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La nonviolenza e' in cammino. 671
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 671
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 11 Sep 2003 22:45:35 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 671 del 12 settembre 2003 Sommario di questo numero: 1. Benito D'Ippolito: Cancun 2. Lidia Menapace: per un'Europa di pace, neutrale, disarmata, nonviolenta 3. Giobbe Santabarbara: contro la necrofilia 4. Ida Dominijanni: due anni dopo le torri gemelle 5. Il 13 settembre la marcia da Agliana a Quarrata 6. Il 13 settembre alla Romita di Cesi per un accostamento alla nonviolenza 7. Campagna "Questo mondo non e' in vendita": 13 settembre, giornata in difesa dei beni comuni 8. Il 14 settembre a Palermo in ricordo di padre Pino Puglisi 9. Sveva Haertter: obiettori di coscienza in Israele 10. Riccardo Petrella: la petrolizzazione dell'acqua 11. Lanfranco Mencaroni: pochi o punti 12. Verso la marcia Perugia-Assisi del 12 ottobre 13. A Termoli la marcia per la pace di fine anno 14. Un'associazione per promuovere la legalita' 15. Riletture: Epicuro, Opere 16. Riletture: Stoici antichi, Tutti i frammenti 17. La "Carta" del Movimento Nonviolento 18. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. BENITO D'IPPOLITO: CANCUN Questo soltanto diremo di Cancun: che una persona e' morta e tutto il resto e' nulla. 2. EDITORIALE. LIDIA MENAPACE: PER UN'EUROPA DI PACE, NEUTRALE, DISARMATA, NONVIOLENTA [Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: llidiamenapace at virgilio.it) per questo intervento. Lidia Menapace e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La maggior parte degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. (a cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001] Ho sempre avuto grande preoccupazione a proposito del futuro militare europeo e sulla cancellazione di fatto dell'art.11 della nostra Costituzione, dato che la Convenzione presieduta da Giscard d'Estaing non si poteva affatto considerare un soggetto neppure lontanamente affidabile sul diritto alla pace. Del resto neppure Prodi, pur da ascoltare quando critica le forme non federali e le procedure oligarchiche del trattato costituzionale europeo, quando si passa alla politica estera e militare sostiene che l'Europa deve avere un esercito e che promuovere la pace si fa anche con le armi: non si sa dove stiano questi potenti signori, del tutto alienati dal loro potere: ma se provassero ad aprire gli occhi e guardassero il Medio Oriente vedrebbero subito che le armi generano solo risposte violente e senza fine vanno alla distruzione. D'altra parte non posso credere che se la futura costituzione europea dice una cosa, uno degli stati federati puo' deciderne un'altra, non per l'appunto sulle questioni ex-nazionali delegate: lo si vede gia' per le materie economiche. A questo punto si aggiunge un'altra preoccupazione e cioe' che la delegazione italiana non tiene in nessun conto gli accordi unanimi sulla difesa e intangibilita' dei primi 11 articoli della nostra Costituzione: non hanno nemmeno provato a difendere il primato del lavoro rispetto al mercato ne' a far accettare un qualche rifiuto della guerra. Come si sa la pace viene indicata come un obiettivo da promuovere, cioe' una buona intenzione, il ripudio della guerra e' scomparso e non risulta che nessuno del nostro paese abbia mosso un dito in proposito. * Se le cose stanno pressappoco cosi', che cosa si puo' fare? Certamente continuare a volere la pace e ad agire per conservarla preservarla promuoverla ecc.: ma il movimento che si e' risvegliato in questi ultimi anni e' molto legato anche ai risultati e non disposto solo ai no, che pure si debbono dire. Mi sono chiesta percio' se nella storia europea vi fossero radici antimilitariste e le ho trovate nella tradizione del movimento delle donne fin dal suffragismo, e del movimento operaio fin da prima della prima guerra mondiale. La prima guerra mondiale fu un terribile esame e prova di forza, che fu vinta dai militaristi e spacco' in due il movimento operaio, il femminismo fu sfiorato solo in piccola parte, e anche il papa Benedetto XV rimase quasi solo, mentre le Chiese in generale furono sostenitrici dei vari eserciti. Il movimento operaio subi' allora il suo piu' cocente e non rimediato insuccesso, quando - come disse Rosa Luxemburg - si dovettero vedere i due piu' organizzati proletariati d'Europa, quello tedesco e quello francese, "travestiti da militari spararsi addosso agli ordini delle rispettive borghesie nazionali": fu persa l'anima internazionalista e le classi operaie furono "arruolate" al nazionalismo: basta ricordare che Mussolini fu interventista e Matteotti no. La tradizione antimilitarista neutralista e pacifista del movimento operaio si attenuo' e ottenebro' nel fascismo e nel nazionalsocialismo e anche - benche' meno - nel "socialismo in un paese solo"; e la tragica protesta di papa Benedetto XV che defini' la guerra "una inutile strage" resto' senza seguito fino alla "Pacem in terris" di papa Giovanni. * Ma bisogna comunque ricordare che il movimento operaio e quello delle donne non chiesero mai, mai provocarono o dichiararono guerre. Furono per lo piu' neutralisti. E per ragioni profonde: prima di tutto dunque non e' giusto esprimere opinioni superficiali dicendo che essere neutrali significa fregarsene di tutto e tutti: essere neutrali significa invece prendere posizione e agire nelle varie situazioni in tutti i modi tranne che con le armi. La Svezia, che e' un paese neutrale (in Europa sono quattro: Svizzera, Svezia, Finlandia e Austria, e bisognera' pur avere un'opinione su di loro, e qualche proposta), ad esempio, ospito' circa diecimila disertori e renitenti Usa durante la guerra nel Vietnam; e uno degli ispettori delle Nazioni Unite che non trovarono le