[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
La nonviolenza e' in cammino. 670
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 670
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 11 Sep 2003 02:02:25 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 670 dell'11 settembre 2003 Sommario di questo numero: 1. Un appello dei familiari delle vittime dell'11 settembre 2001 contro la guerra e la violenza 2. Lidia Menapace: contro le guerre, per la democrazia 3. Giulio Vittorangeli: le ultime parole di Salvador Allende 4. Francesca Lazzarato: una letteratura non desaparecida 5. Benito D'Ippolito: ruminazioni di un viandante eugubino 6. Rossana Rossanda: tocca all'Onu 7. Peppe Sini: tocca noi, tocca a noi 8. Il parlamento europeo approva il rapporto di Luisa Morgantini su commercio e sviluppo 9. Riletture: Margherita Isnardi Parente, Sofistica e democrazia antica 10. Riletture: Margherita Isnardi Parente, La filosofia dell'Ellenismo 11. Riletture: Margherita Isnardi Parente, Introduzione a Plotino 12. Riletture: Margherita Isnardi Parente, Introduzione allo stoicismo ellenistico 13. La "Carta" del Movimento Nonviolento 14. Per saperne di piu' 1. UMANITA'. UN APPELLO DEI FAMILIARI DELLE VITTIME DELL'11 SETTEMBRE 2001 CONTRO LA GUERRA E LA VIOLENZA [Dalla Tavola della Pace, principale network pacifista italiano, organizzatore della marcia Perugia-Assisi (per contatti: e-mail: stampa at perlapace.it; sito: www.tavoladellapace.it), riceviamo e diffondiamo questo appello di "Peaceful tomorrows", l'associazione dei familiari delle vittime dell'11 settembre 2001] Nel secondo anniversario degli attentati di New York, i familiari delle vittime dell'11 settembre lanciano insieme alla Tavola della pace un appello contro la guerra e la violenza. "I nostri morti non giustificano le guerre di Bush. La guerra non risolve i problemi. Il terrorismo si vince con altri mezzi. La ricostruzione dell'Iraq deve essere affidata alle Nazioni Unite. Riportiamo a casa i nostri soldati". I familiari delle vittime dell'11 settembre annunciano che parteciperanno alla marcia Perugia-Assisi "per un'Europa di pace" e alla quinta assemblea dell'Onu dei Popoli che si svolgeranno dal 9 al 12 ottobre 2003 a Perugia. * Ecco il testo del messaggio dell'Associazione dei familiari delle vittime dell'11 settembre "Peaceful Tomorrows" (New York) in occasione del secondo anniversario. "Due anni fa, in questo giorno, i nostri cari hanno perso tragicamente la vita nell'atto terroristico cha ha scosso gli Stati Uniti e il mondo intero. Dal momento della loro morte, mentre proseguiamo il nostro percorso di dolore, siamo stati confortati dalla partecipazione solidale e premurosa di persone di tutto il mondo che hanno dato il loro sostegno alle vittime di questo terribile attacco. Eppure, l'approccio del nostro governo in risposta alla morte dei nostri cari e' in forte contrasto con il buon senso e con le azioni confortanti della gente comune. In occasione di questo secondo anniversario, ci fermiamo a riflettere sulla pericolosa direzionepresa dall'attuale politica statunitense e sulla necessita' di un nuovo approccio agli eventi dell'11 settembre volto a produrre reale giustizia e sicurezza. La morte dei nostri cari ha spinto il governo statunitense ad attaccare l'Afghanistan e a rovesciare il governo talebano con lo scopo di catturare Osama Bin Laden e altri membri di Al Queda, considerati responsabili dell'attacco. Sebbene inizialmente le azioni militari abbiano avuto successo, Bin Laden e' ancora ricercato e recenti sviluppi rivelano il ritorno dei talebani e di Al Queda nonostante il governo centrale continui a fare richiesta di ulteriori fondi per la ricostruzione e la stabilizzazione del paese. Di sicuro la nostra campagna militare in Afghanistan un risultato lo ha avuto: ha aumentano il numero delle famiglie che come noi sono in lutto. Afgani innocenti sono stati uccisi da ordigni statunitensi, feriti da bombe a grappolo, sfollati a causa dei combattimenti. Tutto cio' si e' aggiunto a 23 anni di guerre precedenti. Nei nostri viaggi in Afghanistan abbiamo incontrato alcune di queste famiglie e sono entrate nei nostri cuori come altre vittime della tragedia dell'11 settembre. Poco dopo l'11 settembre 2001, il Congresso americano ha approvato la legge "Patriot" con lo scopo apparente di rafforzare la sicurezza negli Stati Uniti, senza pero' prestare troppa attenzione alle conseguenze. In questo clima di paura e di panico, la legge Patriot e altre misure adottate hanno eroso le liberta' civili americane minacciando soprattutto le comunita' degli immigrati. Ancora oggi, persone senza nome languiscono in luoghi sconosciuti a causa di colpe ignote in nome della giustizia americana. Ad oggi, non c'e' nessuna prova che queste misure ci abbiano reso piu' sicuri. Allo stesso tempo, l'amministrazione statunitense ritarda l'avvio di un'indagine aperta e onesta sugli eventi dell'11 settembre. Lo scorso anno, di questi tempi, il presidente Bush durante la commemorazione del primo anniversario della morte dei nostri cari, colse l'occasione per iniziare la campagna per invadere l'Iraq. Nonostante l'assenza di un collegamento provato tra Saddam Hussein e gli eventi dell'11 settembre, le insinuazioni dell'amministrazione Bush, alimentate dalla paura pubblica di nuovi attentati, hanno condotto il nostro paese verso una guerra inutile, illegale e immorale, "giustificata" dalla morte dei nostri cari defunti. Mentre le menzogne che nascondevano le reali motivazioni di questa guerra stanno lentamente venendo alla luce, iracheni e statunitensi continuano a soffrire, con il bilancio dei morti che cresce ogni giorno. Oggi ci fermiamo per onorare i morti iracheni e tutte le vittime della guerra e per chiedere ai nostri leader di riportare a casa sani e salvi i nostri soldati che hanno messo a repentaglio la propria vita in questa incauta missione e di restituire il controllo della ricostruzione dell'Iraq alle Nazioni Unite. Uno dei nostri membri, il 14 settembre 2001, ha scritto al New York Times: "Prego che questo paese che e' stato cosi' profondamente ferito non dia libero sfogo a forze che non avrebbero il potere di restituirci cio' che