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La nonviolenza e' in cammino. 678
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 678
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 18 Sep 2003 19:07:26 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 678 del 19 settembre 2003 Sommario di questo numero: 1. Severino Vardacampi: la scomparsa di Sergio Ortega 2. Fausto Concer: sulla proposta di Lidia Menapace per un'"Europa neutrale" 3. I "caschi bianchi" dell'Associazione papa Giovanni XXIII partono in missione di pace 4. Resoconto della carovana della pace 2003 5. Associazione per i popoli minacciati: un appello ai governi europei per i profughi in Inguscezia 6. Ellen Siegel: una lettera ai superstiti di Sabra e Chatila 7. Un convegno sulla memoria 8. Il 5 ottobre a Verona incontro del Movimento Nonviolento 9. Pax Christi: con la bandiera della pace alla marcia Perugia-Assisi 10. Maria G. Di Rienzo: per un uso critico dei media 11. Roberto Zanini intervista Lori Wallach 12. Ileana Montini: "martiri", un'analisi sociologica 13. Filippo Gentiloni presenta la rivista "Dharma" 14. Riletture: Aldo Capitini, Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri 15. Riletture: Aldo Capitini, Origine, caratteri e funzionamento dei C. O. S. 16. Riletture: Jean e Hildegard Goss-Mayr, La nonviolenza evangelica 17. Riletture: Sergio Ramirez (a cura di), Racconti nicaraguensi 18. Riletture: Tolstoi verde 19. La "Carta" del Movimento Nonviolento 20. Per saperne di piu' 1. LUTTI. SEVERINO VARDACAMPI: LA SCOMPARSA DI SERGIO ORTEGA [E' deceduto lunedi' notte a Parigi a 65 anni, per un cancro fulminante al pancreas, il compositore cileno Sergio Ortega Alvarado, uno dei grandi musicisti della "nueva cancion chilena", autore delle piu' famose canzoni dell'esperienza di Unidad Popular di Salvador Allende, come Venceremos e El pueblo unido jamas sera' vencido; aveva composto anche musiche per film e canzoni basate su testi letterari. Nato il 2 febbraio 1938 ad Antofagasta, studi al Conservatorio nazionale della universita' del Cile, sotto la direzione di Gustavo Becerra Schmidt e in seguito di Roberto Falabella, nella stessa classe con Luis Advis Vitaglich; inizio' a lavorare come funzionario dell'"Instituto de Extension Musical" e per sei anni nel teatro "Antonio Varas"; professore di composizione del Conservatorio nel 1969 e 1970, tenne poi fino al 1973 la direzione artistica del canale della televisione della Universidad de Chile; da trent'anni risiedeva a Parigi dove si era trasferito in esilio dopo il colpo di stato di Augusto Pinochet, ed era direttore dell'Ecole Nationale de Musique di Pantin] C'e' una generazione, la mia, che ha conosciuto l'America Latina e se ne e' innamorata attraverso il Canto general di Pablo Neruda; c'e' una generazione, la mia, che senti' il golpe cileno come una ferita al nostro cuore, una ferita non piu' rimarginata. C'e' una generazione, la mia, che ancora piange ogni volta che intona la Marsigliese o l'Internazionale o El pueblo unido jamas sera' vencido. C'e' una generazione, la mia, che apri' le sue case agli esuli cileni cosi' come quegli stessi esuli e i loro genitori a suo tempo aprirono le case agli esuli di Spagna: Ma non e' della nostra infranta gioventu' che vogliamo qui parlare. E' della scomparsa di Sergio Ortega, l'autore appunto di quel "pueblo unido" che "jamas sera' vencido", una delle voci della nueva cancion chilena che con Violeta Parra e Victor Jara seppe portare quel sud dolente e coltissimo, festoso ed austero, in tutto il mondo, all'orecchio ed al cuore dell'umanita' intera. Della scomparsa di Sergio Ortega, ma anche della gratitudine per le magnifiche sue canzoni qui diciamo. Della scomparsa, ma anche della presenza. E, verrebbe quasi da aggiungere con linguaggio capitiniano: della compresenza. Hasta siempre, Sergio. 2. RIFLESSIONE. FAUSTO CONCER: SULLA PROPOSTA DI LIDIA MENAPACE PER UN'"EUROPA NEUTRALE" [Ringraziamo Fausto Concer (per contatti: faustoconcer at libero.it) per questo intervento. Fausto Concer e' impegnato in varie esperienze, particolarmente a Bolzano e a Bologna, per la pace, i diritti dei popoli, la difesa della Costituzione, un'economia di giustizia e di solidarieta'. Il noto testo gramsciano cui si fa riferimento e' l'articolo apparso sul "Grido del popolo" del 31 ottobre del 1914, ora anche in Antonio Gramsci, Le opere, Editori Riuniti, Roma 1997, pp. 3-7] Ritengo, a proposito del dibattito per un'"Europa neutrale", che per rafforzare il concetto e l'ottima proposta di Lidia e per evitare qualsiasi tipo di ambiguita' e incomprensione, sarebbe utile affiancare al termine neutrale i termini "attiva" e "operante": ovvero parlare di "neutralita' attiva e operante", una neutralita' coinvolta sempre e comunque, impegnata nell'affrontare i conflitti, operante (appunto) per la risoluzione delle cause che provocano le guerre. L'esatto contrario dell'aberrante "me ne frego". Si tenga conto, inoltre, che l'espressione "neutralita' attiva ed operante" ha un illustre progenitore, ovvero quell'Antonio Gramsci assassinato da quel regime criminale che lo aveva spedito, in quanto oppositore comunista, in "vacanza", per dirla con il presidente del consiglio dei ministri, che di quel regime a molti sembra aspirante epigono. 3. INIZIATIVE. I "CASCHI BIANCHI" DELL'ASSOCIAZIONE PAPA GIOVANNI XXIII PARTONO IN MISSIONE DI PACE. [Dagli amici dell'Operazione Colomba e della Comunita' papa Giovanni XXIII (per contatti: caschi_bianchi.apg23 at libero.it) riceviamo e diffondiamo. Salutiamo con commozione le ragazze e i ragazzi in partenza, che abbiamo conosciuto quando sono venuti a trovarci a Viterbo durante il loro percorso formativo] Quindici ragazzi, tra cui cinque obiettori di coscienza, sette ragazze in servizio civile volontario, due ragazzi che pur riformati hanno deciso di svolgere comunque il servizio civile volontario, partiranno nei prossimi giorni (dal 20 al 26 settembre) per America Latina (Bolivia, Cile), Africa (Kenia, Zambia), e probabilmente Medio Oriente. I ragazzi, originari di tutta Italia, dalla Sicilia al Veneto, sono entrati in servizio il primo luglio e, dopo un articolato percorso di formazione preparatoria durato due mesi, svolgeranno il proprio servizio civile presso strutture di accoglienza dell'Associazione Comunita' papa Giovanni XXIII o presso organizzazioni estere che hanno rapporti di cooperazione con la comunita'. La "Papa Giovanni XXIII" e' da tempo impegnata nell'invio di obiettori di coscienza all'estero in missioni umanitarie e di intervento nonviolento in aree di conflitto e di crisi strutturale (cosiddetti "Caschi bianchi"). I primi obiettori in missione infatti risalgono al 1993, e svolsero la loro attivita' in disobbedienza civile, non esistendo all'epoca nessun riconoscimento normativo del servizio