armi di distruzione di massa in Iraq e' svedese. I paesi neutrali fanno spesso parte di operazioni diplomatiche e alle Nazioni Unite gioverebbe molto averne a disposizione molti e autorevoli. * Ma dunque, oltre ad essere una componente importante della tradizione operaia e femminista, che cosa e' la neutralita' da un punto di vista giuridico? E' la posizione di un soggetto politico (uno stato) che dichiara di rinunciare per se' all'uso della guerra, e di vincolarsi nei confronti della comunita' internazionale a non fare politiche aggressive che possono sfociare nel conflitto armato, e di consentire alla comunita' intrernazionale di intervenire nei propri confronti in caso di violazione degli impegni presi con censure, rottura di relazioni diplomatiche o commerciali, embargo ecc. A sua volta il territorio neutrale non ospita basi militari di nessuno, non consente passaggio di truppe a terra ne' di aerei. All'inizio della guerra in Iraq infatti la piccola Austria non ebbe bisogno di far niente per non dare il passaggio alle truppe, treni e aerei Nato e Usa diretti magari verso Camp Derby: le basto' far presente che e' uno stato neutrale, e al Brennero non arrivo' nemmeno un fucilino di latta. * Si dira': ma i paesi neutrali hanno pure un esercito: certamente. E sono subito con chi presenta progetti in forma di legge costituzionale per il disarmo totale unilaterale e l'abolizione degli eserciti. Ma se non ci si impegna a questo livello (e non mi consta che vi siano proposte di questo tipo) con lotte tenaci e ben organizzate, con la formazione di una cultura politica radicalmente nonviolenta fino al diritto di recessione da qualsiasi spesa militare, insomma se non si chiede direttamente l'abolizione degli eserciti, la proposta della neutralita' e' la piu' equilibrata, realistica, moderata, gestibile sul piano del diritto internazionale e compatibile con una riconversione dell'economia di guerra in economia di pace. Nella proposta di neutralita' attiva che la" Convenzione permanente di donne contro le guerre" avanza per l'Europa diciamo anche che le risorse sottratte agli eserciti possono e debbono essere usate per programmi continentali di protezione civile, quantomai necessari dati i mutamenti del clima, di servizio civile dati i problemi di inserimento sociale ed economico delle giovani generazioni, e di addestramento generale alla difesa popolare nonviolenta. Si possono anche prendere in considerazione le politiche militari dei paesi neutrali e collocarsi al piano piu' basso a scendere, fino all'estinzione processuale degli eserciti. * Persino la Svizzera che e' armata fino ai denti e ha una popolazione che puo' essere richiamata per difendere il territorio invaso in ogni momento e che si addestra alla difesa di ponti strade ecc per tutta la vita e ha a domicilio armi munizioni e vettovaglie per i casi di invasione (peraltro mai verificatisi in un numero ormai rilevantissimo di secoli) esclude qualsiasi ordigno nucleare, poiche' sostiene giustamente che non si puo' gabellare per "difensivo" l'atomo. E' un buon precedente per rifiutare in Italia il bombardiere atomico europeo Eurofighter, che viene fatto passare per "difensivo", e per ospitare il quale si sono fatte a Grosseto piste allungate, abbattendo una scuola materna (un fatto altamente simbolico della gerarchia delle priorita'). Insomma se invece di fare risatine e scuotimenti di capo, si interloquisse sulla proposta ne verrebbero conseguenze importanti e il discorso pacifista uscirebbe da molte genericita'. Una Europa neutrale - ho appena bisogno di dirlo - sarebbe proprio cio' che serve alle Nazioni Unite per tornare ad essere una difesa del diritto e non succube della violenza militarista. 3. EDITORIALE. GIOBBE SANTABARBARA: CONTRO LA NECROFILIA C'e' un motto del movimento delle donne (la piu' grande esperienza storica della nonviolenza in cammino), un motto mutuato dal bellissimo romanzo di Christa Wolf: "Tra uccidere e morire c'e' una terza via: vivere". Mentre ci inchiniamo addolorati dinanzi a tutte le persone che hanno perso la vita, cui e' stata tolta o che di loro mano se la sono tolta, rinnoviamo l'antico invito: tu non uccidere, non levare la mano neppure su di te. Io che scrivo sono della generazione cresciuta con Jan Palach. E tra le persone che nella mia vita hanno contato, che mi hanno donato qualcosa che sento prezioso come il respiro e lo sguardo, ci sono Primo Levi ed Alexander Langer. Sento che il mondo intero si squassa fin nelle piu' intime fibre ogni volta che un essere umano perde la vita, e che un enigma grande a dolore infinito si aggiunge ogni volta che un essere umano leva la mano su di se'. Non giudico, ascolto; ed in me stesso sento uno strazio indicibile, un urlo muto che viene dai precordi, dalla notte ancestrale della paura e della solitudine che ognuno di noi reca nelle profondita' cupe e inesplorabili della caverna del cuore. Parce sepultos, sempre. Abbi pieta' dei defunti. Seppe dirlo una volta per sempre John Donne. * Penso e dico e quasi grido da tempo (dalle violenze di Praga, mesi dopo vi fu il diluvio di sangue di Genova) che il movimento delle persone di volonta' buona che vogliono impegnarsi per la pace e la giustizia deve uscire da una triplice subalternita': ai potenti, ai mass-media, alla violenza. Penso che una manifestazione che lascia dei morti sul terreno e' non solo un orrore a posteriori, ma una decisione sciagurata a priori. Credo che il movimento che vuole opporsi alla barbarie debba con sempre maggior chiarezza persuadersi e persuadere che non vogliamo altri morti, che vogliamo lottare perche' gli esseri umani vivano, e quindi vogliamo che le stesse persone impegnate nel movimento vivano. Esporle alla morte e' gia' crimine grande, e' gia' complicita' con un ordine del mondo disumano e assassino. Credo che solo se si fara' la scelta della nonviolenza si potra' veramente lottare sia contro la violenza nell'acuzie dispiegata sia contro la violenza cristallizzata e sovente travestita che chiamiamo ingiustizia. Solo la scelta della nonviolenza puo' contrastare efficacemente e limpidamente lo sfruttamento, l'inquinamento, l'oppressione e l'alienazione, il ferire e l'uccidere, e quel crimine dei crimini che e' la guerra. Solo la nonviolenza. Ricordando e rispettando un motto che reca una grande saggezza e segna il sentiero da percorrere, un motto del movimento delle donne (la piu' grande esperienza storica della nonviolenza in cammino), un motto mutuato dal bellissimo romanzo di Christa Wolf: "Tra uccidere e morire c'e' una terza via: vivere". 