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La nonviolenza e' in cammino. 688
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 688
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 28 Sep 2003 19:54:49 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 688 del 29 settembre 2003 Sommario di questo numero: 1. Peppe Sini: un appello per il 4 ottobre 2. Maria G. Di Rienzo: comunicare 3. Enzo Biagi ed altri: appello per la liberta' e il diritto all'informazione 4. Maria Luigia Casieri: in quel paese 5. Ettore Masina: cinque riflessioni e una proposta 6. Luciano Benini: Europa di pace e modello di sviluppo (sulla proposta di Lidia Menapace) 7. Una lettera ad alcuni parlamentari (sulla proposta di Lidia Menapace) 8. Disponibile in rete la trascrizione completa dell'inchiesta televisiva di Report su "L'altro terrorismo" 9. Letture: Istituto biologico italiano, Alimenti geneticamente modificati 10. Letture: Movimento gocce di giustizia, Miniguida al consumo critico e al boicottaggio 11. Riletture: AA. VV., Le donne del millennio 12. Riletture: Ursula K. Le Guin e altre, Donne del futuro 13 . Riletture: Rossana Rossanda, Anche per me 14. La "Carta" del Movimento Nonviolento 15. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. PEPPE SINI: UN APPELLO PER IL 4 OTTOBRE Siamo alle solite. Puntuali i soliti provocatori annunciano che in vista e a ridosso dell'iniziativa del movimento per la pace e la giustizia del 4 ottobre organizzeranno a Roma le loro solite provocazioni, con l'intento di suscitare l'altrui violenza, esponendo ancora una volta al rischio di lesioni e di morte se' ed altri. Ancora una volta riproducendo subalternita' ai potenti, ai mass-media della societa' dello spettacolo, alla violenza di cui si presentano come effettuali stupidi adoratori, in veste di apprendisti stregoni. Ancora una volta riproducendo un'ideologia e una strategia criminale e sacrificale. Ancora una volta riproducendo una cultura fascista e militarista, di guerra e di morte, viriloide e totalitaria. Ancora una volta puntando allo scatenamento dell'altrui violenza e stoltezza; ancora una volta giocando al macabro gioco della simulazione della guerra; ancora una volta innescando l'escalation della devastazione, della rissa, del pestaggio e delle torture; ancora una volta distogliendo l'attenzione da cio' che conta per collocare se' e le proprie solipsistiche rappresentazioni al centro della pubblica attenzione; ancora una volta strumentalizzando l'impegno e la presenza altrui per mettere in scena la nequizia e la presunzione propria; ancora una volta rivelandosi stoltamente funzionali o consapevolmente complici della menzogna e della violenza dei potenti, della loro cultura ancora una volta dimostrandosi filiazione e allievi. * E' responsabilita' grave e patente infamia di tanta parte delle autoproclamate leadership del movimento che nei ceti privilegiati del nord ricco del mondo si oppone alla guerra e alle ingiustizie globali il fatto di non aver sempre saputo opporsi decisamente fin qui alle intraprese dei provocatori ed anzi essersene fatta in alcune fatali circostanze addirittura egemonizzare con esiti nefasti. * Almeno le persone amiche della nonviolenza hanno il dovere di opporsi ai provocatori e porre netta e ineludibile un'esigenza: che il movimento che vuole impegnarsi contro la menzogna e la violenza dei potenti assuma condotte limpide e coerenti con i fini che vuole perseguire, e quindi respinga le ideologie e le pratiche degli adoratori della violenza e della menzogna; che il movimento che vuole costruire pace e giustizia ed affermare verita' e dignita' umana si impegni affinche' le sue finalita' siano perseguire con mezzi coerenti con esse e non con mezzi che quelle finalita' contraddicono e quindi vanificano in radice. Almeno le persone amiche della nonviolenza si battano perche' cessino le provocazioni; perche' si rigettino le condotte mirate a provocare lo scatenamento della violenza; perche' non si espongano stoltamente e scelleratamente al rischio di lesioni e di morte le tante persone che vogliono manifestare in modo pacifico e democratico una volonta' di pace e di giustizia nel rispetto della vita e della dignita' di tutti gli esseri umani. Almeno le persone amiche della nonviolenza dicano chiaro e forte che le iniziative del movimento per la pace e la giustizia anche il 4 ottobre devono essere caratterizzate dalla scelta della nonviolenza; e chi vuole ottenere altro che pace e giustizia - e magari per un po' di visibilita' sui mass-media e' disposto a far scorrere il sangue - non e' affatto parte del movimento per la pace e la giustizia, ma solo uno sciocco e un mascalzone che idolatra la violenza e la menzogna e che riproduce in scala la menzogna e la violenza di potenti cui proclama di opporsi ma che in realta' sciaguratamente imita e favoreggia. * Solo la scelta della nonviolenza puo' far si' che il movimento che vuole opporsi alle guerre e e alle ingiustizie diventi un movimento che costruisce la pace e la giustizia; solo la scelta della nonviolenza puo' rendere concreto ed efficace questo impegno. Solo la scelta della nonviolenza eredita e invera qui e adesso le tradizioni grandi delle lotte del movimento delle donne, del movimento dei lavoratori, delle Resistenze alle dittature, dei movimenti anticolonialisti e antirazzisti, per la democrazia e i diritti umani. Uscire dalle ambiguita' e necessario e urgente; isolare e respingere i progetti e le condotte dei provocatori e' necessario e urgente; chiedere a tutti una condotta limpida e coerente con i valori concreti e le concrete pratiche della pace e della giustizia e' necessario e urgente: solo con la nonviolenza si puo' contrastare la menzogna e la violenza dei potenti, ed anche la menzogna e la violenza che sono dentro ciascuno di noi. * Solo la scelta della nonviolenza si oppone concretamente alla violenza, all'ingiustizia, alla guerra. I movimenti promotori della manifestazione del 4 ottobre dicano finalmente una parola chiara su questo. Le tante persone amiche della nonviolenza escano dalla subalternita' e dall'ambiguita'. I provocatori rinuncino ai loro progetti. Nessuno si illuda che i fini giustifichino i mezzi, in verita' - come e' chiaro ad ognuno - i mezzi pregiudicano i fini. Solo la scelta della nonviolenza si oppone concretamente alla violenza, all'ingiustizia, alla guerra. 2. EDITORIALE. MARIA G. DI RIENZO: COMUNICARE [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo intervento. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza] Uno dei modi importanti in cui i movimenti delle donne hanno contribuito allo sviluppo di societa' piu' umane e' stato il guardare la realta' attraverso una lente critica, lente che ha anche contribuito a rinforzare le istanze poste da altri movimenti per la giustizia sociale. Leggendo nei miti, nominando le menzogne, le femministe negli ultimi trent'anni hanno sottoposto la teoria e l'azione ad un continuo processo di analisi, definizione, rifinitura ed espansione creativa. Le donne hanno usato diversi sistemi di approccio ai media "ufficiali": ne hanno sfidato e criticato le immagini stereotipate del femminile e del maschile, spesso ingaggiando azioni dirette noviolente; hanno fatto valere altri punti di vista come lavoratrici dei media stessi; hanno creato il proprio sistema alternativo di comunicazione (il che e' importante per la costruzione e la persistenza di qualsiasi movimento). La cosa ha chiaramente dato frutti: anche se le immagini delle donne proposte dai media lasciano molto a desiderare, ci sono piu' giornaliste, piu' registe, piu' produttrici di programmi radiofonici e televisivi, e una nuova generazione di giovani donne impegnate nelle tecnologie informatiche. Inoltre, alcune istanze sono divenute a tal punto "coscienza condivisa" che spesso vi e' diffusa trasversalita' fra le donne nell'agire forme politiche di lotta all'intolleranza e all'abuso. Da questa metodologia derivo alcune idee per contrastare l'intolleranza nei media e nelle altre forme di comunicazione: poiche' a tali strumenti compete ormai gran parte della costruzione del mito sociale, abbiamo necessita' di trovare modi in cui utilizzarli per il cambiamento. Siete gia' coscienti del potere dei media "ufficiali" nel dar forma all'opinione pubblica, dirigere il voto, fare "senso comune" di argomentazioni specifiche, anche quando queste ultime sono completamente false, e diffondono violenza e odio. Ora, per formulare insieme delle tecniche, dobbiamo analizzare che tipo di strumenti abbiamo a disposizione. * 1. Il potere delle parole e delle immagini Tutti i linguaggi sono inseriti in una cornice culturale, tutti i linguaggi sottendono simboli e significati. Il femminismo ha lavorato intensamente sul linguaggio, sul senso trasmesso dalle parole e dalle frasi, ha inventato nuovi termini, ha preteso che quelli sprezzanti e insultanti per le donne cambiassero. Alle radici dell'intolleranza c'e' ovviamente un lessico in cui essa viene espressa, e che serve ad inserire il pregiudizio nel messaggio. Le parole possono davvero "uccidere", nel modo in cui presentano e distorcono informazione, e nel modo in cui modellano l'identita' e le aspettative delle persone: personalmente ho un ricordo molto forte della mia disperazione di adolescente, quando non trovavo, nei termini che la cultura usava per definire la mia condizione di donna, nulla che mi rappresentasse se non in termini di appendice, di sostegno all'uomo, di "compagna di", "figlia di", "moglie di". A quattordici anni mi capito' in mano un manuale divulgativo di psicologia, e la mia disperazione divenne totale: esso narrava la storia di una brillante insegnante di matematica (e diventare un'insegnante era la mia aspirazione, quella che mi restava dopo che da bambina avevo dovuto abbandonare sotto la pressione dello scherno altrui quella di calciatrice, di pilota d'aereo e di veterinaria: tutte cose che le donne non dovevano fare). Questa insegnante aveva un grande successo professionale, una vita sociale soddisfacente ed un carattere deciso e allegro, ma giunta quasi alla fine dei trent'anni non si era ancora sposata: per farvela breve, capitata nelle grinfie del terapista salvifico, essa capisce che l'aver voluto avere una professione nel campo "maschile" della matematica e' stato un errore, che in realta' ha voluto sfidare ed imitare l'uomo e percio' e' stata punita con la solitudine, ecc. ecc. Ed il racconto terminava con la sua felice redenzione: "Oggi la signora e' sposata, ha abbandonato la professione ed ha quattro figli". A questo punto, a me restava solo il suicidio... Allo stesso modo, le generalizzazioni razziste proposte dai media, le invettive di personaggi politici amplificate da essi senza un fremito o un battito di ciglia (e cioe' presentate come "opinioni", con lo stesso status di qualsiasi altra "opinione"), cosa dicono a chi ne viene investito? O cosa suggeriscono a chi non fa parte della categoria pregiudicata e resa in stereotipi, ma viene invitato a difendersi da essa? Parole e immagini sono potenti nel creare realta' virtuali di allarme sociale, nel dar forma a norme e valori umani, e nello spingere all'identificazione di se' tramite odio, disprezzo, cancellazione dell'altro: e' stato ad esempio il caso del Ruanda, in cui il genocidio venne accuratamente preparato da programmi radiofonici. Le tendenze su cui dobbiamo vigilare e intervenire sono sommariamente tre: il biasimare la vittima di violenze e oltraggi, il nominare il "nemico pubblico numero uno" (i comunisti, Osama bin Laden, la magistratura), e la riscrittura della storia. * 2. Opporsi alla violenza usando i media ufficiali Non solo i gruppi di attivisti hanno capito l'importanza dei media nel model lare opinioni e prospettive. E attivisti o meno, possiamo facilmente vedere che il centro dell'attenzione dei media e' posto sulla violenza: usarla o minacciarla e' divenuto un metodo sicuro per avere giornalisti alle conferenze stampa, interviste e riflettori, dibattiti post-morto (mi scuso per la terminologia un po' rozza, ma non mi viene in mente nulla d'altrettanto efficace). L'intolleranza per chi e' classificato come "diverso" dallo standard "normale" cresce in un periodo in cui si rafforzano determinati pregiudizi tramite l'uso delle parole e delle immagini. Generalmente, i media presentano la violenza contro chi e' "diverso" come inevitabile, un accadimento che lui o lei o loro si sono meritati in ragione della loro diversita'. Il circolo e' chiuso: se fossero "normali", non gli accadrebbe nulla, ma visto che non lo sono vengono ovviamente puniti. E' vero, quegli altri si sono messi in cinque a picchiare un immigrato e lo hanno ammazzato di botte, ma costui "aveva insultato la ragazza di uno di loro" o "fatto apprezzamenti su di lei": se fosse stato zitto, non gli sarebbe capitato niente. Sapete, se vado indietro con la memoria e penso a quante volte sono stata molestata sessualmente o insultata, e se per ogni uomo che lo ha fatto dovesse esserci un cadavere, avrei