civile all'estero, riconoscimento intervenuto in seguito con la legge 230/1998 (art. 9). Dallo scorso anno al progetto "Caschi bianchi" partecipano anche le donne che hanno scelto il servizio civile volontario ai sensi della legge 64/2001. "E' proprio con l'approvazione della legge 64/2001 che istituisce il servizio civile nazionale, e con la conseguente sospensione della leva obbligatoria nel 2005, che si e' aperta una nuova fase dove il modello del servizio civile e' fondato non piu' sull'obbligatorieta', ma sulla disponibilita' dei giovani al servizio volontario" - afferma don Oreste Benzi, presidente della Comunita' papa Giovanni XXIII - "ed in questo contesto le esperienze dei caschi bianchi possono contribuire a rilanciare e approfodire il tema del servizio civile europeo umanitario, tema inserito anche all'art. 223 cap. IV sez. III della bozza di Convenzione per una Costituzione Europea. I giovani che scelgono il servizio civile all'estero dimostrano di essere pionieri della pace e della ricerca dell'infinito". Per ulteriori informazioni: Associazione Comunita' papa Giovanni XXIII, servizio obiezione e pace, tel. 0541752130, sito: www.apg23.org 4. ESPERIENZE. RESOCONTO DELLA CAROVANA DELLA PACE 2003 [Da padre Mose' Mora (per contatti: mosemora at libero.it) riceviamo e diffondiamo questo resoconto della carovana per la pace 2003. Padre Mose' Mora e' segretario della Commissione giustizia e pace degli istituti missionari comboniani] "Abbiamo osato la strada - afferma Silvia, una dei 15 giovani carovanieri - mescolandoci con la gente e bussando a molte porte. E' stata una vera missione popolare ispirata ai quarant'anni della Pacem in Terris e vissuta tra le periferie di alcune citta' italiane e santuari storici di memoria profetica. Ci sono state consegnate tante speranze, sogni e sofferenze. Come giovane mi sento interpellata, non posso piu' tacere e rimanere impassibile alla realta' che mi circonda. "I care" ancora... mi sta a cuore... Grazie!". La "Carovana della pace", che nel 2002 ha toccato dieci citta' italiane proponendo il tema "La pace nelle nostre mani: non solo utopia", si e' rimessa in cammino e ha concluso il 15 settembre 2003 a Limone sul Garda (Bs) il suo itinerario costruito sulla sfida dell'"Osare un tempo nuovo". I quindici giovani insieme ad alcuni missionari comboniani sono partiti il 4 settembre da Assisi. La cittadina di San Francesco e' imponente. Le viuzze straripano di turisti curiosi. L'appuntamento avviene fuori le mura con il Movimento Nonviolento in cammino verso Gubbio. Due rappresentanti della carovana continueranno il cammino con loro, mentre gli altri si sparpagliano per la citta' incontrando la gente e diverse comunita' religiose. Il vescovo apre le porte e condivide il suo desiderio di pace. L'indomani l'invio dalla Porziuncola corona la partenza per Napoli. L'incontro e l'accoglienza di Rosario e dei suoi ragazzi, della comunita' "Crescere Insieme", colora la discesa al rione Sanita'. I rumori, la concentrazione del traffico e il continuo mondo umano che si muove tra i rioni, sono interrotti dai brevi e intensi momenti di ascolto con gente della strada, dalle vie dei quartieri spagnoli alle grotte della Sanita'. Momenti di preghiera ecumenica e piste di riflessione di alcuni testimoni locali trovano la sintesi nell'affermazione di un ragazzino che, vedendo il nostro passaggio dal secondo piano di casa sua, grida: "Andate a fare pace? Vengo anch'io, aspettatemi!". E' quella pace con giustizia e rispetto dei diritti degli immigrati che la comunita' comboniana presente in Castel Volturno ci consegna durante l'eucarestia africana domenicale. Un ulteriore invio verso la tappa successiva: Roma. Le giornate sono intense di incontri: dal quartiere Laurentino 38 alla "Misna", dagli immigrati nei pressi della stazione Tiburtina al Centro Astalli e Libera, dall'incontro nazionale dell'Azione Cattolica alle tende del vangelo in piazza, dalla rete di Lilliput alla Caritas, dai comboniani riuniti in capitolo generale, ai quali si e' consegnato un documento frutto della scrittura collettiva della carovana, alla saggia giovinezza di fratel Arturo Paoli, dalle profetiche e lapidarie parole di don Luigi Ciotti e padre Alex Zanotelli al determinato forte e tenero coraggio di suor Rachele, missionaria comboniana in Uganda, e di Bienvenu, rifugiato politico congolese. Sono volti, parole e azioni per dire che e' possibile osare un tempo nuovo. E il viaggio continua. L'impegno inizia da ieri, perche' anche le querce hanno memoria e Montesole e Marzabotto ce lo ricordano. In un momento in cui alcune istituzioni sembrano negare la memoria storica la carovana ricorda la figura di don Giuseppe Dossetti, padre della Costituzione, e tutte le vittime innocenti morte nella strage del 1944. La terra a Montesole e' ancora intrisa di sangue, ma la preghiera costante e silenziosa delle comunita' dossettiane urla speranza e riscatto, sa di resurrezione. Con le piccole fiaccole consegnate nella notte dagli amici di Maranello che ci hanno guidato sui sentieri della memoria, raggiungiamo l'isolata Barbiana e invochiamo l'intercessione del priore per motivare, anche con le parole di Nanni e di altri amici, il nostro "I care". E con il cuore pieno di vite e di storie, ci immergiamo nel bagno di folla che si sposta da Agliana a Quarrata, per dire che i diritti o sono di tutti o non sono di nessuno. Anche da Korogocho, con padre Daniele raggiunto telefonicamente, l'invito a continuare a camminare senza confini rafforza l'invio celebrato a Brescia delle sei nuove missionarie comboniane. La carovana della pace 2003 si cnclude a Limone sul Garda per fare memoria attiva e celebrare la profezia del missionario Daniele Comboni. E' osando che nascera' un tempo nuovo. Buon cammino. 5. APPELLI. ASSOCIAZIONE PER I POPOLI MINACCIATI: UN APPELLO AI GOVERNI EUROPEI PER I PROFUGHI IN INGUSCEZIA [Dall'"Associazione per i popoli minacciati" di Bolzano (per contatti: info at gfbv.it) riceviamo e diffondiamo] Mercoledi' scorso il campo di profughi di Bella in Inguscezia, che ospita fino a 1.186 civili ceceni e' stato isolato dal resto del mondo. L'"Associazione per i popoli minacciati" rivolge un appello urgente ai governi europei affinche' si impegnino presso il governo russo a favore dei profughi ceceni e tentino di evitare il rimpatrio coatto dei profughi. Gia' durante i controlli dei passaporti i profughi erano stati messi sotto pressione perche' lasciassero l'Inguscezia; ora si teme che il campo profughi venga eliminato lontano dagli occhi del mondo e che le persone vengano costrette a tornare in Cecenia dove corrono seri rischi per la propria vita. Secondo i dati forniti dall'Alto commissariato per i profughi dell'Onu (Acnur), in Inguscezia vivono circa 98.000 profughi ceceni, di cui 17.000 in tendopoli quali quella di Bella. Secondo l'Ufficio migrazione ingusceto nella tendopoli di Bella vivono 696 persone, invece secondo i calcoli degli stessi profughi ci vivono 1.186 persone. Nonostante il grande impegno dell'Acnur, Ahmed Kadyrov, il burattino di Mosca in Cecenia, prosegue nel suo intento di eliminare con l'uso massiccio della forza ogni apparenza di guerra in Cecenia, tra cui appunto anche i campi profughi. L'amministratore che difende gli interessi russi in Cecenia nonche' unico candidato con possibilita' di successo alle elezioni presidenziali cecene del prossimo 5 ottobre, aveva comunicato gia' il 13 agosto all'agenzia di stampa "Interfax" che i campi profughi avrebbero dovuto sparire entro il primo ottobre. 