatore del sito del "Cos in rete" (www.cosinrete.it) che mette a disposizione una ricchissima messe di testi di e su Capitini, ed e' un fondamentale punto di riferimento per amici e studiosi della nonviolenza] Andrew Moravcsik, direttore dei programma Unione Europea all'Universita' di Harvard, ha espresso, in un articolo sulla "Stampa" del 3 maggio 2003, la sua opinione contraria alla costituzione di una forza militare europea e favorevole all'importante presenza che l'Europa ha gia' conquistato nel campo civile, dell'assistenza allo sviluppo e delle operazioni di peace-keeping. * La espone con argomentazioni concrete e in buona parte condivisibili, come: "Una forza militare coordinata, capace di combattere una guerra ad alta tecnologia e bassa mortalita', richiederebbe dagli europei un aumento della spesa militare - attualmente intorno al 2 per cento del prodotto interno lordo - fino a oltre la percentuale Usa del 4 per cento. Nessuna opinione pubblica europea accetterebbe una scelta del genere... Una forza europea di reazione rapida potrebbe essere utile per operazioni di peace-keeping ma non sarebbe mai in grado di rovesciare un deciso unilateralismo americano. C'e' poi anche un problema di coerenza: Questo modo di vedere le cose distrae l'Europa dal suo autentico vantaggio nella politica mondiale: un potere civile e semi-militare. L'Europa e' la 'superpotenza tranquilla'. Sono almeno cinque i modi in cui l'Europa puo' influenzare la pace e la guerra tanto quanto gli Stati Uniti. Primo: l'accesso all'Unione europea - forse il singolo strumento politico piu' potente per decidere la pace e la sicurezza nel mondo l'oggi. Secondo: gli europei forniscono piu' del 70 per cento di tutta l'assistenza allo sviluppo. E quattro volte piu' di quanto diano gli Stati Uniti ed e' molto piu' equamente erogata, spesso da organizzazioni multilaterali. Terzo: le truppe europee, in genere sotto auspici multilaterali, aiutano a mantenere la pace nei piu' disparati punti caldi, come il Guatemala o l'Eritrea. I membri dell'Unuone Europea o gli aspiranti tali contribuiscono alle truppe di pace dieci volte piu' degli Stati Uniti. Quarto: il controllo da parte di istituzioni internazionali, appoggiate dall'Europa, costruisce la fiducia globale che serve per gestire le crisi. La crisi irachena si sarebbe svolta in modo assai diverso se gli europei avessero potuto offrire l'opzione di mandare in Iraq, ad esempio, dieci volte piu' ispettori dieci mesi prima. Gli americani non solo non hanno la volonta' ma sono anche incapaci per complesse ragioni interne, culturali e istituzionali di dispiegare davvero una forza civile. Questa e' l'autentica debolezza dell'attuale strategia Usa, perche' senza commercio, aiuti, peacekeeping, controlli e legittimita', nessun esercito unilaterale puo' stabilizzare un mondo turbolento... L'Europa farebbe meglio a investire il suo capitale politico o economico in azioni apertamente complementari: il potere civile europeo, se dispiegato in modo piu' coerente, potrebbe essere lo strumento efficace e credibile di una moderna arte di governo europea, che magari otterrebbe una maggiore comprensione americana. L'Europa potrebbe riuscire a farsi sentire piu' spesso e senza bisogno di un esercito piu' grande". * Naturalmente non siamo d'accordo sulla rassegnata accettazione del dominio militare americano ne' sulla impossibilita' di contrastarlo con le tecniche della nonviolenza, anche se Moravcsik stesso suggerisce che un'Europa unita e compatta nelle iniziative umanitarie avrebbe un notevole influenza politica sullo scacchiere mondiale. Moravcsik non e', che si sappia, un amico della nonviolenza, ma le sue proposte sono tutte basate sulle tecniche della nonviolenza che ormai girano per il mondo. Anche l'uso delle forze militari per compiti di peace-keeping e' accettato da molti nonviolenti purche' sia alle dipendenze di organismi internazionali, come l'Onu. Anzi, uno degli obiettivi dei nonviolenti e' quello di lavorare alla sostituzione dell'imperialismo americano unilaterale con il famoso corpo di polizia internazionale previsto dallo Statuto dell'Onu, e un'Europa nonviolenta sarebbe un mezzo per raggiungere questo scopo. Non lo pretendiamo da Berlusconi, Bossi e La Russa, ma continuiamo a credere che la scelta della nonviolenza liberalsocialista darebbe alla sinistra le energie necessarie per contribuire al cambiamento. 3. RIFLESSIONE. SEVERINO VARDACAMPI: SULLA PROPOSTA DI LIDIA MENAPACE E SULL'URGENZA DI TRADURLA IN UN'AMPIA CAMPAGNA POLITICA [Al chilometrico titolo di questo articolo del nostro amico e collaboratore Severino Vardacampi si potrebbe forse aggiungere anche la proposizione seguente: "... e sull'opportunita' di fare titoli piu' corti"] Mi permetterei di riassumere cosi' quello che ho colto della proposta di Lidia Menapace per un'"Europa neutrale e attiva, disarmata, smilitarizzata e nonviolenta" e della vivace polifonica riflessione in corso anche su questo foglio. a) che prima che certi giochi siano fatti e certi spazi siano chiusi (stesura definitiva della cosiddetta "Costituzione europea", rinnovo del Parlamento europeo e relativa composizione sulla base dei programmi delle forze che vi concorrono, decisioni poi difficilmente reversibili su quale modello di difesa e quale politica di sicurezza