La nonviolenza e' in cammino. 670



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 670 dell'11 settembre 2003

Sommario di questo numero:
1. Un appello dei familiari delle vittime dell'11 settembre 2001 contro la
guerra e la violenza
2. Lidia Menapace: contro le guerre, per la democrazia
3. Giulio Vittorangeli: le ultime parole di Salvador Allende
4. Francesca Lazzarato: una letteratura non desaparecida
5. Benito D'Ippolito: ruminazioni di un viandante eugubino
6. Rossana Rossanda: tocca all'Onu
7. Peppe Sini: tocca noi, tocca a noi
8. Il parlamento europeo approva il rapporto di Luisa Morgantini su
commercio e sviluppo
9. Riletture: Margherita Isnardi Parente, Sofistica e democrazia antica
10. Riletture: Margherita Isnardi Parente, La filosofia dell'Ellenismo
11. Riletture: Margherita Isnardi Parente, Introduzione a Plotino
12. Riletture: Margherita Isnardi Parente, Introduzione allo stoicismo
ellenistico
13. La "Carta" del Movimento Nonviolento
14. Per saperne di piu'

1. UMANITA'. UN APPELLO DEI FAMILIARI DELLE VITTIME DELL'11 SETTEMBRE 2001
CONTRO LA GUERRA E LA VIOLENZA
[Dalla Tavola della Pace, principale network pacifista italiano,
organizzatore della marcia Perugia-Assisi (per contatti: e-mail:
stampa at perlapace.it; sito: www.tavoladellapace.it), riceviamo e diffondiamo
questo appello di "Peaceful tomorrows", l'associazione dei familiari delle
vittime dell'11 settembre 2001]
Nel secondo anniversario degli attentati di New York, i familiari delle
vittime dell'11 settembre lanciano insieme alla Tavola della pace un appello
contro la guerra e la violenza. "I nostri morti non giustificano le guerre
di Bush. La guerra non risolve i problemi. Il terrorismo si vince con altri
mezzi. La ricostruzione dell'Iraq deve essere affidata alle Nazioni Unite.
Riportiamo a casa i nostri soldati".
I familiari delle vittime dell'11 settembre annunciano che parteciperanno
alla marcia Perugia-Assisi "per un'Europa di pace" e alla quinta assemblea
dell'Onu dei Popoli che si svolgeranno dal 9 al 12 ottobre 2003 a Perugia.
*
Ecco il testo del messaggio dell'Associazione dei familiari delle vittime
dell'11 settembre "Peaceful Tomorrows" (New York) in occasione del secondo
anniversario.
"Due anni fa, in questo giorno, i nostri cari hanno perso tragicamente la
vita nell'atto terroristico cha ha scosso gli Stati Uniti e il mondo intero.
Dal momento della loro morte, mentre proseguiamo il nostro percorso di
dolore, siamo stati confortati dalla partecipazione solidale e premurosa di
persone di tutto il mondo che hanno dato il loro sostegno alle vittime di
questo terribile attacco. Eppure, l'approccio del nostro governo in risposta
alla morte dei nostri cari e' in forte contrasto con il buon senso e con le
azioni confortanti della gente comune.
In occasione di questo secondo anniversario, ci fermiamo a riflettere sulla
pericolosa direzionepresa dall'attuale politica statunitense e sulla
necessita' di un nuovo approccio agli eventi dell'11 settembre volto a
produrre reale giustizia e sicurezza.
La morte dei nostri cari ha spinto il governo statunitense ad attaccare
l'Afghanistan e a rovesciare il governo talebano con lo scopo di catturare
Osama Bin Laden e altri membri di Al Queda, considerati responsabili
dell'attacco. Sebbene inizialmente le azioni militari abbiano avuto
successo, Bin Laden e' ancora ricercato e recenti sviluppi rivelano il
ritorno dei talebani e di Al Queda nonostante il governo centrale continui a
fare richiesta di ulteriori fondi per la ricostruzione e la stabilizzazione
del paese.
Di sicuro la nostra campagna militare in Afghanistan un risultato lo ha
avuto: ha aumentano il numero delle famiglie che come noi sono in lutto.
Afgani innocenti sono stati uccisi da ordigni statunitensi, feriti da bombe
a grappolo, sfollati a causa dei combattimenti. Tutto cio' si e' aggiunto a
23 anni di guerre precedenti. Nei nostri viaggi in Afghanistan abbiamo
incontrato alcune di queste famiglie e sono entrate nei nostri cuori come
altre vittime della tragedia dell'11 settembre.
Poco dopo l'11 settembre 2001, il Congresso americano ha approvato la legge
"Patriot" con lo scopo apparente di rafforzare la sicurezza negli Stati
Uniti, senza pero' prestare troppa attenzione alle conseguenze. In questo
clima di paura e di panico, la legge Patriot e altre misure adottate hanno
eroso le liberta' civili americane minacciando soprattutto le comunita'
degli immigrati. Ancora oggi, persone senza nome languiscono in luoghi
sconosciuti a causa di colpe ignote in nome della giustizia americana. Ad
oggi, non c'e' nessuna prova che queste misure ci abbiano reso piu' sicuri.
Allo stesso tempo, l'amministrazione statunitense ritarda l'avvio di
un'indagine aperta e onesta sugli eventi dell'11 settembre.
Lo scorso anno, di questi tempi, il presidente Bush durante la
commemorazione del primo anniversario della morte dei nostri cari, colse
l'occasione per iniziare la campagna per invadere l'Iraq.
Nonostante l'assenza di un collegamento provato tra Saddam Hussein e gli
eventi dell'11 settembre, le insinuazioni dell'amministrazione Bush,
alimentate dalla paura pubblica di nuovi attentati, hanno condotto il nostro
paese verso una guerra inutile, illegale e immorale, "giustificata" dalla
morte dei nostri cari defunti.
Mentre le menzogne che nascondevano le reali motivazioni di questa guerra
stanno lentamente venendo alla luce, iracheni e statunitensi continuano a
soffrire, con il bilancio dei morti che cresce ogni giorno. Oggi ci fermiamo
per onorare i morti iracheni e tutte le vittime della guerra e per chiedere
ai nostri leader di riportare a casa sani e salvi i nostri soldati che hanno
messo a repentaglio la propria vita in questa incauta missione e di
restituire il controllo della ricostruzione dell'Iraq alle Nazioni Unite.
Uno dei nostri membri, il 14 settembre 2001, ha scritto al New York Times:
"Prego che questo paese che e' stato cosi' profondamente ferito non dia
libero sfogo a forze che non avrebbero il potere di restituirci cio' che
abbiamo perduto". E' stato dato libero sfogo a queste terribili forze? Dopo
l'11 settembre l'America ha ricevuto la solidarieta' del mondo intero. Con
la guerra in Iraq il sostegno e la solidarieta' internazionale si sono
tramutati in odio e disperazione. Il sentimento antiamericano sta crescendo
in tutto il mondo: quale migliore strumento per il reclutamento del
terrorismo?
Come membri delle famiglie colpite, sappiamo che sentimenti di paura e
rabbia fanno parte di un processo di guarigione. Abbiamo imparato, pero',
che non e' salutare agire spinti da queste emozioni. La risposta del governo
all'11 settembre ci ha intrappolato nella paura e nel panico che abbiamo
condiviso dopo gli eventi scioccanti dell'11 settembre. Piuttosto che basare
la nostra politica sulla paura e la rabbia, chiediamo che il governo agisca
nel miglior interesse del popolo americano riunendosi alla comunita' delle
nazioni per lavorare insieme costruttivamente alla soluzione dei problemi
mondiali del terrorismo e della guerra.
Mentre l'11 settembre rappresenta una tragedia unica nell'esperienza
americana, e' triste riconoscere che altri popoli hanno avuto il loro 11
settembre senza alcun clamore.
I membri di Peaceful Tomorrows hanno incontrato altre vittime della violenza
nel mondo che sono diventate il punto di riferimento dei nostri sforzi per
trasformare il nostro dolore in azioni di pace.
Dai genitori palestinesi e israeliani che hanno perso i propri figli nella
violenza, alle vittime dell'ambasciata americana in Kenya, alle madri delle
persone scomparse nell'America Centrale e in Sudamerica, ai sopravvissuti
della violenza piu' estrema - le bombe atomiche scagliate dagli Stati Uniti
su Hiroshima e Nagasaki - i membri di Peaceful Tomorrows si sono trovati ad
esser parte di una famiglia mondiale che ha conosciuto il terrore e che ha
risposto con la pace.
L'11 settembre ci ha insegnato che gli esseri umani possono commettere
violenze terribili gli uni contro gli altri. Ci ha anche insegnato, pero',
che il cuore umano e' capace di superare la paura e l'odio per costruire un
mondo in cui non si ripetano mai piu' altri "11 settembre", in nessun luogo
del mondo. Questa e' la speranza che ci deve far crescere come persone e
come nazioni.
Il 15 febbraio 2003 ha evidenziato un enorme cambiamento mondiale, tanto che
il New York Times lo ha messo in prima pagina. Milioni di persone nelle
strade di tutto il mondo hanno marciato contro la guerra in Iraq dimostrando
che ci sono due superpotenze nel mondo: l'amministrazione Bush e l'opinione
pubblica globale. Siamo onorati di essere a fianco delle sorelle e dei
fratelli che nel mondo sanno di dover cercare un altro modo di vivere
insieme su questo pianeta.
Cosi', oggi, mentre piangiamo i nostri cari, riflettiamo e ricordiamo, vi
chiediamo di unirvi a noi per cercare insieme la pace vera, la sicurezza e
la giustizia. Lo dobbiamo ai defunti, ne abbiamo bisogno per i vivi e
dobbiamo farlo per le generazioni che verranno.
Camminiamo insieme verso un futuro di pace".
Peaceful Tomorrows