6. MEMORIA. ELLEN SIEGEL: UNA LETTERA AI SUPERSTITI DI SABRA E CHATILA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 16 settembre 2003 riprendiamo questa lettera aperta di Ellen Siegel - infermiera ebrea di nazionalita' americana, volontaria nel 1982 al Gaza Hospital di Sabra - ai sopravvissuti e ai profughi palestinesi di Sabra e Chatila in occasione del ventunesimo anniversario del massacro del 1982 nel quale furono uccise oltre tremila persone. In quanto cittadina ebrea americana Ellen Siegel ha testimoniato davanti alla Commissione di inchiesta israeliana a Gerusalemme presieduta dal giudice Kahan; e' vicepresidente del Medical Committee of American Near East Refugee Aid, ed e' esponente del movimento per la pace ebraico] Miei cari amici, per la prima volta, dopo vent'anni, sono recentemente tornata a Beirut, a Chatila e al Gaza Hospital a Sabra, dove avevo lavorato come infermiera volontaria quell'estate del 1982. Sono tornata per ripercorrere quella tragica esperienza. Per ricordare, per essere li' accanto a voi, per esprimervi la mia solidarieta' e soprattutto rendere omaggio a voi e alla memoria dei vostri cari. Il primo giorno, all'alba, mi sono diretta verso il campo e un'auto mi ha lasciata davanti a quella che era stata l'entrata del Gaza Hospital, la' dove le milizie falangiste, vent'anni fa, radunarono tutti i sanitari del nosocomio, medici e paramedici. Quello che una volta era stato il posto dove le palestinesi e le libanesi del campo venivano per dare alla luce i loro bambini, dove gli abitanti andavano per operarsi, e dove i sanitari cercavano di soddisfare le esigenze sanitarie dei rifugiati, e dove allora sventolava un'enorme bandiera della Croce rossa, e' ora divenuto un posto quasi inabitabile dove vivono molti palestinesi rimasti, alcuni da allora, altri dalla meta' degli anni ottanta, senza casa. L'entrata e' buia, maleodorante, infestata dai topi, coperta di immondizie. Per arrivare alle scale e per salire ai piani superiori occorre avere una torcia o dei fiammiferi. Vi abitano molti palestinesi, libanesi e immigrati da altri paesi arabi che vi si sono istallati alla ricerca di un tetto. Il pozzo che usavano per prendere l'acqua e' stato recentemente distrutto e cosi' sono persino costretti a comprare l'acqua potabile. Fili elettrici, fissati alla meglio, pendono pericolosamente dalle pareti e dai soffitti. Le condizioni nelle quali sono costretti a vivere sono indegne per qualsiasi essere umano. Sono salita fino all'ottavo piano e affacciata al parapetto ho visto di nuovo sotto di me l'intero campo: le strade, le stradine, i vicoli strettissimi e a qualche centinaio di metri, in posizione dominante [il campo sorge in una sorta di avvallamento - ndr] l'edificio dove nel 1982 l'esercito israeliano aveva istallato il suo comando avanzato. L'ultima volta che mi ero affacciata a quel parapetto dall'ultimo piano dell'ospedale era una notte di settembre di vent'anni fa. Una notte illuminata a giorno dai bengala lanciati dall'esercito israeliano che esplodevano sul campo. Guardando di nuovo da quella stessa posizione, due decenni dopo, con i miei stessi occhi, mi e' stato chiaro che gli ufficiali e i soldati israeliani, con i loro potenti cannocchiali, erano perfettamente a conoscenza di quel che stava avvenendo nei campi. Scesa in strada, ho proseguito lungo la via principale di Sabra, oggi assai piu' affollata del 1982, e da li' mi hanno portato a visitare i rifugi dove molti abitanti tentarono di nascondersi in quei giorni terribili. Ho rivisto i muri delle esecuzioni di massa con ancora i fori dei proiettili. Il complesso dei vicoli, dei cortili, delle stradine e' talmente intricato da rendere assai complesso un massacro sistematico come quello del 1982. Non si tratto' certo di un evento casuale ma di un'operazione attentamente pianificata per portare avanti la quale fu necessario uno stretto coordinamento. La fossa comune, alla fine della strada principale, e' stata pulita e risistemata per le commemorazioni e un muro di mattoni sorge sul luogo dove un plotone di esecuzione allineo' i lavoratori dell'ospedale. Sono passata poi davanti all'ambasciata del Kuwait e dopo aver attraversato una vasta rotatoria sono arrivata a quello che allora era un abbandonato edificio delle Nazioni Unite dove ci interrogarono. La' vicino, in posizione dominante sul campo sottostante, c'e' ancora l'edificio usato dagli israeliani come comando avanzato. Nel corso della mia visita ho incontrato molti di voi, i sopravvissuti e le famiglie delle vittime. Ho partecipato alle commemorazioni sul luogo della fossa comune. Ho portato delle rose e le abbiamo piantate insieme. Dentro di me ho recitato il Kaddish, la preghiera ebraica per i morti. Pochi giorni dopo, privatamente, senza cerimonie, sono andata di nuovo a visitare la fossa comune e la' ho visto la spesso muta disperazione e straziante tristezza per le persone amate che vi sono state sottratte. Poi mi ha assalito la triste consapevolezza che un'altra generazione di palestinesi sta crescendo nella disperazione dei campi. Le donne palestinesi di Sabra e Chatila sono straordinarie. Senza alcuna colpa avete passato la gran parte della vostra vita adulta da uno squallido campo profughi all'altro mentre una volta vivevate in ridenti villaggi nella Palestina settentrionale. Lavoravate nei campi, raccoglievate i foraggi, allevavate delle greggi. Eravate autosufficienti. Eppure per tutta questa tragedia costituita dal diventare profughi siete rimaste forti e piene di orgoglio. Non avete mai perso la vostra dignita'. Nei vostri confronti non si puo' che avere il massimo rispetto. Il popolo palestinese ha una incredibile pazienza. Voi state ancora aspettando di tornare nella vostra patria, state ancora aspettando di avere giustizia. Ogni tanto c'e' un fugace raggio di speranza, come quando il Belgio approvo' la legge sui crimini di guerra. Per un attimo avete pensato che Ariel Sharon, Amos Yaron e gli altri responsabili per quel massacro sarebbero stati processati come criminali di guerra. Alcuni di voi sono andati in Belgio, molti di voi