gia' riempito un cimitero. Inoltre, alcune categorie di persone, spesso appartenenti ad aggregazioni a forte componente maschile, hanno un certo "diritto" di usare violenza. E' vero, hanno sfasciato lo stadio e uno di loro e' rimasto ucciso, ma erano "arrabbiati perche' non avevano trovato i biglietti". Vi sembrera' incredibile, ma c'e' gente che non trova i biglietti e torna a casa, magari delusa e anche arrabbiata, senza per questo doverla far pagare al mondo intero con lacrime e sangue. Per opporci a tali rappresentazioni dobbiamo innanzitutto sviluppare la nostra capacita' critica quando vediamo o leggiamo le notizie modellate dai media, ovvero iniziare con il dare ascolto al nostro fastidio (una reazione di noia, di angoscia, di allarme, sono i segnali che la nostra "grammatica interiore" ci da' rispetto al modo in cui la notizia e' formulata) e cominciare ad articolarlo in argomentazioni condivisibili: non trattenete per voi le vostre analisi, interrogate amici e parenti e colleghi, chiedete loro se si sono sentiti come voi nel leggere od osservare la tal cosa. Dopo di che: a) ingaggiate un dialogo dapprima con la stampa locale (diamo inizio alle danze con i partner presenti, vi pare?), scrivendo lettere o incontrando personalmente i giornalisti/le giornaliste, la direzione, ecc. Insistete sull'importanza di avere un'informazione non infestata da pregiudizi, bilanciata, non stereotipata, e non atta ad aizzare odio e rabbia; b) aumentate le loro conoscenze inviando rapporti, relazioni, descrizioni del vostro gruppo e delle vostre attivita'; proponete loro dibattiti in redazione con attiviste/i per i diritti umani, con gruppi antirazzisti, ecc. (preferibilmente noti: per far abboccare la stampa all'amo l'esca dev'essere il piu' succosa possibile); c) sviluppate un piano di contrasto per i casi piu' orridi e recidivi: potete andare a volantinare sotto la sede del giornale o della tv, inondare il centralino di telefonate e riempirli di fax o e-mail di protesta, mettere in scena in una piazza tutta la faccenda in guisa di piece teatrale, andare dalla redazione della rivista concorrente a proporre un servizio sulla questione (questa e' bieca, ma efficace), ecc. * 3. Creare il proprio sistema alternativo di comunicazione Raramente il cosiddetto "mainstream" si mostra sensibile a dar luce alle nostre visioni, analisi e prospettive. Percio' abbiamo bisogno di altri canali comunicativi. Molti vi sono gia' noti: le pubblicazioni online, per esempio, i siti web, le newsletter e le liste di discussione sono una grande risorsa per i movimenti. Inoltre, vi e' tutta una serie di pubblicazioni cartacee interessanti, informate e piacevoli che nascono dal volontariato sociale, dal movimento nonviolento, da gruppi di ispirazione politica e religiosa o d a gruppi di attiviste/i. Costruire solidarieta' e rispetto, condividere una nuova visione del mondo, e' pero' piu' facile quando se ne discute insieme come persone fisiche, piuttosto che come nomi disincarnati di individui davanti allo schermo di un computer o leggendo in solitudine articoli bellissimi: tutto questo e' importante e necessario, ma non e' sufficiente. Le tecniche di visibilita' dell'azione diretta nonviolenta possono aiutarvi nel creare metodi d'informazione alternativa: partite da voi, dalla vostra citta', dalle comunita' in essa presenti e chiedetevi come tutto cio' viene rappresentato, quali spazi avete a disposizione, quali potreste creare. Ad esempio: e se produceste un bollettino settimanale in cui riportate cio' che accade in citta' da un altro punto di vista, e lo lasciaste gratuitamente alle fermate degli autobus? Sarebbe possibile indire un forum mensile dal titolo: "La citta' di... vista da chi ci vive", invitando le persone a narrare in esso le proprie vite, le proprie speranze e preoccupazioni? E se vi attrezzaste a diventare cantastorie della citta', con tanto di bei fogli disegnati e organetto o fisarmonica di accompagnamento? Tutto cio', e quant'altro scaturira' dalla vostra fantasia, servira' a far conoscere le informazioni e i punti di vista non rappresentati dai media ufficiali a quelle persone che le nostre reti e le nostre pubblicazioni non raggiungono: il che e' uno scopo centrale per qualunque movimento voglia avere successo. 3. APPELLI. ENZO BIAGI ED ALTRI: APPELLO PER LA LIBERTA' E IL DIRITTO ALL'INFORMAZIONE [Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo il seguente appello. Il Movimento Nonviolento e la rivista "Azione nonviolenta" hanno aderito ad esso, come moltissime associazioni democratiche e personalita' della cultura e della vita civile. Non tutto in questo appello ci pare ugualmente persuasivo, ma nella sua sostanza - l'opposizione alla legge Gasparri e al tentativo di monopolismo e totalitarismo mediatico; la difesa dei diritti sanciti dalla Costituzione - lo condividiamo e su cio' aderiamo quindi ad esso. Enzo Biagi, come e' noto, e' uno dei decani del giornalismo italiano. Per aderire all'appello inviare una e-mail all'indirizzo di posta elettronica: segrefnsi1 at tin.it] L'informazione e' un bene fondamentale dei cittadini. La corretta informazione, la conoscenza piena dei fatti, e' un elemento fondamentale di civilta' e di liberta'. Per questo la Costituzione italiana prevede il diritto di tutti a manifestare liberamente con ogni mezzo di diffusione il proprio pensiero, garantendo la piu' ampia pluralita' di opinioni. In Italia invece l'omologazione, la rappresentazione a voce unica, l'intolleranza verso le opinioni critiche e le censure sono costanti. E' un tema di rilievo internazionale, che ha portato il Parlamento europeo ad approvare per la seconda volta un ordine del giorno a difesa del pluralismo e contro l'eccessiva concentrazione dell'informazione in Italia, e i presidenti delle authority italiane a ritenere il disegno di legge Gasparri non conforme alle normative europee. Il Presidente della Repubblica, nel messaggio alle Camere e in altre recenti circostanze, ha messo in evidenza l'esigenza di salvaguardare il pluralismo dell'informazione e di tutelare diritti costituzionalmente sanciti, in Italia e in Europa, sulla liberta' di espressione e d'informazione. L'attuale situazione, infatti, e' caratterizza da un controllo sempre piu' esteso dei mezzi di comunicazione, che conferma ed enfatizza il problema del conflitto di interessi del Presidente del Consiglio. Il disegno di legge Gasparri consolida e sviluppa questo assetto di monopolio. * Ecco perche' giudichiamo sbagliata e incostituzionale questa