2. EDITORIALE. LIDIA MENAPACE: CONTRO LE GUERRE, PER LA DEMOCRAZIA
[Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: llidiamenapace at virgilio.it) per
questo intervento. Lidia Menapace e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla
Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica
amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra
le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti
della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La maggior parte degli
scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e
riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. (a
cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani,
Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia
politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in
collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra
indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo
accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna,
Milano 2001]
Carissime,
vi do' conto di cio' che ho fatto quest'estate, almeno in parte, anche per
ricordare insieme alcuni impegni pattuiti tra noi e sui quali a mio parere
non si dovrebbe tornare senza rifarsi a una assemblea da riconvocare in
proposito.
Comincio dall'ultimo appuntamento al quale ho preso parte con due presenze,
una come portavoce della Convenzione permanente di donne contro le guerre al
Tavolo della democrazia costituzionale europea, e una personalmente a un
workshop promosso da Letizia Tomassone di teologia femminista sulle
prospettive di stare al mondo in modo pacifico e sobrio.
In generale il forum di Riva del Garda, appunto quello al quale  accennavo,
e' stato importante, nonostante la provocazione delle autorita' che avevano
messo in guardia la popolazione contro i "noglobal" e ingombrato strade e
piazze con una ostentazione di forza e di numero del tutto sproporzionata e
irritante. Anche i giornali hanno cercato fino allo spasimo la  notizia
degli scontri e hanno dovuto accontentarsi di quasi niente, pero' non hanno
dedicato nessuna attenzione ai contenuti dei dibattiti, seminari, workshop e
performances che si sono susseguiti nei giorni del forum.
Ad esempio la notizia molto forte per Trento che la "Commissione giustizia e
pace" della diocesi trentina aveva aderito al forum non e' stata nemmeno
citata.
Comunque la formula sperimentata gia' a Genova in luglio, di far precedere
ogni  manifestazione da un appuntamento di riflessione aggiornamento e
produzione di cultura e' molto efficace e la si ripetera' a Roma per il 4
ottobre, facendo appunto un appuntamento di lavoro politico il 3.
La manifestazione del 4 sara' doppia: quella del social forum italiano e
quella della confederazione sindacale europea. E' gia' previsto che si
concorderanno modalita' e convergenze. in modo da avere due manifestazioni
concomitanti che si rafforzano a vicenda.
*
Gia' a Genova, ma piu' ancora a Riva, si comincia a vedere che intorno e nel
movimento dei movimenti si orientano molte associazioni e molte tematiche,
ma soprattutto si vede una ondata di intellettuali, donne e uomini,
ricercatori e ricercatrici, pubblicisti/e, saggiste/e, che sembrano aver
ritrovato un riferimento politico attivo, cosa importantissima dato che la
sinistra ha subito negli anni scorsi una sconfitta piu' culturale che di
rapporti di forza, e che  gli e le intellettuali di sinistra o siamo vecchi
del tutto o si sono dileguati e talora addirittura ricompaiono alla corte di
Berlusconi.
Che giovani studiosi e studiose si indirizzino al forum e portino contributi
di buono e spesso di eccellente livello e' cosa davvero che da' speranza.
*
Vi ricordo che la Convenzione permanente di donne contro le guerre fa parte
del Tavolo per la democrazia costituzionale europea e che li' ha portato
attraverso le portavoce che hanno frequentato le varie scadenze (Lidia,
Imma, Elena e Monica) temi e proposte riguardanti il diritto alla pace, la
scelta del metodo nonviolento, la cittadinanza sessuata e il diritto di
cittadinanza universale, e la questione della neutralita' come contributo al
dibattito sulla politica di "difesa" europea.
Abbiamo gia' deciso di costruire una nostra presenza a Parigi in novembre
sia nel forun che prepara gli "stati generali per un'altra Europa", che
nella giornata del  movimento delle donne.
Stiamo infatti sperimentando quale forma sia piu' efficace.
Del resto gia' solo la presenza di queste due sollecitazioni ha avuto una
eco non insignificante e sono sempre piu' numerose le donne che lavorando
nel movimento dei movimenti fanno presenti le ragioni del femminismo.
L'annuncio che in primavera faremo un seminairo intitolato "Fare pace con la
terra" per avviare una  riflessione su una economia che parta da un punto di
vista di donne sui temi delle risorse, della finanza, dei tempi e luoghi,
dei lavori ecc. ha suscitato molto interesse.
*
Nel corso dell'estate ho avuto alcune esperienze interessanti essendo stata
invitata a relazionare a un seminario di Lilliput a Padova e al meeting
delle Donne in nero a Marina di Massa, come anche al Movimento Nonviolento a
Gubbio dove pero' non ho potuto andare rimediando in parte con l'invio di un
testo sulla sobrieta' come criterio di giudizio anche economico, pubblicato
anche su "La nonviolenza a' in cammino".
*
La situazione non e' rosea, ma il flop della riunione dei ministri degli
esteri a Riva, che non ha potuto produrre nemmeno un comunicato alla fine
dei lavori, e' un buon segno.
Spesso loro stanno molto peggio di noi: se pero' chi ha il potere non sa
come gestirlo e viene sorpreso sempre dagli eventi, bisogna fare di tutto
per levarglielo, perche' il potere in mano a chi ha perso testa ed
equilibrio e' pericoloso come una ferrari in mano a chi non ha la patente.
Abbracci,
Lidia

