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La nonviolenza e' in cammino. 645
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 645
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 16 Aug 2003 18:30:41 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 645 del 17 agosto 2003 Sommario di questo numero: 1. Margherita Pieracci Harwell e Yukari Saito: una lettera a "La repubblica" per ricordare Darina Silone 2. Severino Vardacampi: Darina e Ignazio 3. Il volto di Abele il 4 novembre 4. Amnesty International: si terra' il 27 agosto l'udienza d'appello per Amina Lawal 5. Emanuel Anselmi: la Corte penale internazionale e i motivi dell'avversione degli Stati Uniti (parte seconda e conclusiva) 6. Riccardo Orioles: "associazione a delinquere di stampo antimafioso" 7. Riletture: Domenico Canciani, Maria Ida Gaeta (a cura di), Album Simone Weil 8. Riletture: Gabriella Fiori, Simone Weil 9. Riletture: Giancarlo Gaeta, Simone Weil 10. Riletture: Simone Petrement, La vita di Simone Weil 11. La "Carta" del Movimento Nonviolento 12. Per saperne di piu' 1. MEMORIA. MARGHERITA PIERACCI HARWELL E YUKARI SAITO: UNA LETTERA A "LA REPUBBLICA" PER RICORDARE DARINA SILONE [Ringraziamo di cuore Yukari Saito (per contatti: yukaris at tiscali.it) per averci inviato questa lettera indirizzata al quotidiano "La repubblica" e che non ci risulta sia stata li' pubblicata. Margherita Pieracci Harwell, da sempre impegnata per la dignita' umana e la nonviolenza, ha tradotto con Cristina Campo La source grecque di Simone Weil. Alla fine degli anni '50 conobbe sia Silone che la madre della Weil, ai quali e' poi rimasta sempre vicina. Avendo sposato un pastore americano, anche lui studioso e traduttore della Weil, si trasferi' nel '65 negli Stati Uniti; da allora insegna all'Universita' dell'Illinois a Chicago. Tra i suoi scritti il libro di saggi sui contemporanei che si intitola, dal saggio principale su Silone, Un cristiano senza chiesa, Studium, Roma 1991. Yukari Saito e' una prestigiosa giornalista giapponese, da 19 anni in Italia, vive in Toscana; amica della nonviolenza, da sempre impegnata per i diritti umani e la pace, scrive sulla prestigiosa rivista "Internazionale" ed altre testate; ha tradotto in giappponese Vino e pane e La scuola dei dittatori. Darina Laracy Silone, indimenticabile e tenerissima lottatrice per la dignita' umana, la verita' e la nonviolenza, e' nata a Dublino il 30 marzo 1917, laureata in letteratura francese alla Sorbona di Parigi, conobbe Silone tra gli esuli antifascisti a Zurigo durante la guerra e ne divenne compagna, interlocutrice e collaboratrice preziosa, e traduttrice in inglese e in francese; dalla fine della guerra viveva a Roma nella casa in cui aveva abitato con Silone fino alla sua scomparsa nel 1978; e' deceduta il 25 luglio 2003; curatrice del lascito siloniano, alle sue cure si deve la pubblicazione postuma dell'ultimo e incompiuto capolavoro siloniano, Severina, presso Mondadori. Ignazio Silone, nato come Secondino Tranquilli a Pescina dei Marsi, nel cuore della Marsica, il primo maggio 1900; a quindici anni il terremoto lo lascia orfano. Avviene allora l'incontro con don Orione, cui restera' profondamente legato. Impegnato nel movimento socialista, al congresso di Livorno del 1921 aderisce al Partito Comunista, di cui sara' dirigente nel periodo della clandestinita'. Nel 1931, maturate posizioni antitotalitarie, esce dal partito. Negli anni della guerra dirige il centro estero del Partito Socialista. Dal '49 abbandona la militanza politica di partito e per il futuro sara' - come dira' in un'intervista del '61 - "cristiano senza chiesa e socialista senza partito". Nel 1950 viene fondato il movimento per la liberta' della cultura, Silone fonda e dirige la sezione italiana. Nel 1956 con Nicola Chiaromonte fonda e dirige la rivista "Tempo presente". Scompare il 22 agosto 1978. Strenuamente impegnato per la dignita' ed i diritti degli oppressi, intransigentemente antitotalitario, la sua prima e fondamentale opera letteraria, Fontamara, fu quasi un grido di battaglia per l'antifascismo internazionale e ancora dopo e sempre per generazioni di militanti impegnati per i diritti e la dignita' umana. Le recenti ricerche storiografiche in quanto e quando apportino contributi utili e certi alla conoscenza storica e all'acclaramento della verita' fattuale ed esistenziale, non potranno che essere giovevoli e benvenute: la figura dell'autore di Fontamara che dal travaglio e dal momento (il kairos) della scelta antitotalitaria sempre piu' approfondi' e illimpidi' il suo impegno per la giustizia e la dignita' umana, per la nonmenzogna e la nonviolenza, nulla ne ha da temere nella sua grandezza e umanita'. Opere di Ignazio Silone: Fontamara; Il fascismo, le sue origini e il suo sviluppo; Pane e vino (poi: Vino e pane); La scuola dei dittatori; Il seme sotto la neve; Ed egli si nascose; Una manciata di more; Il segreto di Luca; La volpe e le camelie; Uscita di sicurezza; L'avventura di un povero cristiano; Severina; si veda anche il Memoriale dal carcere svizzero. Tutte edite da Mondadori, ad eccezione de: Il fascismo dalla Fondazione Silone, Ed Egli si nascose da Staderini poi da altri editori, Uscita di sicurezza da Vallecchi e poi Longanesi, il Memoriale da Lerici. Opere su Ignazio Silone: oggi la biografia di riferimento e' quella di Ottorino Gurgo, Francesco de Core, Silone. L'avventura di un uomo libero, Marsilio, Venezia 1998. Tra i saggi su Silone segnaliamo particolarmente: come introduzioni ad uso scolastico: Carlo Annoni, Invito alla lettura di Silone, Mursia, Milano 1974, 1986; Sebastiano Martelli, Salvatore Di Pasqua, Guida alla lettura di Silone; come saggi di autrici che lo conobbero ed hanno quindi anche un valore testimoniale: Luce D'Eramo, Ignazio Silone. Studio biografico critico, Mondadori, Milano 1972; Margherita Pieracci Harwell, Un cristiano senza chiesa, Studium, Roma 1991] Sarebbe forse piaciuto a Darina, la vedova dello scrittore Ignazio Silone, spentasi lo scorso 25 luglio in una clinica romana all'eta' di 86 anni, essere ricordata come traduttrice delle opere del marito. Di sicuro, meritava un necrologio che ricordasse i suoi contributi all'opera letteraria e politica dello scrittore, non lo squallido ritratto di una moglie infelice, vittima dell'oscura personalita' del consorte, pubblicato su "La repubblica" del 30 luglio a p. 38. Fu Darina Laracy Silone a tradurre in inglese, la sua madrelingua, opere come Ed egli si nascose, Una manciata di more, Il segreto di Luca e tanti altri saggi. I suoi meriti vennero riconosciuti con il "premio internazionale Ignazio Silone per la traduzione" conferitole nel 1998. Di recente curo' un'edizione inglese aggiornata di Fontamara, Vino e pane e Il seme sotto la neve: The Abruzzo Trilogy (La trilogia abruzzese). Determinante fu per Silone il doppio ruolo esercitato da Darina a partire dagli anni '40 di traduttrice "ufficiale e ufficiosa" - come si definiva lei stessa - e di consigliera colta, attenta e perspicace. Aiuto' non solo a diffondere le sue opere e idee nel mondo anglosassone, ma anche ad allargare gli orizzonti e aprire la mente dello scrittore. Non si deve dimenticare che fu Darina a introdurre Silone