proposta di legge. Una riforma del sistema delle comunicazioni deve avere una impostazione profondamente diversa: deve fissare regole e prevedere scelte per favorire lo sviluppo, non puo' fotocopiare lo "status quo" e trasferirlo su altra base tecnologica. Si prevede, infatti, un'ulteriore espansione degli attuali operatori televisivi, si aboliscono tutti i limiti antitrust di settore e si aumentano gli affollamenti pubblicitari, penalizzando cosi' l'editoria quotidiana e periodica, si riduce lo sviluppo della produzione culturale, si colpisce il servizio pubblico. La situazione della Rai e' grave. Manca un progetto industriale ed e' sempre piu' evidente la carenza di risorse. Occorrerebbe un rilancio del servizio pubblico mentre, invece, si prevede uno smembramento e depotenziamento, rendendo evidente il progetto, anch'esso incostituzionale, che tende a far diventare la Rai organismo governativo e al servizio dell'esecutivo. Anche per questo la nuova tecnologia digitale, che potrebbe rappresentare un potenziale settore di sviluppo del paese, e' invece chiaramente frenata dalle scelte del Governo. A cio' si aggiungono ulteriori preoccupazioni per il disegno di legge del Governo in tema di editoria e distribuzione. * L'informazione e' un diritto. Occorre garantire liberta' e pluralismo di tutte le forme di informazione, pluralita' nella diffusione, diritto di critica e spazi di confronto. L'assenza di queste condizioni rende concreto il pericolo di uno svuotamento della Costituzione che ci renderebbe tutti meno liberi. Ecco perche' siamo contrari alla proposta di legge in discussione e ne chiediamo profonde modifiche. Per difendere questo fondamentale diritto costituzionale vogliamo sviluppare una grande mobilitazione sul sistema delle comunicazioni con iniziative e confronti a cui chiediamo la partecipazione e l'impegno di tutti i cittadini. Roma, 15 settembre 2003 Primo firmatario: Enzo Biagi * Enzo Biagi e' il primo firmatario dell'appello che quaranta associazioni, movimenti, sindacati hanno rivolto a tutti i cittadini per una vasta mobilitazione tesa ad ottenere dalla Camera dei Deputati profondi cambiamenti al disegno di legge Gasparri sulle comunicazioni. Il Comitato promotore dell'appello ringrazia Biagi per la sua disponibilita' e sottolinea l'importanza dell'adesione di un grande giornalista, le cui capacita' professionali sono indiscusse, anche se il servizio pubblico ha deciso di cancellare dal video un programma di successo come 'Il fatto'. Decine di adesioni, di personalita' del mondo dell'informazione e della cultura, ma anche di semplici cittadini, stanno pervenendo al Comitato promotore dell'appello. Un primo elenco sara' diffuso nei prossimi giorni... Altre iniziative saranno promosse a livello europeo. 4. RIFLESSIONE. MARIA LUIGIA CASIERI: IN QUEL PAESE [Maria Luigia Casieri, nata a Portici (Na) nel 1961, insegna nella scuola dell'infanzia ed e' una delle principali collaboratrici del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo. Ha organizzato a Viterbo insieme ad altri il "Tribunale per i diritti del malato"; assistente sociale, ha svolto un'esperienza in Germania nell'ambito dei servizi di assistenza per gli emigrati italiani; rientrata in Italia si e' impegnata nel settore educativo; per dieci anni ha prestato servizio di volontariato in una casa-famiglia per l'assistenza ai minori; dal 1987 e' insegnante di ruolo nella scuola per l'infanzia; ha preso parte a varie iniziative di pace, di solidarieta', per i diritti; ha tenuto relazioni a convegni e corsi di aggiornamento, e contribuito a varie pubblicazioni] Era davvero un colpo di stato. In quel paese, senza pudore, senza vergogna, chi era al potere aboliva i reati che aveva commesso. In quel paese un cittadino qualunque con carichi pendenti non poteva fare un concorso nel pubblico impiego; ma un cittadino piu' qualunque degli altri con carichi pendenti, ma più ricco, ma più potente, poteva candidarsi al governo e poi legiferare la sospensione di fatto dei processi in cui era imputato. * In quello stesso paese chi era al potere pensava di poter stabilire per legge la privazione di diritti costituzionali per intere categorie di cittadini. Di poter stabilire per legge che i magistrati non possano piu' godere del diritto costituzionale di esprimere e di manifestare opinioni. Di poter riconsegnare agli aguzzini - negando il diritto d'asilo - persone li' giunte in fuga da guerre, fame e morte. Di poter recludere persone di nessun reato accusate perche' nessun reato avevano mai commesso. Era davvero un colpo di stato. 5. RIFLESSIONE. ETTORE MASINA: CINQUE RIFLESSIONI E UNA PROPOSTA [Il seguente testo di Ettore Masina (per contatti: ettore.mas at libero.it) abbiamo ripreso dalla sua "Lettera" mensile, n. 93 del settembre 2003. Come e' noto la "Lettera" di Ettore Masina viene inviata anche per posta a chiunque ne faccia richiesta; l'indirizzo e': via Cinigiano 13, 00139 Roma, tel. 068102216; un contributo alle spese di fotocopiatura e postali e' assai gradito; i versamenti possono essere effettuati sul ccp 49249006 intestato a Luca Lo Cascio, via Leone Magno 56, 00167 Roma. Nato a Breno (Bs) il 4 settembre 1928, Ettore Masina - giornalista, scrittore, fondatore della Rete Radie' Resch, gia' parlamentare - e' una delle figure piu' vive della cultura e della prassi di pace. Sulle sue esperienze e riflessioni si vedano innanzitutto i suoi due libri autobiografici: Diario di un cattolico errante. Fra santi, burocrati e guerriglieri (Gamberetti, 1997) e Il prevalente passato. Un'autobiografia in cammino (Rubbettino, 2000). Tra gli altri suoi libri: Il Vangelo secondo gli anonimi (Cittadella, 1969, tradotto in Brasile), Un passo nella storia (Cittadella, 1974), Il ferro e il miele (Rusconi, tradotto in serbo-croato), El Nido de Oro. Viaggio all'interno del terzo Mondo: Brasile, Corno d'Africa, Nicaragua (Marietti, 1989), Un inverno al Sud: Cile, Vietnam, Sudafrica, Palestina (Marietti, 1992), L'arcivescovo deve morire. Monsignor Oscar Romero e il suo popolo (Edizioni cultura della pace, 1993 col titolo Oscar Romero, poi in nuova edizione nelle Edizioni Gruppo Abele, 1995), Comprare un santo (Camunia, 1994); Il Volo del passero (San Paolo, tradotto in greco), I gabbiani di Fringen (San Paolo, 1999), Il Vincere (San Paolo, 2002)] 1. So bene che, secondo il Manzoni, dovrei - ormai "vegliardo" - "volgere la mente ai casti pensieri della tomba", ma a me pare che la vecchiaia mi spinga piuttosto a una dolorosa consapevolezza della