europea) e' necessario che il cosiddetto "popolo della pace" si faccia sentire. Il momento e' ora, dopo sara' troppo tardi. b) Ed e' necessario che si faccia sentire non solo come coscienza critica e voce che protesta, ma come soggetto politico e intellettuale collettivo che avanza una proposta, come dice un nostro noioso amico, "di nonviolenza giuriscostituente". c) E questa proposta e' quella che nelle sue linee essenziali (sulle quali ovviamente la riflessione continua, la ricerca e' aperta, la formulazione e' in fieri) e' stata elaborata soprattutto dal e nel movimento delle donne, ed in particolare nella riflessione della Convenzione permanente di donne contro le guerre, e per merito precipuo di Lidia Menapace. d) Possiamo discutere su quale sia la formula sintetica migliore (poiche' anche le formule contano, certo, in una societa' della comunicazione veloce e che ai ragionamenti tende a sostituire le immagini), ma francamente trovo poco affascinante disquisire sulle parole quando mi pare che il concetto sia chiarissimo, e il concetto mi pare che sia il seguente: I. una Europa che ripudi la guerra come modalita' di gestione e risoluzione dei conflitti; II. una Europa che faccia propria fino in fondo la tradizione della "neutralita' attiva" che si oppone alle guerre e alle violenze strutturali; III. una Europa che incardini la propria politica comune di difesa e sicurezza, e di cooperazione internazionale e di costruzione della pace, sulla scelta della nonviolenza come progetto politico e giuridico oltre che come metodologia ermeneutica ed operativa; IV. una Europa che scelga quindi la via del disarmo e della smilitarizzazione; quindi una Europa che avvii subito la difesa popolare nonviolenta ed i corpi civili di pace come proposte concrete immediatamente attuabili; V. una Europa che, vincolandosi alla neutralita' attiva e operante, sia sostegno sicuro e forte di un'Onu rinnovata nel segno della fedelta' e dell'inveramento di quanto nitidamente stabilito nel preambolo della Carta delle Nazioni Unite e nella Dichiarazione universale dei diritti umani. e) Poi certo ci sono anche altre mille cose da fare, ma una campagna sulla proposta qui sopra frettolosamente e lacunosamente riassunta mi sembra che sia l'urgenza delle urgenze qui e adesso per tutte le persone di volonta' buona che non vogliano limitarsi alla protesta o alla testimonianza, ma vogliano essere anche costruttrici di pace. 4. APPELLI. RETE "EBREI CONTRO L'OCCUPAZIONE": UN APPELLO PER LA PACE [Dal quotidiano "Il manifesto" del 28 ottobre riprendiamo questo appello della Rete "Ebrei contro l'occupazione" (per contatti: rete.eco at virgilio.it)] Rosh Hashana e Yom Kippur quest'anno coincidono con l'acuirsi della crisi in Medio Oriente che a lungo termine non promette nulla di buono per la pace e la sicurezza in Israele. Avraham Burg, leader della Knesset dal 1999 al 2003 lo scorso mese ha scritto: "La nazione israeliana oggi poggia su una struttura fatta di corruzione e su fondamenta fatte di oppressione ed ingiustizia... cio' che serve e' una visione nuova di una societa' giusta e la volonta' politica di farla vivere", ammonendo che "gli ebrei della diaspora... devono prendere posizione". Nessuna nuova visione verra' dal governo Sharon. Quel governo sta tradendo la sua gente minando ogni speranza di pace dalla quale dipende la futura sicurezza degli israeliani e dei palestinesi. E' difficile interpretare la sua politica degli ultimi mesi come qualcosa di diverso da un tentativo di distruggere la Road Map, mentre a parole la si sostiene. La sua politica di "uccisioni mirate" di leaders di Hamas ha reso inevitabile il collasso della recente tregua che aveva portato nuova speranza alla gente comune sia israeliana che palestinese. Il tanto sbandierato smantellamento di alcuni avamposti colonici e' stato accompagnato dalla costruzione di altri avamposti e dall'espansione degli insediamenti esistenti. Perdurano immutate le angherie ai check-points. Di pari passo procede la costruzione del "muro di separazione", un'operazione che divora terreni spingendosi in profondita' dentro la Cisgiordania. Quando sara' completato il proposto muro orientale, ai palestinesi non restera' che il 42% della Cisgiordania, in un ghetto creato da Israele. Intanto villaggi palestinesi vengono separati dalle proprie terre, comunita' divise, distrutti ed espropriati uliveti - ed alimentato il risentimento. Sharon ha recentemente affermato di rappresentare tutti gli ebrei. Noi diciamo: "Non in nostro nome". Ne' in nome degli israeliani di cui salutiamo il coraggio nel continuare la propria lotta per un percorso diverso: i refusniks, che pagano un pesante prezzo per seguire le proprie coscienze rifiutando di servire in un esercito di occupazione; coloro che operano per i diritti civili e la giustizia sociale all'interno di Bat Shalom, B'Tselem, Gush Shalom, Israeli Campaign against House Demolitions, MachsomWatch, il Settlement Watch di Peace Now, Physicians for Human Rights, Rabbis for Human Rights, Ta'ayush e di altre organizzazioni. Ci appelliamo a tutti gli ebrei affinche' si uniscano a noi nel sostenere le comuni richieste del movimento per la pace israeliano e palestinese: per lo smantellamento del "muro di separazione", il ritiro dai territori occupati e degli insediamenti; per il riconoscimento