hanno testimoniato in modo dettagliato su quei giorni oscuri di vent'anni fa. Avete tirato fuori le grandi fotografie ingiallite dei vostri cari scomparsi - le vostre comuni memorie. Per un po' e' sembrato che ci sarebbe stato un processo. Al fine i sopravvissuti avrebbero avuto la possibilita' di raccontare le loro storie davanti ad un tribunale ufficiale. Sembra pero' che cio' per il momento non avverra'. A causa delle enormi pressioni sul governo belga di Israele e degli Stati uniti sembra che ancora una volta non sara' resa giustizia nonostante sia chiaro che questo massacro non sarebbe potuto avvenire senza la partecipazione attiva dell'esercito israeliano sotto il comando di Ariel Sharon, Amos Yaron e altri. L'esercito israeliano impedi' ai terrorizzati abitanti dei campi di fuggire e di mettersi in salvo, lancio' i bengala in modo che i falangisti potessero individuare le loro vittime, forni' i bulldozer per aiutare a coprire il massacro mentre i suoi comandi erano in costante contatto con gli assassini e ben sapevano quel che stava avvenendo. La Commissione d'inchiesta israeliana decise che Sharon aveva una responsabilita' indiretta - una conclusione contestata da molti al di fuori dell'establishment israeliano. I falangisti portarono avanti materialmente il massacro di uomini, donne e bambini e anche di loro si dovra' tener conto nella nostra ricerca di giustizia. Di sicuro i palestinesi sopravvissuti non potranno mai avere un processo equo in Israele. Basta pensare che il governo israeliano ha respinto ogni responsabilita' anche in un caso come quello della morte di Rachel Corrie. Sembra che il guidatore del bulldozer non avesse visto la ragazza che stava davanti al mezzo agitando le mani. Se Rachel Corrie, cittadina americana, non ha potuto avere giustizia in Israele figuriamoci gli abitanti palestinesi di Sabra e Chatila. In ogni caso, i vostri amici d'ogni parte del mondo cercheranno ora di aiutarvi il piu' possibile e in questo ventunesimo anniversario saranno ancora al vostro fianco. Scriveremo lettere, faremo telefonate, scriveremo articoli, manderemo e-mail, organizzeremo dibattiti, invieremo interventi. Mentre voi ancora aspettate giustizia sappiate che la vostra causa non e' stata abbandonata e non lo sara' mai. Gli anziani che incontrai nel mio primo viaggio se ne sono andati da lungo tempo, sepolti in terra libanese. I loro figli e i loro nipoti sono ancora nei campi. Non e' cambiato molto in questi trent'anni: le fogne a cielo aperto sono sempre la', cosi' come le baracche di una sola stanza. Dell'acqua corrente non c'e' ancora traccia. E i palestinesi aspettano ancora di tornare alla loro terra. Non so quante generazioni ancora dovrete attendere per avere giustizia ma so che non dovete disperare. Da parte nostra continueremo a lottare con voi finche' giustizia non sara' stata fatta. 7. INIZIATIVE. UN CONVEGNO SULLA MEMORIA [Dall'amico carissimo Brunetto Salvarani (per contatti: b.salvarani at carpi.nettuno.it) riceviamo e diffondiamo] Le riviste "Sefer" di Asti, "Qol" di Reggio Emilia, "Confronti" di Roma, e il Comune di Bagnolo in Piano organizzano sabato 25 e domenica 26 ottobre 2003 a Bagnolo in Piano (Re) presso il Teatro Gonzaga, in piazza Garibaldi, il convegno internazionale "Ricordati di ricordare". * Sabato 25 ottobre - ore 16: Apertura del Convegno; saluto del Sindaco di Bagnolo, Claudio Filippini; relazioni di Brunetto Salvarani (direttore di "Qol"), "Ricordare o dimenticare? Memoria, identita', speranza"; Paolo Naso (direttore di "Confronti"), "Memoria e conflitti"; Paolo De Benedetti (redazione di "Sefer"), "Memoria nell'Ebraismo"; - ore 18: dibattito; - ore 19,30: cena; - ore 20,30: tavola rotonda su: "La pluralita' delle memorie", con Davide Bidussa (storico e saggista, Milano); Mahmoud Elsheik (islamista, Firenze); Bruno Segre (direttore di "Keshet", Milano); coordina Raffaello Zini (redazione di "Qol"). * Domenica 26 ottobre - Inizio lavori alle ore 9,30: "La memoria che disturba"; relazioni di Sergio Caldarella (ebraista, Francoforte); Francesco Rossi De Gasperis (teologo ed esegeta, Gerusalemme); Raffaele Mantegazza (docente di pedagogia, Universita' La Bicocca, Milano); - ore 11: "Quale futuro per la memoria; relazioni di Amos Luzzatto (presidente dell'Unione delle Comunita' Ebraiche Italiane, Venezia); Micaela Procaccia (redazione di "Confronti", Roma); Giampaolo Andelini (redazione di "Qol"). * Hanno inoltre assicurato il loro intervento: Manuela Paggi Sadun (Amicizia Ebraico Cristiana, Firenze); Franca Ciccolo Fabris (Amici di Neve' Shalom/Italia); Franco Mosconi (monaco camaldolese); Pietro Mariani Cerati (redazione di "Qol"). * Per informazioni: tel. 0522432190, 335346215, 0522654251, 3358331756; e-mail: torrazzo at libero.it 8. INCONTRI. IL 5 OTTOBRE A VERONA INCONTRO DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO [Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo e diffondiamo] Cari amici, e' convocata la nona riunione del comitato di coordinamento del Movimento Nonviolento che si terra' domenica 5 ottobre a Verona, con inizio alle ore 10,30 e termine prevedibile alle ore 17,30. Si ricorda a tutti gli eletti e ai rappresentanti dei gruppi locali l'importanza del coordinamento, e si raccomanda la presenza e la puntualita'. All'ordine del giorno: 1. Approvazione del verbale precedente; 2. Valutazione della "Assisi-Gubbio"; 3. Verso il XXI congresso del Movimento Nonviolento; 4. Servizio civile volontario al Movimento Nonviolento; 5. "Azione nonviolenta"; 6. Stampa degli atti del convegno sulla laicita'; 7. Ristampa del cd-rom su Aldo Capitini; 8. Resoconto delle attivita' estive; 9. Sedi e sezioni locali; 10. Varie ed eventuali. Il giorno precedente la riunione, sabato 4 ottobre, vi sara' una festa, a partire dalle ore 16, per la ricorrenza dei quindici anni della Casa per la nonviolenza e in occasione della celebrazione di San Francesco: cibi, bevande, torte, giochi, musica, interventi; non mancate. Il luogo della festa e dell'incontro e' in via Spagna 8 (vicino alla basilica di San Zeno): dalla stazione autobus n. 61, direzione centro, scendere alla fermata di via Da Vico, all'altezza del Ponte Risorgimento; chi viene in macchina deve uscire al casello di Verona Sud, seguire la direzione centro fino a Porta Nuova, poi a sinistra lungo la circonvallazione interna fino a Porta San Zeno. Chi desidera pernottare e' pregato di farcelo sapere (meglio se portate il sacco a pelo, grazie). 