3. MEMORIA. GIULIO VITTORANGELI: LE ULTIME PAROLE DI SALVADOR ALLENDE
[Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: giulio.vittorangeli at tin.it)
per questo intervento.
Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori di questo
notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da sempre
nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di
solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di
condotta impareggiabili; e' il responsabile dell'Associazione
Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di
studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta'
concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione
di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra
soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha
svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e
riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti
interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui
promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra
altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre
1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara,
la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo,
Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996;
Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La
solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I
movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto
politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria,
una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra
neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della
solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno,
luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio
2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per
anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della
solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha
cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che
solidarieta'".
Salvador Allende e' l'indimenticabile presidente del Cile democratico, mori'
nel 1973 lottando contro i golpisti. Opere di Salvador Allende: cfr. il
libro-conversazione con Regis Debray, La via cilena, Feltrinelli, Milano]
"Era l'11 settembre. Distolti dalla loro missione ordinaria da piloti pronti
a tutto, gli aerei si scagliano verso il cuore della citta' per abbattere i
simboli di un sistema politico inviso. Tutto accadde in un lampo:
deflagrazioni, facciate che saltano in aria, crolli di edifici in un
fracasso infernale. I superstiti atterriti fuggono coperti da calcinacci e
di polvere. I media diffondono la tragedia in diretta... New York, 2001? No,
Santiago del Cile, 11 settembre 1973. Colpo di stato del generale Pinochet,
con la complicita' degli Stati Uniti, contro il socialista Salvador Allende,
e bombardamento a tappeto del palazzo presidenziale, che provoca decine di
morti e instaura per quindici anni un regime di terrore" (Ignacio Ramonet,
"Le Monde Diplomatique" dell'ottobre 2001).
Nessuno ci ha ancora spiegato perche' se gli Stati Uniti fanno addirittura
una guerra per "portare la democrazia" in Iraq, hanno fatto sanguinosi colpi
di stato per toglierla in Cile e in altri paesi dove c'era gia'.
*
Riproponiamo l'ultimo discorso di Salvador Allende, trasmesso da Radio
Magallanes: "La storia e' nostra e la fanno i popoli"; perche' e' troppo
vero, e' troppo bello, e' troppo giusto ed opportuno.
"Paghero' con la mia vita la difesa dei principi che sono cari a questa
patria. Cadra' la vergogna su coloro che hanno disatteso i propri impegni,
venendo meno alla propria parola, rotto la disciplina delle Forze Armate.
Il popolo deve stare all'erta, vigilare, non deve lasciarsi provocare, ne'
massacrare, ma deve anche difendere le sue conquiste. Deve difendere il
diritto a costruire con il proprio lavoro una vita degna e migliore.
Una parola per quelli che, autoproclamandosi democratici, hanno istigato
questa rivolta, per quelli che, definendosi rappresentanti del popolo, hanno
tramato in modo stolto e losco per rendere possibile questo passo che spinge
il Cile nel baratro.
In nome dei piu' sacri interessi del popolo, in nome della patria vi chiamo
per dirvi di avere fede.
La storia non si ferma ne' con la repressione ne' con il crimine; questa e'
una tappa che sara' superata, e' un momento duro e difficile. E' possibile
che ci schiaccino, ma il domani sara' del popolo, sara' dei lavoratori.
L'umanita' avanza per la conquista di una vita migliore.
Compatrioti: e' possibile che facciano tacere la radio, e mi accomiato da
voi. In questo momento stanno passando gli aerei. E' possibile che sparino
su di noi. Ma sappiate che siamo qui, per lo meno con questo esempio, per
mostrare che in questo paese ci sono uomini che compiono la loro funzione
fino in fondo. Io lo faro' per mandato del popolo e con la volonta'
cosciente di un presidente consapevole della dignita' dell'incarico. Forse
questa sara' l'ultima opportunita' che avro' per rivolgermi a voi.
Le Forze Aeree hanno bombardato le antenne di radio Portales e di radio
Corporacion. Le mie parole non sono amare ma deluse; esse saranno il castigo
morale per quelli che hanno tradito il giuramento che fecero.
Soldati del Cile, comandanti in capo ed associati - all'ammiraglio Merino -
il generale Mendoza, generale meschino che solo ieri aveva dichiarato la sua
solidarieta' e lealta' al governo, si e' nominato comandante generale dei
Carabineros.
Di fronte a questi eventi posso solo dire ai lavoratori: io non rinuncero'.
Collocato in un passaggio storico paghero' con la mia vita la lealta' del
popolo.
E vi dico che ho la certezza che il seme che consegnammo alla coscienza
degna di migliaia e migliaia di cileni non potra' essere distrutto
definitivamente.
Hanno la forza, potranno asservirci, ma non si arrestano i processi sociali,
ne' con  il crimine, ne' con la forza.
La storia e' nostra e la fanno i popoli.
Lavoratori della mia patria, voglio ringraziarvi  per la lealta' che sempre
avete avuto, la fiducia che avete riposto in un uomo che e' stato soltanto
interprete di grande desiderio di giustizia, che giuro' che avrebbe
rispettato la costituzione e la legge, cosi' come in realta' ha fatto.
In questo momento finale, l'ultimo nel quale io possa rivolgermi a voi,
spero che sia chiara la lezione. Il capitale straniero, l'imperialismo,
insieme alla reazione ha creato il clima perche' le Forze Armate rompessero
la loro tradizione: quella che mostro' Schneider e che avrebbe riaffermato
il comandante Araya, vittima di quel settore che oggi stara' nelle proprie
case sperando di poter conquistare il potere con mano straniera a difendere
le proprieta' ed i privilegi.
Mi rivolgo, soprattutto, alla semplice donna della nostra terra: alla
contadina che ha creduto in noi; all'operaia che ha lavorato di piu', alla
madre che ha sempre curato i propri figli.
Mi rivolgo ai professionisti della patria, ai professionisti patrioti, a
coloro che da giorni stanno lavorando contro la rivolta auspicata dagli
ordini professionali, ordini di classe che solo vogliono difendere i
vantaggi di una societa' capitalista.
Mi rivolgo alla gioventu', a quelli che hanno cantato la loro allegria ed il
loro spirito di lotta.
Mi rivolgo all'uomo del Cile, all'operaio, al contadino, all'intellettuale,
a quelli che saranno perseguitati, perche' nel nostro paese il fascismo e'
gia' presente da tempo negli attentati terroristici, facendo saltare ponti,
interrompendo le vie ferroviarie, distruggendo oleodotti e gasdotti.
Di fronte al silenzio di quelli che avevano l'obbligo di intervenire, la
storia li giudichera'. Sicuramente radio Magallanes sara' fatta tacere ed il
suono tranquillo della mia voce non vi giungera'.
Non importa, continuerete ad ascoltarmi. Saro' sempre vicino a voi, per lo
meno il ricordo che avrete di me sara' quello di un uomo degno che fu leale
con la patria.
Il popolo deve difendersi ma non sacrificarsi. Il popolo non deve lasciarsi
sterminare e non deve farsi umiliare.
Lavoratori della mia patria: ho fiducia nel Cile e nel suo destino. Altri
uomini supereranno il momento grigio ed amaro in cui il tradimento vuole
imporsi.
Andate avanti sapendo che, molto presto, si apriranno grandi viali
attraverso cui passera' l'uomo libero, per costruire una societa' migliore.
Viva il Cile, viva il popolo, viva i lavoratori!
Queste sono le mie ultime parole, ho la certezza che il sacrificio non sara'
vano.
Ho la certezza che, per lo meno, ci sara' una punizione morale che
castighera' la vigliaccheria, la codardia e il tradimento".