pericolosita' di certi fenomeni del nostro tempo e del nostro Paese. Mi sembra di veder montare una marea di volgarita' intollerabile, "da caserma", come si diceva una volta: cola a fiotti dai programmi d'intrattenimento del monopolio televisivo e dagli spot pubblicitari che li costellano, tracima da certi film che fanno la gioia dei botteghini, prepara la ferocia delle risse da stadio nelle pagine sportive di quotidiani illustri, invade talvolta le nostre case con il turpiloquio di cui sono innocenti portatori i nostri bambini. In questo panorama, che purtroppo non e' solo italiano, naviga a gonfie vele Berlusconi, quello che l'altra sera "Striscia la notizia" definiva con finezza "capocomico del Consiglio". Le sue gaffes, involontarie o no, punteggiano ormai i nostri giorni con tale frequenza che qualcuno comincia a dire: "Basta, basta, non parliamone piu', Berlusconi non puo' diventare un'ossessione". Comprendo questo senso di sazieta' e lo condivido. Ma anche sono convinto che non raccogliere piu' le parole del Cavaliere, considerandolo una macchietta o un disturbato mentale che ogni tanto sbarella, sarebbe sbagliatissimo: Berlusconi non e' soltanto pericoloso per la sua politica, che ricalca ormai con ogni evidenza quella del protocollo della P2, ma anche come produttore di una cultura deteriore. In altre parole: mi sembra che ormai viviamo in un regime, se non altro culturale, e dobbiamo con pazienza e lucidita' individuarne i veleni per difendercene, difenderne i nostri cari e, se ci riusciamo, qualcuno dei moltissimi distratti. Berlusconi, per la carica che riveste, per la sua continua esposizione mediatica, per il suo potere radio-giornalistico-televisivo, e' il modello e l'ideologo piu' influente di un modo di pensare e di dire del tutto deteriore. * 2. Nel corso della mia professione mi e' capitato di conoscere molti selfmademen, capitani d'industria venuti su dalla gavetta, ammirevoli per capacita' di fatica e per una intelligenza che non era soltanto spregiudicata astuzia. Parlo di quelli che a Milano vengono chiamati i "cummenda", cari al cinema e alle commedie d'una volta, nella rivista bravamente interpretati da Bramieri e Tino Scotti, i quali aggiungevano al personaggio un cuor d'oro nascosto sotto la rude scorza del "fasi tucc mi" (faccio tutto io). Avendo deciso che la sua vocazione era far soldi, tutto il resto, per il cummenda, ne conseguiva: o con lui (con la sua fame insaziabile) o contro di lui, in una congiura universale dalla quale egli aveva il diritto di difendersi con qualunque mezzo. Con lui: se stesso, e forse, forse, non sempre, la famiglia. Contro di lui, tutti gli altri: lo Stato inefficiente ed esoso, il parlamento che pretendeva di fabbricare leggi, regole e controlli, la Guardia di Finanza considerata una banda di grassatori con le stellette (da corrompere), i sindacati "rompiballe" (o peggio) da contrastare e contenere; persino la moglie se chiedeva qualche attenzione (il cummenda amava dire: "Io vado in fabbrica anche il giorno di Natale"). Assoluto disprezzo per gli inferiori, sospettosa cordialita' con gli eguali, la loggia massonica come stanza di compensazione. E pero', anche, in pubblico, una calorosa esibizione di buoni sentimenti: la moglie presentata come una santa, "povera donna, io non ci sono mai"; no allo Stato ma si' alla Patria, bandiera e forze dell'ordine. Mecenatismo oculato, in modo, se possibile, di guadagnare qualcosa di piu' della buona fama; netta preferenza per il finanziamento di squadre di calcio, di pallacanestro o di ciclismo, che gli valessero il titolo, ambitissimo, di "patron". Per non interrompere la propria concentrazione ossessiva sul lavoro, nessuna attenzione agli altri, un totale disinteresse per il bene pubblico, tutt'al piu' un po' di annoiata beneficienza. Essendo lui vivo e fiorente, tutto il resto andava sdrammatizzato, perche' delle due l'una: "O non ci si puo' far niente, e allora inutile pensarci; o ci si puo' fare qualcosa, allora, to', prendi su un milione, e lasciami lavorare". Lo stesso per quanto riguardava la cultura (roba da lasciare agli avvocati e ai preti) e persino il passato: "Ma dai, ma dai, non e' mica come te la raccontano, io c'ero, tutte queste brutte cose non le ho viste". Lo sapesse o no, il suo motto era quello dell'Uomo Qualunque di Guglielmo Giannini: "Non rompetemi gli zebedei". La maschera di bonomia del cummenda cadeva di fronte a chiunque si proponesse, secondo logiche che non erano soltanto marxiste, una sia pure minima redistribuzione del reddito, un po' piu' d'interesse dello Stato per i meno abbienti. Allora il suo odio diventava selvaggio, disposto a tutto. Odiava in primis i comunisti, assassini tagliagole, servi di Mosca, sempre e soltanto orientati alla rapina di chi aveva fatto grande l'Italia. Odiava gli intellettuali che "passavano" alla gente domande scomode, scomode consapevolezze. Odiava i socialisti: fino a che non arrivo' Craxi a mostrare che - per "ammodernare" il Paese - lo Stato, gli enti pubblici potevano chiudere molti occhi sulla violazione delle regole che da sempre il cummenda considerava soltanto un impaccio. Allora si vesti' dell'abito buono dell'amico del Capo, il doppiopetto come corazza da cavaliere del Capitale. Il cummenda aveva di se' un'infinita stima. Comunisti e sindacati a parte, era convinto che gli operai gli volessero bene, dovessero volergli bene: perche' era lui che gli dava lavoro, senza di lui sarebbero stati dei morti di fame, e perche' lui - come potevano non capirlo? - voleva bene a loro. Me ne rammento uno che quando tornava dalle vacanze, andava a cercare i suoi operai piu' vecchi per raccontargli del suo viaggio, degli alberghi favolosi in cui era stato, delle donne bellissime che aveva "adoperato". Convinto che loro ne godessero con lui. * 3. Ho parlato dei cummenda usando il passato, ma alcuni di essi sono ancora vivi e vegeti. Vi ricorda qualcuno l'identikit che ho tracciato? Giuro che ho parlato di persone che ho conosciuto e di cui potrei fare i nomi. Ma e' un fatto che avere un esponente della categoria come Presidente del Consiglio a me pare pericolosissimo da tutti i punti di vista, ma soprattutto, come dicevo, dal punto di vista culturale. Una subcultura cummendatizia, con propensione all'avanspettacolo se deve conquistare le plebi o accreditarsi come simpatico amico alla corte dei potenti, e', infatti, non soltanto distruttiva della Cultura con la C maiuscola, ma contagiosa, in un degrado continuo del linguaggio politico. Uomini che parevano, almeno