9. INIZIATIVE. PAX CHRISTI: CON LA BANDIERA DELLA PACE ALLA MARCIA PERUGIA-ASSISI [Dagli amici di Pax Christi (per contatti: info at paxchristi.it) riceviamo e diffondiamo. Pax Christi e' un rilevante movimento cattolico per la pace e la nonviolenza] Dai balconi alle strade. Portiamo la bandiera della pace alla marcia Perugia-Assisi "per un'Europa di pace" il 12 ottobre 2003. La voglia di pace sventola ancora dai nostri balconi contro tutte le guerre e le ingiustizie nel mondo. Un segno importante di una coscienza che si diffonde. La bandiera della Pace sventolo' per la prima volta in Italia il 24 settembre 1961 alla prima marcia Perugia-Assisi per la pace e la fratellanza tra i popoli organizzata da Aldo Capitini per promuovere i valori della nonviolenza e della solidarieta'. Da allora la bandiera arcobaleno e' diventata il simbolo della volonta' di pace e la marcia Perugia-Assisi ne e' diventata l'evento piu' importante e significativo. Il 12 ottobre 2003 portiamo la nostra bandiera della pace alla marcia per dire al mondo e a chi ci governa: basta con la violenza, mettiamo al bando la guerra e la poverta', costruiamo insieme un'Europa e un mondo di pace. Pax Christi, segreteria nazionale. Per contatti: via Quintole per Le Rose 131, 50029 Tavarnuzze (Fi), tel. 0552020375, e-mail: info at paxchristi.it, sito: www.paxchristi.it 10. FORMAZIONE. MARIA G. DI RIENZO: PER UN USO CRITICO DEI MEDIA [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo testo. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza] I media hanno ormai un enorme influsso sul modellarsi delle linee guida culturali e politiche di un paese. Sebbene tocchi a voi informare l'opinione pubblica delle vostre campagne, e cioe' non dipendere dai media per questo, e' importante pretendere che le notizie date da giornali e tv siano accurate e rispondano alla realta' dei fatti. Quando avete sotto gli occhi la notizia, anche se a darla e' il vostro quotidiano preferito, imparate a farvi le seguenti domande. * 1) Quali sono le fonti? Fate attenzione alla prospettiva politica delle fonti usate per narrare la storia. I media si basano per lo piu' sulle fonti cosiddette "ufficiali" (governo, "pensatoi" delle corporazioni economiche e dei centri di potere). Tutte le altre possibili risorse da cui ottenere informazioni vengono sottostimate, non rappresentate e/o minimizzate, anche se si tratta di risorse inerenti persone portatrici di interesse primario rispetto all'istanza. Ovvero, piu' lo spettro delle fonti e' ristretto, piu' quello che udite e leggete non e' una notizia, ma la sua versione passata attraverso il megafono del dominio. Provate a contare il numero di voci presenti: quante sono governative, quante provengono da potentati economici, quante sono quelle dell'opposizione parlamentare, dei gruppi per il cambiamento sociale, quante quelle maschili e quante quelle femminili, quante quelle delle minoranze, ecc. * 2) C'e' carenza di differenze? Questa e' ovviamente la domanda successiva alla vostra disamina ed e' molto facile che la risposta sia affermativa. Cio' significa che la o le comunita' coinvolte nella notizia, o a cui ci si rivolge, non sono adeguatamente rappresentate, e che uno "schieramento" di esperti maschi, bianchi ed europei discutera' ad esempio le istanze relative alle donne o ai migranti. * 3) Da che punto di vista la notizia viene riportata? I reportage politici si concentrano su come le istanze investano questo o quel politico, anziche' su come esse tocchino le persone direttamente interessate (voi sentirete il Ministro Tizio e il Sottosegretario Caio parlarvi dei problemi dell'agricoltura, e non sentirete gli agricoltori). Allo stesso modo, verrete a sapere dai reportage economici tutto sullo stato delle borse mondiali e nulla su come i problemi trattati investano i lavoratori/consumatori. * 4) Ci sono due pesi e due misure? Sovente i crimini vengono riportati in modo diverso a seconda dell'etnia, del genere, della classe sociale, dell'orientamento sessuale di chi li commette o li subisce. Ad esempio, vi sono i "drammi della gelosia", i "raptus", ecc. quando l'omicida e' un uomo che uccide una donna con cui aveva un legame affettivo (moglie, fidanzata, amante); lo scopo del trattare l'omicidio in tali cornici e' di fornire una giustificazione all'offensore e di biasimare la vittima: in genere quest'ultima lo aveva lasciato o intendeva farlo, e quindi si e' pienamente meritata il dramma della di lui gelosia, o il di lui improvviso raptus... * 5) Gli stereotipi infestano la notizia? Se si parla di droghe, l'immagine che scorre sullo schermo e' quella di uomini, preferibilmente di colore, immigrati in una citta' europea? Oppure di giovani vestiti in modo inusuale? Se si parla di omosessualita', essa viene immediatamente associata all'aggressione sessuale nei confronti dei bambini (nonostante un bimbo o una bimba abbiano cento possibilita' contro una di essere molestati da membri della propria famiglia, anziche' da un adulto sconosciuto)? * 6) Il linguaggio e' "caricato"? Quando i media adottano una terminologia specifica, essa contribuisce a formare l'opinione sulla notizia. Fate attenzione a che aggettivi vengono usati, a che definizioni si danno di gruppi e istanze: "terroristi" o "combattenti per l'indipendenza"?, "azioni positive per l'integrazione o la giustizia sociale" o "sussidi a pioggia agli immigrati, ai poveri, ecc."? Le definizioni non sono neutre, e vi danno insieme con la notizia l'idea precisa di che giudizio dovete darne. * 7) I titoli degli articoli e gli articoli stessi combaciano? Usualmente i titoli non sono scelti dal/dalla giornalista che ha scritto l'articolo e spesso dicono tutt'altro rispetto alle righe sottostanti. Fate la prova con gli innumerevoli titoli che hanno in se' il neologismo "no global": la maggioranza degli articoli sottostanti trattera' di scontri con la polizia, sgomberi di luoghi occupati, combattimenti di strada, e cosi' via. Di economia globale, e delle istanze ad essa relative, poco e niente. Oppure confrontate i titoli dati alla medesima notizia da quotidiani o telegiornali orientati diversamente e scoprirete, per esempio, che il tal politico ha ricevuto un "bagno di folla plaudente" nella stessa citta', e nelle stesse ore, in cui e' stato "contestato in modo durissimo"... * Cosa potete fare: dite ai media che ne avete abbastanza. Scrivete, telefonate, mandate e-mail o fax ogniqualvolta rilevate una qualsiasi delle contraddizioni sopra indicate, soprattutto se la mistificazione vi riguarda direttamente come attivisti/e o come appartenenti ad una delle categorie "criminalizzate". Protestate per le menzogne, fornite informazioni alternative e, se ve la sentite, offritevi di andare voi stessi a parlare in tv, o di essere intervistati dal giornale. 