all'opera di due dei maggiori ispiratori dei suoi ultimi 25 anni: Simone Weil e Charles de Foucauld, la cui influenza traspare da L'avventura di un povero cristiano e da Severina. Anche i personaggi femminili dei suoi romanzi non potevano sfuggire all'emancipazione dell'autore. Le ragazze, ad esempio, di Pane e vino pubblicato nel 1937 (la versione anteguerra di Vino e pane) fatte soltanto di sentimenti e di luoghi comuni, nell'edizione del 1955 si ripresentano trasformate in persone che pensano con la propria testa, in figure molto piu' convincenti. * Crediamo che il miglior modo per ricordare la defunta sia quello di sfogliare qualche suo scritto. Primo incontro con Ignazio Silone, un breve articolo scritto subito dopo la morte del marito, edito nel volume Silone tra l'Abruzzo e il mondo, ci regala un bel ricordo di Darina di spirito vivace e non privo di autoironia. Il racconto, tuttavia, ci riserva una piccola sorpresa, un particolare che, forse, alcuni anni fa sarebbe passato inosservato. Il loro primo incontro avvenne alla villa di Marcel Fleischmann, commerciante di cereali, collezionista d'arte, buon conoscitore della letteratura nonche' generoso protettore di esuli antifascisti, del quale lo scrittore italiano godeva l'ospitalita'. Ma perche' mai Silone volle invitarvi la giovane sconosciuta irlandese? Scrive Darina. "Non potevo sapere che anche Ignazio Silone frequentava quella biblioteca [di Zurigo]. Incuriosito da questa ragazza intenta a sfogliare le opere di Mussolini, si informo' discretamente del mio nome - lo stesso nome contro il quale era stato messo in guardia quasi sei mesi prima. Sei mesi! Incaricata dall'Ovra di spiarlo? Che spia era questa?". Un altro scritto di Darina, Le ultime ore di Ignazio Silone in appendice al romanzo incompiuto Severina, ci trasmette l'atmosfera del rapporto tra i coniugi, forse piu' fedele alla realta', non essendo elaborata nel tempo. Esso spiega la cupezza di Silone, quanto egli fosse tormentato dai rimorsi per il dubbio di aver causato al fratello Romolo l'arresto da parte della polizia fascista e la morte dovuta alle torture subite [Cfr. in Uscita di sicurezza le pagine in cui Silone descrive la sua convinzione che il fratello avesse subito il crudele martirio appunto perche' suo fratello - ndr -]. Le vicende dei presunti spionaggio e tradimenti di Silone probabilmente continueranno ad animare le pagine dei giornali, benche' le loro cosiddette prove siano state meticolosamente smontate da una vasta ricerca scientifica di studiosi tra i quali Mimmo Franzinelli e Giuseppe Tamburrano. Tuttavia, davanti alla morte di una persona, ci sembra doveroso un po' di rispetto, di discrezione. Anche perche', si sa, la verita' sui contrasti in una coppia, cosi' comuni ma mai identici, restano sempre inafferrabili per i terzi, figuriamoci per i posteri, del tutto ignari del contesto. 2. RIFLESSIONE. SEVERINO VARDACAMPI: DARINA E IGNAZIO [Severino Vardacampi e' un collaboratore del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo] 1. Mi ha profondamente commosso nel corso degli anni leggere di tanto in tanto dell'impegno grande di Darina in difesa della memoria del suo compagno di una vita, ed insieme in difesa della verita', che e' la stessa cosa della dignita' umana poiche' e' nella verita' che la dignita' umana di ognuna ed ognuno si manifesta, splendente, in dramma e grandezza. 2. Invece non mi sono mai appassionato, confesso questo mio limite, per le polemiche giornalistiche (ho smesso da anni di leggere i giornali, di guardare i telegiornali, e cosi' via: se voglio aver tempo per poter ascoltare le persone che mi capita di incontrare e che chiedono che porga orecchio, e se voglio poter continuare a leggere libri, e' necessario non perdere tempo col giornalismo, che per il novanta per cento e' fatto di menzogne e per il restante di stupidita' - ed e' sintomatico della catastrofe morale e intellettuale del movimento per la pace e la giustizia odierno il fatto che esso alla cultura - scilicet: alla barbarie - giornalistica tutto si affidi). E quindi neppure per le rumorose polemiche sul Silone degli anni trenta. 3. Poiche' Ignazio Silone, il Silone che conta, e' quello della grande opera scritta, dalla monografia sul fascismo e da Fontamara fino a Severina; ed e' la persona che attraversa l'epoca dei totalitarismi (il secolo su cui una parola decisiva l'ha scritta Tzvetan Todorov in una delle migliori opere di sintesi sul Novecento, Memoria del male, tentazione del bene) i totalitarismi denunciando e combattendo con la forza della coscienza, con la scelta della nonviolenza. Che Silone - come tutte le persone di cuore, come tutte le persone da se stesse esigenti amore al vero e al giusto - abbia molto sofferto e sentito tormentosi in se' il conflitto e i limiti e gli errori, e l'irreversibilita' del passato e del presente ancora le tragedie, solo gli stolti giulivi seguaci di tutti i totalitarismi e di tutte le narcosi possono stupirsene. Tutti i maestri grandi che ho avuto venivano da sofferenze immani e la sofferenza recavano e dicevano, da Primo Levi a Franco Fortini, e ancor piu' indietro da Eschilo a Leopardi a Virginia. 4. Tutto cio' che e' verita' storica ci aiuta ad umanizzare ancor piu' le persone, e soprattutto le persone che ci sono care, e massime coloro che ci hanno insegnato la via della lotta contro l'iniquita' e la menzogna. Ma tutto cio' che e' narcosi e grancassa, non altro che grancassa e narcosi e', e non ci interessa ne' ci riguarda. Cosi' Ignazio Silone resta Ignazio Silone, e Fontamara e' l'antifascismo in atto; cosi' il diuturno impegno per i diritti umani e per la verita' - che noi chiamiamo nonviolenza poiche' nonviolenza questo traduce: ahimsa e satyagraha - che costantemente fu della coppia di Ignazio e Darina e' eredita' feconda e impegno nostro ancora. 5. Certo, anche quella coppia puo' esser stata attraversata dalla contraddizione che ogni coppia e ciascuna persona lacera, in un'umanita' che non e' unificabile se non nel riconoscimento del suo statuto di specie bisessuata. E puo' darsi che anche cola' si desse un atteggiamento maschile ancor servo di antichi retaggi ideologici e pratici che cosi' sovente rendono inadeguati gli esseri umani di sesso maschile ad essere integralmente umani come vorrebbero e sanno talora dire. Ha scritto una volta Tolstoj, cito a memoria, che "non credero' mai alla buona fede rivoluzionaria di chi si fa pulire il vaso da notte da un'altra persona": quanti maschi - compreso io che qui parlo - possono leggere queste parole senza tremare? Ma che potessero esservi tratti di carattere in Silone aspri e dolenti, o cupi e in se' precipiti, e fors'anche talora atteggiamenti omologhi a quelli di tanti, quasi tutti i maschi nella storia del mondo, cio' non vanifica il valore di quanto di buono e di giusto ha saputo e voluto essere e fare, in timore e tremore, in passione e pensiero. E piuttosto ancor piu' mette in luce la grandezza di Darina, che ne fu non solo compagna e lettrice e traduttrice, ma consigliera ed interlocutrice, colta ed autonoma, che ne illumino' la vita, e il pensiero e l'opera infine. Lo scrivono cosi' bene Margherita Pieracci Harwell e Yukari Saito che qualunque cosa io aggiungessi qui sarebbe peggio che superflua. E cosi' Darina, figlia d'Irlanda, antifascista nitida e luminosa, di Silone collaboratrice e del suo lascito garante, Darina che ora ci ha lasciato, resta anche per noi un esempio e un'amica. Le sue ceneri - a quanto ci e' parso di leggere da qualche parte, forse sul sito telematico di chi prosegue il lavoro di don Orione - sono state disperse sul mare d'Irlanda, la sua persona essa resta nel cuore di molti, sara' anche lei una presenza viva per quanti dal 4 al 7 settembre s'incammineranno da Assisi a Gubbio, contro tutte le guerre e le armi e gli eserciti nel nome della nonviolenza, nel nome dell'umanita'. 