dal punto di vista del curriculum di studi, persone di buon livello finiscono per adottarne le parole, i gesti, il rifiuto del passato e via dicendo. Per esempio: mentre il presidente della Repubblica va ricordando in ogni piazza d'Italia i valori della Resistenza, fondamento della nostra Costituzione, non soltanto il presidente del Consiglio non lo segue mai, neppure in occasione delle celebrazioni ufficiali, ma la seconda carica dello Stato, il presidente del Senato, Pera, provocato dal poeta Sanguineti, si rifiuta di dare un giudizio sul fascismo: lui non e' uno storico, dice. Non basta: il ministro degli Interni, Pisanu, che sembrava il meglio del bigoncio governativo, ingiuria la magistratura; il guardasigilli, Castelli, non tace la sua detestazione per gli intellettuali, i portavoce del partito-azienda (l'ex comunista Bondi e il livido Schifani) negano o capovolgono, ad ogni loro apparizione televisiva, la evidente, chiarissima, provata verita'; per non parlare del Tremonti ammazza-galline (e vecchietti) Il clima culturale del governo sembra appiattito sulle "esternazioni" del Senatur, sulle ciniche freddure di Berlusconi, come quella a proposito dei malati di aids. Ho appena compiuto i 75 anni e fin da ragazzo mi sono occupato di quel che avveniva in Italia: non ricordo un governo ne' un parlamento in cui sedesse gente tanto volgare. * 4. Essendo "nuovi", nel senso di rampanti, cummenda e cavalieri non si curano del passato e lo seppelliscono sotto i luoghi comuni dei loro predecessori che, per esempio, nel fascismo hanno visto un regime in cui, una volta date robuste sovvenzioni, potevano fare a piacer loro nelle fabbriche e negli uffici. Ma facendo questo in dichiarazioni che i mass-media moltiplicano, devastano la cultura, soprattutto quella giovanile. I giovani hanno il diritto di conoscere le verita' della storia, anche le piu' dolorose. Questo passato, lo vogliano o no, e' sulle loro spalle. Non conoscerlo impedisce loro di vedere il futuro. Come ha scritto qualcuno: "Se l'avvenire dell'albero e la sua crescita sono sopra la terra, le radici sono sotto di essa. Cio' significa che l'avvenire e' alimentato dal passato. Guai a chi non coltiva il ricordo del passato: egli semina non sulla terra ma sul cemento". Contrariamente a cio' che credono molti adulti, i ragazzi desiderano sapere da dove vengono, da dove vengono le loro famiglie, da dove la comunita' nazionale. Da quando ho pubblicato un romanzo su un ragazzo che si arruola nella repubblica di Salo', molte scuole lo hanno adottato ed io sono poi andato a parlarne con i ragazzi. Sono stato a Pescara, a Foligno, a Bassano del Grappa, a Montagnana, a Gardolo, a Merano, a Rimini, in una decina di scuole romane e sto per iniziare un nuovo "giro". Qualche insegnante ha organizzato le assemblee con un po' di tremore, ma gli incontri sono sempre durati piu' a lungo di ogni previsione. Non penso che fosse merito mio. Sbagliano quegli adulti che credono che la scuola deve tenersi fuori da certi argomenti. Benche' si tratti di questioni che appartengono a un'epoca ormai lontana, in realta' si tratta di temi attualissmi. Le dichiarazioni di Berlusconi sulla "benignita'" del regime fascista e sul comportamento, tutto sommato, benevolo di Mussolini (condanne al confino come "villeggiature", sia pure forzate, e mani nette di sangue) non solo indicano la cultura del cummenda-Cavaliere, travisano la storia e sponsorizzano il ritorno trionfale di un revisionismo che sta, almeno nel Sud, intitolando strade e persino costruendo monumenti a gerarchi fascisti. * 5. Se cio' e' dovuto soltanto a ignoranza, allora e' necessario e urgente ricordare che, sotto il fascismo, centinaia e centinaia di persone furono costrette a fuggire all'estero, affrontando spesso una durissima poverta'. Migliaia furono costrette a lasciare i posti di lavoro perche' si rifiutavano di iscriversi al partito e a campare di espedienti. Cinquemila furono i prigionieri politici, non pochi condannati a lunghe pene detentive. Diciassettemila i "confinati". I confinamenti, quei forzati esilii che potevano protrarsi per anni e anni, Berlusconi, sorridendo, li definisce "villeggiature". Erano residenze obbligate in paesi sperduti del profondo Sud o delle isole minori: luoghi, alcuni, poco piu' che miserabili, altri la cui la bellezza coincideva con una grande durezza di condizioni di vita. Per i piccoli e i medi borghesi il confino significava la rovina delle carriere o del lavoro professionale; per gli operai e i contadini e per le loro famiglie la miseria assoluta. I fascisti locali (e la paura) si incaricavano di far si' che i congiunti dei "confinati" e dei detenuti, vivessero in un isolamento totale... Quanto ai morti, il fascismo stronco' con la sua violenza, squadristica o di Stato, le vite di molti, fra i quali personaggi di grande levatura: Giovanni Amendola, liberale, bastonato in due diverse aggressioni, tanto selvaggiamente da morirne poco dopo; Piero Gobetti, un ragazzo di venticinque anni, di luminosa intelligenza, editore di una rivista alla quale collaboravano molti dei nostri migliori intellettuali, assalito a colpi di manganello e deceduto in esilio, a Parigi, per i postumi delle ferite riportate; don Giovanni Minzoni, valoroso cappellano militare, la testa fracassata da due assalitori, mandante il quadrumviro Italo Balbo; i due fratelli Rosselli, di generoso coraggio e di alte capacita' politiche, trucidati in Francia, a cura dei servizi segreti del regime; Antonio Gramsci, forse il piu' lucido pensatore del nostro Paese, un genio (per usare una parola abusata, che pero', nel suo caso, appare del tutto appropriata), gravemente ammalato di tbc, deportato senza pieta' da un carcere all'altro; Giacomo Matteotti, deputato socialista, difensore dei poverissimi braccianti del Polesine, rapito e trafitto da venti coltellate dopo che Mussolini aveva gridato a un gruppo di fedelissimi: "Ma non c'e' nessuno capace di farlo tacere?". E l'elenco potrebbe continuare. Del delitto Matteotti Mussolini rivendico' orgogliosamente, alla Camera, ogni responsabilita': a questo modo nacque nel sangue l'Era Fascista. Durante il ventennio, molto altro sangue sporco' le mani del "benevolo" Mussolini. Centinaia di migliaia di giovani e di meno giovani mandati a morire nelle guerre "imperiali": In Etiopia e in Spagna, in Libia, in Grecia, in Russia: uccisi non soltanto dal fuoco nemico ma anche, e piu', dalla mancanza di armi e di equipaggiamento, da ordini insensati, da inettitudine dei