abbiamo perduto". E' stato dato libero sfogo a queste terribili forze? Dopo l'11 settembre l'America ha ricevuto la solidarieta' del mondo intero. Con la guerra in Iraq il sostegno e la solidarieta' internazionale si sono tramutati in odio e disperazione. Il sentimento antiamericano sta crescendo in tutto il mondo: quale migliore strumento per il reclutamento del terrorismo? Come membri delle famiglie colpite, sappiamo che sentimenti di paura e rabbia fanno parte di un processo di guarigione. Abbiamo imparato, pero', che non e' salutare agire spinti da queste emozioni. La risposta del governo all'11 settembre ci ha intrappolato nella paura e nel panico che abbiamo condiviso dopo gli eventi scioccanti dell'11 settembre. Piuttosto che basare la nostra politica sulla paura e la rabbia, chiediamo che il governo agisca nel miglior interesse del popolo americano riunendosi alla comunita' delle nazioni per lavorare insieme costruttivamente alla soluzione dei problemi mondiali del terrorismo e della guerra. Mentre l'11 settembre rappresenta una tragedia unica nell'esperienza americana, e' triste riconoscere che altri popoli hanno avuto il loro 11 settembre senza alcun clamore. I membri di Peaceful Tomorrows hanno incontrato altre vittime della violenza nel mondo che sono diventate il punto di riferimento dei nostri sforzi per trasformare il nostro dolore in azioni di pace. Dai genitori palestinesi e israeliani che hanno perso i propri figli nella violenza, alle vittime dell'ambasciata americana in Kenya, alle madri delle persone scomparse nell'America Centrale e in Sudamerica, ai sopravvissuti della violenza piu' estrema - le bombe atomiche scagliate dagli Stati Uniti su Hiroshima e Nagasaki - i membri di Peaceful Tomorrows si sono trovati ad esser parte di una famiglia mondiale che ha conosciuto il terrore e che ha risposto con la pace. L'11 settembre ci ha insegnato che gli esseri umani possono commettere violenze terribili gli uni contro gli altri. Ci ha anche insegnato, pero', che il cuore umano e' capace di superare la paura e l'odio per costruire un mondo in cui non si ripetano mai piu' altri "11 settembre", in nessun luogo del mondo. Questa e' la speranza che ci deve far crescere come persone e come nazioni. Il 15 febbraio 2003 ha evidenziato un enorme cambiamento mondiale, tanto che il New York Times lo ha messo in prima pagina. Milioni di persone nelle strade di tutto il mondo hanno marciato contro la guerra in Iraq dimostrando che ci sono due superpotenze nel mondo: l'amministrazione Bush e l'opinione pubblica globale. Siamo onorati di essere a fianco delle sorelle e dei fratelli che nel mondo sanno di dover cercare un altro modo di vivere insieme su questo pianeta. Cosi', oggi, mentre piangiamo i nostri cari, riflettiamo e ricordiamo, vi chiediamo di unirvi a noi per cercare insieme la pace vera, la sicurezza e la giustizia. Lo dobbiamo ai defunti, ne abbiamo bisogno per i vivi e dobbiamo farlo per le generazioni che verranno. Camminiamo insieme verso un futuro di pace". Peaceful Tomorrows 2. EDITORIALE. LIDIA MENAPACE: CONTRO LE GUERRE, PER LA DEMOCRAZIA [Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: llidiamenapace at virgilio.it) per questo intervento. Lidia Menapace e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La maggior parte degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. (a cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001] Carissime, vi do' conto di cio' che ho fatto quest'estate, almeno in parte, anche per ricordare insieme alcuni impegni pattuiti tra noi e sui quali a mio parere non si dovrebbe tornare senza rifarsi a una assemblea da riconvocare in proposito. Comincio dall'ultimo appuntamento al quale ho preso parte con due presenze, una come portavoce della Convenzione permanente di donne contro le guerre al Tavolo della democrazia costituzionale europea, e una personalmente a un workshop promosso da Letizia Tomassone di teologia femminista sulle prospettive di stare al mondo in modo pacifico e sobrio. In generale il forum di Riva del Garda, appunto quello al quale accennavo, e' stato importante, nonostante la provocazione delle autorita' che avevano messo in guardia la popolazione contro i "noglobal" e ingombrato strade e piazze con una ostentazione di forza e di numero del tutto sproporzionata e irritante. Anche i giornali hanno cercato fino allo spasimo la notizia degli scontri e hanno dovuto accontentarsi di quasi niente, pero' non hanno dedicato nessuna attenzione ai contenuti dei dibattiti, seminari, workshop e performances che si sono susseguiti nei giorni del forum. Ad esempio la notizia molto forte per Trento che la "Commissione giustizia e pace" della diocesi trentina aveva aderito al forum non e' stata nemmeno citata. Comunque la formula sperimentata gia' a Genova in luglio, di far precedere ogni manifestazione da un appuntamento di riflessione aggiornamento e produzione di cultura e' molto efficace e la si ripetera' a Roma per il 4 ottobre, facendo appunto un appuntamento di lavoro politico il 3. La manifestazione del 4 sara' doppia: quella del social forum italiano e quella della confederazione sindacale europea. E' gia' previsto che si concorderanno modalita' e convergenze. in modo da avere due manifestazioni concomitanti che si rafforzano a vicenda. * Gia' a Genova, ma piu' ancora a Riva, si comincia a vedere che intorno e nel movimento dei movimenti si orientano molte associazioni e molte tematiche, ma soprattutto si vede una ondata di intellettuali, donne e uomini, ricercatori e ricercatrici, pubblicisti/e, saggiste/e, che sembrano aver ritrovato un riferimento politico attivo, cosa importantissima dato che la sinistra ha subito negli anni scorsi una sconfitta piu' culturale che di rapporti di forza, e che gli e le intellettuali di sinistra o siamo vecchi del tutto o si sono dileguati e talora addirittura ricompaiono alla corte di Berlusconi. Che giovani studiosi e studiose si indirizzino al forum e portino contributi di buono e spesso di eccellente livello e' cosa davvero che da' speranza. * Vi ricordo che la Convenzione permanente di donne contro le guerre fa parte del Tavolo per la democrazia costituzionale