4. CILE. FRANCESCA LAZZARATO: UNA LETTERATURA NON DESAPARECIDA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 10 settembre 2003. Francesca Lazzarato
dirige collane editoriali ed e' autrice, curatrice e traduttrice di molti
libri soprattutto per giovani e bambini]
"Ormai erano rientrati tutti. I dirigenti sindacali, i militanti politici,
ma noi scrittori ci fecero rientrare per ultimi. Sembrava che per loro
fossimo i piu' pericolosi". Cosi' scrive Patricio Manns a proposito del
progressivo ritorno in Cile, avvenuto a partire dai primi anni '80, di
romanzieri, poeti, intellettuali costretti all'esilio dopo il colpo di stato
dell'11 settembre. Alcuni, come Poli Delano, lo stesso Manns, Carlos Cerda,
German Marin, rientravano per restare. Altri, come Isabel Allende, Ariel
Dorfman e Roberto Bolano, sarebbero tornati solo come ospiti, e altri
ancora, come Luis Sepulveda e Antonio Skarmeta, avrebbero optato per una
sorta di pendolarismo tra America ed Europa.
Tutti avrebbero comunque scoperto di aver vissuto un doppio esilio, poiche'
nel frattempo le loro opere erano state vietate, ritirate dalle librerie,
bruciate in piazza: non solo la letteratura del tempo di Unidad Popular, ma
anche quella degli anni cinquanta e sessanta si poteva considerare
desaparecida. E scomparse erano anche buona parte delle case editrici,
smantellate o costrette alla chiusura dall'oscuramento imposto dal regime,
che si limitava a promuovere una televisione di devastante stupidita'
("Pinochet distribuiva televisori tra i poveri per aumentare i canali di
propaganda" dice la studiosa inglese Jean Franco, autrice di uno splendido
saggio sul rapporto tra politica e letteratura in America Latina, The
Decline and Fall of the Lettered City pubblicato nel 2002 dalla Harvard
University Press).
Quella che gli ex esiliati si trovarono davanti era una vera e propria scena
del disastro: una cultura opacizzata, manipolata, osteggiata, considerata di
per se' sovversiva. La dittatura, infatti, aveva scelto di annullare le voci
nazionali e di importare i prodotti piu' scadenti della cultura di massa
nordamericana, quasi a realizzare quello che, ricorda ancora Jean Franco,
era stato a suo tempo il progetto del Comitato americano per la liberta'
della cultura e del Congresso per la liberta' della cultura, organismi
creati dagli Stati Uniti nel 1950 allo scopo di "domare" gli intellettuali
latino-americani e sottrarli alla crescente influenza della sinistra.
Dunque gli ex esiliati si trovarono davanti un buco grigio in cui l'unica
letteratura possibile pareva quella di Enrique Lafourcade, scrittore
importante ma anche autore di un bieco libello in cui si dipinge Allende
come un alcolizzato, oppure di Braulio Arenas, prima seguace di Unidad
Popular e poi cantore della giunta, o di Carlos Iturra, autore di quel
Paisaje Masculino che resta uno dei pochi esempi cileni di letteratura
omosessuale, eppure pinochetista dichiarato?
Fortunamente no: sotto le opache lapidi della letteratura "ufficiale", negli
anni '80 fermentavano movimenti segreti, vitalissimi, ricchi di voci e di
nomi nuovi che divennero interamente visibili solo dopo il plebiscito del
1986, primo passo di una transizione che a tutt'oggi non si puo' dire
interamente compiuta.
Non e' facile dar conto della effervescenza editoriale e letteraria che
negli anni '90 si sforzo' di perforare la cappa pesante della Concertacion,
della pacificazione ipocrita e della lentissima democratizzazione. Una
effervescenza che include l'affermarsi di scrittori di valore come il
nascere di "manifesti" giovanilisti quali il discutibile McOndo (1996) di
Alberto Fuguet e Sergio Gomez (fautori di un artificioso e banalizzante
meticciato made in Usa, piu' simile a un'idea di marketing che a una
tendenza letteraria), la fioritura di piccole ed eccellenti case editrici
come Lom o Cuarto Propio e allo stesso tempo lo sbarco nel ristretto mercato
cileno delle potenti multinazionali dell'editoria.
Fuori dall'America Latina si e' percepita solo una vaga eco di tanta
euforia, e nomi come quelli di Diamela Eltit, Pablo Azocar, Ramon Diaz
Eterovic, Hernan Rivera Letelier (questi ultimi due pubblicati in Italia
dalla Guanda), Diego Valenzuela, Roberto Ampuero, Pia Barros, Raul Zurita, o
dei giovanissimi Alejandra Costamagna (presente nel catalogo dell'italiana
Besa), Jesus Sepulveda e Andrea Maturana dicono poco o niente ai lettori
europei, la cui attenzione si e' piuttosto concentrata su scrittori della
diaspora come Skarmeta, Sepulveda, Marcela Serrano, Isabel Allende (ormai
riciclatasi in una sorta di Sveva Casati Modignani del Cono Sur, e salutata
come la scrittrice latina piu' venduta del mondo), senza tralasciare lo
straordinario Roberto Bolano, da poco scomparso.
Ad osservarla da vicino, quest'onda nuova e composita oscilla ancora tra la
voglia di inserirsi con "prodotti" standardizzati in un mercato dominato
dalle multinazionali americane dell'editoria e l'intenzione di conservare
una propria specificita', ma soprattutto tra il desiderio o il bisogno di
cancellare fantasmi antichi e l'impossibilita' di prescinderne. Una
contraddizione che si incarna non solo in opere e scritture diverse, ma
anche in figure e personaggi opposti, che oggi sembrano acquistare
dimensioni esemplari e in qualche modo simboliche.
Tra gli spettri del passato, costantemente ricacciati nelle viscere di
Sanhattan (ovvero della Santiago tutta grattacieli, circondata da un'immensa