4. RIFLESSIONE. IDA DOMINIJANNI: DUE ANNI DOPO LE TORRI GEMELLE [Dal quotidiano "Il manifesto" dell'11 settembre 2003. Ida Dominijanni (per contatti: idomini at ilmanifesto.it), giornalista e saggista, e' una prestigiosa intellettuale femminista] Delle 2823 vittime dell'attentato alle Twin Towers di due anni fa non si dovrebbe mai dimenticare che appartenevano a piu' di sessanta popoli e etnie. L'attacco al simbolo del potere americano nell'era globale, che servira' a legittimare l'era del contrattacco americano "preventivo", fu in realta' un attacco al sogno cosmopolita, alla globalizzazione dal basso incarnata da quella mescolanza di lingue, colori e culture incenerita nelle Torri. A distanza di due anni il problema sta sempre li': a un evento di portata globale, provocato da un agente "virale", senza stato e senza confini come Al Qaeda, l'amministrazione Bush ha risposto con una strategia nazionale e nazionalista, mobilitando la patria e le armi per una guerra senza fine e senza nemici certi o meglio con dei nemici supposti, truccata da crociata per il Bene e la Liberta' e mossa, oltre che dalla brama di terre e di petrolio, da un'incoercibile pulsione a ritrovare nell'onnipotenza unilateralista l'identita' perduta nell'89 con la fine del bipolarismo. Per la crociata Bush parti' accompagnato, nell'ora della tragedia, da una solidarieta' internazionale e da un credito interno che in due anni e' riuscito a sperperare con poche e inequivocabili mosse: il lancio di quell'inaccettabile manifesto di filosofia politica che e' la National security strategy; lo sfascio del diritto internazionale, con lo schiaffo alle Nazioni Unite sull'Iraq; la demolizione dello stato di diritto, con le gabbie e i tribunali speciali di Guantanamo nonche' con il Patriot act. Il tutto in nome della salvezza dell'Occidente. I cantori del presidente hanno scomodato Marte e Venere, Hobbes e Kant per fornirgli ogni alibi possibile di fronte all'Atlantic divide, ovvero alla frattura che su questa base si e' prodotta fra le due sponde dell'oceano; ma la storia dell'Occidente, di cui il diritto internazionale e lo stato di diritto non sono un incidente ma un approdo, non e' nelle mani di Bush, e resiste alla sua sfigurazione. Resiste anche la storia della democrazia americana, e probabilmente per ragioni di piu' lunga durata della macabra conta dello stillicidio di marine in Iraq o dei conti sull'economia che non riparte e sulla disoccupazione che cresce. L'onda di patriottismo che inevitabilmente segui' gli attentati dell'11 settembre, coprendo con la bandiera a stelle e strisce le contraddizioni del territorio piu' multiculturale del pianeta, si va lentamente ma inesorabilmente ritirando. Com'e' sempre accaduto nella storia americana, quella stessa bandiera oggi viene sempre piu' spesso impugnata con opposte intenzioni: contro la guerra infinita, contro la detenzione indefinita, contro l'uso liberticida della liberta' non sono piu' soltanto esigue minoranze a pronunciarsi, stando all'andamento dei sondaggi. Non e' solo la buona, vecchia America dei diritti civili che torna a galla; e' proprio il lutto dell'11 settembre che domanda un'altra forma di elaborazione, e si ribella, per dirla con le efficaci parole di Jay McInerney, alla "cricca di cowboy di Washington che si sono appropriati della nostra tragedia". * Intanto, mentre gli storici si interrogano sulla portata piu' o meno dirompente e piu' o meno discriminante dell'"evento" 11 settembre nel passaggio dal '900 a quello che verra', sul campo della cronaca i suoi effetti sono tutti dispiegati, e ci chiamano in causa senza scampo uno per uno. La natura inedita e atroce del terrorismo suicida, genuino prodotto della miscela di modernizzazione e fanatismo identitario di cui e'fatto il mondo globale. Le seduzioni rassicuranti dei fondamentalismi, di marca islamica come di marca cristiana, che a est e a ovest si sposano con il potere secolare. Le lacerazioni interne all'Occidente, fra radici comuni e modelli etici e normativi diversi. Le degenerazioni delle democrazie, tutte attraversate, da quella americana a quella nostra, dalla stessa impotenza arrogante della politica e dallo stesso scontro fra pretese del potere esecutivo e esili garanzie del potere giudiziario. Il senso di fragilita' che si e' irradiato dallo sky-line ferito di New York a tutto il pianeta, e che da New York a tutto il pianeta non dipende solo dal virus terrorista ma da altri virus e accidenti imponderabili, dall'antrace alla Sars ai black out, nonche' dal crollo di alcune difese immunitarie di cui era garante lo stato sociale. Sono tutti capitoli di un libro che l'11 settembre ha squadernato, e che nessuno puo' rifiutarsi di leggere. L'effetto piu' dirompente di quella giornata e' che il mondo e' diventato piu' piccolo, ci chiama all'ascolto di qualunque cosa succeda ovunque succeda e alla compassione di ogni ferita ovunque si apra. E la coincidenza oggi dell'anniversario di un doppio e opposto 11 settembre, quello cileno di trenta e quello americano di due anni fa, puo' solo servire da monito, contro ogni tentazione a leggere la storia come una macabra resa dei conti dei misfatti del potere, a metterci ogni volta dalla parte di ogni vittima. 