3. INIZIATIVE. IL VOLTO DI ABELE IL 4 NOVEMBRE [Riproduciamo un estratto da un nostro comunicato di un anno fa. E' nostra intenzione riproporre ed estendere quest'anno l'iniziativa del 4 novembre di pace, in memoria delle vittime, contro le guerre, le armi e gli eserciti] Il 4 novembre il Centro di ricerca per la pace di Viterbo, in dolore e silenzio, commemora tutte le vittime di tutte le guerre, dichiara il diritto e il dovere di ogni essere umano come delle istituzioni di operare affinche' mai piu' si facciano guerre, denuncia l'oscenita' dei festeggiamenti della guerra e dei suoi apparati da parte dei poteri militari e politici che nuove guerre e nuove stragi preparano. * "Ogni vittima ha il volto di Abele" (Heinrich Boell). "L'Italia ripudia la guerra" (art. 11 della Costituzione della Repubblica Italiana). Il 4 novembre, anniversario della conclusione per l'Italia della "inutile strage" della prima guerra mondiale, il Centro di ricerca per la pace di Viterbo commemorera' tutte le vittime di tutte le guerre a Viterbo, in piazza del sacrario. La cerimonia sara' austera, composta, meditativa, silenziosa: come e' giusto quando si rivolge il pensiero ad esseri umani defunti, e massime quando si rivolge il pensiero ad esseri umani assassinati. Essa consistera' nella deposizione di un omaggio floreale e in una meditazione silenziosa. Essa attestera' l'impegno morale e civile di opporsi a tutte le guerre, che - come disse con espressione indimenticabile Mohandas Gandhi - sono sempre omicidi di massa. La cerimonia si svolgera' in un orario scelto anche per demarcare la distanza temporale e morale dalla oscena festa di esaltazione della guerra e dei suoi apparati che alcune ore dopo, in guisa di effettuale profanazione del riposo delle vittime, si terra' da parte dei comandi militari e politici. La cerimonia austera e silenziosa delle persone amanti della pace e addolorate per tutte le vittime delle guerre, contrapporra' visibilmente il silenzio del lutto e della fraternita' e sororita' umana, alla retorica e al frastuono degli osceni festeggiamenti "necrofili e insensati" (per usare le parole di Miguel de Unamuno) che poche ore dopo saranno esibiti da quegli stessi comandi politici e militari che la morte delle vittime di tutte le guerre festeggiano con l'esaltare la guerra ed i suoi esiti e i suoi apparati, e che prolungano il crimine della guerra preparando, promuovendo, avallando ed eseguendo nuove guerre omicide e onnicide. Il Centro di ricerca per la pace non partecipera' ai cinici ed offensivi festeggiamenti della morte e delle stragi organizzati dai comandi militari e politici, e denuncia con cio' come quelle lugubri e irresponsabili parate siano scherno malvagio e orribile umiliazione per le vittime della guerra, simbolico ucciderle ancora una volta. Il Centro di ricerca per la pace chiama tutte le persone di volonta' buona ad essere costruttrici di pace, ed in particolare chiama tutti i cittadini italiani, e quindi anche tutte le istituzioni italiane, al rispetto piu' rigoroso della legalita' costituzionale, fondamento del nostro ordinamento giuridico e presidio delle nostre comuni liberta' e dei diritti di tutti quanti nel nostro territorio si trovino. E' la Costituzione della Repubblica Italiana che reca all'art. 11 il principio fondamentale, e il valore supremo, espresso con le lapidarie parole "L'Italia ripudia la guerra". "Ogni vittima ha il volto di Abele" (Heinrich Boell). "L'Italia ripudia la guerra" (art. 11 della Costituzione della Repubblica Italiana). * Mai piu' si faccia guerra: solo questo impegno rende lecito accostarsi alle vittime delle guerre in dolore e in solidarieta'. Chi ancora la guerra permette, promuove e propugna, le vittime offende e schernisce, ed aggredisce e disonora l'umanita' intera. 4. DIRITTI UMANI. AMNESTY INTERNATIONAL: SI TERRA' IL 27 AGOSTO L'UDIENZA D'APPELLO PER AMINA LAWAL [Dall'ufficio stampa di Amnesty International (per contatti: press at amnesty.it) riceviamo e diffondiamo. Come giustamente evidenzia questo comunicato occorre continuare ad essere vigili ed impegnati per la salvezza di Amina Lawal e contro la pena di morte sempre, ma proprio per questo a maggior ragione occorre anche essere adeguatamente informati e assolutamente precisi negli appelli che si fanno circolare; purtroppo l'approssimazione, la mancanza di verifiche e insomma un impegno generoso ma non sempre sostenuta da adeguato rigore morale e intellettuale sono difetto diffuso - e catastrofico - tra le persone di volonta' buona, e nel movimento per la pace e i diritti (e' per invigilare noi stessi che questo scriviamo)] Dopo alcuni rinvii, l'udienza di appello di Amina Lawal si terra' il 27 agosto 2003 in Katsina, il suo Stato natale, nel nord della Nigeria. Si prevede che Amina Lawal e i suoi avvocati saranno presenti. Il processo giudiziario seguira' il suo corso se questa volta il quorum dei giudici sara' raggiunto. Amnesty International continua a ricevere quesiti che falsamente annunciano l'imminente esecuzione di Amina Lawal - prima del 27 agosto o in quella stessa data - e citano Amnesty International come fonte. Nessuna esecuzione della sentenza e' in programma prima di o in quella stessa data. Amnesty International ritiene che il diritto di Amina Lawal ad una rappresentanza legale, ad un processo giusto e al diritto all'appello al momento siano garantiti. Amina Lawal non e' in stato di detenzione e ha un'eccellente rappresentanza legale. E' aiutata da una coalizione di gruppi di donne nigeriane e gruppi dei diritti umani, con cui Amnesty International e' a stretto contatto... Amina Lawal - una donna musulmana - e' stata giudicata colpevole nel marzo 2002 per aver avuto un figlio al di fuori del matrimonio. Secondo i "Codici penali della Sharia", introdotti in Nigeria nel 1999 e in vigore in alcuni Stati del nord del paese, questo e' stato sufficiente a condannarla per adulterio e a chiamarla a comparire in giudizio di fronte ad un tribunale della Sharia per rispondere di un "crimine" che ora e' punito con la pena di morte per lapidazione. Per ulteriori informazioni: Amnesty International Italia, ufficio stampa, tel. 064490224 - 3486974361. 