corona di quartieri popolari) e sempre riaffioranti, c'e' per esempio quello
inquietante ed emblematico di Mariana Callejas, modesta scrittrice che ha al
suo attivo un romanzo, alcune antologie di racconti, un libro di memorie e
numerosi premi minori, e che in questi giorni torna ad occupare le prime
pagine dei giornali.
Appartenente al movimento di destra Patria y Libertad, animatrice di una
radio clandestina ai tempi di Undidad Popular, ex agente della Dina (la
potentissima polizia politica), ex moglie di Michael Townley, l'americano
che assassino' Letelier, oggi Mariana Callejas lamenta con furia che nessuno
vuol pubblicare il suo ultimo libro di racconti, intitolato New York New
York. Anche l'ultimo amico di un tempo le ha voltato le spalle da quando, in
luglio, un giudice argentino ha chiesto e ottenuto il suo arresto dopo le
rivelazioni dell'ex marito che, al sicuro negli Usa, l'ha accusata di
complicita' nell'assassinio del generale Prat e di sua moglie, saltati in
aria a Buenos Aires. Ora Callejas, ormai settantenne, si trova agli arresti
domiciliari nella sua casa di Santiago, ben piu' misera dell'alloggio "di
servizio" in cui un tempo riceveva scrittori e critici notissimi, come
Carlos Iturra, Carlos Franz e Gonzalo Contreras, mentre al pianterreno
Townley e i suoi soci trafficavano con gli esplosivi e torturavano gli
oppositori.
Fantasma piu' che mai sinistro, la scrittrice e' ormai messa al bando dalla
buona societa' letteraria di Santiago, ma i suoi ospiti di allora sono
autori di successo ricevuti ovunque, regolarmente pubblicati e pronti a
raccontare di esserse mantenuti saggiamente neutrali tra Allende e Pinochet.
Ma esorcizzare la vecchia Mariana non sara' facile: perche' e' a una serie
di inarrestabili e querimoniose interviste che va affidando ogni giorno di
piu' la voglia di coinvolgere e svergognare quanti una volta la trattavano
da pari a pari.
E' a illustri letterati del genere che un autore come Pedro Lemebel, altra
figura significativa ed estrema del panorama cileno, si rifiuta di stringere
la mano, dichiarando che il risentimento verso gente come loro e' ancora
oggi "l'inchiostro della sua scrittura". Un atteggiamento in tutto degno di
un personaggio cosi' inconsueto, non tanto e non solo per l'omosessualita'
evidenziata da clamorosi travestimenti femminili, ma anche per l'assoluta
coerenza di un progetto artistico, politico e di vita che ha fatto di lui lo
scrittore attualmente piu' amato e venduto del Cile. Vulcanico, polemico,
inconfondibile, Lemebel e' rimasto fedele alla rivista underground The
Clinic e a Radio Tierra, la piccola emittente femminista che trasmette i
suoi testi, e ai quartieri popolari della Santiago che ha ritratto in libri
come Loco afan (Alfaguara 1996), Perlas y cicatrices (Lom 1998), Tengo miedo
torero (Planeta 2001) e Zanjon de la Aguada (Seix Barral 2003), uscito a
fine luglio e gia' ai primi posti delle classifiche cilene.
La sua popolarita' e' tale che quest'ultimo libro e' tra i piu' presi di
mira dai "pirati" che stampano o fotocopiano edizioni clandestine da vendere
a meta' prezzo (un fenomeno diffusissimo in Cile, come da noi quello dei
falsi capi "firmati"), e non e' difficile vedere Lemebel in persona che
firma a un angolo di strada le copie "taroccate" per i suoi fans in
bolletta.
Niente come il trionfo di questo straordinario scrittore, amato dalla
critica e addirittura venerato dai piu' giovani, esprime sino fondo i
cambiamenti in atto nel Cile contemporaneo, ancora profondamente
conservatore e conformista, obbediente a una gerarchia ecclesiastica tra le
piu' reazionarie, alle prese con istituzioni e media ancora saldamente
controllati dalla destra, e tuttavia capace di apprezzare la squisita prosa
barocca di un "travestito" la cui opera procede per frammenti, cosi' come
imposto dal disintegrarsi di ogni identita' e di ogni norma nel colossale
urto provocato dal golpe.
La marginalita', la differenza, la desolazione delle periferie e la loro
violenta vitalita', la denuncia delle maschere ipocrite di chi nega la
memoria, sono i temi forti di Lemebel, che dopo Bolano si configura come il
piu' interessante scrittore cileno di oggi, quello piu' capace di esprimere
il nuovo senza pero' rinunciare all'impegno civile e dimenticare quel
passato che troppi vorrebbero archiviare, chi per l'indifferenza tipica dei
pinochet-boys cresciuti sotto la dittatura, chi per non "riaprire le ferite"
e "turbare il processo di democratizzazione", come va scrivendo da cinque
anni a questo parte Jorge Edwards, uno dei piu' importanti scrittori cileni
della generazione dei "padri", ex ambasciatore di Allende e oggi
izquierdista pentito che si dichiara equidistante dalla destra e dalla
sinistra.
Lemebel, invece, sogna che le ferite non cicatrizzino troppo in fretta,
cosi' che dalla carne offesa possano nascere altrettante "perle", come
indica il titolo di una delle sue opere migliori. E il recente Zanjon de la
Aguada lo conferma: bastano i due piccoli racconti-capolavoro dedicati alla
cerimonia di insediamento del presidente Lagos e a quella di inaugurazione
del Museo de la Solidaridad Salvador Allende per rendersi conto dell'enorme
grazia e del feroce humor nero con cui l'autore ci restituisce la mescolanza
di ipocrisia e buone intenzioni che oggi, a trent'anni dal golpe, sembra
piu' che mai caratterizzare la vita pubblica in Cile.