5. INIZIATIVE. IL 13 SETTEMBRE LA MARCIA DA AGLIANA A QUARRATA [Nuovamente diffondiamo il seguente comunicato; per informazioni e adesioni: Rete Radie' Resch di Quarrata (Pt): tel. 3395910178, e-mail: a.vermigli at rrrquarrata.it, sito: www.rrrquarrata.it] "I diritti degli altri". Decima marcia per la giustizia da Agliana a Quarrata. Il 13 settembre 2003 con i protagonisti della societa' civile italiana e internazionale. Alex Zanotelli, Gino Strada, Gherardo Colombo, Gianni Mina', Gian Carlo Caselli, Luigi Ciotti, Vandana Shiva, Beppe Grillo saranno i protagonisti insieme ad altre migliaia di persone della decima edizione della marcia per la giustizia tra Agliana e Quarrata che si terra' il 13 settembre con partenza alle ore 18 in piazza Gramsci ad Agliana e arrivo - con relativi interventi - alle ore 21 in piazza Risorgimento a Quarrata. La marcia di quest'anno assume un rilievo particolare in quanto il 13 settembre sara' la giornata di mobilitazione dei movimenti e della societa' civile internazionale (si veda al sito: www.campagnawto.org) per fermare l'espansione non democratica del Wto a Cancun e per dare respiro alla proposta di un nuovo sistema internazionale giusto, equo e sostenibile di relazioni commerciali, economiche e finanziarie. La marcia e' organizzata dalla Casa della solidarieta' - Rete Radie' Resch di Quarrata aderente alla Rete Lilliput, Libera - associazioni nomi e numeri contro la mafia -, Associazione italiana sostenitori "fame zero" Brasile, con il patrocinio della Regione Toscana, Provincia di Pistoia, Comuni di Quarrata, Agliana, Montale e Pistoia. Al termine ci saranno dei bus-navetta che riporteranno i partecipanti ad Agliana. Per informazioni e richiesta di interviste rivolgersi ad Antonio Vermigli della Rete Radie' Resch di Quarrata (Pt): tel. 3395910178, e-mail: a.vermigli at rrrquarrata.it, sito: www.rrrquarrata.it 6. INIZIATIVE. IL 13 SETTEMBRE ALLA ROMITA DI CESI PER UN ACCOSTAMENTO ALLA NONVIOLENZA Alla Romita di Cesi (Terni), nel convento fondato da S. Francesco nel 1213 e restaurato da frate Bernardino in questi ultimi tredici anni, sabato 13 settembre si svolgera' un'intera giornata di meditazione e dialogo per la pace e la dignita' umana, di accostamento alla nonviolenza, con la partecipazione, tra le altre e gli altri, di padre Bernardino che ci ospitera', e del responsabile del Centro di ricerca per la pace di Viterbo. L'incontro comincera' alle ore 8,30 con una camminata nel bosco per raggiungere la Romita. Per informazioni: tel. 3293358737 (Catiuscia), e-mail: casapetrof at hotmail.com 7. INIZATIVE. CAMPAGNA "QUESTO MONDO NON E' IN VENDITA": 13 SETTEMBRE, GIORNATA IN DIFESA DEI BENI COMUNI [Riceviamo e diffondiamo; per informazioni e contatti: e-mail: info at campagnawto.org, sito: www.campagnawto.org] Il 13 settembre rappresenta la data simbolo per tutte le reti e i movimenti internazionali per opporsi attraverso una mobilitazione delocalizzata e globale alle direttive politiche ed economiche che, proprio in quei giorni, verranno discusse a Cancun durante la conferenza interministeriale del Wto. Per questo lanciamo un appello a tutte i cittadini e le cittadine consapevoli, a tutti i collettivi e le associazioni per ritrovarsi assieme per le strade in difesa dei beni comuni. In tutte le citta' che vorranno unirsi alla mobilitazione chiediamo di affiancare alle idee gia' in cantiere una serie di iniziative, richiamando di fronte a luoghi simbolo della svendita dei beni comuni (ospedali, dighe, acquedotti, scuole e quant'altro) centinaia di cittadini uniti tutti dalla parola d'ordine "non in svendita". Vi proponiamo di lanciare e diffondere un appuntamento per le 18 di sabato 13 settembre 2003 nei punti decisi citta' per citta', organizzando le piu' disparate iniziative [che siano naturalmente rigorosamente nonviolente e preparate nel rispetto di quanto previsto dalla normativa vigente, evitando nel modo piu' netto di esporre chicchessia a situazioni confuse, imbarazzanti o peggio ancora pericolose - ndr -] in maniera tale da coinvolgere il maggior numero di persone possibile entro un tempo ben definito (dalle 18 alle 18,30). Se pensate di organizzare qualcosa nella vostra citta', scrivete all'indirizzo: info at campagnawto.org Sara' inoltre allestita una pagina del sito www.campagnawto.org su cui elencare tutte le iniziative. 8. INIZIATIVE. IL 14 SETTEMBRE A PALERMO IN RICORDO DI PADRE PINO PUGLISI [Dagli amici dell'Associazione intercondominiale Brancaccio e della Rete interculturale di solidarieta' "Ali per volare" di Palermo (per contatti: rinomartinez1 at tin.it) riceviamo e diffondiamo la notizia di questa iniziativa. Giuseppe Puglisi, sacerdote cattolico, dal 1990 alla guida della parrocchia di san Gaetano, nel quartiere Brancaccio di Palermo, un quartiere dominato dal potere mafioso; dal 1990 al 1993 un impegno sereno e inflessibile per i diritti e la dignita', per aiutare chi ha bisogno e promuovere la civile convivenza; la sera del 15 settembre 1993, mentre rincasava, con un colpo di pistola alla tempia un killer mafioso lo uccide. Opere su Giuseppe Puglisi: F. Anfossi, Puglisi. Un piccolo prete tra i grandi boss, Edizioni Paoline, Milano 1994; F. Deliziosi, "3 P". Padre Pino Puglisi. La vita e la pastorale del prete ucciso dalla mafia, Edizioni Paoline, Milano 1994; Bianca Stancanelli, A testa alta. Don Giuseppe Puglisi: storia di un eroe siciliano, Einaudi, Torino 2003; cfr. anche Saverio Lodato, Dall'altare contro la mafia. Inchiesta sulle chiese di frontiera, Rizzoli, Milano 1994; segnaliamo anche i contributi (molto interessanti) pubblicati in "Una citta' per l'uomo", nel fascicolo 4/5 dell'ottobre 1994 e nel fascicolo 1/2 dell'aprile 1995] Domenica 14 settembre alle ore 17 a Palermo, in