san Foca- Umanità in cammino




Umanità in cammino.

Salve a tutti sono appena tornato anche io dalle “vacanze”. Vacanze tra virgolette perché ho trascorso quindici giorni a lavorare come volontario al centro Regina Pacis di San Foca, centro di permanenza temporanea gestito dalla curia di Lecce e la cui direzione è affidata a don Cesare loDeserto. Questo centro, la sua direzione sono stati negli scorsi mesi portati alla ribalta per fatti di cronaca, anche giudiziari, e in quanto meta di manifestazioni da parte del Lecce social forum e non solo.

Ammetto che prima di partire ero abbastanza titubante sul da farsi e sono partito con la voglia di capire effettivamente la situazione in un centro del genere. Premetto che lo Stato italiano non invia più soldi da almeno un anno a questo CPT, non posso sapere cosa succede negli altri: i soldi con i quali può sussistere il centro arrivano dalla curia, dalle sovvenzioni di singoli privati e sul volontariato … La sensazione che si prova appena arrivati al centro è di reclusione, di “carcere”, di sbarre: il centro è interamente recintato con un alta cancellata ed è presidiato 24 su 24 dalla forza dell’ordine; gli ospiti del centro vivono divisi uomini e donne e non possono assolutamente lasciare il centro per lavorare al di fuori. Vivono insieme persone di nazionalità diverse, congolesi, nigeriani, ucraini, moldavi, tunisini, algerini in grosse camerate a letti a castello: quello che stupisce, nell’assurdità della legge Bossi-Fini che determina la natura di un centro del genere, è la convivenza di persone appena arrivate in Italia e fermate senza il permesso di soggiorno e persone, ex- detenuti, che devono trascorrere ancora due mesi in un centro del genere dopo la reclusione in carcere prima dell’estradizione……chiunque può immaginarsi le dinamiche che possono nascere anche tra persone della stessa nazione ma con una storia completamente diversa…..assurdità della legge.

Durante il nostro soggiorno nel centro, eravamo un gruppo di 15 ragazzi e ragazze piemontesi legati dal filo comune della nostra appartenenza a centri salesiani, ci siamo resi disponibili per aiutare i responsabili del centro nelle loro mansioni: cucina, sartoria, pulizie, servizio a mensa durante i pasti; tutto questo è avvenuto con la ricchezza aggiunta di poter conoscere le persone che abitualmente lavorano nel centro, quasi tutte non italiane ognuna con la propria storia, e di poter pian piano parlare, dialogare, interagire (certe suonate multietniche di sera) con gli ospiti del centro: ogni persona con cui abbiamo parlato si svestiva della denominazione di ospite per vestire solo il suo nome, Samir, Peter, Valentino, Ines, Magdalena e diventare come uno di noi, con problemi, aspettative, speranze. Il centro è diventato la nostra casa, il nostro luogo di lavoro per 15 giorni: sicuramente tutto questo ha fatto nascere in me contraddizioni, sensazioni contrastanti …per me era facile vedere il centro ormai famigliare perché sapevo che alla fine dell’esperienza sarei tornato a casa, a casa mia senza alcun problema. Il centro non è più un centro di accoglienza, come era stato pensato e come era nato, ma per vivere nella legalità è stato tramutato in un CPT: questo non toglie che lo spirito che anima i responsabili del centro sia quello di capire la storia di ogni persona che arriva e capire quale sia la soluzione migliore e in molti casi iniziare pratiche per ottenere il permesso di soggiorno nella legalità. Mettere al centro la persona, considerandola come tale …questo è importante per don Cesare.

Sicuramente tutto questo non può essere capito urlando e manifestando(sono anche io un manifestante quindi non condanno del tutto questo tipo di protesta) e ascoltando solo le versioni di persone a volte disperate degli ospiti di fronte ai cancelli: non stupiamoci poi se le persone che manifestano per un pomeriggio intero, aizzando gli ospiti del centro che annoiati, reclusi, alcuni anche ex-detenuti non aspettano altro che far casino, non vengono fatte entrare nel centro …per capire!!!! Immaginate voi di essere chiusi in un centro del genere per due mesi: direste qualsiasi cosa contro chiunque, anche contro quelli che in quel momento stanno cercando lentamente di aiutarvi nella legge, se qualcuno da fuori vi da una speranza anche se vana....no??? Io credo che per capire una realtà ci voglia molto tempo (magari sporcandosi anche un poco le mani ed andandoci a lavorare con l'umiltà del servizio,no?), e spesso determinate situazioni ed avvenimenti possano essere visti in modo diverso a seconda dell’atteggiamento con cui ci si pone: questo non vuol dire essere esageratamente positivisti di fronte a realtà come queste, ma essere critici anche di fronte a certa stampa e testimonianze che pur di gettar fango nei confronti di un’ idea (la legge Bossi-Fini) fanno di tutta l’erba un fascio, e non vedono il bene che si cerca di fare per quest’umanità in cammino. Mi scuso per i toni un po’ accesi ma penso che essere contro in favore della giustizia sia un bene ma essere contro sempre e comunque no.

Lele