5. RIFLESSIONE. BENITO D'IPPOLITO: RUMINAZIONI DI UN VIANDANTE EUGUBINO
[Ringraziamo il nostro amico Benito D'Ippolito per questi suoi versi che
echeggiano, o raccolgono schegge, di alcuni ragionamenti svolti sulla
traccia della camminata sul sentiero francescano da Assisi a Gubbio promossa
dal Movimento Nonviolento dal 4 al 7 settembre]

Ora sappiamo che il lupo siamo noi.
Che anche noi siamo nella pancia del lupo
che anche noi rechiamo il lupo nella pancia.

E questo sappiamo, che la nostra lotta
contro di noi dobbiamo cominciarla.
E questo e' il deserto, e questa e' la fame,
ed il nemico e' specchio di quanto
di non risolto, di non ancora a luce
sgorgato, di non compreso ancora,
e' in noi che soffre, in noi e', che ci sforza.

E anche questo sappiamo, che i pensieri migliori
si pensano coi piedi, camminando si pensano.
Si pensano andando e mentre si va
ci si da' voce e ascolto l'un l'altro,
si scopre che il meraviglioso dono
non e' quando si arriva ma il viaggio,
la strada condivisa e la compresa compagnia,
e cio' che si ode e vede e si consente,
e l'incontro inatteso, e dire tu al mondo.

6. MEDIO ORIENTE. ROSSANA ROSSANDA: TOCCA ALL'ONU
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 10 settembre 2003. Rossana Rossanda e'
nata a Pola nel 1924, allieva del filosofo Antonio Banfi, antifascista,
dirigente del Pci (fino alla radiazione nel 1969 per aver dato vita alla
rivista "Il Manifesto" su posizioni di sinistra), in rapporto con le figure
piu' vive della cultura contemporanea, fondatrice del "Manifesto" (rivista
prima, poi quotidiano) su cui tuttora scrive. Impegnata da sempre nei
movimenti, interviene costantemente sugli eventi di piu' drammatica
attualita' e sui temi politici, culturali, morali piu' urgenti. Opere di
Rossana Rossanda: Le altre, Bompiani, Milano 1979; Un viaggio inutile, o del
la politica come educazione sentimentale, Bompiani, Milano 1981; Anche per
me. Donna, persona, memoria, dal 1973 al 1986, Feltrinelli, Milano 1987; con
Pietro Ingrao et alii, Appuntamenti di fine secolo, Manifestolibri, Roma
1995; con Filippo Gentiloni, La vita breve. Morte, resurrezione,
immortalita', Pratiche, Parma 1996; Note a margine, Bollati Boringhieri,
Torino 1996. Ma la maggior parte del lavoro intellettuale, della
testimonianza storica e morale, e della riflessione e proposta culturale e
politica di Rossana Rossanda e' tuttora dispersa in articoli, saggi e
interventi pubblicati in giornali e riviste]
In un solo giorno Tsahal (l'esercito israeliano) ha fatto quattro morti
palestinesi, forse una donna si e' fatta saltare uccidendo sette militari
israeliani e, mentre scriviamo, un altro attentatore suicida e' esploso in
un bar a Gerusalemme uccidendo 4 civili israeliani.
Che cosa aspettano le Nazioni Unite a mandare una forza di interposizione
fra Israele e la Palestina?
L'articolo 41 del loro statuto lo impone per salvaguardare la pace in
situazioni anche meno drammatiche di questa.
Qui e' in corso una guerra fra due nazioni una delle quali, Israele, ha un
regolare e forte esercito, con il quale occupa parte del territorio
dell'altra, mentre l'Autorita' palestinese non puo' averne nessuno, e quindi
si sono formati durante l'occupazione gruppi armati clandestini che
colpiscono dovunque arrivano.
Israele ha un governo e uno stato strutturati ed e' uscita dai propri
confini da oltre trent'anni, violando la risoluzione 242 dell'Onu che le
imponeva di rientrarvi. L'Anp e' ristretta in territori sempre piu' esigui,
divisi e controllati da Tsahal, che ne ha demolito a missili e cannonate le
infrastrutture civili faticosamente costruite.
La prima assedia il leader Yasser Arafat, il solo eletto dai palestinesi,
impedendogli di muoversi e dichiara un giorno si' e un giorno no
l'intenzione di espellerlo dalla sua propria terra - paradossale, come se
Arafat dicesse che trattera' con Israele soltanto con Uri Avnery - e rifiuta
di stare perfino alla modesta Road Map se prima Arafat non reprime gli
attentatori suicidi. E come potrebbe bloccarli Arafat se non gli credono
piu', se non chiamando una parte del suo paese alla guerra civile? Contro
coloro che l'occupazione trentennale ha reso disperati e soggetti a un
fondamentalismo un tempo inesistente? E perdipiu' sotto il controllo
dell'esercito israeliano? Il mondo non conosce una situazione simile a
quella che sta svenando la terra santa.
E' chiaro che l'attuale governo di Israele non vuole la pace e l'Anp non e'
in grado di imporla. Del non volere la pace fa parte il crudele gioco di
Sharon e di Powell che hanno dichiarato loro uomo di fiducia Abu Mazen nello
stesso tempo in cui nulla gli concedevano, rendendolo cosi' sospetto alla
sua gente e delegittimandone la rappresentanza. La stessa sorte minaccia Abu
Ala: se cerchera' di trattare con Sharon che non gli dara' nulla in cambio,
sara' considerato un servo dalla sua gente, e se tiene ferma la posizione
con la quale ha in questi giorni accettato l'incarico, Sharon e Bush lo
definiranno un terrorista.
Nel frattempo Israele continua a costruire un muro che sfonda di continuo il
territorio palestinese, fa razzie ora in questa ora in quella delle citta'
dei territori, ha gettato benzina sul fuoco di Hamas cercando di ammazzarne
il leader religioso.
Questa spirale di morte, fatta anche di paure e debolezze, e' stata
costruita da decenni. E' ormai inutile cercarne volta a volta le prime
responsabilita'. E' un meccanismo infernale che non trovera' piu' in se'
principi e mezzi per arrivare a una pacificazione.
Per questo il Consiglio di sicurezza deve intervenire con una forza di
interposizione.
Si obietta: ma Israele non la vuole. E allora? Forse che in Bosnia e in
Serbia erano interpellate le parti in conflitto? La seconda Intifada non
avrebbe avuto luogo se la risoluzione 242 fosse stata rispettata da Israele,
non ci sarebbe terrorismo ed e' indecente nascondersi dietro a questo per
impedire la costituzione del piccolo stato palestinese. Le Nazioni Unite
comincino col far rispettare la 242, collocando le forze di interposizione
sulla linea dove Israele doveva rientrare. Sara' il solo muro legittimo ed
efficace.
Il Consiglio di sicurezza, chiamato dagli Stati Uniti a coprire
l'occupazione dell'Iraq in seguito a una guerra che non ha consentito,
presenti una mozione e si vedra' se gli Usa potranno opporvisi e con quali
argomenti, dopo aver conclamato a destra e a sinistra che altro non
desiderano se non la composizione del conflitto mediorientale. Se c'e' una
situazione per le quali le Nazioni Unite sono state create e che hanno il
compito di arbitrare e' questa.