comandanti. * 5. Che le dichiarazioni di Berlusconi sul regime fascista siano state rese in un clima conviviale, da champagne, come e' stato poi detto, peggiora la gravita' dell'episodio. Quando uno si "rilassa", generalmente dice la verita' e dunque torniamo alla pochezza delle convinzioni e nozioni del Cavaliere. Ma quando si deforma la verita' e specialmente quando, come in questo caso, la si caricaturizza, si provoca spesso anche un'ondata di dolore. Ne sono stati travolti gli ebrei italiani e B. si e' degnato di chiedergli scusa: ma ne sono stati investiti anche i figli dei perseguitati dal regime fascista o i superstiti della lotta partigiana che videro tanti compagni e compagne uccisi, spesso nei modi piu' crudeli, o avviati ai lager di sterminio. A tutti questi nostri concittadini, il presidente del Consiglio non ha presentato scuse. Io penso che dovremmo in qualche modo mostrare la nostra solidarieta' a questi anziani, cui dobbiamo riconoscenza affettuosa. Per farlo, mi sembrerebbe cosa eccellente aderire all'iniziativa dei "Girotondi per la democrazia" a Roma, che propongono di iscriversi all'Associazione nazionale partigiani d'Italia "per ricordare a noi stessi cos'e' stato il fascismo, per esprimere il nostro attaccamento alle radici della democrazia e della Costituzione repubblicana, e per sostenere un'associazione che custodisce la memoria di una pagina della nostra storia che nessuno potra' e dovra' mai cancellare". Per iscrivervi inviate una e-mail a: ar at girotondiaroma.it, segnalando il vostro nome e indirizzo; riceverete dall'Anpi il bollettino di iscrizione (la quota e' di 5 euro) che vi permettera' di ottenere la tessera del 2004. 6. RIFLESSIONE. LUCIANO BENINI: EUROPA DI PACE E MODELLO DI SVILUPPO (SULLA PROPOSTA DI LIDIA MENAPACE) [Ringraziamo Luciano Benini (per contatti: lucben at libero.it) per questo intervento. Luciano Benini, gia' presidente del Movimento Internazionale della Riconciliazione, da sempre impegnato in molte attivita' e iniziative di pace e di solidarieta', e' una delle persone piu' prestigiose dei movimenti nonviolenti in Italia] La proposta di Lidia Menapace su un'Europa neutrale e disarmata va sicuramente nella giusta direzione. (A parte l'aggettivo "neutrale" che non mi piace, perche' potrebbe indurre l'idea di un'Europa che di fronte alle ingiustizie internazionali e alla prepotenza dei piu' forti sui piu' deboli se ne sta a guardare - il che, come gia' detto da altri, significherebbe di fatto stare coi prepotenti -, mentre Lidia propone un impegno attivo). Osserverei che neutrale e disarmata deve significare un'Europa che rinuncia ad avere una sua autonoma capacita' di fare la guerra, sia quella offensiva (perche' contraria ai principi internazionali, e qui diventa importante riuscire a far inserire il ripudio della guerra nella Costituzione europea), sia quella per risolvere i conflitti internazionali (perche' tale funzione deve essere in capo solamente ad un'Onu dotata di caschi bianchi e corpi di polizia internazionale), sia quella difensiva (perche' affidata in via preventiva alla costituzione di rapporti di giustizia e solidarieta' con tutti gli altri paesi e in via operativa alla Difesa popolare nonviolenta). Per mettere in atto una siffatta politica di difesa occorre in realta' ripensare la politica economica, energetica ed internazionale dell'Europa. Cioe', come bene ha detto Nanni Salio, "impegnare l'Unione Europea nel processo di riconversione ecologica dell'economia dall'attuale modello di sviluppo energivoro, consumista e non sostenibile, a un modello a bassa impronta ecologica, realmente sostenibile, fondato sull'impiego sistematico di fonti energetiche rinnovabili, decentrate, democratiche. Porsi l'obiettivo di realizzare concretamente gli obiettivi degli accordi di Kyoto e' una tappa intermedia fondamentale, in vista di obiettivi piu' maturi e impegnativi. Sganciarsi dall'economia mortifera del petrolio e' diventato un imperativo per la sopravvivenza dell'intero pianeta". Purtroppo, invece, in queste ore di black-out, si sta chiedendo l'esatto contrario, cioe' non il risparmio energetico e l'uso di fonti energetiche rinnovabili ma la costruzioni di nuove centrali (e la richiesta di tornare al nucleare e' dietro l'angolo). Credo insomma che non basti adottare una diversa politica di difesa se non si mette mano anche alle altre questioni: il modello di difesa europeo, l'esercito europeo, la politica militare europea sono congeniali a questo modello di sviluppo, e se non si cambia questo sara' impossbile e inutile cambiare quell'altro. In sintesi: rinunciare all'ombrello Nato per affidarsi e dare credibilita' all'Onu; rinunciare all'esercito europeo e creare i corpi europei di pace, offrendo al mondo europei disponibili ad intervenire prima e durante un conflitto per evitare la degenerazione della guerra; cambiare il modello economico-energetico attuando una vera e propria riconversione ecologica dell'economia. 7. RIFLESSIONE. UNA LETTERA AD ALCUNI PARLAMENTARI (SULLA PROPOSTA DI LIDIA MENAPACE) [Il "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo ha inviato la seguente lettera ad alcuni parlamentari italiani ed europei invitandoli ad intervenire sulla proposta di Lidia Menapace "per un'Europa neutrale e attiva"] Egregi signori, vorremmo segnalarvi la proposta avanzata da tempo da Lidia Menapace, prestigiosa figura della cultura e della vita civile italiana (gia' impegnata nella Resistenza, autorevole rappresentante dei movimenti delle donne, per la pace e per la nonviolenza), per una "Europa neutrale" che si impegni attivamente per la pace con mezzi di pace. Vorremmo chiedere un vostro intervento nella riflessione che sulla proposta di Lidia Menapace si sta svolgendo, oltre che in molte altre sedi, anche sul notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino"... * In particolare vorremmo sollecitare la vostra attenzione sui seguenti temi: a) l'opportunita' che nel trattato noto come "Costituzione europea" in via di definizione sia inserita una formula equivalente all'articolo 11 della Costituzione italiana; b) l'opportunita' di un impegno europeo a promozione e sostegno della Difesa popolare nonviolenta (impegno gia' entrato nella legislazione italiana con la legge di riforma del servizio civile del 1998); c) l'opportunita' di un impegno europeo per una adeguata realizzazione dei Corpi civili di pace (impegno gia' assunto dal Parlamento europeo molti anni fa per impulso del compianto Alexander Langer, ma che fin qui e' restato