della parte di responsabilita' che Israele ha nella creazione del problema dei profughi palestinesi. Rete "Ebrei contro l'occupazione" * Questo appello e' promosso da European Jews for a Just Peace (Ejjp), una rete di diciotto gruppi ebraici in nove paesi europei e viene pubblicato questa settimana in tutta Europa. Per contattare Ejjp: e-mail: ejjp at ejjp.org oppure scrivere a Eajg, Postbus 59506, 1040 LA Amsterdam. Sito: www.ejjp.org Per contatti in Italia: rete.eco at virgilio.it 5. STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA" DI OTTOBRE [Dalla redazione di "Azione nonviolenta" (per contatti: azionenonviolenta at sis.it) riceviamo e diffondiamo] "Azione nonviolenta" e' la storica rivista fondata da Aldo Capitini nel 1964. Da allora esce regolarmente ogni mese, edita dal Movimento Nonviolento, ed e' un punto di riferimento per tutti gli amici della nonviolenza. E' possibile chiedere una copia omaggio inviando una e-mail a: azionenonviolenta at sis.it, indicando nome, cognome ed indirizzo preciso cui inviarla. E' uscito il numero di ottobre 2003. Questo mese: Il sentiero, lungo e bello, della politica nonviolenta, di Mao Valpiana; Camminare assieme e' meglio che camminare da soli, di Daniele Lugli; Incontrare il lupo, dentro e fuori di noi, di Nanni Salio; Realizzare in Europa una forza di difesa nonviolenta, di Gianni Tamino; Prevenire i conflitti, gestire le crisi, di Paolo Bergamaschi; Come vede il paesaggio un albero?, di Loretta Viscuso; Immagini e sapori dal sentiero Assisi-Gubbio (di Enrico Pompeo, Marco Baleani, Asma Haywood, Franco Perna, Enrico Peyretti, Pasquale Pugliese); Dopo il fallimento di Cancun, di Gianni Scotto; Verso un'economia di giustizia, di Alberto Zoratti; Milioni di drogati di energia elettrica, di Paolo Macina; Le emozioni del conflitto, di Chiara Manina e Mariella Lajolo; I gesti sinbolici delle comunita' di base, di Luca Giusti; La lunga lotta contro le precettazioni, di Sergio Albesano; Canto e suono contro l'imperialismo, di Paolo Predieri; libri; appuntamenti. In copertina: La nonviolenza e' femminile e giovane. In ultima: Francesco e il lupo di Gubbio. * "Azione nonviolenta" e' una rivista di formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo. A fianco degli articoli di approfondimento dell'attualita' e della teoria della nonviolenza, vengono mensilmente proposte le rubriche: Educazione, Lilliput, Economia, Storia, Cinema, Musica, Alternative, L'azione, Libri, Appuntamenti. Direttore e' Mao Valpiana. L'archivio degli ultimi anni della rivista, con possibilita' di ricerca per parole chiave, ed aggiornamenti quotidiani, e' presente nel sito: www.nonviolenti.org Abbonamento annuoò euro 25, da versare sul ccp n. 10250363, intestato ad "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona. Per informazioni: "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org 6. RIFLESSIONE. MAO VALPIANA: IL SENTIERO, LUNGO E BELLO, DELLA POLITICA NONVIOLENTA [Ringraziamo Mao Valpiana, direttore di "Azione nonviolenta" (per contatti: azionenonviolenta at sis.it) per averci messo a disposizione il suo editoriale che apre il numero di ottobre della storica rivista fondata da Aldo Capitini. Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' membro del comitato di coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 di questo notiziario] Questo numero di "Azione nonviolenta" e' dedicato in gran parte al resoconto dettagliato dell'iniziativa "In cammino per la nonviolenza" che e' stata preparata nel corso di un anno con le "dieci parole della nonviolenza" e si e' sviluppata dal 4 al 7 settembre lungo la camminata Assisi-Gubbio, con il convegno "Al posto della guerra", il laboratorio per bambini "Tra i rami dell'albero", e la festa per i quaranta anni di "Azione nonviolenta". Il Movimento Nonviolento ha investito molto in questa proposta, molte energie fisiche e finanziarie. Ideale e concreto proseguimento della marcia nonviolenta Perugia-Assisi "Mai piu' eserciti e guerre" del settembre 2000, pensato e avviato fin dal congresso di Ferrara del 2002, il progetto ha trovato subito molto consenso tra gli amici della nonviolenza. Il lungo lavoro e' stato ripagato dal risultato. Da un punto di vista comune il bilancio politico sarebbe negativo: nemmeno una riga sui giornali nazionali, nessun interlocutore esterno. Ma noi non cercavamo questo. Cercavamo un luogo periferico, una dimensione dove poter sperimentare una politica non urlata, fatta a bassa voce, e quel che cercavamo l'abbiamo trovato. Finalmente abbiamo realizzato un evento nel quale siamo davvero riusciti a mettere in pratica il "piu' lentamente, piu' profondamente, piu' dolcemente". Ci siamo presi tutto il tempo per fare le cose bene e con calma. Abbiamo camminato piano per aspettare gli ultimi. Abbiamo approfondito le ragioni della nonviolenza scavando in fondo al significato delle dieci parole. Abbiamo apprezzato la bellezza del paesaggio, cercato relazioni vere, fatto festa con semplicita'. Finalmente un'iniziativa senza l'ansia di dover conquistare una notizia sul giornale, nessun leader da intervistare, senza volti noti cui affidare il comizio finale; finalmente una marcia senza slogan idioti, senza egocentrici pronti all'assalto della telecamera; finalmente un convegno senza la smania di dover approvare un