via Biondo (angolo via Azolino Hazon),a Brancaccio si terra' un'iniziativa di commemorazione nel decimo anniversario della scomparsa di padre Pino Puglisi, assassinato dalla mafia. Interverranno: don Baldassare Meli che insieme a don Luigi Ciotti concelebrera' la Santa Messa, Rita Borsellino, il regista Roberto Faenza, Beppe Lumia, il presidente della Commissione parlamentare antimafia Centaro, suor Carolina Iavazzo, Gregorio Porcaro, Dario Falzone, i bambini del "Piccolo coro di Santa Chiara" che canteranno insieme a Rino Martinez i brani Preghiera, Cantiamo la pace, Goccia di sole... 9. DIRITTI. SVEVA HAERTTER: OBIETTORI DI COSCIENZA IN ISRAELE [Dal quotidiano "Il manifesto" del 4 settembre 2003. Sveva Haertter, fortemente impegnata per la pace, la giustizia e il dialogo, fa parte della rete "Ebrei contro l'occupazione"] Yinnon Hiller aveva chiesto di essere riconosciuto obiettore di coscienza nel 1998, all'eta' di 16 anni. In due udienze davanti al "Conscience Committee" era stato riconosciuto come pacifista, senza pero' ottenere la possibilita' di svolgere servizio civile alternativo. Alcuni giorni fa, Yinnon ha finalmente saputo di essere stato esentato dal servizio militare. Questo sembrava equivalere ad un riconoscimento "de facto" dell'obiezione di coscienza da parte dell'esercito ed il movimento pacifista "New Profile", che ha sostenuto Yinnon e la sua famiglia, in un comunicato stampa aveva auspicato che l'evento segnasse una svolta per i processi in corso e che finalmente in Israele venisse riconosciuto tra i diritti umani quello all'obiezione di coscienza. Ma intanto l'ufficio di leva dell'esercito israeliano ha rifiutato la richiesta inoltrata dalla corte marziale di far comparire nuovamente Yoni Ben-Artzi davanti al "Conscience Committe". Richiesta che la corte aveva motivato con le "nuove circostanze" emerse nel corso delle udienze, ovvero l'evidente assenza di chiari criteri di valutazione per stabilire chi e' pacifista e chi no. Altro motivo era dato dal fatto che da sei mesi nella commissione e' presente un civile. Dopo aver preso tempo per valutare la richiesta, l'Ufficio di leva ha affermato che far comparire Yoni di nuovo davanti alla commissione per via delle modifiche nella sua composizione, avrebbe costituito un precedente negativo e reso possibile la richiesta di nuove audizioni anche ad altri ragazzi le cui domande erano gia' state respinte. Ulteriore motivo per il rifiuto e' che tra le "nuove circostanze" ci sarebbe la presunta ammissione di Yoni, che durante la seconda guerra mondiale sarebbe stato disposto ad indossare una divisa. Durante la prima fase del processo, si era infatti accennato al fatto che in quel conflitto avevano combattutto anche persone contrarie alla guerra. Yoni aveva fatto capire, che viste le particolari circostanze, era comprensibile che alcuni avessero deciso di superare la contraddizione tra il proprio essere pacifisti e la necessita' di combattere contro i nazisti. E' evidente la strumentalita' e l'arbitrarieta' della scelta dell'esercito nel concedere servizi alternativi ad alcuni (prima che per Hiller, la stessa decisione era stata presa in altri due casi), per dimostrare all'opinine pubblica la propria "buona fede" nei confronti dei pacifisti, negando la stessa possibilita' ad altri le cui vicende abbiano avuto maggiore visibilita' e soprattutto un'impostazione piu' spiccatamente politica. Alla luce dei fatti non risulta possibile individuare un diverso criterio che spieghi questo accanimento nei confronti di Yoni, pacifista immaginario, che in attesa di una nuova udienza davanti alla corte marziale rimane in stato di detenzione in una base militare. 10. RIFLESSIONE. RICCARDO PETRELLA: LA PETROLIZZAZIONE DELL'ACQUA [Dagli amici di "attackalat" (per contatti: attackalat at yahoo.it) riceviamo e diffondiamo questo intervento di Riccardo Petrella ripreso dal sito del Cipsi (www.cipsi.it). Riccardo Petrella, intellettuale di forte impegno civile, docente universitario, e' uno dei punti di riferimenti a livello internazionale delle iniziative contro la mercificazione dell'acqua e per il riconoscimento e la difesa dell'accesso all'acqua come diritto umano per tutti gli esseri umani] I fautori della "petrolizzazione" dell'acqua hanno vinto al secondo Foro mondiale dell'acqua tenutosi all'Aja dal 17 al 22 marzo scorso. Malgrado l'opinione largamente diffusa fra i 4.600 partecipanti, favorevole al riconoscimento dell'accesso all'acqua per tutti come un diritto umano e sociale imprescrittibile, i rappresentanti governativi di piu' di 130 Stati hanno adottato una Dichiarazione ministeriale nella quale non fanno alcun riferimento al principio del "diritto umano" ma affermano che l'accesso all'acqua per tutti deve essere solo considerato come un "bisogno vitale". Inoltre, in coerenza con tale affermazione, hanno sostenuto che per assicurare una gestione "efficace" dell'acqua in tutto il mondo questa deve essere oramai considerata principalmente come un "bene economico" (e non solo come un "bene sociale"), il cui valore deve essere determinato sulla base del "giusto prezzo", fissato del mercato nell'ambito della libera concorrenza internazionale, secondo il principio del recupero del costo totale. Mai, prima dell'Aja, la mercificazione dell'acqua e la via libera alla sua privatizzazione avevano fatto l'oggetto di una legittimazione politica cosi esplicita, chiara e mondiale. Eppure, nel 1977, in occasione della prima grande conferenza delle Nazioni Unite sull'acqua (a Mar del Plata in Argentina), i governi dell'epoca avevano affermato che "tutti gli esseri umani hanno il diritto di accedere all'acqua potabile". Cio' fu ribadito dalle Nazioni Uniti nel 1981 allorche' lanciarono il "Decennio internazionale dell'acqua". Addirittura, gli Stati membri dell'Oms (Organizzazione mondiale della