11. MONDO. ROBERTO ZANINI INTERVISTA LORI WALLACH [Dal quotidiano "Il manifesto" del 16 settembre 2003. Roberto Zanini e' giornalista, inviato a Cancun per seguire il vertice del Wto. Lori Wallach, ricercatrice di "Public citizen", una delle più importanti organizzazioni americane ambientaliste e di difesa dei consumatori (promotrice tra l'altro del controvertice di Seattle); opere di Lori Wallach: con Michelle Sforza, Wto. Tutto quello che non vi hanno mai detto sul commercio globale, Feltrinelli, Milano 2000, 2001] Il delegato keniano Mukhisa Kituxi e' appena uscito dalla green room dove i delegati stanno lavorando a cronometro sulla terrificante bozza proposta dalla presidenza. Gesticolando afferma di averli mandati tutti a quel paese. E il parterre esplode. La quinta riunione ministeriale del Wto a Cancun e' ufficialmente fallita, il gruppo di paesi del G21 [formula giornalistica per indicare l'alleanza di molti governi del sud del mondo - ndr] non si e' piegato ai diktat euro-americani, il multilateralismo di facciata che regola il commercio mondiale e' in cocci. La robusta colonia di attivisti accreditati esulta senza ritegno, molti tesserini verdi - i giornalisti - perdono ogni supposta maschera professionale e si gettano tra le braccia gli uni degli altri. Benvenuti a Marina di Seattle, siamo ai Caraibi ma questa storia e' iniziata nella citta' di Bill Gates qualche anno fa. La "guerrigliera del commercio" (definizione del "National journal" americano, che non intendeva essere gentile) salta e balla, piu' che abbracciarla la strizzano, sventolano i fari delle televisioni, piovono microfoni e pacche sulle spalle. E' un'intervista a rate, quella con Lori Wallach, interrotta ad ogni passo da un'intrusione di telecamere, un complimento, un fiore bianco. Wallach e' stata lobbysta a Washington, giornalista inviata in Campidoglio, avvocata con laurea a Harvard. Ora e' il braccio destro di Ralph Nader e direttrice dell'osservatorio per il commercio globale di "Public citizen", l'organizzazione creata nel '71 dal sempreverde candidato presidenziale della sinistra americana. - Roberto Zanini: Che significa questo fallimento? - Lori Wallach: Gli Stati Uniti e l'Unione europea con la loro intransigenza hanno esposto il Wto a un'altra tremenda mazzata sul piano della legittimita'. Adesso la crisi e' chiara a tutti, come e' chiara l'ottusita' e la testardaggine con cui gli Stati Uniti e l'Unione europea hanno rifiutato le richieste della maggioranza degli altri paesi aderenti all'organizzazione mondiale del commercio per rendere le regole globali piu' eque. - R. Z.: L'intransigenza, o l'arroganza, euroamericane non sono una novita'. Cosa e' successo questa volta? - L. W.: Che i paesi ricchi hanno cercato di mettersi sotto i piedi i danni economici, le distruzioni ambientali, i rivolgimenti sociali sperimentati da molti paesi che stavano disciplinatamente applicando le regole del Wto. Solo che non ci sono riusciti. La maggioranza delle nazioni aderenti al Wto chiedeva un negoziato, un negoziato vero invece della dittatura di Usa, Ue e Giappone, ma il Wto e' un'istituzione corrotta dalla nascita, la democrazia non vi ha la minima cittadinanza. E ora, come previsto, implode. - R. Z.: Implode per la fermezza di un gruppo di paesi o implode anche per chi vi si e' battuto contro, in poche parole per quel movimento nato a Seattle? - L. W.: Attenzione, a Seattle non e' nato un movimento, semmai e' diventato visibile: ma milioni di persone scioperavano e manifestavano in tutto il mondo anche prima di quel giorno. No, questa e' la vita vera che ha messo piede in un ambiente da cui era stata esclusa. I paesi poveri hanno pagato costi altissimi alla globalizzazione, il dumping li ha sfiancati fin troppo per avere bisogno di un movimento. Negli Stati Uniti il pubblico ha manifestato di essere dalla loro parte e questo e' importante, ma non e' decisivo. - R. Z.: Sostiene che non c'e' poi gran connessione tra le piazze di mezzo mondo e questa giornata? - L. W.: No, non e' questo. Il presidente sudafricano Mbeki ha persino chiesto aiuto alle organizzazioni anti-Wto, e le ha anche ringraziate, ma sono i governi dei rispettivi paesi ad avere deciso come muoversi. Abbiamo pagato fino ad oggi, hanno detto, e ora basta. - R. Z.: Il Wto e' morto? - L. W.: E' in crisi fortissima. E la crisi e' diventata visibile. Si tratta dello scontro esplicito tra pochi paesi ricchi e le loro ex colonie. - R. Z.: Come reagiranno gli Usa? Affondare il Wto non e' proprio cio' che gli Stati Uniti speravano? Il delegato americano Zoellick minaccia ritorsioni, ma la superdestra americana sembra apprezzare l'unilateralismo anche piu' del multilateralismo di facciata esercitato fino ad oggi. - L. W.: L'amministrazione Bush si definisce grande promotrice di democrazia, liberta' e commercio globale, ma dovra' i fare i conti con quello che anche per la Casa bianca e' un fallimento. E una grande responsabilita' spettera' a noi e a tutti i movimenti nei rispettivi paesi. Dovremmo chiedere a ogni uomo politico eletto che cosa intende fare. Se andare avanti cosi', da un fallimento all'altro, oppure come incamminarsi verso un un sistema dei commerci di cui possa beneficiare la maggioranza della popolazione mondiale. Dovremo chiederlo a tutti. Compreso il prossimo presidente degli Stati Uniti. 12. RIFLESSIONE. ILEANA MONTINI: "MARTIRI", UN'ANALISI SOCIOLOGICA [Ringraziamo Ileana Montini (per contatti: ileana.montini at tin.it) per questo intervento. Ileana Montini, prestigiosa intellettuale femminista, gia' insegnante, e' psicologa e psicoterapeuta. Nata nel 1940 a Pola da genitori romagnoli, studi a Ravenna e all'Universita' di Urbino, presso la prima scuola di giornalismo in Italia e poi sociologia; giornalista per "L'Avvenire d'Italia" diretto da Raniero La Valle; di forte impegno politico, morale, intellettuale; ha collaborato a, e fatto parte di, varie redazioni di periodici: della rivista di ricerca e studio del Movimento Femminile DC, insieme a Tina Anselmi, a Lidia Menapace, a Rosa Russo Jervolino, a Paola Gaiotti; di "Per la lotta" del Circolo "Jacques Maritain" di Rimini; della "Nuova Ecologia"; della redazione della rivista "Jesus Charitas" della "famiglia dei piccoli fratelli e delle piccole sorelle" insieme a fratel Carlo Carretto; del quotidiano "Il manifesto"; ha collaborato anche, tra l'altro, con la rivista "Testimonianze" diretta da padre Ernesto Balducci, a riviste femministe come "Reti", "Lapis", e alla rivista di pedagogia "Ecole"; attualmente collabora al "Paese delle donne". Ha partecipato al dissenso cattolico nelle Comunita' di Base; e preso parte ad alcune delle piu' nitide esperienze di impegno non solo genericamente politico ma gramscianamente intellettuale e morale della sinistra critica in Italia. Il suo primo libro e' stato La bambola rotta. Famiglia, chiesa, scuola nella formazione delle identita' maschile e femminile (Bertani, Verona 1975), cui ha fatto seguito Parlare con Dacia Maraini (Bertani, Verona). Nel 1978 e' uscito, presso Ottaviano, Comunione e liberazione nella cultura della disperazione. Nel 1992, edito dal Cite lombardo, e' uscito un libro che racconta un'esperienza per la prevenzione