7. MEDIO ORIENTE. PEPPE SINI: TOCCA NOI, TOCCA A NOI
Sono tante le cose che si potrebbero e dovrebbero fare: la prima e' capire
il dolore di tutti i sopravvissuti.
Sono tante le cose che si potrebbero e dovrebbero fare: la seconda e'
chiedere a tutti che cessi l'uso delle armi.
Sono tante le cose che si potrebbero e dovrebbero fare: la terza e' non
semplificare, non delegare, non fare discorsi dimezzati, non vedere solo la
frasca nella cisterna altrui mentre nella propria e' putrido un tronco.
Sono tante le cose che si potrebbero e dovrebbero fare: la quarta e forse
l'unica che conta sarebbe che milioni di esseri umani del nord del mondo
andassero li', disarmati e decisi a disarmare, indifesi e decisi a
difendere, senza dire parole ma solo ascoltando, senza fare proclami ma solo
essendo presenti, muro di cuori che fermi una strage di cui non si riesce a
vedere la fine, e che e' la continuazione di qualcosa che e' cominciata
molto ma molto tempo fa, al tempo dell'impero romano, poi dei roghi, e delle
colonie, e che ha avuto il suo apice nel secolo hitleriano.
Milioni di esseri umani come Rachel Corrie, che con la propria viva presenza
garantiscano il popolo d'Israele e e quello di Palestina, lo stato d'Israele
che va difeso da chi vuole annientarlo e lo stato di Palestina che
immediatamente va proclamato e riconosciuto e liberato dal tallone altrui.
Milioni di esseri umani come Rachel Corrie, che con la loro viva presenza
istituiscano una riconciliazione fondata sulla giustizia, una pace fondata
sulla verita', un dialogo fondato sul comune dolore e sulla comune
necessita' di uscire dall'orrore presente.
Forse questo servirebbe davvero. E per fare questo non giovano i vertici
delle eccellenze, se mai agli stati occorrerebbe chiedere che mettano a
disposizione mezzi di trasporto e generi di conforto, e poi andare, a
milioni, come una migrazione finalmente non in fuga da qualcosa, ma per
mettere in fuga la morte.
Questa sarebbe, mi dico, una via nonviolenta.
E anche stasera mentre scrivo queste povere parole mi chiedo tremante: sara'
ancora vivo Muatez? sara' ancora vivo David? O anche di loro e' gia' stato
fatto scempio?