5. RIFLESSIONE. EMANUEL ANSELMI: LA CORTE PENALE INTERNAZIONALE E I MOTIVI DELL'AVVERSIONE DEGLI STATI UNITI (PARTE SECONDA E CONCLUSIVA) [Ringraziamo Emanuel Anselmi (per contatti: anselmie at libero.it) per averci messo a disposizione questo testo di cui pubblichiamo oggi la seconda e ultima parte (la prima e' stata pubblicata nel notiziario di ieri). Emanuel Anselmi e' un collaboratore del Centro di ricerca per la pace di Viterbo, dottore in economia, gia' obiettore di coscienza in servizio civile presso la Caritas di Viterbo, collabora con alcune ong] Un primo passo dell'amministrazione statunitense all'interno della campagna volta a screditare la Corte penale internazionale e la sua legittimita' e' stato appunto quello di appellarsi all'articolo 16 del summenzionato Statuto, che prevede la possibilita' da parte del Consiglio di sicurezza dell'Onu di bloccarne seppur temporaneamente l'attivita', sia essa investigativa o processuale: nel corso delle discussioni in seno al Consiglio di sicurezza in merito al rinnovo del mandato della forza internazionale in Bosnia Erzegovina, il delegato americano presso il Consiglio dell'Onu ha posto come condizione per la partecipazione delle truppe statunitensi alle operazioni in quella regione, l'applicazione dell'art. 16 al preciso scopo di garantire l'immunita' dei propri soldati dalla giurisdizione della Corte. Il timore di possibili conseguenze negative sul piano militare, finanziario e tecnologico, che la decisione di non partecipare alle operazioni da parte degli Stati Uniti avrebbe comportato, ha convinto tutti i componenti del Consiglio ad approvare la richiesta americana. Le conseguenze di tale provvedimento possono essere contemplate sul piano dei principi e degli effetti a lungo termine: infatti, nonostante il carattere transitorio della norma - che comunque da' la possibilita' di rinnovare il provvedimento, ed infatti cosi' e' stato - il dispositivo dell'art. 16 non offre nessuna garanzia in merito ad eventuali prove deteriorabili, percio', disponendo semplicemente la sospensione delle investigazioni o del procedimento, potrebbe comportare delle conseguenze irreversibili sul piano della produzione di prove non piu' disponibili, dell'identificazione delle vittime e dei possibili testimoni nel caso dei crimini di competenza della Corte, qualora il provvedimento di sospensione venisse rinnovato anche solo per pochi anni. * Un'altra forte offensiva volta a screditare la costituenda istituzione si e' manifestata attraverso l'approvazione della legge Aspa, cioe' l'American Servicemembers Protection Act, un provvedimento legislativo interno (progettato dal senatore repubblicano Jesse Helms, leader della destra americana piu' avversa al multilateralismo) con il quale il governo degli Stati Uniti si e' impegnato principalmente a non fornire assistenza militare a quegli Stati che abbiano deciso di ratificare lo Statuto di Roma, ovviamente allo scopo di intralciare il processo di adesione al trattato. La legge prevede anche l'utilizzo di tutti i mezzi necessari, compresa la forza, per liberare il personale statunitense o quello alle dipendenze dei suoi alleati dalla detenzione eseguita su ordine della Corte penale internazionale - contemplando implicitamente la possibilita' di un'invasione dei Paesi Bassi da parte degli Usa, visto che la Corte avra' sede all'Aia (6) - e vieta sia la diffusione di informazioni relative alla sicurezza nazionale (coperte dal segreto di Stato), sia la possibilita' che una qualsiasi entita' governativa collabori con la Corte, ma anche che agenti della Corte conducano attivita' investigative negli Stati Uniti. * Altro articolo di enorme importanza per le prese di posizione da parte degli Usa e' l'art. 98.2 dello Statuto, il quale prevede delle deroghe eccezionali allo stesso, sempre comunque nel rispetto dello spirito del trattato che e' evidentemente quello di impedire a qualsiasi individuo, in caso di mancanza di volonta' o di possibilita' da parte di uno Stato qualunque, di ritenersi al di sopra della legge e di beneficiare dell'impunita' per crimini cosi' gravi. Tale articolo tratta della relazione tra gli obblighi degli Stati parte derivanti dallo Statuto di Roma e i loro obblighi gia' esistenti derivanti dal diritto internazionale, in particolare dagli accordi preesistenti stipulati in occasione dell'invio, da parte di uno Stato, di forze militari in un altro Stato. Secondo l'interpretazione preponderante di quell'articolo, addotta da molti delegati ufficiali alla Conferenza diplomatica istitutiva della Corte (luglio 1998), esso si riferisce esclusivamente a regolare possibili conflitti tra il nascente Statuto e gli accordi preesistenti, e non - come invece sostengono i portavoce del governo americano - ad incitare gli Stati parte a concludere accordi futuri, e cioe' a Corte penale gia' funzionante. * Facendo riferimento a quanto avviene tra gli Stati Uniti e i paesi aderenti al Patto Atlantico, bisogna qui dire che l'articolo VII della Convenzione tra gli Stati membri della Nato sullo status delle loro forze ha fatto per diversi anni da modello a tutti gli accordi bilaterali conclusi con gli Usa. Questa convenzione prevede una divisione di competenza tra lo Stato d'origine delle truppe e lo Stato di soggiorno, cioe' dove quelle stazionano. Tale accordo limita le circostanze per le quali ciascuno Stato ha la possibilita' di rinviare una persona ad altro Stato con l'intento di indagarla e/o perseguirla. Le corti marziali americane hanno il diritto di esercitare una competenza esclusiva sui membri delle forze armate americane che commettono infrazioni rilevanti per la legislazione militare statunitense ma non altrettanto per la legislazione dello Stato che ospita quei membri. Allo stesso modo i tribunali dello Stato ospite hanno il diritto di esercitare una competenza esclusiva sui membri delle forze armate americane che commettono atti ricadenti nell'ambito della legislazione nazionale ma che non costituiscono un'infrazione rilevante per la legislazione americana. In questo modo i tribunali dello Stato di soggiorno e le corti marziali americane concorrono, in quanto a giurisdizioni, in merito ad infrazioni che costituiscono contemporaneamente violazioni per entrambi gli ordinamenti, cioe' quello nazionale e quello di provenienza del militare (ossia gli Usa). Si e' stabilito che la competenza giuridica, in questi casi, deve essere delle corti marziali americane allorquando: a) i crimini costituiscono attentato alla sicurezza o ai beni degli Stati Uniti; b) le infrazioni vengono commesse contro il personale americano o i loro beni; c) le infrazioni derivano da qualsiasi atto o negligenza compiuti nell'esecuzione del servizio. Ora, dopo la decisione presa nei confronti dell'ex dittatore cileno Pinochet, non e' molto probabile che atti come il genocidio o i crimini di guerra e contro l'umanita' possano essere considerati come atti commessi nell'espletamento del servizio (7). Questa e' la ragione per cui bisognerebbe aggiornare tutti quei trattati per includervi anche tutti i crimini rilevanti penalmente dal punto di vista del diritto internazionale. In tutti gli altri casi di giurisdizione concorrente lo Stato di soggiorno ha il diritto di esercitare prioritariamente la propria giurisdizione, nonostante l'obbligo di esaminare "con benevolenza" la richiesta di rinuncia a tale diritto proveniente dall'altro Stato, se giustificata da considerazioni "particolarmente importanti". In occasione della ratifica della Convenzione da parte degli Stati aderenti al Patto Atlantico (1953), gli Usa hanno