europea e che li' ha portato attraverso le portavoce che hanno frequentato le varie scadenze (Lidia, Imma, Elena e Monica) temi e proposte riguardanti il diritto alla pace, la scelta del metodo nonviolento, la cittadinanza sessuata e il diritto di cittadinanza universale, e la questione della neutralita' come contributo al dibattito sulla politica di "difesa" europea. Abbiamo gia' deciso di costruire una nostra presenza a Parigi in novembre sia nel forun che prepara gli "stati generali per un'altra Europa", che nella giornata del movimento delle donne. Stiamo infatti sperimentando quale forma sia piu' efficace. Del resto gia' solo la presenza di queste due sollecitazioni ha avuto una eco non insignificante e sono sempre piu' numerose le donne che lavorando nel movimento dei movimenti fanno presenti le ragioni del femminismo. L'annuncio che in primavera faremo un seminairo intitolato "Fare pace con la terra" per avviare una riflessione su una economia che parta da un punto di vista di donne sui temi delle risorse, della finanza, dei tempi e luoghi, dei lavori ecc. ha suscitato molto interesse. * Nel corso dell'estate ho avuto alcune esperienze interessanti essendo stata invitata a relazionare a un seminario di Lilliput a Padova e al meeting delle Donne in nero a Marina di Massa, come anche al Movimento Nonviolento a Gubbio dove pero' non ho potuto andare rimediando in parte con l'invio di un testo sulla sobrieta' come criterio di giudizio anche economico, pubblicato anche su "La nonviolenza a' in cammino". * La situazione non e' rosea, ma il flop della riunione dei ministri degli esteri a Riva, che non ha potuto produrre nemmeno un comunicato alla fine dei lavori, e' un buon segno. Spesso loro stanno molto peggio di noi: se pero' chi ha il potere non sa come gestirlo e viene sorpreso sempre dagli eventi, bisogna fare di tutto per levarglielo, perche' il potere in mano a chi ha perso testa ed equilibrio e' pericoloso come una ferrari in mano a chi non ha la patente. Abbracci, Lidia 3. MEMORIA. GIULIO VITTORANGELI: LE ULTIME PAROLE DI SALVADOR ALLENDE [Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: giulio.vittorangeli at tin.it) per questo intervento. Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori di questo notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da sempre nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di condotta impareggiabili; e' il responsabile dell'Associazione Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta' concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre 1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara, la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo, Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996; Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria, una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno, luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio 2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che solidarieta'". Salvador Allende e' l'indimenticabile presidente del Cile democratico, mori' nel 1973 lottando contro i golpisti. Opere di Salvador Allende: cfr. il libro-conversazione con Regis Debray, La via cilena, Feltrinelli, Milano] "Era l'11 settembre. Distolti dalla loro missione ordinaria da piloti pronti a tutto, gli aerei si scagliano verso il cuore della citta' per abbattere i simboli di un sistema politico inviso. Tutto accadde in un lampo: deflagrazioni, facciate che saltano in aria, crolli di edifici in un fracasso infernale. I superstiti atterriti fuggono coperti da calcinacci e di polvere. I media diffondono la tragedia in diretta... New York, 2001? No, Santiago del Cile, 11 settembre 1973. Colpo di stato del generale Pinochet, con la complicita' degli Stati Uniti, contro il socialista Salvador Allende, e bombardamento a tappeto del palazzo presidenziale, che provoca decine di morti e instaura per quindici anni un regime di terrore" (Ignacio Ramonet, "Le Monde Diplomatique" dell'ottobre 2001). Nessuno ci ha ancora spiegato perche' se gli Stati Uniti fanno addirittura una guerra per "portare la democrazia" in Iraq, hanno fatto sanguinosi colpi di stato per toglierla in Cile e in altri paesi dove c'era gia'. * Riproponiamo l'ultimo discorso di Salvador Allende, trasmesso da Radio Magallanes: "La storia e' nostra e la fanno i popoli"; perche' e' troppo vero, e' troppo bello, e' troppo giusto ed opportuno. "Paghero' con la mia vita la difesa dei principi che sono cari a questa patria. Cadra' la vergogna su coloro che hanno disatteso i propri impegni, venendo meno alla propria parola, rotto la disciplina delle Forze Armate. Il popolo deve stare all'erta, vigilare, non deve lasciarsi provocare, ne' massacrare, ma deve anche difendere le sue conquiste. Deve difendere il diritto a costruire con il proprio lavoro una vita degna e migliore. Una parola per quelli che, autoproclamandosi democratici, hanno istigato questa rivolta, per quelli che, definendosi rappresentanti del popolo, hanno tramato in modo stolto e losco per rendere possibile questo passo che spinge il Cile nel baratro. In nome dei piu' sacri interessi del popolo, in nome della patria vi chiamo per dirvi di avere fede. La storia non si ferma ne' con la repressione ne' con il crimine; questa e' una tappa che sara' superata, e' un momento duro e difficile. E' possibile che ci schiaccino, ma il domani sara' del popolo, sara' dei lavoratori. L'umanita' avanza per la conquista di una vita migliore. Compatrioti: e' possibile che facciano tacere la radio, e mi accomiato da voi. In questo momento stanno passando gli aerei. E' possibile che sparino su di noi. Ma sappiate che siamo qui, per lo meno con questo esempio, per mostrare che in questo paese ci sono uomini che compiono la loro funzione fino in fondo. Io lo faro' per mandato del popolo e con la volonta' cosciente di un presidente consapevole della dignita' dell'incarico. Forse questa sara' l'ultima opportunita' che avro' per rivolgermi a voi. Le Forze Aeree hanno bombardato le antenne di radio Portales e di radio Corporacion. Le mie parole non sono amare ma deluse; esse saranno il castigo morale per quelli che hanno tradito il giuramento che fecero. Soldati