8. DIRITTI. IL PARLAMENTO EUROPEO APPROVA IL RAPPORTO DI LUISA MORGANTINI SU
COMMERCIO E SVILUPPO
[Dalla segreteria di Luisa Morgantini (per contatti:
lmorgantini at europarl.eu.int) riceviamo e diffondiamo. Il seguente profilo di
Luisa Morgantini abbiamo ripreso dal sito www.luisamorgantini.net: "Luisa
Morgantini e' nata a Villadossola (No) il 5 novembre 1940. Dal 1960 al 1966
ha lavorato presso l'istituto Nazionale di Assistenza a Bologna occupandosi
di servizi sociali e previdenziali. Dal 1967 al 1968 ha frequentato in
Inghilterra il Ruskin College di Oxford dove ha studiato sociologia,
relazioni industriali ed economia. Dal 1969 al 1971 ha lavorato presso la
societa' Umanitaria di Milano nel settore dell'educazione degli adulti. Dal
1970 e fino al 1999 ha fatto la sindacalista nei metalmeccanici nel
sindacato unitario della Flm. Eletta nella segreteria di Milano - prima
donna nella storia del sindacato metalmeccanico - ha seguito la formazione
sindacale e la contrattazione per il settore delle telecomunicazioni,
impiegati e tecnici. Dal 1986 e' stata responsabile del dipartimento
relazioni internazionali del sindacato metalmeccanico Flm - Fim Cisl, ha
rappresentato il sindacato italiano nell'esecutivo della Federazione europea
dei metalmeccanici (Fem) e nel Consiglio della Federazione sindacale
mondiale dei metalmeccanici (Fism). Dal novembre del 1980 al settembre del
1981, in seguito al terremoto in Irpinia, in rappresentanza del sindacato,
ha vissuto a Teora contribuendo alla ricostruzione del tessuto sociale. Ha
fondato con un gruppo di donne di Teora una cooperativa di produzione, "La
meta' del cielo", che e' tuttora esistente. Dal 1979 ha seguito molti
progetti di solidarieta' e cooperazione non governativa con vari paesi, tra
cui Nicaragua, Brasile, Sud Africa, Mozambico, Eritrea, Palestina,
Afghanistan, Algeria, Peru'. Si e' misurata in luoghi di conflitto entro e
oltre i confini, praticando in ogni luogo anche la specificita' dell' essere
donna, nel riconoscimento dei diritti di ciascun essere umano: nelle
rivendicazioni sindacali, con le donne contro la mafia, contro l'apartheid
in Sud Africa, con uomini e donne palestinesi e israeliane per il diritto
dei palestinesi ad un loro stato in coesistenza con lo stato israeliano, con
il popolo kurdo, nella ex Yugoslavia, contro la guerra e i bombardamenti
della Nato, per i diritti degli albanesi del Kosovo all'autonomia, per la
cura e l'accoglienza a tutte le vittime della guerra. Attiva nel campo dei
diritti umani, si e' battuta per il loro rispetto in Cina, Vietnam e Siria,
e per l'abolizione della pena di morte. Dal 1982 si occupa di questioni
riguardanti il Medio Oriente ed in modo specifico del conflitto
Palestina-Israele. Dal 1988 ha contribuito alla ricostruzione di relazioni e
networks tra pacifisti israeliani e palestinesi. In particolare con
associazioni di donne israeliane e palestinesi e dei paesi del bacino del
Mediterraneo (ex Yugoslavia, Albania, Algeria, Marocco, Tunisia). Nel
dicembre 1995 ha ricevuto il Premio per la pace dalle Donne per la pace e
dalle Donne in nero israeliane. Attiva nel movimento per la pace e la
nonviolenza e' stata portavoce dell'Associazione per la pace. E' tra le
fondatrici delle Donne in nero italiane e delle rete internazionale di Donne
contro la guerra. Attualmente e' deputata al Parlamento Europeo, eletta come
indipendente nelle liste del Prc e aderente al gruppo Gue-Ngl. Presiede la
delegazione parlamentare per i rapporti con il consiglio legislativo
palestinese, oltre ad essere membro titolare nella commissioni diritti della
donna e pari opportunita' ed in quella per lo sviluppo e la cooperazione,
membro della delegazione per le relazioni con il Sud Asia e membro sostituto
della commissione industria, commercio esterno, ricerca ed energia. In
Italia continua la sua opera assieme alle Donne in nero e all'Associazione
per la pace"]
Il Parlamento Europeo  riunito in sessione plenaria a Strasburgo dall'1 al 4
settembre,  alla vigilia della quinta Conferenza ministeriale del Wto, ha
approvato il rapporto di Luisa Morgantini su commercio e sviluppo.
Il rapporto "Come aiutare i paesi in via di sviluppo a beneficiare degli
scambi" sottolinea la necessita' di democratizzare il sistema di
regolamentazione del commercio internazionale, propone un'apertura
asimmetrica dei mercati per compensare lo squilibrio degli scambi
commerciali che non sono ugualmente benefici per tutti i paesi, e chiede
alla Commissione di non esercitare pressioni sui paesi in via di sviluppo
per la liberalizzazione e la deregolamentazione indiscriminate dei loro
mercati.
Secondo il rapporto Morgantini il commercio e' uno degli strumenti di una
politica di sviluppo, che non puo' e non deve sostituire l'aiuto allo
sviluppo, non deve prescindere dall'integrazione fra il settore esportatore
e il resto dell'economia dei paesi in via di sviluppo - in modo tale da
rafforzare le potenzialita' di attivazione della crescita. Il testo del
Parlamento chiede pertanto che si promuova l'integrazione regionale tra
paesi in via di sviluppo e soprattutto che si attuino iniziative, in
particolare in seno alle istituzioni finanziarie internazionali, per
risolvere il problema dell'indebitamento di questi paesi.
*
Si mette in luce l'importanza del commercio equo, un approccio alternativo
al commercio convenzionale che difende e promuove i diritti economici e
sociali, contrastando la logica di un modello economico che antepone il
profitto ai diritti fondamentali degli esseri umani e proponendo una nuova
visione dell'economia e del mondo, attenta agli interessi di tutti. Il
commercio equo consente infatti ai paesi in via di sviluppo di sviluppare le
loro economie, di ristabilire una coesione sociale e di proteggere i loro
mercati e le loro risorse naturali, garantendo ai produttori un giusto
guadagno e condizioni di lavoro dignitose e sostenendo, con il
prefinanziamento, progetti di autosviluppo.
Per tali ragioni il rapporto Morgantini chiede alla Commissione di sostenere
finanziariamente le imprese e le associazioni che praticano e promuovono il
commercio equo e di ripristinare i sistemi destinati a garantire prezzi
minimi per taluni prodotti essenziali.
*
Il rapporto richiede infine che alcuni beni essenziali, quali l'acqua e la
terra, non rientrino in una logica puramente mercantile, ed in particolare
che l'acqua venga riconosciuta come "bene comune", sia democratizzata la sua
gestione, venga promossa un'educazione alla gestione responsabile ed
ecosostenibile, e vi sia un finanziamento pubblico per l'accesso ad essa.

9. RILETTURE. MARGHERITA ISNARDI PARENTE: SOFISTICA E DEMOCRAZIA ANTICA
Margherita Isnardi Parente, Sofistica e democrazia antica, Sansoni, Firenze
1977, pp. 92. Una raccolta di testi preceduti da un saggio introduttivo ed
essenziali note biobibliografiche.

10. RILETTURE. MARGHERITA ISNARDI PARENTE: LA FILOSOFIA DELL'ELLENISMO
Margherita Isnardi Parente, La filosofia dell'Ellenismo, Loescher, Torino
1977, pp. 232. Un'antologia di testi organizzati per temi, con puntuali
schede introduttive.

11. RILETTURE. MARGHERITA ISNARDI PARENTE: INTRODUZIONE A PLOTINO
Margherita Isnardi Parente, Introduzione a Plotino, Laterza, Roma-Bari 1989,
pp. 224, lire 16.000. Una pregevole monografia nella benemerita collana
laterziana dei "Filosofi".

12. RILETTURE. MARGHERITA ISNARDI PARENTE: INTRODUZIONE ALLO STOICISMO
ELLENISTICO
Margherita Isnardi Parente, Introduzione allo stoicismo ellenistico,
Laterza, Roma-Bari 1993, pp. 208, lire 18.000. Una rigorosa panoramica
introduttiva nella medesima collana laterziana.

13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

14. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it;
angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it

Numero 670 dell'11 settembre 2003