previsto di poter sollecitare sistematicamente una rinuncia in tal senso ogni qual volta avessero paventato la possibilita' che il processo a danno di un militare statunitense rischiasse di essere ingiusto rispetto alle norme costituzionali americane. Le norme sin qui richiamate non mirano a conferire l'impunita' ai membri delle forze armate dello Stato d'origine per i crimini che possano essere da essi eventualmente commessi, ma a determinare a chi debba essere attribuita la responsabilita' di condurre le indagini, o meglio a ripartire tale responsabilita' tra gli Stati parti degli accordi. La diversita' dei sistemi giudiziari vigenti all'indomani della seconda guerra mondiale, ma anche la paura che al soldato americano processato da un tribunale straniero potesse toccare una sorte peggiore di quella comminabile in una corte statunitense, spiegano il significato di tali accordi; resta comunque la possibilita' - e necessita' - di non sottrarre alla giustizia internazionale nessun autore di crimini contro l'umanita'. Gli Usa pero' mirano, al contrario, a preservare i propri militari in questo senso. * Appellandosi dunque all'articolo 98, attraverso un'interpretazione pretestuosamente estensiva ma la cui legalita' appare piuttosto dubbia, gli Stati Uniti ritengono di avere la possibilita' di stipulare accordi bilaterali in cui gli Stati firmatari si impegnano a non consegnare cittadini della controparte agli organi della Corte penale, ricorrendo ad un'ulteriore stratagemma per garantire l'immunita' ai soldati statunitensi impegnati all'estero. Bush figlio aveva chiaramente sostenuto, in una direttiva sulla sicurezza nazionale: "Prenderemo le misure necessarie per garantire che i nostri sforzi per adempiere ai nostri impegni per la sicurezza globale e per la protezione degli americani, non siano ostacolati dalle potenzialita' investigative o da un rinvio a giudizio da parte della Corte penale internazionale, la cui giurisdizione non riguarda gli americani e che noi non accettiamo. Collaboreremo con altre nazioni per evitare complicazioni nelle nostre operazioni e cooperazioni militari, attraverso meccanismi come accordi multilaterali e bilaterali che tutelino i cittadini statunitensi dalla Corte penale internazionale. Renderemo pienamente operativo l'American Servicemembers Protection Act, le cui clausole servono a garantire e migliorare la tutela dei soldati ed ufficiali statunitensi" (8). * Accordi bilaterali sono anche stati proposti, tra le molte nazioni, agli Stati europei e quelli gia' stipulati riguardano la Gran Bretagna, la Spagna e l'Italia. Il Consiglio dell'Unione Europea, che teoricamente potrebbe rappresentare un deciso contrappeso agli Stati Uniti nello scenario politico internazionale da quelli dominato, e' comunque giunto il 30 settembre 2002 ad una posizione comune che riconosce la illegalita' del testo di accordo proposto dal governo americano ad ogni Stato dell'Unione. Nonostante cio', l'Unione Europea, non riuscendo ad arrivare ad una posizione unitaria sul rifiuto dell'impunita', ha concesso ai suoi membri la possibilita' di firmare accordi bilaterali con gli Usa. Anche se il ministro degli esteri danese, Per Stig Moeller, ha dichiarato che cio' non indebolira' la Corte, Amnesty International e la Coalition for the International Criminal Court hanno denunciato questa concessione e promesso di opporvisi in modo deciso (9). * Si e' anticipato che il comportamento degli Stati Uniti di fronte a quella che viene percepita come la minaccia a loro rivolta dall'esistenza della Corte penale internazionale deriva in pratica dalla realizzazione che l'egemonia da essi esercitata per oltre mezzo secolo sul concerto delle nazioni che potrebbero essere denominate "economicamente progredite" - ma anche su quelle che rappresentano semplicemente dei meri, seppur importanti, mercati di approvvigionamento di risorse - va progressivamente diminuendo a vantaggio di altri soggetti che si apprestano a prenderne il posto, data la loro caratteristica di rappresentare potenze di dimensioni continentali: in primo luogo la Cina, poi la Russia e, in prospettiva, anche l'India. Il comportamento degli Usa quindi non e' dovuto al fatto che questi non hanno rivali ma dipende proprio dalla presa di coscienza che il loro ciclo egemonico e' in declino, e cioe' dalla presenza di potenziali competitori "imperiali". Ci si riferisce qui all'analisi dei cicli sistemici di accumulazione del capitale elaborata dalla scuola di pensiero detta del "sistema-mondo", raccolta intorno al Fernand Braudel Center di New York. Secondo questa interpretazione della societa' contemporanea, ovvero quella che inizia con la nascita del modo di produzione capitalistico, ogni "ciclo sistemico" presenta una fase iniziale di espansione materiale basata sulla produzione e sul commercio cui segue una fase di crisi, caratterizzata da un progressivo impegno del capitale nella speculazione finanziaria internazionale alimentata dalla concorrenza tra gli stati per succedere alla potenza egemone in crisi, concorrenza che richiama capitale per mezzo del debito pubblico e con spese per il riarmo che si espandono vertiginosamente durante la fase di crisi sistemica (10). La fine di un ciclo egemonico e' sempre un periodo di violenza, cosi' come il suo inizio: in effetti l'egemonia e' l'evoluzione del dominio che si era ottenuto con la forza e, parimenti, l'esaurirsi di un'egemonia favorisce l'uso della forza da cui emergera' un nuovo dominio (o un nuovo "ordine mondiale", come a molti piace chiamarlo nell'intento di mitigare le conclusioni che si potrebbero trarre dalla consapevolezza di dipendere dall'arbitrio di un'unica grande potenza). La violenza e' dunque un modo iniziale e finale di esercizio del potere, la cui maturita' e' caratterizzata invece dalla capacita' di far condividere gli scopi a chi e' soggetto al potere stesso, attraverso meccanismi ideologici e/o materiali. Le forze politiche che spingono nella direzione di reperire consenso da altri soggetti, allo scopo di giustificare interventi che mirano a rafforzare o recuperare il ruolo egemonico, vengono ampiamente corroborate grazie ad eventi di spiccata eco come Pearl Harbor o l'attacco alle Torri Gemelle, che costituiscono un'ulteriore spinta propulsiva nel proseguimento di una politica estera "imperiale" dissimulata da guerra al terrorismo internazionale, questo colosso che, secondo la propaganda, agisce motivato da istinti premoderni: l'esempio del piu' recente conflitto in Iraq - anche alla luce delle rivelazioni fatte sulla notizia della presunta presenza di armi di distruzione di massa nel Paese, rivelatasi una montatura - e' la prova piu' tangibile di una volonta' di dominio in relazione alla quale il petrolio rappresenta solo una motivazione parziale, nonostante sia la piu' pertinente. Il piu' recente ciclo sistemico sarebbe dunque quello che stanno al momento vivendo gli Stati Uniti d'America, preceduti, dal piu' antico al piu' recente, da quello di Venezia, quello dei regni iberici alleati coi mercanti-banchieri genovesi, il ciclo dell'Olanda e quello della Gran Bretagna (11). * Bush padre aveva gia' affermato che con il crollo del dominio sovietico nell'Europa orientale