sanita') si dettero nel 1984 come "obiettivo 20" di una politica per la salute per tutti di fare in modo che "nell'anno 2000, tutte le popolazioni dispongano di un approvvigionamento soddisfacente d'acqua potabile". La realta' e', in effetti, che le scelte politiche di societa' dei nostri dirigenti, soprattutto a partire della meta' degli anni '80 - inizio anni '90, non sono piu' quelle degli anni '60 e '70. Gia' alla conferenza internazionale sull'acqua e l'ambiente di Dublino, nel 1992, la svolta politico-ideologica e' evidente: secondo i ministri dell'epoca il quarto principio fondamentale di una politica mondiale dell'acqua e' di considerare l'acqua come un bene economico; e di precisare che il diritto ad un'acqua salubre e ad una igiene adeguata implica la fissazione di un prezzo "abbordabile". All'Aja ha vinto l'alleanza-collusione tra le tre componenti sociali della nuova "classe dirigente mondiale", emerse nel corso degli ultimi trent'anni. La prima componente e' rappresentata dai dirigenti economici, finanziari e tecnici delle 40.000 imprese multinazionali i cui interessi e le cui strategie pesano enormemente sull'evoluzione del mondo. Questa componente era massicciamente presente, ed influente, all'Aja attraverso la Suez-Lyonnaise des Eaux, Vivendi, Biwater, Nestle', Nuon, ecc. La seconda e' rappresentata dai dirigenti politici nazionali ed internazionali, la grande maggioranza dei quali ha adottato non solo il linguaggio ma anche i valori di cui sono portatori i paladini di una societa' capitalista di mercato mondializzata, liberalizzata, deregolamentata, privatizzata, competitiva. I ministri firmatari della Dichiarazione dell'Aja non hanno fatto eccezione alla regola. Hanno firmato senza gran discussione tra loro. Ora, il testo della Dichiarazione e gli importanti rapporti "ufficiali" distribuiti al Foro, sulla base dei quali la Dichiarazione e' stata elaborata, furono redatti dai rappresentanti della terza componente, cioe' dal gruppo di "tecnocrati mondiali" (scienziati, esperti, alti funzionari di organizzazioni internazionali, esponenti del mondo dei media...) riuniti precisamente in "Comitati", "Commissioni", "Panels", senza uno statuto giuridico-politico chiaro, a cui pero' sono delegate, o che si arrogano, a livello mondiale, "poteri" e funzioni d'associazione, d'animazione, d'orientamento e di decisione "politica" determinanti. All'Aja e' stato il caso del "Consiglio mondiale dell'acqua", del "Global water partnership", della "Commissione mondiale dell'acqua per il XXI secolo", organismi notoriamente creati o sostenuti dalla Banca Mondiale. Da una decina d'anni, l'alleanza-collusione tra le tre componenti ha spinto le nostre societa' a sacralizzare la logica del capitale merce e del capitale finanziario. Tutto diventa mercato ed e' ridotto a merce, compresa la vita e compreso il diritto alla vita. Affermare che l'accesso all'acqua non e' un diritto umano e sociale ma piuttosto un bisogno vitale da soddisfare ad un prezzo "abbordabile" sul mercato, significa negare il diritto alla vita a piu' di 1,6 miliardi di persone che secondo l'Oms non hanno oggi accesso all'acqua potabile sana, e negarlo altresi' ai piu' di tre miliardi che nel 2020 non avranno la possibilita' di pagare nemmeno il prezzo "abbordabile". Inoltre, lasciare al mercato ed al capitale privato la responsabilita' di gestire l'accesso al "bisogno vitale", rappresenta da parte dei poteri pubblici un atto di abbandono del loro ruolo di promotori e di garanti dei diritti umani e sociali. Significa anche dare via libera alle "guerre di conquista dell'acqua del mondo". La Dichiarazione dell'Aja costituisce un forte regresso sul piano dei diritti umani e sociali. Simbolicamente da' la misura di cio' che e' capace di fare la nuova classe dirigente mondiale. E' tempo d'organizzare su scala mondiale la difesa, la riconquista e la promozione del diritto alla vita per tutti. Questo sara' l'obbiettivo della "Campagna mondiale per il diritto umano all'acqua" che sara' lanciata entro la fine dell'anno in Italia ed in altri paesi dei cinque continenti dal Comitato per il contratto mondiale dell'acqua. 11. RIFLESSIONE. LANFRANCO MENCARONI: POCHI O PUNTI [Dal "Cos in rete" (www.cosinrete.it) di settembre 2003. Lanfranco Mencaroni, amico e collaboratore di Aldo Capitini, e' infaticabile prosecutore dell'opera comune, animatore dell'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini (per contatti: capitini at tiscalinet.it) e curatore del sito del "Cos in rete" (www.cosinrete.it) che mette a disposizione una ricchissima messe di testi di e su Capitini, ed e' un fondamentale punto di riferimento per amici e studiosi della nonviolenza] "Che cosa e' la 'democrazia deliberativa'? Se ne parla in Italia in occasione degli incontri che Reset promuove intorno ai sondaggi "deliberativi" inventati da James Fishkin e del suo libro La nostra voce, ma si tratta di vasto e variegato repertorio di argomenti di cultura politica che va al di la' di quella invenzione e la cui attualita' sta crescendo". Cosi' scriveva in "Repubblica" del 17 luglio 2003 Giancarlo Bosetti, presentando il numero della rivista "Reset" dedicato a questi problemi. Ne siamo contenti. Chi ci conosce, sa che da anni battiamo su questo chiodo, che rappresenta il nocciolo della teoria politica di Aldo Capitini. I suoi COS (Centro di orientamento sociale) risalgono al 1944 e sono il primo esempio in Italia di democrazia deliberativa, in senso anglosassone, giacche' non fu mai concesso ad essi un potere decisionale. Capitini lo auspicava, come essenziale strumento per superare le chiusure burocratiche dei partiti, che allora erano in piena espansione e non lo ascoltarono. I problemi del potere, dei pochi che lo detengono, sono oggi risolti a colpi di spot per impedire e non per accendere discussioni, ma e' bene che qualche