documento, senza niente da votare; finalmente un concerto senza primedonne, big o star; finalmente una volta in cui i bambini partecipano davvero da bambini; finalmente con pochi soldi si sono fatte tante cose, senza sprechi, con il bilancio in pareggio (chi ha una minima esperienza di eventi istituzionali, organizzati da partiti o da associazioni, sa di cosa sto parlando). Abbiamo realmente sperimentato un modo nonviolento di condurre un'iniziativa politica. E questo e' gia' un valore in se'. Sappiamo di non dover guardare ai numeri, ma alla qualita' della proposta. Il confronto fra le poche decine del sentiero nonviolento e le migliaia di una qualsiasi manifestazione pacifista sarebbe schiacciante. Ma non e' questo. La nostra proposta era circoscritta e limitata e mirava proprio al coinvolgimento personale di chi vuole intraprendere un cammino nonviolento particolare e specifico. In questo senso tutti i partecipanti hanno espresso soddisfazione, si sono sentiti protagonisti di un evento importante per se stessi e per la crescita del movimento, che ha dimostrato di avere la maturita', l'autorevolezza e la capacita' di mettere in campo molte risorse umane per poter realizzare la propria politica della nonviolenza. Per poter agire ("Azione nonviolenta" e' il titolo della nostra rivista) ci vuole una coscienza salda, personale e collettiva. Questa iniziativa ha certamente rafforzato la coscienza del nostro movimento. 7. STRUMENTI. AGGIORNAMENTO DEL SITO DE "IL PAESE DELLE DONNE" [Dalla redazione de "il paese delle donne" (per contatti: e-mail: womenews at womenews.net, sito: www.womenews.net) riceviamo e diffondiamo] Nel sito de "Il paese delle donne" trovate il nuovo numero da cui segnaliamo: - La borsa e la vita, di Marta Marsili. Imprimere una prospettiva di genere alla lotta contro l'Organizzazione mondiale del commercio: analisi e proposte per uno sviluppo sostenibile che tenga conto dei fattori sociali e ambientali dal Forum per i diritti delle donne di Cancun. - Europa: approvato il rapporto di Luisa Morgantini su commercio e sviluppo. Il Parlamento europeo, riunito in sessione plenaria a Strasburgo dal primo al 4 settembre, ha approvato il rapporto di Luisa Morgantini (commissione Sviluppo e cooperazione) su: commercio e sviluppo - come aiutare i Paesi in via di sviluppo a beneficiare degli scambi. - L'energia dell'idrogeno, di Alessandra Giannasi. L'opportunismo mediatico di Jeremy Rifkin gli ha permesso, ancora una volta, di essere considerato il precursore indiscusso dell'economia del futuro. Il suo saggio, "L'economia dell'idrogeno", ha contagiato una vasta parte della societa' che sarebbe normalmente rimasta ai margini dello sviluppo scientifico, dei laboratori di ricerca, dei congressi specialistici. - Insieme diverse contro le guerre. Il Gruppo Donne e Guerra: relazione di Patricia Taught e Imma Barbarossa dopo le riunioni a Firenze il 18 maggio e il 14 settembre 2003. Il gruppo e' formato da donne associate o singole che da anni riflettono con pensieri e pratiche sulla guerra preventiva, permanente, costituente, che oggi rappresenta il contesto e il testo del nostro presente. - The wall, di Marcella Mariani. Un appello arrivato da Ayse Berktay porta alla nostra attenzione la drammaticita' della decisione israeliana di costruire un muro per separare territori e popolazioni palestinesi e israeliane. - Assassinio e dialogo, di Gila Svirsky. Una testimonianza di azioni di pace da Gerusalemme, nella traduzione di Laura Bergomi apparsa sulla mailing-list Lisistrata. - Essere cittadine nei Balcani. Dall'inizio degli anni novanta, la regione dei Balcani si trova in fase di profonda trasformazione politica, istituzionale ed economica. Qual e' l'impatto che questi processi hanno sui diritti socio-economici delle donne? Che ne e' della parita' di genere? - Impiccagione per "legittima difesa"? La pubblicazione della lettera aperta di una giornalista residente in Iran, Freshteh Ghasi, indirizzata ai capi dei tre poteri (esecutivo, legislativo e giudiziario) in Iran, ha attirato l'interesse dei mass media al caso di Afsaneh Noruzi condannata all'impiccagione. - Prevenire e combattere la violenza. Nel corso del seminario tenutosi lo scorso 17 settembre a Roma si e' tornate a parlare nello specifico delle iniziative dell'Aidos in Nepal e Russia in occasione della presentazione del progetto per prevenire e combattere la violenza di genere attraverso la rete dei servizi sanitari, lanciato in dieci paesi da Aidos e Unfpa. - Il corpo femminile nel disordine mondiale. Hanno parole per dirlo, le donne, l'attuale disordine mondiale? Hanno intenzioni, passioni, timori propri a riguardo? E di quali donne stiamo parlando? A queste domande cerchera' di rispondere il seminario organizzato dall'Udi il 4 e 5 ottobre a Roma, in via dell'Arco di Parma 15. 