si aprivano per gli Stati Uniti delle possibilita' straordinarie per "costruire un nuovo sistema internazionale in armonia con i nostri propri valori e ideali", definendo il proprio paese come "l'unico Stato con una forza, una portata e un'influenza... politica, economica e militare realmente globali" ed avendo come primo obiettivo quello di "impedire l'emergere di un nuovo rivale" (12). Bisogna notare che nelle intenzioni di Bush padre era evidente la volonta' di coinvolgere e mobilitare la comunita' mondiale per condividere il pericolo ed il rischio di un intento cosi' ambizioso, poiche' qualsiasi tentazione di isolamento militare e politico da parte degli Usa sarebbe stato una follia; d'altro canto pero' egli si rendeva pure conto che era necessario convincere i "potenziali competitori" che "non hanno bisogno di aspirare a un ruolo maggiore o di assumere un atteggiamento piu' aggressivo per proteggere i loro legittimi interessi" e "tener conto sufficientemente degli interessi delle nazioni industriali avanzate per dissuaderle dallo sfidare la leadership americana o cercare di capovolgere l'ordine politico ed economico costituito" (13). Percio' il carattere potenzialmente esplosivo della conflittualita' interstatale era ben chiaro a Bush, e questa stessa conflittualita' degli Usa con le principali nazioni e addirittura con l'Onu e' cresciuta durante gli anni Novanta: ne sono esempi il fallimento della operazione "Restore hope" in Somalia, i contrasti con la Francia in Africa e con Francia e Russia sulla questione dell'embargo all'Iraq, le frizioni con la Germania alla ricerca di uno spazio di influenza nei Balcani, la rivalita' con la Cina nell'area del Sud-est asiatico (14). Sintomatico del progressivo isolamento del governo statunitense da parte del concerto delle nazioni tradizionalmente alleate e' stato l'abbandono delle coperture legali degli interventi da parte della comunita' internazionale, si e' cioe' progressivamente indebolito il ruolo dell'Onu quale strumento formalmente capace di giustificarli e di farli passare come atti dovuti per la difesa della pace, della democrazia e degli equilibri geopolitici mondiali; e questo ha indotto la classe politica americana a passare ad un uso sempre piu' scopertamente arbitrario della forza, grazie ad una indotta assuefazione dell'opinione pubblica alla guerra ed al fatto che nei paesi "occidentali" e' vistosamente radicata una tendenza a ripetere modelli sociali, politici, di consumo che appartengono all'american way of life e che naturalmente giocano a favore di una communis opinio che considera senz'altro buono e giusto tutto cio' che viene "prodotto" dagli Stati Uniti, guerre comprese. La superpotenza nordamericana possiede oggi un posto preponderante nella definizione della guerra, dal modo di legittimarla alla forma secondo la quale essa viene condotta, dalla identificazione dei nemici alle scelte tattiche sul campo; ma ha anche la capacita' di "mediatizzarla", di manipolare l'informazione attraverso mezzi sofisticati, di programmare le operazioni in coincidenza con la trasmissione dei telegiornali; il conflitto armato diviene percio' una guerra-spettacolo che ricerca ed ottiene di nuovo una legittimazione che aveva cominciato a perdere a partire dagli anni Ottanta, attraverso la perduta credibilita' e percorribilita' del potere simbolico attribuito dall'armamentario nucleare al proprio possessore, il dissolvimento della divisione in blocchi contrapposti e il dato empirico di un riassetto geopolitico avvenuto in modo sostanzialmente pacifico (riunificazione delle due Germanie e caduta dell'impero sovietico, ad esempio) (15). Con il recupero della legittimita' della guerra e della sua "familiarita'" con il "pubblico", si apre per gli Usa la possibilita' di ricollocarla come uno strumento tra gli altri usati per dirimere le controversie internazionali, o comunque risolvere questioni di interesse nazionale che vengono fatte passare per controversie di portata mondiale. Ne e' un esempio il ricordato conflitto armato in Iraq che si colloca nel quadro piu' ampio della ricerca di sicurezza energetica per gli interessi propri degli Stati Uniti, ricerca che probabilmente si ripercuotera' con simili sembianze su altri attori nazionali dell'area del Golfo. Questo e' dunque il quadro che ritrae l'attuale ed instabile assetto geopolitico mondiale, che gli Stati Uniti cercano ormai di mantenere in piedi, conservando la loro egemonia, attraverso un ricorso sempre piu' frequente all'uso della forza e sempre di piu' in modo unilaterale (16). * Questo atteggiamento viene chiaramente esplicitato nei documenti del gruppo denominato "Project for a new american century", nato nel giugno 1997, con una dichiarazione di principi che affermava: "Sembriamo aver dimenticato gli elementi essenziali dei successi delle amministrazioni reaganiane: una forza militare potente e capace di rispondere alle sfide presenti e future; una politica estera che coraggiosamente e programmaticamente promuova i principi americani all'estero; e una leadership nazionale che accetti le responsabilita' globali degli Stati Uniti. (...) La storia di questo secolo dovrebbe averci insegnato a intraprendere la causa della leadership americana(...); noi dobbiamo accettare la responsabilita' di un ruolo unico dell'America nel preservare ed estendere un ordine internazionale favorevole alla nostra sicurezza, alla nostra prosperita', ai nostri principi. Questa politica reaganiana di forza militare e chiarezza morale puo' non essere affascinante al giorno d'oggi, ma e' necessaria se gli Stati Uniti devono costruire sui successi del secolo passato e assicurare la nostra sicurezza e la nostra grandezza nel prossimo (17). Gli estensori del testo furono, tra gli altri, Dick Cheney, attuale vice-presidente degli Usa, Francis Fukuyama, l'ideologo della "fine della storia", Donald Rumsfeld e Paul Wolfowitz, segretario e vice-segretario alla Difesa, Zalmay Khalilzad, l'uomo che fino al 1998 rappresentava il nodo di collegamento tra il governo talebano e quello degli Stati Uniti. L'obiettivo dei consigli elargiti nel documento era la costituzione della cosiddetta pax americana, cioe' di quell'assetto mondiale che avrebbe garantito per i decenni a venire sicurezza e benessere per gli Usa, anche in aperta violazione del diritto internazionale ed utilizzando in maniera strumentale e di volta in volta diversificata la stessa Organizzazione delle Nazioni Unite. * Naturalmente non esiste solamente quell'opinione pubblica e quella elite politica che accettano incondizionatamente i dettati politici ed ideologici degli Stati Uniti, altrimenti non si sarebbe potuto nemmeno parlare di una Corte penale che giudicasse i crimini internazionali da chiunque commessi. Oggi questo strumento esiste e ovviamente viene percepito come una minaccia alla dottrina economico-militare degli Usa. Diverse sono le ragioni addotte dall'establishment americano. La Corte priverebbe i cittadini americani del diritto, sancito dalla loro Costituzione, ad essere sottoposti ad un processo di fronte ad una giuria popolare; questo argomento pero' sembra non considerare il fatto che in diverse occasioni cittadini statunitensi possono subire