intellettuale fuori del coro tiri fuori il problema del potere degli altri, che non lo hanno, e dei modi per esercitarlo. Continuava Bosetti: "Per capirsi su quel che e', bisogna anzitutto mettere in chiaro una questione linguistica: in inglese, to deliberate, ha un significato diverso che deliberare in italiano, vuol dire esaminare attraverso una discussione i pro e i contro di una scelta prima di decidere. Il significato italiano mette invece l'accento sul dopo, sul decidere. E questo fa una bella differenza. Chiarito questo, si puo' usare la bella definizione che della democrazia deliberativa da' Anna Pintore, specialista italiana della materia, insieme a Paolo Ceri, Alfio Mastropaolo, allo stesso Fishkin, nell'ultimo numero di 'Reset': il contrario di quello che pensava Jean Jacques Rousseau con la sua volonta' generale, la quale esigeva nella versione piu' severa che ciascun cittadino ragionasse con la sua testa ma anche che non entrasse in comunicazione con gli altri. I teorici della deliberative democracy rovesciano questo assunto, trattando 'lo scambio dialogico come la modalita' essenziale di formazione delle decisioni pubbliche e il nocciolo del metodo democratico'. Il dialogo razionale tra eguali e' alla base della concezione deliberativa della democrazia. Questa affermazione potrebbe essere sottoscritta da una lunga lista di autori: John Rawls, Joshua Cohen, Iris Marion Young, Amy Gutman, Bruce Ackerman. Tutti americani, ma ci si potrebbe aggiungere, e forse in testa, il tedesco Jurgen Habermas". Mai che si ricordassero della primogenitura di un grande italiano come Capitini. "Ma la genealogia teorica ci porterebbe lontano fino alle origini attiche della democrazia faccia a faccia. Ci basti sapere che si tratta di un ventaglio eterogeneo di posizioni e che non si tratta di una novita'. Dunque, si chiedera': perche' rispunta fuori ora? Risposta: perche' sono sempre piu' gravi, urgenti, imponenti sull'agenda politica, dovunque, temi che hanno una, o piu' di una, della tre seguenti caratteristiche. La prima: sono difficili da capire e trattare sul piano tecnico, scientifico, filosofico al punto da lasciare interdetto il personale politico e da provocare imbarazzo nell'opinione pubblica. Esempi: proibire o regolare, e come? l'uso di sementi ogm per il mais o il riso in Piemonte. La seconda caratteristica: temi che provocano aspri contrasti di principio nella comunita', dissensi e conflitti in apparenza non componibili. Esempio: proibire o regolare, e come? la sperimentazione sugli embrioni umani. Terza caratteristica: temi che destano allarme sociale e sono, o vengono percepiti come se lo fossero, una minaccia a interessi diffusi. Esempio: qualunque tipo di riforma delle pensioni. Insieme a questi tre fattori evolutivi dei problemi, abbiamo attraversato un altro gigantesco fenomeno: la trasformazione delle opinioni pubbliche, il passaggio dall'era tipografica a quella della politica-videoclip: l'accelerazione della comunicazione, il montaggio dei telegiornali con battute di sette-dieci secondi dei politici, dei commentatori, degli speaker. Nessun problema, in queste condizioni, puo' essere approfondito dal pubblico. L'homo videns di Giovanni Sartori ha gia' rinunciato da un pezzo ad avere una opinione competente su qualunque argomento. Figurarsi su temi che hanno bisogno, solo per raccapezzarsi, di un seminario di un paio di giorni, come gli ogm o la riforma del welfare europeo. Gli rimane soltanto il tempo di dire: mi fido (o piu' spesso: non mi fido) di Raffarin, di Berlusconi, di Schroeder o chi per loro. Viva o abbasso". Don Milani e Capitini risolvevano il problema spendendosi in prima persona, con la scuola serale, la scuola a tempo pieno, il giornale scuola, i centri di orientamento sociale e religioso, a dare ai cittadini spazio, tempo e informazioni per discutere su quelli e su molti altri problemi, sempre presenti nella vita di tutti. Cattolici e nonviolenti che seguano il loro esempio ne vediamo in giro pochi o punti, come si dice a Firenze. 12. INIZIATIVE. VERSO LA MARCIA PERUGIA-ASSISI DEL 12 OTTOBRE La Tavola della pace, il Coordinamento nazionale degli enti locali per la pace e i diritti umani, e tutto l'arcipelago pacifista italiano, stanno preparando la quinta assemblea dell'Onu dei popoli che si terra' a Perugia dal 9 al 12 ottobre 2003, e l'edizione di quest'anno della marcia Perugia-Assisi, storico appuntamento del movimento per la pace e mirabile creatura di Aldo Capitini, che si terra' il 12 ottobre 2003. Per informazioni, adesioni, contatti: e-mail: mpace at krenet.it, segreteria at perlapace.it, info at perlapace.it, info at entilocalipace.it, siti: www.tavoladellapace.it, www.entilocalipace.it 13. INIZIATIVE. A TERMOLI LA MARCIA PER LA PACE DI FINE ANNO [Dalla segreteria nazionale del movimento cattolico nonviolento Pax Christi (per contatti: info at paxchristi.it) riceviamo e diffondiamo] La marcia per la pace del 31 dicembre, appuntamento a cura di Pax Christi Italia, Caritas italiana e l'Ufficio lavoro, pace, giustizia e salvaguardia del creato della Conferenza episcopale italiana, si svolgera' quest'anno a Termoli in segno di solidarieta' con le popolazioni colpite dal sisma del 31 ottobre 2002, a causa del quale morirono 28 bambini e una maestra della scuola di San Giuliano di Puglia. "Questa scelta - ha affermato mons. Tommaso Valentinetti, vescovo della diocesi di Termoli-Larino e presidente di Pax Christi - e' segno dell'attenzione e della solidarieta' di tutta la Chiesa italiana e ne siamo molto lieti. La marcia sara' l'occasione per stringere legami ancora piu' profondi con quanti, fin dai primi giorni dopo il terremoto, sono venuti ad offrirci il proprio aiuto e che riconosciamo fratelli nel comune cammino per la pace". La marcia e' dedicata al tema scelto da Giovanni Paolo II per la giornata