del Cile, comandanti in capo ed associati - all'ammiraglio Merino - il generale Mendoza, generale meschino che solo ieri aveva dichiarato la sua solidarieta' e lealta' al governo, si e' nominato comandante generale dei Carabineros. Di fronte a questi eventi posso solo dire ai lavoratori: io non rinuncero'. Collocato in un passaggio storico paghero' con la mia vita la lealta' del popolo. E vi dico che ho la certezza che il seme che consegnammo alla coscienza degna di migliaia e migliaia di cileni non potra' essere distrutto definitivamente. Hanno la forza, potranno asservirci, ma non si arrestano i processi sociali, ne' con il crimine, ne' con la forza. La storia e' nostra e la fanno i popoli. Lavoratori della mia patria, voglio ringraziarvi per la lealta' che sempre avete avuto, la fiducia che avete riposto in un uomo che e' stato soltanto interprete di grande desiderio di giustizia, che giuro' che avrebbe rispettato la costituzione e la legge, cosi' come in realta' ha fatto. In questo momento finale, l'ultimo nel quale io possa rivolgermi a voi, spero che sia chiara la lezione. Il capitale straniero, l'imperialismo, insieme alla reazione ha creato il clima perche' le Forze Armate rompessero la loro tradizione: quella che mostro' Schneider e che avrebbe riaffermato il comandante Araya, vittima di quel settore che oggi stara' nelle proprie case sperando di poter conquistare il potere con mano straniera a difendere le proprieta' ed i privilegi. Mi rivolgo, soprattutto, alla semplice donna della nostra terra: alla contadina che ha creduto in noi; all'operaia che ha lavorato di piu', alla madre che ha sempre curato i propri figli. Mi rivolgo ai professionisti della patria, ai professionisti patrioti, a coloro che da giorni stanno lavorando contro la rivolta auspicata dagli ordini professionali, ordini di classe che solo vogliono difendere i vantaggi di una societa' capitalista. Mi rivolgo alla gioventu', a quelli che hanno cantato la loro allegria ed il loro spirito di lotta. Mi rivolgo all'uomo del Cile, all'operaio, al contadino, all'intellettuale, a quelli che saranno perseguitati, perche' nel nostro paese il fascismo e' gia' presente da tempo negli attentati terroristici, facendo saltare ponti, interrompendo le vie ferroviarie, distruggendo oleodotti e gasdotti. Di fronte al silenzio di quelli che avevano l'obbligo di intervenire, la storia li giudichera'. Sicuramente radio Magallanes sara' fatta tacere ed il suono tranquillo della mia voce non vi giungera'. Non importa, continuerete ad ascoltarmi. Saro' sempre vicino a voi, per lo meno il ricordo che avrete di me sara' quello di un uomo degno che fu leale con la patria. Il popolo deve difendersi ma non sacrificarsi. Il popolo non deve lasciarsi sterminare e non deve farsi umiliare. Lavoratori della mia patria: ho fiducia nel Cile e nel suo destino. Altri uomini supereranno il momento grigio ed amaro in cui il tradimento vuole imporsi. Andate avanti sapendo che, molto presto, si apriranno grandi viali attraverso cui passera' l'uomo libero, per costruire una societa' migliore. Viva il Cile, viva il popolo, viva i lavoratori! Queste sono le mie ultime parole, ho la certezza che il sacrificio non sara' vano. Ho la certezza che, per lo meno, ci sara' una punizione morale che castighera' la vigliaccheria, la codardia e il tradimento". 4. CILE. FRANCESCA LAZZARATO: UNA LETTERATURA NON DESAPARECIDA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 10 settembre 2003. Francesca Lazzarato dirige collane editoriali ed e' autrice, curatrice e traduttrice di molti libri soprattutto per giovani e bambini] "Ormai erano rientrati tutti. I dirigenti sindacali, i militanti politici, ma noi scrittori ci fecero rientrare per ultimi. Sembrava che per loro fossimo i piu' pericolosi". Cosi' scrive Patricio Manns a proposito del progressivo ritorno in Cile, avvenuto a partire dai primi anni '80, di romanzieri, poeti, intellettuali costretti all'esilio dopo il colpo di stato dell'11 settembre. Alcuni, come Poli Delano, lo stesso Manns, Carlos Cerda, German Marin, rientravano per restare. Altri, come Isabel Allende, Ariel Dorfman e Roberto Bolano, sarebbero tornati solo come ospiti, e altri ancora, come Luis Sepulveda e Antonio Skarmeta, avrebbero optato per una sorta di pendolarismo tra America ed Europa. Tutti avrebbero comunque scoperto di aver vissuto un doppio esilio, poiche' nel frattempo le loro opere erano state vietate, ritirate dalle librerie, bruciate in piazza: non solo la letteratura del tempo di Unidad Popular, ma anche quella degli anni cinquanta e sessanta si poteva considerare desaparecida. E scomparse erano anche buona parte delle case editrici, smantellate o costrette alla chiusura dall'oscuramento imposto dal regime, che si limitava a promuovere una televisione di devastante stupidita' ("Pinochet distribuiva televisori tra i poveri per aumentare i canali di propaganda" dice la studiosa inglese Jean Franco, autrice di uno splendido saggio sul rapporto tra politica e letteratura in America Latina, The Decline and Fall of the Lettered City pubblicato nel 2002 dalla Harvard University Press). Quella che gli ex esiliati si trovarono davanti era una vera e propria scena del disastro: una cultura opacizzata, manipolata, osteggiata, considerata di per se' sovversiva. La dittatura, infatti, aveva scelto di annullare le voci nazionali e di importare i prodotti piu' scadenti della cultura di massa nordamericana, quasi a realizzare quello che, ricorda ancora Jean Franco, era stato a suo tempo il progetto del Comitato americano per la liberta' della cultura e del Congresso per la liberta' della cultura, organismi creati dagli Stati Uniti nel 1950 allo scopo di "domare" gli intellettuali latino-americani e sottrarli alla crescente influenza della sinistra. Dunque gli ex esiliati si trovarono davanti un buco grigio in cui l'unica letteratura possibile pareva quella di Enrique Lafourcade, scrittore importante ma anche autore di un bieco libello in cui si dipinge Allende come un alcolizzato, oppure di Braulio Arenas, prima seguace di Unidad Popular e poi cantore della giunta, o di Carlos Iturra, autore di quel Paisaje Masculino che resta uno dei pochi