dei processi di estradizione verso paesi in cui il diritto processuale penale non prevede la presenza di una giuria, oppure essere giudicati da corti marziali, anch'esse prive di giuria. Altro argomento e' che la Corte non prevede la pena di morte tra le condanne comminabili a chi si macchia dei crimini sopra elencati, non costituendo quindi un deterrente sufficientemente capace di impedire atti criminali quali le stragi che seguono ad atti di terrorismo internazionale; nessuno studio ha fino ad oggi pero' dimostrato che la pena capitale costituisca un incentivo piu' potente di altri a non compiere simili atti. Ultimo punto sul quale battono gli Stati Uniti (ed in modo particolare il partito repubblicano) e' che l'operativita' militare degli Usa durante i conflitti si basa soprattutto sull'utilizzo di strategie e strumenti che implicano un forte rischio di commettere crimini di guerra, dato che vengono usate tecnologie avanzate volte a selezionare gli obiettivi militari da quelli civili, ma esiste pur sempre un margine di errore: in pratica i detrattori della Corte sostengono che il governo degli Stati Uniti si vedrebbe costretto a modificare radicalmente sia le strategie militari che i propri armamenti in vista della eventualita' di commettere stragi di civili ed incorrere percio' nel giudizio della Corte. Se la volonta' che ha animato gli ideatori ed i fautori di questo organismo fu appunto quella di evitare che crimini di guerra e contro l'umanita' si potessero ripetere, allora questa candida ammissione da parte dei politici Usa conferma proprio la sua utilita' per il raggiungimento dello scopo prefissato e cioe' impedire che delle violenze di immane portata (che, peraltro, vengono indicate dagli strateghi del Pentagono e dai suoi manutengoli come "effetti collaterali") avvengano impunemente. * Per capire quali siano le intenzioni del governo degli Stati Uniti per quello che concerne la loro politica estera, e' necessario gettare uno sguardo su quello che viene chiamato Quadriennal Defense Review 2001 (Qdr 2001), che in pratica e' il documento quadriennale presentato dagli organismi preposti del Pentagono che prevede le linee guida della politica militare Usa per gli anni successivi a quello nel quale esso viene formulato. Esso sostanzialmente si prefigge di affrontare le potenziali minacce alla sicurezza del Paese, sia sul fronte internazionale che persino su quello interno, come se ci si trovasse di fronte a pericoli di carattere "asimmetrico". Una definizione per questa categoria concettuale ancora non e' stata data, visto che il documento si limita soltanto ad elencare alcune fattispecie che avrebbero tale caratteristica; d'altronde cio' che maggiormente interessa ai vertici politico-militari statunitensi non e' dare una chiara definizione del concetto di "asimmetria", cosa che si risolverebbe in una formulazione di limiti all'applicabilita' delle ripercussioni previste nei casi di minacce asimmetriche, ma al contrario lasciare un ampio margine di discrezionalita' al fine di conferire una natura "olistica" a quel documento e percio' ai provvedimenti previsti, una sorta di passepartout. Esistono due definizioni "ufficiali" della guerra asimmetrica, l'una che pone l'accento sul fatto che essa coinvolge due forze dissimili, cioe' dal potenziale militare differente, l'altra che invece sostiene che essa e' caratterizzata da azioni con pochi obiettivi di difficile individuazione, condotte con mezzi che, se paragonati agli effetti finali delle operazioni, appaiono fortemente limitati (18). Circolano teorie che nella definizione di "guerra asimmetrica" contemplano a livello tattico, senza fare nessuna distinzione, il terrorismo, il disordine economico, la disobbedienza civile ed il crimine organizzato, elementi che vengono accomunati dal fatto di costituire tutti degli strumenti asimmetrici atti a fronteggiare un nemico militarmente piu' potente. Considerando che gli Usa si ritengono superiori a tutti gli altri Stati in quanto a potenzialita' militari, e percio' di fatto sempre protagonisti di scontri asimmetrici, si vede che le condizioni di impiego della forza per combattere contro presunte minacce sono praticamente infinite, sia sul piano interno - dove si prospetta la possibilita' di dover affrontare un'opposizione popolare crescente alla politica aggressiva degli Stati Uniti, opposizione che secondo il "New York Times" costituirebbe una nuova "superpotenza" (19) - sia su quello internazionale, ove moltissime attivita' e settori civili potrebbero trasformarsi in obiettivi di azioni militari flessibili ed interconnesse (20). La constatazione che un nemico piuttosto vulnerabile da un punto di vista strettamente militare - e cioe' per quanto riguarda la potenza di fuoco e le tecnologie sofisticate applicate agli armamenti - ha necessita' di ricorrere ad altri mezzi ed astuzie per sopperire al proprio inferiore potenziale bellico (cioe', appunto, a degli strumenti "asimmetrici") porta inevitabilmente a concepire delle strategie di guerra che ventilino la necessita' di "negare, distruggere, disorganizzare, disgiungere, degradare" l'avversario; prevenendolo "nell'acquisizione del controllo sulla popolazione, impedendo alle organizzazioni l'uso di 'santuari', sconvolgendo il flusso del denaro e dei rifornimenti, negando l'uso dei media, denunciando la corruzione, svergognando la leadership, rompendo le relazioni di potere si costringerebbe l'avversario alla difensiva e se ne romperebbe l'equilibrio" (21). In questo modo, da un lato sfuma del tutto la linea che separa attivita' militari di natura difensiva e azioni aggressive, dall'altro la popolazione civile diviene il naturale campo di battaglia della guerra asimmetrica, visto che l'obiettivo e' quello di disgregare e disorganizzare l'avversario e percio' acquisire il controllo della popolazione e del flusso di denaro e rifornimenti. Ai sensi dello Statuto di Roma, secondo l'articolo 8, per "crimini di guerra" si debbono intendere anche le gravi violazioni del diritto applicabile nei conflitti armati internazionali nel quadro del diritto internazionale costituito, che contempla atti quali aggressioni deliberatamente intese contro la popolazione civile in quanto tale o contro singoli civili che non partecipino direttamente alle ostilita'. E' chiaro che, nel quadro della strategia militare americana appena descritta per sommi capi, violazioni di questo tipo potrebbero verificarsi in qualsiasi momento, viste le intenzioni dei vertici militari di non risparmiare, in territorio nemico, nessuno "spazio" che possa avere un'importanza strategica per le reazioni "asimmetriche" dell'avversario, e quindi in buona sostanza il controllo dei civili. * Oltre a cio', si deve considerare anche l'ipotesi di un impiego di armi nucleari di nuovo tipo da parte degli Usa nei prossimi conflitti da questi mossi: e' stato gia' chiesto l'impiego di piccole armi nucleari di precisione contro le postazioni talebane in Afghanistan (22) ed inoltre e' noto che gia' sono stati studiati gli effetti di queste mini bombe atomiche - da impiegare negli attacchi contro caverne o bunker - il cui impiego avrebbe gravi conseguenze per le popolazioni e l'ambiente circostante, oltre