dei drop-out di cui ha redatto il progetto e curato la supervisione delle operatrici: titolo: "... ho qualche cosa anch'io di bello: affezionatrice di ogni cosa". Recentemente ha scritto la prefazione del libro di Nicoletta Crocella, Attraverso il silenzio (Stelle cadenti, Bassano (Vt) 2002) che racconta l'esperienza del Laboratorio psicopedagogico delle differenze di Brescia, luogo di formazione psicopedagogica delle insegnanti e delle donne che operano nelle relazioni d'aiuto, laboratorio nato a Brescia da un progetto di Ileana Montini e con alcune donne alla fine degli anni ottanta, preceduto dalla fondazione, insieme ad altre donne, della "Universita' delle donne Simone de Beauvoir". Su Ileana Montini, la sua opera, la sua pratica, la sua riflessione, hanno scritto pagine intense e illuminanti, anche di calda amicizia, Lidia Menapace e Rossana Rossanda] In una popolosa citta' del nord, nel quartiere piu' abitato dagli extracomunitari, e' apparsa sui muri una scritta: "sabotare - Palestina libera". A cosa si riferisce? Posso pensare a due cose: si riferisce al piano di pace, oppure no, si riferisce all'azione degli "uomini-bomba". O a entrambi. Le azioni di "martirio", cosi' vengono definite, non sono mai completamente cessate e hanno anzi ripreso con vigore. Cosa ne sappiamo, in verita', dei "martiri di Allah", ovunque essi attuino i loro propositi? Non e' facile venire a capo delle ragioni profonde che sottostanno al "martirio" dei suicidi che uccidono persone sconosciute nelle citta'. Non e' facile perche' apparteniamo a una cultura che ci ha insegnato cos'e' il martirio alla luce del cristianesimo. Il martire cristiano entra in scena sotto l'impero romano per restare fedele alla propria scelta religiosa. E' un martirio difensivo, anche se in taluni casi il martirio viene cercato esponendosi alla rappresaglie romane. Nel caso del martirio musulmano e' invece la morte che proviene dalla lotta contro i nemici della religione di Allah e si fonda, teoreticamente, sulla Sura del Pentimento (Corano, IX, 112), la' dove, tra l'altro, si legge: "... uccideranno e verranno uccisi". A differenza del martirio cristiano non esiste, dunque, il rigetto della violenza fisica contro il nemico, anzi, al contrario, esiste la volonta' di neutralizzare o sopprimere il nemico di Allah nel corso del combattimento, eventualmente anche con la propria morte cercata. E cio' deve avvenire nel contesto della "guerra santa". Quindi, "guerra santa" e "martirio" sono strettamente connessi nella dottrina lungo lo scorrere dei secoli. Per vincere la guerra santa il fedele di Allah puo' spingersi fino alla morte, scegliendo anche il martirio. Il martire e' allora colui che possiede la capacita' di rendere possibile il costituirsi dell'individuo nella morte, in assenza, scrive il sociologo Farad Khosrokhavar, "di un'individualita' effettiva che accompagni a un'autonomia politica, economica e culturale", che in un saggio brillante, scorrevole e intenso, delinea approfonditamente le motivazioni che accompagnano le varie situazioni di martirio suicida degli islamici dalla Palestina, all'Iran, al Libano fino a quelli di Al Qaeda ((Farad Khosrokhavar, I martiri di Allah, Bruno Mondadori, Milano). * La Palestina attrae sicuramente il nostro immaginario fino, talora, a suscitare segrete, o non tanto, affrettate condivisioni delle scelte degli uomini-bomba contro le popolazioni d'Israele. La situazione dei palestinesi e' certamente tra le piu' terribili, perche' la distruzione, la colonizzazione, la disoccupazione, rende la vita dei giovani invivibile. Ma tra la prima Intifada a e la seconda il cambiamento e' enorme. Mentre la prima vedeva il coesistere di diversi fattori, quali la contestazione del potere israeliano ma anche della struttura patriarcale delle grandi famiglie palestinesi, unitamente alle rivendicazioni femministe, nella seconda si assiste alla esclusione delle donne dalle decisioni, fino alla eccessiva patriarcalizzazione del potere. Perche' all'autonomia femminile si oppongono l'esigenza dell'unita' nazionale in una visione comunitaria che propone come modello la famiglia patriarcale. E poi la seconda Intifida e' l'esito della delusione e del fallimento degli accordi di Oslo. Avviene che il martirio totalizza la vita perche' si crede meno nella politica. Il sociologo addirittura vi vede una sorta di rovesciamento della vita nella morte: se la nazione palestinese non puo' essere realizzata in questa vita, il giovane palestinese ha ripudiato la paura della morte e cio' gli da' un senso eroico del vivere e un risarcimento all'impossibilita' di essere un individuo all'interno di una collettivita' sovrana. Se c'e' la frustrazione dell'accesso ai beni materiali la si puo' trascendere "liberandosi" con la morte. * Ma i martiri di Allah che hanno fatto saltare le Torri Gemelle o hanno provocato altri lutti nelle citta' post-moderne, a cosa si appellono, quali sono le loro motivazioni? Prima di tutto i guerrieri-eroi-martiri che hanno preso parte agli attentati contro il World Trade Center sono soprattutto arabi della penisola arabica. Essi provengono dal Medio Oriente e dall'Europa. Sono persone con un buon grado di cultura, conoscenza delle lingue, capaci di attraversare e usare diversi codici culturali. Scrive l'autore sopra citato: "Il carattere pernicioso della cultura e delle forme di dominazione dell'Occidente sul mondo esterno sembra essenziale. La sessualita' sfrenata, la promiscuita' contro natura, i rapporti uomo-donna totalmente sregolati, l'omosessualita' maschile e femminile, l'instabilita' familiare e la perdita di autorita' maschile, in breve, l'immoralita' e la depravazione sono ai loro occhi insopportabile. Si aggiunge un ulteriore trauma: l'egemonia esercitata dall'Occidente sui musulmani, sia indirettamente, facendo ricordo a regimi musulmani corrotti, sia con l'impiego diretto delle armi. La dominazione israeliana sui palestinesi con la complicita' attiva dell'Occidente rivela il carattere perverso di quest'ultimo". Ne nasce una vera ossessione soprattutto alimentata da un universo femminile che sembra minare alla base la virilita' e le sue leggi. La fedelta' della donna, scrive il sociologo, sembra essere impossibile in questo Occidente "dove le categorie della vita sono uniformate e la differenza tra uomo e donna non ha piu' significato. Si e' effeminati, la virilita' maschile non e' piu' un valore, la vita va avanti in un mondo chiuso nel quale la comunicazione e' spesso impossibile". L'Occidente che rifiuta la poligamia crea i presupposti per impedire una sessualita' maschile "normale". Perche' se e' vero che la poligamia e' sempre stata privilegio di pochi nel mondo musulmano, nell'immaginario ha una forte influenza perche' introduce l'asimmetria tra uomo e donna. Il mondo occidentale e' considerato perverso ma anche attraente con le sue ricchezze, il consumismo e la donne affascinanti, allora: "Bisogna combattere il cancro occidentale, prima scacciandolo dalla propria coscienza interiore, fatto che spiega la jihad interiore che gli adepti traggono dalla mistica islamica", per poi arrivare al sogno di una neo-umma universale. L'umma, la comunita' dei credenti in Allah, diventa l'obiettivo dei martiri, uccidendo gli occidentali rei di ogni perversione. Accanto al martirio classico sorge quest'altro che "rivendica la realizzazione di una comunita' mondiale incarnata dall'universalismo islamico che deve vincere la potenza del male che vi si oppone: l'Occidente impersonato dall'America ma, anche, in misura minore, dalle altre societa' occidentali". 