mondiale della pace 2004: "Il diritto internazionale via alla pace". Sara' preceduta nei giorni dal 29 al 31 dicembre, dal convegno di Pax Christi Italia incentrato sui temi della pace come relazione tra le persone e come relazione con il creato. Per mons. Valentinetti, la marcia sara', anche "un'occasione per far conoscere il territorio molisano con i valori che lo contraddistinguono da sempre: l'attaccamento alle origini con la voglia di rimanere e ricostruire, il senso della famiglia, la disponibilita' all'accoglienza e all'incontro". La prima marcia di capodanno si svolse il 31 dicembre 1968 a Sotto il Monte (Bergamo) con il titolo "La pace non e' americana, come non e' russa, romana o cinese; la pace vera e' Cristo" (padre Davide Turoldo). Le marce vennero dedicate al tema della giornata mondiale della pace istituita da Paolo VI, il primo giorno dell'anno, fin dal 1968. Cosi' i temi scelti ogni anno dal papa possono considerarsi altrettanti capitoli di un trattato sistematico sulla pace e le riflessioni di Pax Christi, proposte durante la marcia di Capodanno - sempre molto affollata, soprattutto di giovani -, altrettante applicazioni alle situazioni concrete emergenti nel contesto italiano e internazionale. 14. ESPERIENZE. UN'ASSOCIAZIONE PER PROMUOVERE LA LEGALITA' [Ringraziamo Valentina Dolara (per contatti: vdolara at hotmail.com) per averci messo a disposizione questa scheda su Apple, associazione per promuovere la legalita' (per contatti: e-mail: apple at comune.fi.it, sito: http://associazioni.comune.firenze.it/apple)] "Apple", associazione per promuovere la legalita', e' stata formalmente costituita nel 1999 e si occupa specificamente di promuovere la cultura della legalita' democratica e la cittadinanza attiva. L'approccio educativo adottato rovescia la tradizionale impostazione docente-discente per valorizzare le diverse modalita' ed esigenze di apprendimento degli studenti e per permettere una funzionale contestualizzazione dei temi trattati ed il loro approfondimento all'interno di ambiti disciplinari differenziati. Cio' deriva dalla scelta di stimolare una riflessione personale sui temi indicati quale unica base efficace per la successiva adesione convinta e partecipazione critica alla vita sociale. La metodologia adottata si fonda sulla convinzione della necessita' di promuovere la conquista dell'autonomia, del pensiero critico e del senso del bene comune per poter essere protagonisti della democrazia. Viene pertanto privilegiato l'obiettivo di pervenire ad un campo semantico condiviso in materia di partecipazione alla vita democratica e alla legalita', alla consapevolezza della inscindibile connessione tra diritti e doveri. "Apple" aderisce a "Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie". * Le attivita' Si esplicano principalmente attraverso la progettazione e realizzazione di percorsi didattici per le scuole, l'organizzazione di corsi di aggiornamento e formazione per docenti e formatori, la consulenza alla stesura di progetti sui temi della cittadinanza attiva e l'educazione alla legalita' democratica, la promozione e realizzazione di indagini sociologiche, la produzione di materiale multimediale e pubblicazioni "Apple" si impegna a promuovere iniziative culturali di riflessione sui temi della cultura della legalita' democratica, di approfondimento delle linee didattico-pedagogiche adottate nei propri corsi ed a partecipare agli eventi e discussioni in materia organizzate da enti e associazioni che lavorano su temi analoghi a livello regionale e nazionale. * Strumenti La metodologia adottata si fonda sulla convinzione della necessita' di promuovere la conquista dell'autonomia, del pensiero critico e del senso del bene comune per poter essere protagonisti della democrazia. Riteniamo che soltanto attraverso l'assunzione di responsabilita' e la partecipazione alle scelte della comunita', al superamento della concezione della legalita' in termini meramente formalistico-procedurali sia possibile percepire le regole come vantaggi condivisi e non come obblighi imposti. Nella realizzazione dei percorsi, infatti, vengono offerti in modo progressivo spazi e occasioni di partecipazione agli studenti, viene stimolata la loro responsabilita' di individui, in grado di progettare e dare forma alle loro idee, alla propria identita' umana, sociale, professionale, al loro essere cittadini. Soltanto sulla base di queste premesse, secondo la nostra opinione, e' poi possibile efficacemente trasmettere i contenuti specifici. * Il metodo Si basa sul coinvolgimento attivo e quindi sull'utilizzo di tecniche quali: la discussione guidata, il brainstorming, i giochi di ruolo, i lavori di gruppo. Utilizziamo attivita' di conoscenza, attivita' di socializzazione; giochi di simulazione e di ruolo; attivita' di analisi e di discussione; attivita' di sintesi e propositive; giochi di valutazione. * Per contatti: Apple, Associazione Per Promuovere la LEgalita', viale Gramsci 64, 50132 Firenze, tel. 055666887, fax: 0558843112978, e-mail: apple at comune.fi.it, sito: http://associazioni.comune.firenze.it/apple 15. RILETTURE. EPICURO: OPERE Epicuro, Opere, Utet Torino 1974, 1983, Tea, Milano, 1993, pp. 648, lire 26.000. A cura di Margherita Isnardi Parente, una classica edizione di Epicuro in traduzione italiana (manca purtroppo il testo greco a fronte). 16. RILETTURE. STOICI ANTICHI: TUTTI I FRAMMENTI Stoici antichi, Tutti i frammenti, Rusconi, Milano 1998, pp. XIV + 1.666, lire 85.000. Tutti i frammenti delgi stoici antichi secondo la canonica edizione di Hans von Arnim, a cura (eccellente cura) di Roberto Radice, con testo greco a fronte. Ottimo volume. 17. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 18. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 671 del 12 settembre 2003
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