esempi cileni di letteratura omosessuale, eppure pinochetista dichiarato? Fortunamente no: sotto le opache lapidi della letteratura "ufficiale", negli anni '80 fermentavano movimenti segreti, vitalissimi, ricchi di voci e di nomi nuovi che divennero interamente visibili solo dopo il plebiscito del 1986, primo passo di una transizione che a tutt'oggi non si puo' dire interamente compiuta. Non e' facile dar conto della effervescenza editoriale e letteraria che negli anni '90 si sforzo' di perforare la cappa pesante della Concertacion, della pacificazione ipocrita e della lentissima democratizzazione. Una effervescenza che include l'affermarsi di scrittori di valore come il nascere di "manifesti" giovanilisti quali il discutibile McOndo (1996) di Alberto Fuguet e Sergio Gomez (fautori di un artificioso e banalizzante meticciato made in Usa, piu' simile a un'idea di marketing che a una tendenza letteraria), la fioritura di piccole ed eccellenti case editrici come Lom o Cuarto Propio e allo stesso tempo lo sbarco nel ristretto mercato cileno delle potenti multinazionali dell'editoria. Fuori dall'America Latina si e' percepita solo una vaga eco di tanta euforia, e nomi come quelli di Diamela Eltit, Pablo Azocar, Ramon Diaz Eterovic, Hernan Rivera Letelier (questi ultimi due pubblicati in Italia dalla Guanda), Diego Valenzuela, Roberto Ampuero, Pia Barros, Raul Zurita, o dei giovanissimi Alejandra Costamagna (presente nel catalogo dell'italiana Besa), Jesus Sepulveda e Andrea Maturana dicono poco o niente ai lettori europei, la cui attenzione si e' piuttosto concentrata su scrittori della diaspora come Skarmeta, Sepulveda, Marcela Serrano, Isabel Allende (ormai riciclatasi in una sorta di Sveva Casati Modignani del Cono Sur, e salutata come la scrittrice latina piu' venduta del mondo), senza tralasciare lo straordinario Roberto Bolano, da poco scomparso. Ad osservarla da vicino, quest'onda nuova e composita oscilla ancora tra la voglia di inserirsi con "prodotti" standardizzati in un mercato dominato dalle multinazionali americane dell'editoria e l'intenzione di conservare una propria specificita', ma soprattutto tra il desiderio o il bisogno di cancellare fantasmi antichi e l'impossibilita' di prescinderne. Una contraddizione che si incarna non solo in opere e scritture diverse, ma anche in figure e personaggi opposti, che oggi sembrano acquistare dimensioni esemplari e in qualche modo simboliche. Tra gli spettri del passato, costantemente ricacciati nelle viscere di Sanhattan (ovvero della Santiago tutta grattacieli, circondata da un'immensa corona di quartieri popolari) e sempre riaffioranti, c'e' per esempio quello inquietante ed emblematico di Mariana Callejas, modesta scrittrice che ha al suo attivo un romanzo, alcune antologie di racconti, un libro di memorie e numerosi premi minori, e che in questi giorni torna ad occupare le prime pagine dei giornali. Appartenente al movimento di destra Patria y Libertad, animatrice di una radio clandestina ai tempi di Undidad Popular, ex agente della Dina (la potentissima polizia politica), ex moglie di Michael Townley, l'americano che assassino' Letelier, oggi Mariana Callejas lamenta con furia che nessuno vuol pubblicare il suo ultimo libro di racconti, intitolato New York New York. Anche l'ultimo amico di un tempo le ha voltato le spalle da quando, in luglio, un giudice argentino ha chiesto e ottenuto il suo arresto dopo le rivelazioni dell'ex marito che, al sicuro negli Usa, l'ha accusata di complicita' nell'assassinio del generale Prat e di sua moglie, saltati in aria a Buenos Aires. Ora Callejas, ormai settantenne, si trova agli arresti domiciliari nella sua casa di Santiago, ben piu' misera dell'alloggio "di servizio" in cui un tempo riceveva scrittori e critici notissimi, come Carlos Iturra, Carlos Franz e Gonzalo Contreras, mentre al pianterreno Townley e i suoi soci trafficavano con gli esplosivi e torturavano gli oppositori. Fantasma piu' che mai sinistro, la scrittrice e' ormai messa al bando dalla buona societa' letteraria di Santiago, ma i suoi ospiti di allora sono autori di successo ricevuti ovunque, regolarmente pubblicati e pronti a raccontare di esserse mantenuti saggiamente neutrali tra Allende e Pinochet. Ma esorcizzare la vecchia Mariana non sara' facile: perche' e' a una serie di inarrestabili e querimoniose interviste che va affidando ogni giorno di piu' la voglia di coinvolgere e svergognare quanti una volta la trattavano da pari a pari. E' a illustri letterati del genere che un autore come Pedro Lemebel, altra figura significativa ed estrema del panorama cileno, si rifiuta di stringere la mano, dichiarando che il risentimento verso gente come loro e' ancora oggi "l'inchiostro della sua scrittura". Un atteggiamento in tutto degno di un personaggio cosi' inconsueto, non tanto e non solo per l'omosessualita' evidenziata da clamorosi travestimenti femminili, ma anche per l'assoluta coerenza di un progetto artistico, politico e di vita che ha fatto di lui lo scrittore attualmente piu' amato e venduto del Cile. Vulcanico, polemico, inconfondibile, Lemebel e' rimasto fedele alla rivista underground The Clinic e a Radio Tierra, la piccola emittente femminista che trasmette i suoi testi, e ai quartieri popolari della Santiago che ha ritratto in libri come Loco afan (Alfaguara 1996), Perlas y cicatrices (Lom 1998), Tengo miedo torero (Planeta 2001) e Zanjon de la Aguada (Seix Barral 2003), uscito a fine luglio e gia' ai primi posti delle classifiche cilene. La sua popolarita' e' tale che quest'ultimo libro e' tra i piu' presi di mira dai "pirati" che stampano o fotocopiano edizioni clandestine da vendere a meta' prezzo (un fenomeno diffusissimo in Cile, come da noi quello dei falsi capi "firmati"), e non e' difficile vedere Lemebel in persona che firma a un angolo di strada le copie "taroccate" per i suoi fans in bolletta. Niente come il trionfo di questo straordinario scrittore, amato dalla critica e addirittura venerato dai piu' giovani, esprime sino fondo i cambiamenti in atto nel Cile contemporaneo, ancora profondamente conservatore e conformista, obbediente a una gerarchia ecclesiastica tra le piu' reazionarie, alle prese con