13. RIVISTE. FILIPPO GENTILONI PRESENTA LA RIVISTA "DHARMA" [Dal quotidiano "Il manifesto" del 14 settembre 2003. Filippo Gentiloni, scrittore e giornalista, ha partecipato attivamente al movimento delle comunita' cristiane di base; tra le sue opere segnaliamo particolarmente Abramo contro Ulisse, Claudiana, Torino 1984] "Dharma" e' la rivista "trimestrale di buddhismo per la pratica e per il dialogo": una rivista di alto livello, che tutti coloro che si interessano di etica, di cultura, di religione dovrebbero conoscere, al di la' di eventuali mode superficiali e anche di un dialogo convenzionale fra le varie religioni nonche' fra oriente e occidente. Lo stesso termine "dharma" e' di difficile traduzione, eppure si tratta di un termine centrale quanto mai non soltanto per il buddhismo ma per tutta la tradizione e la cultura religiosa orientale. La Treccani: "Vocabolo sanscrito che nella sua accezione indica la legge religiosa e morale e l'osservanza dei doveri ad essa inerenti". Altri (Dizionario Einaudi delle religioni) traducono con "religione" o addirittura con "assoluto", cercando cosi' di spingere la tradizione orientale verso la nostra metafisica occidentale, nell'intento di rendercela piu' comprensibile. In realta', la rivista stessa dimostra che poi, nella pratica, il dialogo non e' cosi' misterioso. Leggo qualche spunto dall'ultimo numero. Dall'editoriale di Maria Angela Fala' che la dirige: "L'idea di una Verita' con la V maiuscola, e' un atto di grande presunzione. Cercare di dare noi, esseri limitati e chiusi nel nostro modello cognitivo esistenza assoluta e quindi non discutibile a un nostro concetto, che deve valere oltre noi stessi, e' legata a un tale senso di onnipotenza... L'esperienza buddhista e' centrata sull'idea di relazione in cui non c'e' posto per una Realta'- Verita' a se stante, ma in cui ogni realta'-verita' e' compresa nella dottrina del paticcasamuppada, l'origine di interdipendenza". Una lezione per tutti, soprattutto nei nostri tempi, nei quali tutte le fedi religiose, quale piu' quale meno, cedono alla tentazione dell'integrismo e del fondamentalismo. La rivista "Dharma" riporta e analizza un prezioso insegnamento del Buddha sul tempo: la nostra vita puo' essere veramente vissuta soltanto se ci fermiamo al "qui e ora", senza essere sopraffatti dal passato e dal futuro, ma anche ricordandoci che neppure il presente e' di nostra proprieta', destinato come e' al divenire. Come esempio di dialogo, l'ultimo numero di "Dharma" propone la figura di Bede Griffiths, nel decimo anniversario della sua morte. Di famiglia anglicana, poi cattolico, si fece monaco camaldolese e ando' a vivere in India, nel famoso ashram di Shantivanam, secondo la tradizione del monachesimo indu'. A proposito, dal 17 al 22 settembre, nella Cittadella di Assisi, si celebrera' il venticnquesimo anniversario della fondazione del Dim (associazione del dialogo interreligioso monastico): monaci e monache di tutte le tradizioni religiose insieme, prima e piu' avanti delle loro rispettive chiese e comunita'. Per ulteriori informazioni e contatti: "Dharma", via Euripide 137, 00125 Roma; tel. 3393381874, oppure 0635498800. 14. RILETTURE. ALDO CAPITINI: NONVIOLENZA DOPO LA TEMPESTA. CARTEGGIO CON SARA MELAURI Aldo Capitini, Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri, Edizioni Associate, Roma 1991, pp. 110, lire 16.000. Le lettere scambiate tra Sara Melauri e Aldo Capitini tra il 1966 e il 1968 (anno della scomparsa di Capitini), con una presentazione di Saverio Tutino e una nota di Pietro Pinna. 15. RILETTURE. ALDO CAPITINI: ORIGINE, CARATTERI E FUNZIONAMENTO DEI C. O. S. Aldo Capitini, Origine, caratteri e funzionamento dei C. O. S., senza indicazioni tipografiche ma edito da Regione Umbria, Comune di Perugia, Associazione nazionale Amici di Aldo Capitini, verosimilmente a Perugia non prima del 1996, pp. 88, senza indicazione di prezzo. Il libro contiene il testo di Aldo Capitini sui Centri di orientamento sociale che gli da' il titolo, e gli atti della tavola rotonda nel cinquantenario della istituzione dei C. O. S. svoltasi a Perugia il 10 maggio 1995. 16. RILETTURE. JEAN E HILDEGARD GOSS-MAYR: LA NONVIOLENZA EVANGELICA Jean e Hildegard Goss-Mayr, La nonviolenza evangelica, La Meridiana, Molfetta (Ba) 1991, pp. 128, lire 16.000. Un utile strumento per un accostamento alla nonviolenza scritto dagli instancabili animatori del Mir-Ifor e di tante esperienze nonviolente (Jean e' scomparso nel 1991, Hildegard continua infaticabile la comune missione). 17. RILETTURE. SERGIO RAMIREZ (A CURA DI): RACCONTI NICARAGUENSI Sergio Ramirez (a cura di), Racconti nicaraguensi, Societa' Editrice Mondo Nuovo, Milano 1991, pp. 236, lire 20.000. Una bella, rappresentativa e nota antologia (la prima edizione, costaricense, e' del 1976) che va dalle tradizioni popolari a Ruben Dario fino agli autori piu' recenti; Sergio Ramirez, come e' noto, e' stato vicepresidente del Nicaragua durante la rivoluzione sandinista, ed e' un intellettuale di grande prestigio (e uno scrittore notevole: anche il suo racconto qui incluso e' davvero pregevole). La traduzione italiana purtroppo e' eccessivamente frettolosa, ma chi conosce lo spagnolo riuscira' - come dire: a fiuto - a intuire dove il traduttore si e' distratto. 18. RILETTURE. TOLSTOI VERDE Tolstoi verde, Manca Editore, Genova 1990, pp. XXXIV + 278, lire 18.500. A cura di Gloria Gazzeri (benemerita animatrice dell'associazione "Amici di Tolstoi"), una raccolta di scritti di Tolstoj "su vegetarismo, igienismo, agricoltura, ecologia, nonviolenza e liberazione". Presso la medesima casa editrice sono stati recentemente riediti anche altri due fondamentali volumi della pubblicistica nonviolenta tolstoiana, Il regno di Dio e' in voi (nel 1988), e La vera vita (volume che contiene anche Il denaro, e Come leggere il vangelo; nel 1991). 19. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 20. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 678 del 19 settembre 2003
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