al fatto che il loro uso finirebbe per legittimare la proliferazione di armi nucleari. Anche questo "particolare" strategico si scontra con i dettami dello Statuto di Roma, il quale prevede di considerare altresi' come gravi violazioni anche l'impiego di armi, proiettili e materiali e metodi bellici che siano tali da provocare lesioni o sofferenze superflue, o che colpiscano in modo indiscriminato, in violazione del diritto internazionale sui conflitti armati. Entro questa fattispecie potrebbe anche rientrare l'impiego di sistemi d'arma a frequenze radio o a microonde ad elevata potenza capaci di distruggere, mediante la creazione di campi magnetici potentissimi, i sistemi elettronici ed elettrici, non solo ad uso militare ma anche civili, con conseguenze immaginabili per le popolazioni, private di energia elettrica e della possibilita' di utilizzare generatori, sistemi di controllo, attrezzature sanitarie, ecc. * E' evidente dunque che, se la tendenza degli Usa in politica estera e' quella delineata sommariamente - ed oltremodo esacerbata dal nutrito stuolo di quelli che vengono definiti "falchi" nell'attuale amministrazione americana -, la Corte penale internazionale non puo' che costituire un ostacolo per il comportamento arbitrario degli stessi Stati Uniti, percio' il suo sostenimento ed un suo rafforzamento potrebbero costituire - oltre che un ottimo sistema di prevenzione dei piu' atroci crimini contro l'umanita' da chiunque perpetrati - anche una buona occasione per un tentativo di riequilibrio delle forze politiche sullo scenario internazionale, da accompagnare ovviamente ad ulteriori misure che possono e devono essere messe in pratica al fine di costruire una societa' piu' giusta. * Note 6. Donat-Cattin D. (2002), op. cit. 7. Barresi G. (2002) "Impunita' a stelle e strisce", nella rivista "Mosaico di pace", Bisceglie (Ba), n. 10, novembre. 8. "The National Security Strategy of the United States of America", settembre 2002, citato in Baraldini S. (2002) "Criminali sono gli altri", nella rivista "Guerre&Pace", Milano, n. 94, novembre. 9. Baraldini S., op. cit. 10. Pagliani P. (2003) "Gli Usa, dall'egemonia al dominio", nella rivista "Guerre&Pace", Milano, n. 100, giugno. 11. Pagliani P., op. cit. 12. Le citazioni si riferiscono ad un discorso di George W. Bush senior pronunciato ad Aspen il 2 agosto 1990 all'indomani del crollo del socialismo reale, e citato in Peruzzi W. (2003) "La 'nuova' strategia dell'impero", nella rivista "Guerre&Pace", Milano, n. 100, giugno. 13. Peruzzi W., op. cit. 14. Ibidem. 15. Moita L. (2003) "Le guerre mutano al servizio dell'economia", nella rivista "Fondazione internazionale Lelio Basso", Roma, n. 4/1, settembre-dicembre 2002, gennaio-marzo 2003. 16. Sulla differenza tra unilateralismo e multilateralismo bisognerebbe discutere in maniera piu' approfondita di quanto lo consenta questa sede e sottolineare come la scelta di un atteggiamento piuttosto che l'altro sia una opzione carica di opportunismo, anch'essa stessa funzionale alla politica estera prevaricatrice e di potenza degli Usa e non dipenda dalla volonta' di perseguire un interesse diffuso piuttosto che quello americano. Si veda Imbriani A. M. (2003) "L'unilateralismo, i suoi falsi critici, le ragioni profonde", nella rivista "Giano", Roma, n. 43, gennaio-aprile. 17. Maestri P. (2003) "Un nuovo 'secolo americano'", nella rivista "Guerre&Pace", Milano, n. 96, febbraio. 18. Lodovisi A. (2003) "Modelli e scenari della 'guerra asimmetrica'", nella rivista "Giano", Roma, n. 43, gennaio-aprile. 19. Tyler P. E. (2003) "A new power in the streets", su "New York Times", 17 febbraio. 20. Lodovisi A., op. cit. 21. Grance D. L. (2000) "Asymmetric warfare: old method, new concern", su "National Strategy Forum Review", citato in Lodovisi A., op. cit. 22. Lodovisi A., op. cit. (Fine. La prima parte e' apparsa nel notiziario di ieri) 6. RIFLESSIONE. RICCARDO ORIOLES: "ASSOCIAZIONE A DELINQUERE DI STAMPO ANTIMAFIOSO" [Dalla rivista elettronica di Riccardo Orioles (per contatti: riccardoorioles at libero.it), "Tanto per abbaiare", n. 191 dell'11 agosto 2003, riportiamo il seguente testo. Riccardo Orioles e' giornalista eccellente ed esempio pressoche' unico di rigore morale e intellettuale (e quindi di limpido impegno civile); militante antimafia tra i piu' lucidi e coraggiosi, ha preso parte con Pippo Fava all'esperienza de "I Siciliani", poi e' stato tra i fondatori del settimanale "Avvenimenti"; ha formato al giornalismo d'inchiesta e d'impegno civile moltissimi giovani. Per gli utenti della rete telematica vi e' la possibilita' di leggere una raccolta dei suoi scritti (curata dallo stesso autore) nel libro elettronico Allonsanfan. Storie di un'altra sinistra. Sempre in rete e' possibile leggere una sua raccolta di traduzioni di lirici greci, ed altri suoi lavori di analisi (e lotta) politica e culturale, giornalistici e letterari. Due ampi profili di Riccardo Orioles sono in due libri di Nando Dalla Chiesa, Storie (Einaudi, Torino 1990), e Storie eretiche di cittadini perbene (Einaudi, Torino 1999)] Estate. "Associazione a delinquere di stampo antimafioso": e' il reato contestato dal governo - secondo la nuova normativa - all'ex procuratore di Milano Francesco Saverio Borrelli. Secondo alcuni pentiti, l'uomo alcuni anni fa si sarebbe piu' volte incontrato col boss antimafioso Giancarlo Caselli, del clan Procura di Palermo. Il Caselli, noto agli inquirenti da oltre dieci anni, era stato uno dei principali complici del noto Giovanni Falcone, di cui avrebbe continuato a portare avanti gli "affari" dopo che il Falcone perse la vita in un incidente autostradale nei pressi di Palermo. "La nuova legge - ha dichiarato il portavoce di Forza Nostra - intende stringere il cerchio attorno ai cervelli occulti dell'antimafia". "L'antimafia - ha incalzato il responsabile giustizia di Cosa Italia - non e' composta solo da sbirri e carabinieri ma anche da insospettabili "colletti bianchi" che ne sono in realta' l'elemento piu' pericoloso". 7. RILETTURE. DOMENICO CANCIANI, MARIA IDA GAETA (A CURA DI): ALBUM SIMONE WEIL Domenico Canciani, Maria Ida Gaeta (a cura di), Album Simone Weil, Edizioni Lavoro, Roma 1997, pp. 96, lire 15.000. Catalogo di una mostra tenutasi a Roma, un utile repertorio di materiali. 8. RILETTURE. GABRIELLA FIORI: SIMONE WEIL Gabriella Fiori, Simone Weil. Biografia di un pensiero, Garzanti, Milano 1981, 1990, pp. 494, lire 20.000. Una sensibile, simpatetica monografia. 9. RILETTURE. GIANCARLO GAETA: SIMONE WEIL Giancarlo Gaeta, Simone Weil, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1992, pp. 190, lire 18.000. Un'agile presentazione ed una sintetica antologia a cura del piu' attento studioso italiano di Simone Weil (curatore, tra l'altro, dell'edizione italiana dei fondamentali Quaderni) 10. RILETTURE. SIMONE PETREMENT: LA VITA DI SIMONE WEIL Simone Petrement, La vita di Simone Weil, Adelphi, Milano 1994, pp. XXIV + 688, lire 85.000. La fondamentale biografia scritta da un'amica ed illustre studiosa. 11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 12. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 645 del 17 agosto 2003
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