istituzioni e media ancora saldamente controllati dalla destra, e tuttavia capace di apprezzare la squisita prosa barocca di un "travestito" la cui opera procede per frammenti, cosi' come imposto dal disintegrarsi di ogni identita' e di ogni norma nel colossale urto provocato dal golpe. La marginalita', la differenza, la desolazione delle periferie e la loro violenta vitalita', la denuncia delle maschere ipocrite di chi nega la memoria, sono i temi forti di Lemebel, che dopo Bolano si configura come il piu' interessante scrittore cileno di oggi, quello piu' capace di esprimere il nuovo senza pero' rinunciare all'impegno civile e dimenticare quel passato che troppi vorrebbero archiviare, chi per l'indifferenza tipica dei pinochet-boys cresciuti sotto la dittatura, chi per non "riaprire le ferite" e "turbare il processo di democratizzazione", come va scrivendo da cinque anni a questo parte Jorge Edwards, uno dei piu' importanti scrittori cileni della generazione dei "padri", ex ambasciatore di Allende e oggi izquierdista pentito che si dichiara equidistante dalla destra e dalla sinistra. Lemebel, invece, sogna che le ferite non cicatrizzino troppo in fretta, cosi' che dalla carne offesa possano nascere altrettante "perle", come indica il titolo di una delle sue opere migliori. E il recente Zanjon de la Aguada lo conferma: bastano i due piccoli racconti-capolavoro dedicati alla cerimonia di insediamento del presidente Lagos e a quella di inaugurazione del Museo de la Solidaridad Salvador Allende per rendersi conto dell'enorme grazia e del feroce humor nero con cui l'autore ci restituisce la mescolanza di ipocrisia e buone intenzioni che oggi, a trent'anni dal golpe, sembra piu' che mai caratterizzare la vita pubblica in Cile. 5. RIFLESSIONE. BENITO D'IPPOLITO: RUMINAZIONI DI UN VIANDANTE EUGUBINO [Ringraziamo il nostro amico Benito D'Ippolito per questi suoi versi che echeggiano, o raccolgono schegge, di alcuni ragionamenti svolti sulla traccia della camminata sul sentiero francescano da Assisi a Gubbio promossa dal Movimento Nonviolento dal 4 al 7 settembre] Ora sappiamo che il lupo siamo noi. Che anche noi siamo nella pancia del lupo che anche noi rechiamo il lupo nella pancia. E questo sappiamo, che la nostra lotta contro di noi dobbiamo cominciarla. E questo e' il deserto, e questa e' la fame, ed il nemico e' specchio di quanto di non risolto, di non ancora a luce sgorgato, di non compreso ancora, e' in noi che soffre, in noi e', che ci sforza. E anche questo sappiamo, che i pensieri migliori si pensano coi piedi, camminando si pensano. Si pensano andando e mentre si va ci si da' voce e ascolto l'un l'altro, si scopre che il meraviglioso dono non e' quando si arriva ma il viaggio, la strada condivisa e la compresa compagnia, e cio' che si ode e vede e si consente, e l'incontro inatteso, e dire tu al mondo. 6. MEDIO ORIENTE. ROSSANA ROSSANDA: TOCCA ALL'ONU [Dal quotidiano "Il manifesto" del 10 settembre 2003. Rossana Rossanda e' nata a Pola nel 1924, allieva del filosofo Antonio Banfi, antifascista, dirigente del Pci (fino alla radiazione nel 1969 per aver dato vita alla rivista "Il Manifesto" su posizioni di sinistra), in rapporto con le figure piu' vive della cultura contemporanea, fondatrice del "Manifesto" (rivista prima, poi quotidiano) su cui tuttora scrive. Impegnata da sempre nei movimenti, interviene costantemente sugli eventi di piu' drammatica attualita' e sui temi politici, culturali, morali piu' urgenti. Opere di Rossana Rossanda: Le altre, Bompiani, Milano 1979; Un viaggio inutile, o del la politica come educazione sentimentale, Bompiani, Milano 1981; Anche per me. Donna, persona, memoria, dal 1973 al 1986, Feltrinelli, Milano 1987; con Pietro Ingrao et alii, Appuntamenti di fine secolo, Manifestolibri, Roma 1995; con Filippo Gentiloni, La vita breve. Morte, resurrezione, immortalita', Pratiche, Parma 1996; Note a margine, Bollati Boringhieri, Torino 1996. Ma la maggior parte del lavoro intellettuale, della testimonianza storica e morale, e della riflessione e proposta culturale e politica di Rossana Rossanda e' tuttora dispersa in articoli, saggi e interventi pubblicati in giornali e riviste] In un solo giorno Tsahal (l'esercito israeliano) ha fatto quattro morti palestinesi, forse una donna si e' fatta saltare uccidendo sette militari israeliani e, mentre scriviamo, un altro attentatore suicida e' esploso in un bar a Gerusalemme uccidendo 4 civili israeliani. Che cosa aspettano le Nazioni Unite a mandare una forza di interposizione fra Israele e la Palestina? L'articolo 41 del loro statuto lo impone per salvaguardare la pace in situazioni anche meno drammatiche di questa. Qui e' in corso una guerra fra due nazioni una delle quali, Israele, ha un regolare e forte esercito, con il quale occupa parte del territorio dell'altra, mentre l'Autorita' palestinese non puo' averne nessuno, e quindi si sono formati durante l'occupazione gruppi armati clandestini che colpiscono dovunque arrivano. Israele ha un governo e uno stato strutturati ed e' uscita dai propri confini da oltre trent'anni, violando la risoluzione 242 dell'Onu che le imponeva di rientrarvi. L'Anp e' ristretta in territori sempre piu' esigui, divisi e controllati da Tsahal, che ne ha demolito a missili e cannonate le infrastrutture civili faticosamente costruite. La prima assedia il leader Yasser Arafat, il solo eletto dai palestinesi, impedendogli di muoversi e dichiara un giorno si' e un giorno no l'intenzione di espellerlo dalla sua propria terra - paradossale, come se Arafat dicesse che trattera' con Israele soltanto con Uri Avnery - e rifiuta di stare perfino alla modesta Road Map se prima Arafat non reprime gli attentatori suicidi. E come potrebbe bloccarli Arafat se non gli credono piu', se non chiamando una parte del suo paese alla guerra civile? Contro coloro che l'occupazione trentennale ha reso disperati e soggetti a un fondamentalismo un tempo inesistente? E perdipiu' sotto il controllo dell'esercito israeliano? Il mondo non conosce una situazione simile a quella che sta svenando la terra santa. E' chiaro che l'attuale governo di Israele non vuole la pace e l'Anp non e' in grado di imporla. Del non volere