8. INCONTRI. MARIA D'AMICO: COSTRUIRE PONTI DI PACE [Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net) riprendiamo questo resoconto dell'undicesimo incontro internazionale delle Donne in nero svoltosi in agosto a Marina di Massa. Maria D'Amico, con un'ampia esperienza come responsabile dell'ufficio stampa della Commissione nazionale parita' e pari opportunita', ha curato con Betta Ramogida l'ufficio stampa dell'incontro] Si e' svolto i meeting internazionale delle Donne in nero a Marina di Massa: "Varcare i confini geografici e delle ideologie per costruire ponti di pace". E' questo il filo conduttore dell'attivita' delle Donne in nero, la rete di donne pacifiste che nelle aree critiche di tutto il mondo lavora alla costruzione di un processo di pace permanente; Balcani, Medio Oriente, Sud America, Europa, Giappone, Australia: provenienti da ogni continente nel corso dell'undicesimo incontro internazionale, che si svolto per la prima volta in Italia a Marina di Massa a fine agosto. "Osiamo la pace, disarmiamo il mondo" e' lo slogan scelto dalle Donne in nero che durante il meeting hanno misurato le loro strategie di pace e messo al confronto le loro storie. Storie di donne che in situazioni di guerre e conflitti, sono riuscite a superare steccati ideologici e politici per tessere relazioni di pace. Come ad esempio ha raccontato Diana Dolev dell'associazione New Profile, che a Gerusalemme lavora con le Donne in nero per rafforzare il sempre piu' urgente e irrinunciabile processo di pace arabo-israeliano. La sua associazione in particolare lavora per la demilitarizzazione della societa' e per l'affermazione di una visione di genere. "Ho lavorato molto bene con donne e uomini palestinesi anche dei Territori occupati - racconta la pacifista - impegnati insieme a me in progetti realizzati soprattutto per coinvolgere le forze di occupazione militari di Israele. La militarizzazione nel mio Paese purtroppo e' diventata un dato di fatto ed e' da li' che bisogna partire per cambiare lo stato delle cose. Ho condiviso molto del mio impegno con un pacifista palestinese, e la piu' grande emozione che ho provato e' stata quando mi ha telefonato per dirmi di aver dato a sua figlia lo stesso nome di mia figlia". A questa testimonianza fa eco quello di Rula Saleh, una giovane donna palestinese da cinque anni in Italia. "Qui sto realizzando il mio sogno: laurearmi e diventare una brava architetta - racconta seduta faccia a faccia con la donna israeliana -, ma l'incontro con tante donne palestinesi e di altri paesi in guerra non puo' far altro che ravvivare i ricordi piu' dolorosi della mia vita. Le persone a me care morte, i mutilati, i rastrellamenti e la distruzione delle case. Sono scene che in Palestina ho vissuto quasi quotidianamente e che non posso ne' voglio dimenticare. Nel mio paese - prosegue - c'e' bisogno di pace perche' solo cosi' si possono garantire i diritti negati. Come quello di studiare; io ho provato a frequentare l'Universita' ma l'isolamento in cui si vive, i tempi incredibilmente lunghi necessari a spostarsi da una citta' all'altra, le ore perse ai chek-point mi hanno costretta a rinunciare. Ora non desidero altro che tornare per lavorare la'". La rete delle Donne in nero, la cui portavoce in Italia e' Luisa Morgantini, e' nata proprio in Israele nel 1988 a Gerusalemme, quando un gruppo di donne ebree israeliane per dissociarsi dalle scelte militari del loro governo, si vesti' interamente di nero e in silenzio manifesto' per esprimere il desiderio di pace. Da la' prese corpo l'idea di lanciare una forma permanente di protesta alla quale aderirono donne di molti altri paese di ogni continente che seppur non direttamente toccate dalle guerre, aderirono a questa forma non solo simbolica ma anche d'azione di ripudio delle guerre. 9. ESPERIENZE. TEOLOGHE IN EUROPA [Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net) riprendiamo e diffondiamo] La European society of women in teological research (Eswtr) e' un'associazione di teologhe creata nel 1986 e ormai composta da circa 600 teologhe provenienti da tutti i paesi europei (ma piu' di un terzo sono tedesche). Il panorama delle posizioni teologiche presenti al suo interno e' variegatissimo: dalle posizioni postcristiane delle svedesi, all'ansia di conoscere delle ortodosse, ai dubbi delle protestanti, agli atteggiamenti di dialogo delle cattoliche. Per la prima volta e' stata eletta come presidente una italiana, la teologa e storica Adriana Valerio. La proposta di eleggerla, e poi la conferma in assemblea, rappresenta proprio la volonta' di ampliare la partecipazione delle teologhe del Mediterraneo all'interno dell'associazione; Adriana Valerio intende lavorare non solo in questa direzione ma anche per una maggior partecipazione delle teologhe dell'Est. In ogni caso significativa e' stata la presenza delle donne dell'Est alla decima conferenza internazionale della Eswtr svoltasi in Olanda in agosto sul tema "Testi sacri: autorita' e linguaggio". Delle italiane era presente la stessa Adriana Valerio con la relazione "Testi sacri, linguaggio del corpo e autorita' nella profezia e nella mistica femminili". Un maggior radicamento di questa rete europea fra le teologhe italiane non dovrebbe in ogni caso confliggere, anzi dovrebbe essere favorito dalla recente costituzione di un Coordinamento delle teologhe italiane (www.teologhe.org). Riunendo teologhe delle diverse tradizioni cristiane provenienti da facolta' di teologia o scuole di ordini religiosi, si propone di valorizzare e promuovere gli studi di genere in ambito teologico, biblico, patristico, storico, in prospettiva ecumenica. 10. L'ANNICHILISMO AL LAVORO. ANGELO BARACCA: IL RIARMO ATOMICO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 28 settembre 2003. Angelo Baracca e' un prestigioso scienziato e docente universitario impegnato per la pace, fa parte dell'associazione "Scienziate e scienziati contro la guerra"] Le armi di distruzione di massa rimangono di drammatica attualita'. Sono state il pretesto per l'attacco all'Iraq, e vengono ora attribuite, a torto o a ragione, all'Iran e alla Corea del Nord. Invece rimane tabu' l'arsenale nucleare (ma anche chimico e biologico) di Israele, certamente fornitissimo e super-moderno, e quelli di India (valutato tra 100 e 200 testate) e Pakistan (tra 25 e 50) sembrano ormai entrati nella normalita'. E' tempo di denunciare non solo le responsabilita' e le complicita' di Washington, ma soprattutto lo stato dei suoi piani (e interventi) nucleari. Nel dopoguerra gli Usa hanno promosso (direttamente o tramite stati intermediari, soprattutto la Francia, per aggirare i veti del Congresso e le leggi federali) programmi nucleari militari in tutto il mondo, per vincolare altri stati alla loro politica: salvo poi denunciare i progetti nucleari di alcuni di essi quando il vento e' cambiato (come e' successo per le armi di distruzione di massa fornite al loro pupillo Saddam Hussein negli anni '80). Il balletto attorno alla centrale iraniana di Busher e' vergognoso, dato che gli Usa promossero il programma iraniano ai tempi dello shah, per passarlo poi a Germania e Russia quando Khomeini giunse al potere: se Mosca non denuncia questi trascorsi e' solo perche' le manovre furono troppo sporche. C'e' chi sostiene che i test pakistani del '98 sperimentarono anche una testata iraniana (e quelli indiani una israeliana). Le capacita' nucleari di molti stati sono fuori discussione, anche se non possiedono concretamente testate. Il trattato Ctbt - e l'Onu - riconosce che ben 44 paesi dispongono delle capacita' tecniche per sviluppare armi nucleari: la maggior parte le ha ricevute grazie a Washington; ed alcuni - la Germania in Sudafrica - hanno realizzato testate in altri paesi. L'arsenale di Israele fu il primo voluto nel dopoguerra dagli Usa (i fisici ebrei erano stati fondamentali per l'atomica americana): non potevano pero' fornirglielo alla luce del sole, per cui promossero la bomba francese, e Parigi realizzo' negli anni '60 il centro di Dimona e l'arsenale israeliano, alimentato poi con le testate piu' moderne. Nel 1973 Israele gioco' apertamente il ricatto nucleare. Ma l'aspetto piu' allarmante, ipocrita e ignorato dai media, e' quello dei programmi e delle azioni nucleari di Washington. Che continua a negare anche le guerre nucleari mascherate che ha condotto dai primi anni '90 con l'uso dei proiettili ad uranio depleto, a dispetto degli almeno 300.000 veterani colpiti con le loro famiglie, e senza contare le ben piu' gravi e diffuse conseguenze sulle popolazioni di Iraq, Afghanistan e Jugoslavia, i cui territori non potranno mai essere bonificati: una catastrofe che "esplodera'". Piu' di tutto devono allarmare i progressi segreti che gli Usa hanno fatto nel realizzare nuove testate. Ad ogni rinnovo del Trattato di non proliferazione le potenze nucleari si impegnano solennemente a disfarsi di questi armamenti. Dalla meta' degli anni '90 Washington supera abbondantemente la spesa annua media dei decenni della guerra fredda per le armi nucleari, sviluppando progetti colossali per la simulazione dei test (in combutta con Londra e Parigi, che nel '95 esegui' i contestati test proprio per raccogliere i dati mancanti per la simulazione). I frutti ci sono. Nel gennaio scorso Bush ha dichiarato, nei preparativi per l'attacco all'Iraq: "Stiamo realizzando testate nucleari di bassa potenza per distruggere bersagli sotterranei". Poiche' l'attacco era imminente, quelle testate erano certo gia' disponibili. E' vero che una legge federale, abrogata nel maggio scorso, vietava la realizzazione di testate di potenza inferiore ai 5 chilotoni (un chilotone equivale a mille tonnellate di tritolo): ma essa non aveva certo impedito ai grandi laboratori militari di proseguire su quella strada. Del resto, Bush aveva autorizzato il progetto gia' nel febbraio 2002; e la testata operativa B-61-11 ha una potenza di 0,34 chilotoni (gia' utilizzata in Afghanistan, ha denunciato qualcuno). Ma si badi bene, le nuove testate nucleari sono qualcosa di completamente rivoluzionario, che tende a cancellare la fondamentale distinzione tra guerra "convenzionale" e "nucleare", per superare questa soglia senza infrangere i trattati esistenti: si parla infatti di testate di potenza tra le tonnellate e le decine di tonnellate di tritolo, cento o mille volte inferiori alle potenze tradizionali, dell'ordine dei chilotoni. Se queste testate esistono, sono state sperimentate, o usate, nelle guerre recenti. Certi livelli di radioattivita' riportati non sembrano facilmente attribuibili all'uranio depleto. Anziche' eliminare le armi nucleari, si sta passando al loro uso, usando il terrorismo o l'Iran come foglie di fico. 11. LIBRI. LAURA MOSCHINI PRESENTA "MARY WOLLSTONECRAFT. DIRITTI UMANI E RIVOLUZIONE FRANCESE" DI ROBERTA MODUGNO [Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net) riprendiamo la seguente recensione. Laura Moschini fa ricerca presso l'Universita' di Roma Tre. Roberta Modugno, ricercatrice di storia delle dottrine politiche presso l'Universita' di Roma Tre, e' autrice anche di Murray N. Rothbard e l'anarco-capitalismo americano, Rubbettino, Soveria Mannelli 1997; con Enzo Di Nuoscio ha curato il libro di AA. VV., Grandi liberali, edito sempre presso Rubbettino. Mary Wollstonecraft (1759-1797) e' una straordinaria figura di scrittrice, di intellettuale e di militante per i diritti; fu anche la compagna di William Godwin, e la madre di Mary Shelley] Roberta Modugno ci presenta Mary Wollstonecraft. Chi e' stata veramente questa figura mitica, come e dove ha vissuto, dove e con chi ha maturato le sue esperienze, in che ambito culturale si e' formata, perche' infine ha scritto quello che ha scritto? Queste forse sono state le domande alle quali Roberta Modugno, ricercatrice di storia delle dottrine politiche presso l'Universita' di Roma Tre, ha voluto dare una risposta quando ha pensato di raccontarcela, oltre che per rendere omaggio alla sua profondita' di pensiero e all'indubbio fascino che ancora oggi suscita, anche per aver constatato l'esistenza in Italia di una scarsa letteratura su di lei, letteratura che ne fa, troppo spesso, una figura isolata di femminista apparentemente avulsa dal contesto storico-politico-sociale in cui visse. Nel suo libro Mary Wollstonecraft. Diritti umani e rivoluzione francese, edito da Rubbettino, l'autrice ci fa notare come in molti casi la vita e il pensiero di Mary Wollstonecraft siano stati analizzati senza tenere in debito conto l'ambiente in cui l'autrice viveva, maturava le sue esperienze, apprendeva, rifletteva e, come vedremo, riusciva a rivedere le sue posizioni alla luce di nuove esperienze. Considerarla al di fuori della realta' in cui viveva ed operava puo' spiegare molte delle critiche che le sono state fatte da ambienti conservatori e da parte di alcune correnti del femminismo. Il merito della Modugno e' di offrirci finalmente, grazie anche all'ottica di genere, un quadro completo della vita della pensatrice, del contesto normativo e sociale dell'Inghilterra del suo tempo che la porto', grazie anche al contatto con i radicali ed i repubblicani inglesi del XVIII secolo, e al pensiero di Mary Astell, Lady Montague, Catherine Macaulay, Olimpia De Gouges, ad elaborare non solo quelle che spesso vengono definite riduttivamente "rivendicazioni", dal suo libro piu' famoso A Vindication of the Rights of Woman, (in italiano I diritti delle donne, a cura di Franca Ruggeri, Editori riuniti, Roma 1977), ma una vera e propria teoria politica con proposte di cambiamento per lo sviluppo dell'individuo e della societa'. * La Wollstonecraft, vivendo e subendo in prima persona la condizione di donna inglese del XVIII secolo, finita in poverta' a causa della gestione dissennata del patrimonio familiare da parte del padre, privata di una regolare istruzione - riservata solo ai figli maschi - e dell'eredita' del nonno - lasciata solo al fratello -, e costretta comunque a procurarsi da vivere col lavoro, seppe sfruttare i suoi studi di autodidatta e riusci' ad entrare in contatto di collaborazione con le menti piu' aperte del tempo. Le sue vicende personali e le riflessioni scaturite da esse sulle consuetudini e sulle leggi che permettevano che certe cose accadessero, la portarono ad elaborare teorie originali anche rispetto ai suoi piu' famosi contemporanei con i quali ebbe continui e produttivi confronti. Fu, infatti, assai apprezzata negli ambienti del radicalismo inglese ed in particolare da Richard Price, Joseph Priestley, William Goodwin, tutti pensatori ancora oggi molto noti e sempre nominati dai libri di storia, filosofia e politica, mentre di lei purtroppo non appare che, a volte, qualche cenno. William Godwin, contrariamente ai suoi principi, la volle addirittura sposare, e l'amo' e stimo' profondamente, anche se le loro idee in alcuni campi divergevano vistosamente, fino a quando lei non mori' mettendo al mondo la loro figlia. Fu la prima a controbattere con enfasi le tesi di Edmund Burke, difendendo gli ideali della rivoluzione francese e provocando un vivace dibattito tra gli intellettuali del tempo, ma seppe anche riconsiderare alcune sue convinzioni dopo aver sperimentato gli esiti della rivoluzione e cioo' vivendo nella Parigi del Terrore. Non temette di ricredersi, di rivedere la sua idea, anche se questo la riavvicino' in parte al soggetto delle sue ardenti critiche, Burke. * Sicuramente la fama che circonda Mary Wollstonecraft e' legata al suo libro A Vindication of the Rights of Woman, ma Roberta Modugno ci fa comprendere quanto quel libro, pur essendo un caposaldo nelle rivendicazioni dei diritti delle donne, non sia stato l'unico suo contributo alla causa femminista in particolare, e di rispetto dei diritti umani in generale. Basti pensare alle sue battaglie per l'istruzione pubblica per tutti e tutte, istruzione che doveva essere presentata come un'attivita' piacevole e passare preferibilmente attraverso esempi e conversazioni, lasciando a volte da parte i libri perche' i giovani potessero svolgere un ruolo attivo nella loro formazione; a quelle per l'imprescrittibilita' dei diritti umani di liberta', proprieta' e resistenza all'oppressione, sanciti dalla rivoluzione Francese, che sosterra' contro i diritti storicizzati di Burke, e dove per proprieta' privata intende la proprieta' di coloro che vivono del proprio lavoro e non solo quella del ricco. Famose le sue tesi contro le Game Law, per una giusta rappresentanza parlamentare e per migliorare le condizioni dei piu' poveri. Si batte' per il cambiamento delle leggi sull'eredita' (con Paine) e contro i diritti derivati dalla primogenitura. Combattere contro queste leggi voleva dire anche evitare i matrimoni combinati, visti come prostituzione legalizzata, e il fatto che le donne venissero educate solo per farne graziosi ornamenti in vista di matrimoni vantaggiosi. Per sostenere queste tesi la Wollstonecraft dimostro' come le donne cosi' educate non potessero, non solo sviluppare le funzioni della loro mente, ma neanche svolgere bene il loro compito nella societa', mentre con una valida istruzione "la signora raffinata diventerebbe una donna razionale, potrebbe sentire il dovere di sovrintendere la propria famiglia e nutrire i propri figli" (p. 116). Proprio affermazioni come queste hanno provocato critiche da parte di alcune femministe alla Wollstonecraft di essere legata ad un ruolo materno per la donna, favorendo la continuita' delle due sfere contrapposte pubblico-privato. Si deve pero' tenere presente che alla Wollstonecraft si deve la teorizzazione del valore pubblico della vita domestica e quindi dell'attivita' delle donne, anticipando in qualche modo il motto femminista del "personale e' politico". Roberta Modugno ci fa riflettere anche sul fatto che "per le prime emancipazioniste sottolineare il ruolo materno era praticamente indispensabile al fine di rendere plausibili ed accettabili le proprie rivendicazioni. In questo modo si potevano esprimere anche le idee piu' radicali assicurando che le donne pur emancipate non avrebbero trascurato i loro doveri materni e domestici" (p. 176). In ogni caso il rivendicare diritti civili e politici per le donne era una cosa davvero rivoluzionaria tanto che in molte/i si rifiutarono addirittura di leggere il suo libro ritenendolo sconveniente. Considerando poi la vita e le esperienze di Mary Wollstonecraft si puo' facilmente comprendere il vero significato del suo pensiero che vedeva nell'emancipazione femminile la condizione indispensabile per il miglioramento e la rigenerazione dell'intera societa' da attuarsi attraverso l'educazione. * Roberta Modugno sgombera quindi il campo dalle critiche che accusano la Wollstonecraft di essere meno incisiva e meno radicale nelle sue richieste di Olimpia De Gouges, che si trovo' a fare proposte rivoluzionarie in una rivoluzione, e che poi [dal potere maschile e terrorista] fu giustiziata. In realta' come abbiamo detto, Roberta Modugno ci mostra chiaramente che la Wollstonecraft ritenne, proprio alla luce delle sue esperienze e della sua formazione, di comportarsi in modo piu' prudente per poter richiedere per le donne Inglesi i diritti rivoluzionari di cittadinanza e di rappresentanza politica. Basti pensare a quanto anche le femministe del XIX e anche del XX secolo, per cercare di ottenere i diritti civili e politici richiesti, siano state attente a che non si potesse mettere in dubbio la loro moralita' o che le loro richieste avrebbero potuto danneggiare l'istituto familiare (americane, inglesi, italiane). Un libro bello e completo, quindi, che fa luce su molti aspetti e sgombra il campo da tanti pregiudizi legati, come ho detto all'inizio, ad una lettura parziale dell'autrice, considerata come isolata dal contesto sociale, politico e culturale in cui visse. Destino purtroppo comune a tante pensatrici che spesso porta a dire che non esiste una continuita' nel pensiero femminista e che proprio per questa ragione esso manchi dell'autorevolezza che la continuita' assicura al pensiero classico (maschile). 12. LETTURE. AMELIE NOTHOMB: IGIENE DELL'ASSASSINO Amelie Nothomb, Igiene dell'assassino, Voland, Roma 1997, Guanda, Parma 2002, pp.178, euro 6,80. Un brillante testo narrativo della scrittrice belga, condotto sul filo di uno scintillante dialogo. 13. RILETTURE. ALBERT CAMUS: L'UOMO IN RIVOLTA Albert Camus, L'uomo in rivolta, Bompiani, Milano 1957, 1976, pp. 344. Un grande libro di uno dei piu' nitidi pensatori e militanti per i diritti e la dignita' umana. 14. RILETTURE. FRANCOISE SIRONI: PERSECUTORI E VITTIME Francoise Sironi, Persecutori e vittime, Feltrinelli, Milano 2001, pp. 212, euro 23,24. Ancora una volta segnaliamo e raccomandiamo questo importante libro della psichiatra e docente universitaria francese, direttrice del "Centro di etnopsichiatria Georges Devereux" e fondatrice del "Centro Primo Levi" di Parigi, specializzato nell'assistenza alle vittime di tortura e violenza collettiva. 15. RILETTURE. FRANCO VENTURI: IL POPULISMO RUSSO Franco Venturi, Il populismo russo, Einaudi, Torino 1952, 1972, tre volumi per complessive pp. CXXIV + 1.314. Un capolavoro storiografico che e' anche una straordinaria occasione per riflettere in profondita' su cruciali questioni di politica e morale. 16. RILETTURE. VERA ZASULIC, OLGA LJUBATOVIC, ELIZAVETA KOVALSKAJA: MEMORIE DI DONNE TERRORISTE Vera Zasulic, Olga Ljubatovic, Elizaveta Kovalskaja, Memorie di donne terroriste, Savelli, Roma 1979, pp. 192. Tre testimonianze su cui una riflessione e' ancora ineludibile. 17. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 18. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 691 del 2 ottobre 2003
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