perlopiu' affidato ad alcune esperienze di volontariato internazionale di ong ed onlus - Berretti bianchi, Caschi bianchi, Donne in nero, Operazione Colomba, etc.); d) l'opportunita' della valorizzazione ed estensione delle esperienze dei Paesi che gia' da tempo hanno assunto la neutralita' come scelta di valore e posizione politica e giuridico-istituzionale opposta alla possibilita' della belligeranza, naturalmente una neutralita' attiva che sia impegnata per la gestione e risoluzione diplomatica, nonarmata e nonviolenta, dei conflitti e delle controversie internazionali. * Vorremmo inoltre sollecitare la vostra attenzione sulle seguenti riflessioni: a) la scelta dell'Unione europea di impegnarsi contro la pena di morte, fino a farne un vero e proprio criterio per l'adesione ad essa Unione, richiede che coerentemente a tale principio ci si impegni nelle relazioni internazionali al ripudio della guerra che, come nitidamente osservava Mohandas Gandhi, consiste nell'esecuzione di omicidi di massa; b) la scelta dell'Unione europea di impegnarsi per l'inveramento della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, con la consapevolezza che uno dei grandi contributi storici della cultura giuridica europea alla civlta' mondiale e' proprio l'impegno per i diritti umani, richiede che coerentemente ci si adoperi per garantire il primo e fondamentale di quei diritti: il diritto di ogni essere umano a vivere, e quindi a non essere ucciso; c) la scelta dell'Unione europea di trovare nell'Onu un riferimento fondamentale, infine, richiede che ci si adoperi per rendere cogente e giuriscostituente l'opposizione al "flagello della guerra", sulla cui base i "popoli delle Nazioni Unite" - come recita il preambolo della Carta dell'Onu fondativa - hanno trovato la ragione dell'incontro e dell'unita', dell'impegno comune per la pace e la civile convivenza. * Vorremmo inoltre sottoporvi le seguenti osservazioni: a) la necessita', a nostro avviso, di scelte politiche di disarmo e smilitarizzazione, poiche' "da se stesse le armi tentano gli uomini" (Omero, Odissea, XIX, 13), ovvero il loro uso e la loro stessa presenza in quanto tale sempre minaccia e umilia e vulnera esseri umani, e la loro stessa produzione e disponibilita' implica la sottrazione di risorse necessarie al benessere dell'umanita', cosi' come il loro uso implica sempre oltre a sofferenze e morte di esseri umani, altresi' distruzione di risorse, e devastazioni dell'unica terra che abbiamo come casa comune per vivere; b) la necessita', a nostro avviso, di costantemente e adeguatamente affermare e consolidare il legame che unisce pace, stato di diritto, democrazia, incontro e cooperazione tra i popoli e le istituzioni, diritti umani; c) la necessita', a nostro avviso, di promuovere la democrazia con la democrazia e non con il suo opposto, l'oppressione; di promuovere la sicurezza con la sicurezza e non con il suo opposto, la minaccia; di promuovere il diritto con il diritto e non con il suo opposto, l'arbitrio; di promuovere la convivenza con la convivenza e non con il suo opposto, la dominazione, la cacciata, l'annientamento dell'altro; di promuovere l'umanita' con l'umanita' e non con il suo opposto, la disumanizzazione altrui e propria; d) la necessita', a nostro avviso, che la nonviolenza diventi sempre di piu' principio giuriscostituente, ispirazione e scelta fondamentale e fondativa per l'Unione europea come soggetto che voglia impegnarsi a promuovere la vita, la qualita' della vita e i diritti dei suoi cittadini e di tutti gli esseri umani, la pace nel mondo, relazioni internazionali fondate sulla comprensione e la cooperazione tra i popoli, la difesa dell'ambiente, i diritti umani delle presenti e delle future generazioni. Vi saremmo assai grati di un vostro intervento... 8. MATERIALI. DISPONIBILE IN RETE LA TRASCRIZIONE COMPLETA DELL'INCHIESTA TELEVISIVA DI REPORT SU "L'ALTRO TERRORISMO" La trascrizione dell'inchiesta televisiva di "Report" su "L'altro terrorismo" e' disponibile nel sito www.report.rai.it 9. LETTURE. ISTITUTO BIOLOGICO ITALIANO: ALIMENTI GENETICAMENTE MODIFICATI Istituto biologico italiano, Alimenti geneticamente modificati, Edizioni La Tortuga, Padova senza data ma non prima del 2001, pp. 48, euro 1. Un agile opuscolo introduttivo, in alcuni punti eccessivamente semplificante. 10. LETTURE. MOVIMENTO GOCCE DI GIUSTIZIA: MINIGUIDA AL CONSUMO CRITICO E AL BOICOTTAGGIO Movimento gocce di giustizia, Miniguida al consumo critico e al boicottaggio, coop. Spes editrice, Padova senza data ma presumibilmente 2000 o 2001, pp. 60, euro 1,03. Un opuscolo introduttivo che per la parte documentaria (di cui in grandissima parte consiste) rinvia prevalentemente all'ottimo lavoro del "Centro nuovo modello di sviluppo" di Vecchiano e in particolare alla Nuova guida al consumo critico, Emi, Bologna 2000 (meno attendibili i dati ricavati da fonti giornalistiche). 11. RILETTURE. AA. VV., LE DONNE DEL MILLENNIO AA. VV., Le donne del millennio, Editrice Nord, Roma 1982, pp. IV + 210. Un'antologia di scrittrici di fantascienza (ma come sta stretto questo nome a queste scritture), con testi di Cynthia Felice, Diana L. Paxson, Elizabeth A. Lynn, Cherry Wilder, Joan D. Vinge, Ursula K. Le Guin (il piccolo classico L'occhio dell'airone), con un'introduzione di Virginia Kidd e una lirica di Marilyn Hacker. 12. RILETTURE. URSULA K. LE GUIN E ALTRE: DONNE DEL FUTURO Ursula K. Le Guin e altre, Donne del futuro, Savelli, Roma 1979, pp. 192. A cura e con ampia introduzione di Pamela Sargent, testi di Katherine MacLean, Marion Zimmer Bradley, Anne McCaffrey, Kate Wilhelm, Chelsea Quinn Yarbro, Ursula K. Le Guin (il racconto Il giorno prima della rivoluzione). Ancora un'antologia di racconti di fantascienza (science fiction, narrativa d'anticipazione, speculative fiction - la si chiami come si vuole), un genere letterario in cui il pensiero e la scrittura delle donne ha saputo creare grande letteratura, depositare e far crescere profonda riflessione. 13 . RILETTURE. ROSSANA ROSSANDA: ANCHE PER ME Rossana Rossanda, Anche per me. Donna, persona, memoria dal 1973 al 1986, Feltrinelli, Milano 1987, pp. 208. Una raccolta di scritti della grande intellettuale, una lettura ad un tempo esigente, nutriente e commovente, che ci scandaglia e convoca alla responsabilita', all'impegno comune. 14. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 15. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 688 del 29 settembre 2003
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