la pace fa parte il crudele gioco di Sharon e di Powell che hanno dichiarato loro uomo di fiducia Abu Mazen nello stesso tempo in cui nulla gli concedevano, rendendolo cosi' sospetto alla sua gente e delegittimandone la rappresentanza. La stessa sorte minaccia Abu Ala: se cerchera' di trattare con Sharon che non gli dara' nulla in cambio, sara' considerato un servo dalla sua gente, e se tiene ferma la posizione con la quale ha in questi giorni accettato l'incarico, Sharon e Bush lo definiranno un terrorista. Nel frattempo Israele continua a costruire un muro che sfonda di continuo il territorio palestinese, fa razzie ora in questa ora in quella delle citta' dei territori, ha gettato benzina sul fuoco di Hamas cercando di ammazzarne il leader religioso. Questa spirale di morte, fatta anche di paure e debolezze, e' stata costruita da decenni. E' ormai inutile cercarne volta a volta le prime responsabilita'. E' un meccanismo infernale che non trovera' piu' in se' principi e mezzi per arrivare a una pacificazione. Per questo il Consiglio di sicurezza deve intervenire con una forza di interposizione. Si obietta: ma Israele non la vuole. E allora? Forse che in Bosnia e in Serbia erano interpellate le parti in conflitto? La seconda Intifada non avrebbe avuto luogo se la risoluzione 242 fosse stata rispettata da Israele, non ci sarebbe terrorismo ed e' indecente nascondersi dietro a questo per impedire la costituzione del piccolo stato palestinese. Le Nazioni Unite comincino col far rispettare la 242, collocando le forze di interposizione sulla linea dove Israele doveva rientrare. Sara' il solo muro legittimo ed efficace. Il Consiglio di sicurezza, chiamato dagli Stati Uniti a coprire l'occupazione dell'Iraq in seguito a una guerra che non ha consentito, presenti una mozione e si vedra' se gli Usa potranno opporvisi e con quali argomenti, dopo aver conclamato a destra e a sinistra che altro non desiderano se non la composizione del conflitto mediorientale. Se c'e' una situazione per le quali le Nazioni Unite sono state create e che hanno il compito di arbitrare e' questa. 7. MEDIO ORIENTE. PEPPE SINI: TOCCA NOI, TOCCA A NOI Sono tante le cose che si potrebbero e dovrebbero fare: la prima e' capire il dolore di tutti i sopravvissuti. Sono tante le cose che si potrebbero e dovrebbero fare: la seconda e' chiedere a tutti che cessi l'uso delle armi. Sono tante le cose che si potrebbero e dovrebbero fare: la terza e' non semplificare, non delegare, non fare discorsi dimezzati, non vedere solo la frasca nella cisterna altrui mentre nella propria e' putrido un tronco. Sono tante le cose che si potrebbero e dovrebbero fare: la quarta e forse l'unica che conta sarebbe che milioni di esseri umani del nord del mondo andassero li', disarmati e decisi a disarmare, indifesi e decisi a difendere, senza dire parole ma solo ascoltando, senza fare proclami ma solo essendo presenti, muro di cuori che fermi una strage di cui non si riesce a vedere la fine, e che e' la continuazione di qualcosa che e' cominciata molto ma molto tempo fa, al tempo dell'impero romano, poi dei roghi, e delle colonie, e che ha avuto il suo apice nel secolo hitleriano. Milioni di esseri umani come Rachel Corrie, che con la propria viva presenza garantiscano il popolo d'Israele e e quello di Palestina, lo stato d'Israele che va difeso da chi vuole annientarlo e lo stato di Palestina che immediatamente va proclamato e riconosciuto e liberato dal tallone altrui. Milioni di esseri umani come Rachel Corrie, che con la loro viva presenza istituiscano una riconciliazione fondata sulla giustizia, una pace fondata sulla verita', un dialogo fondato sul comune dolore e sulla comune necessita' di uscire dall'orrore presente. Forse questo servirebbe davvero. E per fare questo non giovano i vertici delle eccellenze, se mai agli stati occorrerebbe chiedere che mettano a disposizione mezzi di trasporto e generi di conforto, e poi andare, a milioni, come una migrazione finalmente non in fuga da qualcosa, ma per mettere in fuga la morte. Questa sarebbe, mi dico, una via nonviolenta. E anche stasera mentre scrivo queste povere parole mi chiedo tremante: sara' ancora vivo Muatez? sara' ancora vivo David? O anche di loro e' gia' stato fatto scempio? 8. DIRITTI. IL PARLAMENTO EUROPEO APPROVA IL RAPPORTO DI LUISA MORGANTINI SU COMMERCIO E SVILUPPO [Dalla segreteria di Luisa Morgantini (per contatti: lmorgantini at europarl.eu.int) riceviamo e diffondiamo. Il seguente profilo di Luisa Morgantini abbiamo ripreso dal sito www.luisamorgantini.net: "Luisa Morgantini e' nata a Villadossola (No) il 5 novembre 1940. Dal 1960 al 1966 ha lavorato presso l'istituto Nazionale di Assistenza a Bologna occupandosi di servizi sociali e previdenziali. Dal 1967 al 1968 ha frequentato in Inghilterra il Ruskin College di Oxford dove ha studiato sociologia, relazioni industriali ed economia. Dal 1969 al 1971 ha lavorato presso la societa' Umanitaria di Milano nel settore dell'educazione degli adulti. Dal 1970 e fino al 1999 ha fatto la sindacalista nei metalmeccanici nel sindacato unitario della Flm. Eletta nella segreteria di Milano - prima donna nella storia del sindacato metalmeccanico - ha seguito la formazione sindacale e la contrattazione per il settore delle telecomunicazioni, impiegati e tecnici. Dal 1986 e' stata responsabile del dipartimento relazioni internazionali del sindacato metalmeccanico Flm - Fim Cisl, ha rappresentato il sindacato italiano nell'esecutivo della Federazione europea dei metalmeccanici (Fem) e nel Consiglio della Federazione sindacale mondiale dei metalmeccanici (Fism). Dal novembre del 1980 al settembre del 1981, in seguito al terremoto in Irpinia, in rappresentanza del sindacato, ha vissuto a Teora contribuendo alla ricostruzione del tessuto sociale. Ha fondato con un gruppo di donne di Teora una cooperativa di produzione, "La meta' del cielo", che e' tuttora esistente. Dal 1979 ha seguito molti progetti di solidarieta' e cooperazione non governativa con vari paesi, tra cui Nicaragua, Brasile, Sud Africa, Mozambico, Eritrea, Palestina, Afghanistan, Algeria, Peru'. Si e' misurata in luoghi di conflitto entro e oltre i confini, praticando in ogni luogo anche la specificita' dell' essere donna, nel riconoscimento dei diritti di ciascun essere umano: nelle rivendicazioni sindacali, con le donne contro la mafia, contro l'apartheid in Sud Africa, con uomini e donne palestinesi e israeliane per il diritto dei palestinesi ad un loro stato in coesistenza con lo stato israeliano, con il popolo kurdo, nella ex Yugoslavia, contro la guerra e i bombardamenti della Nato, per i diritti degli albanesi del Kosovo all'autonomia, per la cura e l'accoglienza a tutte le vittime della guerra. Attiva nel campo dei diritti umani, si e' battuta per il loro rispetto in Cina, Vietnam e Siria, e per l'abolizione della pena di morte. Dal 1982 si occupa di questioni riguardanti il Medio Oriente ed in modo specifico del conflitto Palestina-Israele. Dal 1988 ha contribuito alla ricostruzione di relazioni e networks tra pacifisti israeliani e palestinesi. In particolare con associazioni di donne israeliane e palestinesi e dei paesi del bacino del Mediterraneo (ex Yugoslavia, Albania, Algeria, Marocco, Tunisia). Nel dicembre 1995 ha ricevuto il Premio per la pace dalle Donne per la pace e dalle Donne in nero israeliane. Attiva nel movimento per la pace e la nonviolenza e' stata portavoce dell'Associazione per la pace. E' tra le fondatrici delle Donne in nero italiane e delle rete internazionale di Donne contro la guerra. Attualmente e' deputata al Parlamento Europeo, eletta come indipendente nelle liste del Prc e aderente al gruppo Gue-Ngl. Presiede la delegazione parlamentare per i rapporti con il consiglio legislativo palestinese, oltre ad essere membro titolare nella commissioni diritti della donna e pari opportunita' ed in quella per lo sviluppo e la cooperazione, membro della delegazione per le relazioni con il Sud Asia e membro sostituto della commissione industria, commercio esterno, ricerca ed energia. In Italia continua la sua opera assieme alle Donne in nero e all'Associazione per la pace"] Il Parlamento Europeo riunito in sessione plenaria a Strasburgo dall'1 al 4 settembre, alla vigilia della quinta Conferenza ministeriale del Wto, ha approvato il rapporto di Luisa Morgantini su commercio e sviluppo. Il rapporto "Come aiutare i paesi in via di sviluppo a beneficiare degli scambi" sottolinea la necessita' di democratizzare il sistema di regolamentazione del commercio internazionale, propone un'apertura asimmetrica dei mercati per compensare lo squilibrio degli scambi commerciali che non sono ugualmente benefici per tutti i paesi, e chiede alla Commissione di non esercitare pressioni sui paesi in via di sviluppo per la liberalizzazione e la deregolamentazione indiscriminate dei loro mercati. Secondo il rapporto Morgantini il commercio e' uno degli strumenti di una politica di sviluppo, che non puo' e non deve sostituire l'aiuto allo sviluppo, non deve prescindere dall'integrazione fra il settore esportatore e il resto dell'economia dei paesi in via di sviluppo - in modo tale da rafforzare le potenzialita' di attivazione della crescita. Il testo del Parlamento chiede pertanto che si promuova l'integrazione regionale tra paesi in via di sviluppo e soprattutto che si attuino iniziative, in particolare in seno alle istituzioni finanziarie internazionali, per risolvere il problema dell'indebitamento di questi paesi. * Si mette in luce l'importanza del commercio equo, un approccio alternativo al commercio convenzionale che difende e promuove i diritti economici e sociali, contrastando la logica di un modello economico che antepone il profitto ai diritti fondamentali degli esseri umani e proponendo una nuova visione dell'economia e del mondo, attenta agli interessi di tutti. Il commercio equo consente infatti ai paesi in via di sviluppo di sviluppare le loro economie, di ristabilire una coesione sociale e di proteggere i loro mercati e le loro risorse naturali, garantendo ai produttori un giusto guadagno e condizioni di lavoro dignitose e sostenendo, con il prefinanziamento, progetti di autosviluppo. Per tali ragioni il rapporto Morgantini chiede alla Commissione di sostenere finanziariamente le imprese e le associazioni che praticano e promuovono il commercio equo e di ripristinare i sistemi destinati a garantire prezzi minimi per taluni prodotti essenziali. * Il rapporto richiede infine che alcuni beni essenziali, quali l'acqua e la terra, non rientrino in una logica puramente mercantile, ed in particolare che l'acqua venga riconosciuta come "bene comune", sia democratizzata la sua gestione, venga promossa un'educazione alla gestione responsabile ed ecosostenibile, e vi sia un finanziamento pubblico per l'accesso ad essa. 9. RILETTURE. MARGHERITA ISNARDI PARENTE: SOFISTICA E DEMOCRAZIA ANTICA Margherita Isnardi Parente, Sofistica e democrazia antica, Sansoni, Firenze 1977, pp. 92. Una raccolta di testi preceduti da un saggio introduttivo ed essenziali note biobibliografiche. 10. RILETTURE. MARGHERITA ISNARDI PARENTE: LA FILOSOFIA DELL'ELLENISMO Margherita Isnardi Parente, La filosofia dell'Ellenismo, Loescher, Torino 1977, pp. 232. Un'antologia di testi organizzati per temi, con puntuali schede introduttive. 11. RILETTURE. MARGHERITA ISNARDI PARENTE: INTRODUZIONE A PLOTINO Margherita Isnardi Parente, Introduzione a Plotino, Laterza, Roma-Bari 1989, pp. 224, lire 16.000. Una pregevole monografia nella benemerita collana laterziana dei "Filosofi". 12. RILETTURE. MARGHERITA ISNARDI PARENTE: INTRODUZIONE ALLO STOICISMO ELLENISTICO Margherita Isnardi Parente, Introduzione allo stoicismo ellenistico, Laterza, Roma-Bari 1993, pp. 208, lire 18.000. Una rigorosa panoramica introduttiva nella medesima collana laterziana. 13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 14. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 670 dell'11 settembre 2003
- Prev by Date: [comunicati_lilliput] WTO - Cancun non basta per l'agricoltura. Nuova ministeriale nel 2004
- Next by Date: ROMA: BOICOTTAGGIO CONCERTO MTV-COCACOLA, ISSATI STRISCIONI DI PROTESTA
- Previous by thread: [comunicati_lilliput] WTO - Cancun non basta per l'agricoltura. Nuova ministeriale nel 2004
- Next by thread: ROMA: BOICOTTAGGIO CONCERTO MTV-COCACOLA, ISSATI STRISCIONI DI PROTESTA
- Indice: