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La nonviolenza e' in cammino. 616
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 616
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 18 Jul 2003 19:53:39 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 616 del 19 luglio 2003 Sommario di questo numero: 1. Un libro da leggere 2. Lidia Menapace: il processo 3. Maria G. Di Rienzo: abbiamo piu' potere di quel che crediamo 4. Ettore Masina: siccita' 5. Giuliana Sgrena: un rapporto dall'Iraq di "Human rights watch" 6. Gloria Zanardo: del neutro e della differenza 7. La newsletter n. 6 di "Questo mondo non e' in vendita" 8. Luca Fazio intervista Mario Valpreda sulla distruzione dei campi inquinati con semi ogm in Piemonte 9. Letture: Giulio Angioni, Il mare intorno 10. Riletture: Sylvia Plath, Lady Lazarus e altre poesie 11. Riletture: Rosvita, Tutto il teatro 12. Riletture: Anna Storti Abate: Introduzione a Capuana 13. La "Carta" del Movimento Nonviolento 14. Per saperne di piu' 1. STRUMENTI.UN LIBRO DA LEGGERE Ci permettiamo di segnalare nuovamente questo recente assai utile libro: Pier Paolo Portinaro, Il principio disperazione. Tre studi su Guenther Anders, Bollati Boringhieri, Torino 2003, pp. 180. Da Anders in anni lontani ricevemmo alcuni dei nostri convincimenti fondamentali, lo riteniamo un autore imprescindibile. Portinaro e' uno studioso acuto e di meriti grandi (sua, ad esempio, la cura dell'edizione italiana dell'opera capitale di Hans Jonas). 2. MAESTRE. LIDIA MENAPACE: IL PROCESSO [Da Lidia Menapace, Economia politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987, p. 31. Lidia Menapace (per contatti: llidiamenapace at virgilio.it) e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La maggior parte degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. (a cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001] Il processo della conoscenza-riconoscimento-riconoscenza non e' ne' meccanico, ne' facile: richiede volonta', efficacia e anche strumenti, persino istituzioni ad hoc. 3. FORMAZIONE. MARIA G. DI RIENZO: ABBIAMO PIU' POTERE DI QUEL CHE CREDIAMO [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo intervento. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza] Comincia tutto con voi, con il vostro potere interiore. Molte persone sembrano rassegnate alla mera osservazione di cio' che accade "la' fuori", molte altre cercano di adattarsi alle oppressioni che subiscono. Voi avete scelto di essere attivisti nonviolenti, e cio' che vi ha mosso in questa direzione, cio' che vi sostiene nel cammino, puo' toccare il cuore di altre persone e vale la pena di essere narrato e discusso. I vostri motivi possono tenere insieme il sentimento e la ragione, l'amore e la rabbia, la frustrazione e la speranza. A volte non e' facile trovare un bilanciamento e percio' voi e il vostro gruppo profitterete sicuramente del dialogare attorno a due domande: "Cosa ci muove verso l'impegno?" e "Cosa ci mantiene in cammino?". L'impegno personale, che si tratti del compiere le semplici scelte di ogni giorno come cittadini responsabili o che si tratti di correre dei rischi durante un'azione diretta, e' al centro della vostra scelta nonviolenta. Questo e' il potere interiore che voi usate per lavorare al cambiamento, e' solo vostro, e tuttavia e' impossibile esprimerlo compiutamente senza provare un senso di connessione con altri, e senza unirsi ad essi in un cammino comune. La forma che darete a questo prendersi per mano e' importante: gioca un ruolo vitale nell'aiutare ciascuno a trovare ed usare la propria voce, a mantenere l'equilibrio personale e di gruppo, a sostenere le fatiche della lotta e a saperne onorare il senso. Lavorando insieme, si scoprono modi di controllare la paura, di andare oltre le inibizioni e i blocchi che limitano il nostro potere interiore, di aver cura di se stessi e degli altri. Generalmente, i movimenti tendono ad avere carattere ciclico: spesso gli attivisti diventano stanchi o si esauriscono, o devono rispondere ad altre richieste che la vita pone loro. Se questo e' probabilmente inevitabile, e' anche vero che i movimenti possono accelerare il loro declino o disperdere il loro potenziale proprio non ponendo attenzione alle strutture relazionali che si danno. Nel riflettere sul potere che abbiamo, dobbiamo saper considerare come e con chi stringiamo alleanze. Per alcuni, e' sufficiente che cio' produca un grande numero di partecipanti in una singola azione, e diventa irrilevante cosa questa azione ottiene, e quali sono i suoi effetti a lungo termine. E' vitale che abbiate invece il senso della vostra efficacia e di una pianificazione condivisa, con temi ben definiti e scopi limpidi. Se avete pensato di lavorare al cambiamento sociale mantenendo una struttura gerarchica per il vostro gruppo, e senza preoccuparvi del modo in cui fate le cose, sperimenterete almeno questo fallimento: l'incapacita' di mostrare l'alternativa in voi non ispirera' altre persone, e passati i momenti di grande impatto emotivo scoprirete di non aver educato nessuno al cambiamento, neppure voi stessi. Potreste anche sperimentarne altri: il ripetere azioni od eventi perche' "suonano bene" e poi accorgervi di aver creato un gruppo di "iniziati" che stanno molto bene fra di loro, ma che sono incapaci di parlare all'esterno o di raggiungere qualsiasi mutamento per l'istanza di cui si occupano; il basarvi su altri falsi criteri di valutazione, oltre a quello numerico, ovvero l'ammontare della copertura mediatica, il "costo" inflitto ai vostri oppositori, i fondi raccolti; il considerare la vostra scelta nonviolenta una "tecnica" da usare in strada mentre continuate a propagare inconsapevolmente il dominio nelle vostre relazioni, nei documenti che producete, nelle alleanze che scegliete. Io leggo questo come una mancanza di abilita' nell'usare il nostro potere: come diceva Barbara Deming, noi abbiamo piu' potere di quel che crediamo. Possiamo combinare i nostri metodi: dialogo unito a coraggiosa sfida, persuasione assieme a pressione, quieta autoorganizzazione di alternative e protesta di strada, ma senza mai dimenticare che il piu' importante criterio di valutazione delle azioni dev'essere la nostra capacita' di liberare il potenziale nonviolento nella comunita' umana. 4. RIFLESSIONE. ETTORE MASINA: SICCITA' [Queste riflessioni e segnalazioni di Ettore Masina (per contatti: ettore.mas at libero.it) abbiamo estratto dalla sua "Lettera", n. 92 del luglio 2003. La "Lettera" mensile di Masina viene inviata a chiunque ne faccia richiesta all'indirizzo dell'autore: via Cinigiano 13, 00139 Roma, tel. 068102216 (un contributo alle spese di fotocopiatura e postali e' assai gradito; i versamenti possono essere effettuati sul ccp 49249006 intestato a Luca Lo Cascio, via Leone Magno 56, 00167 Roma). Nato a Breno (Bs) il 4 settembre 1928, Ettore Masina e' una delle figure piu' vive della cultura e della prassi di pace. Sulle sue esperienze e riflessioni si vedano innanzitutto i suoi due libri autobiografici: Diario di un cattolico errante. Fra santi, burocrati e guerriglieri (Gamberetti, 1997) e Il prevalente passato. Un'autobiografia in cammino (Rubbettino, 2000). Tra gli altri suoi libri: Il Vangelo secondo gli anonimi (Cittadella, 1969, tradotto in Brasile), Un passo nella storia (Cittadella, 1974), Il ferro e il miele (Rusconi, tradotto in serbo-croato), El Nido de Oro. Viaggio all'interno del terzo Mondo: Brasile, Corno d'Africa, Nicaragua (Marietti, 1989), Un inverno al Sud: Cile, Vietnam, Sudafrica, Palestina (Marietti, 1992), L'arcivescovo deve morire. Monsignor Oscar Romero e il suo popolo (Edizioni cultura della pace, 1993 col titolo Oscar Romero, poi in nuova edizione nelle Edizioni Gruppo Abele, 1995), Comprare un santo (Camunia, 1994); Il Volo del passero (San Paolo, tradotto in greco), I gabbiani di Fringen (San Paolo, 1999), Il Vincere (San Paolo, 2002)] 1. Mi e' toccato vedere, nei miei viaggi, come le siccita' sfigurino il volto della Terra, lo trasformino in un'orrenda vecchiezza, fatta di rughe profonde e di ispidi peli. Ho visto alberi scheletriti e bestiame tremante; bambini che potevano considerarsi fortunati se il seno delle madri riusciva ancora a dissetarli e sfamarli. Tutto questo mi e' toccato vedere in Africa, in Asia, in America Latina. In Europa, no, naturalmente, e dopo quei viaggi mi capitava di spiegare agli italiani che mi concedevano attenzione, che in immense aree del pianeta, un uomo (una donna, un bambino) hanno a loro disposizione per bere, lavarsi e cucinare, tanta acqua quanta noi ne sprechiamo tenendo il rubinetto aperto mentre ci laviamo i denti. Mi ricordo il profondo senso di incredulita' con cui ascoltai, una dozzina d'anni fa, un ingegnere che lavorava per la Banca Islamica, mentre mi raccontava di un grandioso progetto di riforestazione dell'Africa Settentrionale, dal Fezzan al canale di Suez. Il Sahara sarebbe tornato a verdeggiare come nei tempi antichissimi, ma l'Italia, nel giro di una generazione, si sarebbe desertificata sino alla Toscana. Il progetto, giurava l'ingegnere, era stato abbandonato per quel senso di compassione e di responsabilita' che permea la fede dell'Islam. * 2. Non siamo ancora a questo, grazie al cielo, ma i nostri telegiornali sono diventati angosciosi bollettini della crescente siccita'. Per un quarto del loro tempo (in un giornale "scritto" equivarrebbe a circa 15 pagine) ci mostrano letti di fiumi in secca, pannocchie abortite, vigne desolate e centrali idroelettriche in crisi di funzionamento. Un tam tam quotidiano batte il ritmo della desolazione. In parte si tratta di furberia dei direttori delle reti berlusconiane, Rai e Mediaset. E' in atto nei partiti di maggioranza una interminabile notte dei lunghi coltelli: meglio parlare d'altro. Del resto, sono mesi e mesi che i telegiornali invece di "aprire" con la politica, come ogni altro quotidiano, ricorrono alla cronaca: mai abbiamo avuto tanti particolari su incidenti stradali e uxoricidi come da quando l'industria italiana e' in crisi, l'Amico Bush e l'Amico Blair vengono sbugiardati e la pax americana in Iraq si e' trasformata in una macabra emorragia di soldati. Tuttavia e' un fatto: la siccita' c'e', eccome!, e gia' si comincia a parlare di tropicalizzazione dell'Italia, e si torna a parlare di riscaldamento generalizzato dell'atmosfera con conseguente scioglimento dei ghiacci polari ed altri terribili disastri. Per secoli l'uomo ha cercato di vivere in simbiosi con la natura, poi di trasformarla localmente per ricavarne frutti piu' abbondanti e, infine, di dominarla completamente in nome dello sviluppo. Ma adesso accade che "natura" diventi un concetto astratto, quasi folkloristico: la Madre Terra viene violentata, ferita e avvelenata dalle realta' artificiali create dall'uomo, dai rifiuti delle industrie, dalla rapacita' del Mercato. La siccita' di quest'anno ci avverte. "Siete in pericolo". * 3. E tuttavia e' un fatto: ad ascoltare i discorsi della gente, quell'allarme non suona come un invito a interessarsi della cosa. E' un rumore sgradevole, come puo' essere il chiasso di un gruppo di giovani, in una strada, a notte fonda. Ricordo anni fa quando, sull'esempio di quanto avviene all'estero, il Servizio Meteorologico comincio' a pubblicare l'indicazione delle ore di ogni giornata in cui l'esposizione al sole sarebbe stata pericolosa, a causa del buco dell'ozono. Si dovette smettere a furor di popolo: "Ma lasciateci vivere tranquilli almeno nel periodo delle ferie! Ma non rovinateci anche le vacanze!". Non dubito che fra i lettori di questa "lettera" ce ne sara' qualcuno che mi accusera' di sadismo. Un personaggio indimenticabile, creato dal grande scrittore brasiliano Joao Guimaraes Rosa, e' MichilÏm, un bambino del sertao, il "quadrilatero della fame". Egli vive una sua vita irreale a causa di una grave miopia. Un giorno un venditore ambulante gli regala un paio di occhiali. Michilim, per la prima volta, vede la verita': dura, difficile, anzi drammatica. Michilim e' costretto a crescere. Il MichilÏm-pubblico italiano gli occhiali, dopo la prima occhiata, preferisce gettarli. * 4. A colpirmi per il loro fatalismo sono soprattutto i genitori di bambini piccoli. Amantissimi dei loro figli, attentissimi a che non si trovino mai in pericolo, non vogliono pensare (neppure sapere) che, secondo i competenti, se non si da' vita a un grande movimento collettivo internazionale a difesa della natura, quei loro piccoli fra trent'anni si troveranno coinvolti in guerre per il possesso dei beni ambientali. Guerre del genere sono gia' in atto, per esempio nel Medio Oriente, ove una delle ragioni per le quali Israele non cede sugli insediamenti e' per non restituire le acque rapinate ai palestinesi. Ma il Wto, velenosa organizzazione politica del Mercato, sta cercando di imporre la privatizzazione di tutti gli acquedotti. Saranno le grandi imprese multinazionali a decidere prezzi ed erogazioni del piu' primordiale dei beni naturali? Esse sono gia' al lavoro, con il nostro tacito consenso, anche nel nostro paese. Compriamo da loro l'acqua delle fonti italiane e la paghiamo come la benzina. 5. Sarebbe forse tollerabile un qualche deterioramento dell'ambiente, un piu' crudele sfruttamento della natura, se questo servisse a dare pane e speranze a quei miliardi di persone che sembrano destinate ad essere una razza a parte. Ma la verita' e' che i disastri ambientali non sono la conseguenza del tentativo di moltiplicare i frutti della Terra per un miglioramento di vita dell'umanita', sono gli effetti degli stessi sistemi di sfruttamento che si abbattono sui popoli del Sud. Lo sanno bene gli indios della Bolivia che hanno lottato contro il governo che, per primo, aveva venduto le fonti a una multinazionale. Condannati alla sete, alla sporcizia e alle malattie, sono riusciti per il momento a riavere la poca acqua che gli arriva. Ma in questa lotta hanno avuto repressioni poliziesche, feriti e persino morti. In Italia abbiamo un sistema idrico tanto obsoleto da disperdere il 40 per cento delle acque canalizzate. Ci sarebbe bisogno di un grande piano di lavori ma il cavaliere di Arcore preferisce vagheggiare l'inutile e pericoloso ponte sullo Stretto. Le proteste fioche, sono soltanto delle categorie volta a volta colpite. Il problema sembra non avere ingresso nelle nostre case. * 6. Che ci succede? L'altra sera Gian Antonio Stella, lo scrittore de "L'orda", raccontava un episodio capitato a un suo amico archeologo. Durante una marcia nella foresta peruviana, i portatori s'erano improvvisamente fermati. L'archeologo non riusciva a capire perche': i carichi non erano pesanti, le persone erano affidabili, la meta ancora lontana. Il capo dei portatori gli ha spiegato: "Ci siamo accorti che andavamo troppo in fretta e le nostre anime non riuscivano a tenerci dietro". Forse e' accaduto anche a noi. * 7. I libri Paolo Valente, uomo di frontiera, vive la sua "altoatesinita'" o "sudtirolesita'" come una opportunita' offertagli dal destino per rintracciare le difficili storie di due ceppi culturali di cui gli uomini e le donne di buona volonta' hanno condiviso, spesso senza rendersene conto, la stessa miseria e le stesse speranze di riscatto. Degli scontri e degli incontri in cui si intrecciano le loro sorti, lo storico-giornalista Valente si fa testimone attento e amoroso. Non si arrende ai confini, neppure a quelli schierati dalle montagne: c'e' sempre, pensa, un varco, un "passo" per ritrovarsi fratelli. "Di la' del passo" e' intitolato infatti il suo ultimo libro , che contiene due racconti, per cosi' dire speculari; Nel primo un bambino sale da una valle del Trentino sino a una citta' tirolese, nel secondo un sudtirolese, un secolo piu' tardi, muove verso il Veronese, dove si compira', imprevedibilmente, la sua storia. Un libro che, se non lo trovate in libreria, vale la pena di richiedere all'editrice Raetia, via Groppoli 25, Bolzano (Il prezzo e' di 9,50 euro). Con una scrittura nitida come i suoi convincimenti, Sara Ongaro (anche lei, in qualche modo, donna di frontiera: dal "profondo Nord" al servizio delle speranze del Sud, come antropologa e formatrice) racconta di un viaggio compiuto con Saro, il suo compagno: "Da Belem a Porto Alegre" (ed. Berti, via Legnano 1, 29100 Piacenza, prezzo 7 euro). E' un itinerario alla scoperta delle idee, degli uomini e delle donne (qualche italiano fra loro) che militano nei movimenti sociali di quel subcontinente. Gente capace di armare speranze anche dopo secoli di oppressione: la stessa gente che ha portato Lula alla presidenza del Brasile. Personaggi che sembrano inventati e che invece sono autentici, vivi e vitali. 5. GUERRA. GIULIANA SGRENA: UN RAPPORTO DALL'IRAQ DI "HUMAN RIGHTS WATCH" [Dal quotidiano "Il manifesto" del 16 luglio 2003. Giuliana Sgrena, intellettuale e militante femminista e pacifista tra le piu' prestigiose, e' tra le maggiori conoscitrici italiane dei paesi e delle culture arabe e islamiche; autrice di vari testi di grande importanza; e' stata inviata del "Manifesto" a Baghdad, sotto le bombe, durante la fase piu' ferocemente stragista della guerra tuttora in corso] Erano le quattro del pomeriggio del 22 maggio quando Saba, nove anni, e' stata rapita sulle scale della casa dove vive, a Baghdad, trascinata in un edificio abbandonato, poco lontano, e stuprata. L'ha trovata un amico di famiglia, dopo la violenza, sanguinava dalla vagina, e continuava a sanguinare due giorni dopo quando finalmente e' stata portata all'ospedale. Il rapporto del medico militare americano, Monica Casmaer, che ha visitato la bambina sei giorni dopo lo stupro, insieme ad un pediatra, parla di lacerazioni vaginali e di imene strappato. Ferite gravi, soprattutto considerando il tempo trascorso dalla violenza. Un'altra donna curata dalla dottoressa Casmaer e' stata rapita mentre tornava a casa dal supermercato in pieno giorno, il 12 maggio, portata via e stuprata, da sconosciuti. E ancora. "Ero qui, sulle scale, davanti la porta, quando una Volkswagen, dal colore sembrava un taxi, si e' fermata. E' sceso un uomo che mi ha chiesto di qualcuno, che non conoscevo", racconta Salma, 49 anni. "Mia figlia era al piano di sopra, io ero al pian terreno. Sono apparsi altri tre uomini, in tutto erano quattro. Erano armati, mi hanno puntato la pistola e mi hanno costretta a seguirli. Urlavo e dicevo di togliermi la pistola, anche mia figlia urlava. Mi hanno spinto dentro la macchina e hanno cominciato a sparare contro la casa, piu' di cinquanta colpi. Anche i vicini hanno cominciato a sparare ma senza riuscire a fermare i miei rapitori". Poi Salma racconta di come l'hanno portata via, picchiata, ustionata con l'acqua calda e le sigarette, prima di stuprarla ripetutamente, almeno in dieci. Lei li ha supplicati di lasciarla andare, perche' il figlio piccolo non poteva stare da solo. La mattina dopo e' stata abbandonata in un luogo sconosciuto di Baghdad. Era scioccata. Teme che i suoi violentatori ritornino, ogni volta che un taxi si ferma davanti a casa e' terrorizzata, di notte non dorme. Ha paura per se' e per la figlia di diciotto anni, che non lascia piu' uscire di casa. Il rapimento di Salma potrebbe anche essere una rappresaglia contro persone legate all'ex regime di Saddam perche' la donna vive vicino ad un uomo ricco che ha sempre fatto affari con "gente di Tikrit" (la citta' natale dell'ex rais). La storia della quindicenne Muna arriva invece da Bassora. Era stata rapita con due sorelle (una di undici e l'altra di sedici anni), ed e' rimasta sequestrata per quattro settimane prima di riuscire a fuggire, l'8 giugno. Con loro c'erano anche altri sette bambini (tre femmine e quattro maschi, tutti tra i cinque e gli undici anni). Era stata separata dalla sorella quando quest'ultima e' stata stuprata. Tra i rapitori c'era anche una donna, e molti altri uomini venivano a vederli, trattavano, ma alla fine il prezzo non veniva discusso in loro presenza. Muna e' convinta che si trattasse di trafficanti di bambini. Queste sono solo alcune delle testimonianze raccolte (sotto falso nome, naturalmente) dall'organizzazione per i diritti umani americana Human rights watch (www.hrw.org), e inserite in un rapporto di diciassette pagine: "Clima di paura: violenza sessuale e rapimenti di donne e bambine a Baghdad". La condizione delle donne e' un altro capitolo raccapricciante dell'Iraq sotto occupazione. L'insicurezza che pervade Baghdad e le altre citta' irachene impedisce alle donne una normale vita pubblica: hanno paura e cosi' le bambine non vanno a scuola e le donne non vanno al lavoro e se non ce l'hanno non lo cercano. Si tratta di un arretramento rispetto al regime dittatoriale di Saddam. Non si tratta solo di paura, sebbene non siano ancora disponibili statistiche e' opinione diffusa che vi sia stato un notevole incremento delle violenze sessuali dall'inizio della guerra. A una stazione di polizia, un poliziotto iracheno intervistato da Hrw sostiene che prima della guerra nel suo ufficio registravano in media una denuncia per stupro ogni tre mesi, mentre si sono gia' verificati numerosi casi nelle settimane seguite alla guerra. Dati che non vengono confermati dall'Istituto forense di medicina, incaricato prima della guerra di convalidare tutte le denunce per stupro - da diciassette a venti al mese. Dopo la guerra e' stato registrato solo un caso, ma il direttore dell'istituto Faek Amin Bakr, ammette che alcune vittime sono state respinte e che e' stato significativamente ridotto l'orario di apertura per motivi di sicurezza. Molti casi non vengono nemmeno denunciati. Per le vittime non e' facile rivolgersi alle stazioni di polizia, dove vi sono generalmente solo uomini, quindi si scontrano con una mentalita' maschilista. I poliziotti non sono interessati a registrare casi di violenza sessuale, nel migliore dei casi, in altri accusano le vittime di essere prostitute o, comunque, non si impegnano a condurre delle investigazioni appropriate. Molte volte, addirittura, il fascicolo si perde. Il 17 giugno, due donne hanno denunciato alla polizia militare Usa e a quella irachena che un'amica era stata sequestrata. Quando i poliziotti sono arrivati sul posto i rapitori erano naturalmente fuggiti. E la polizia irachena si e' ben guardata dal raccogliere le testimonianze di coloro che avevano assistito al rapimento della giovane donna. Un'omerta' nel caso della violenza sulle donne che accomuna occupanti e occupati, a loro volta responsabili di violenze, come nel caso denunciato da "Il manifesto" il 12 giugno. 6. RIFLESSIONE. GLORIA ZANARDO: DEL NEUTRO E DELLA DIFFERENZA [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo il seguente articolo apparso originariamente sul quotidiano "L'Unita'" del 5 luglio 2003. Su Gloria Zanardo riportiamo la seguente notizia biobibliografica estratta dall'utile sito della casa editrice creata e animata da Luciana Tufani (www.tufani.it): "Gloria Zanardo e' nata e vive a Verona, dove insegna nella scuola media superiore. Partecipa alla comunita' di Diotima fin dagli inizi, e ha collaborato alla stesura del primo volume di Diotima, Il pensiero della differenza sessuale (La Tartaruga, Milano 1987, ultima ed. 2003). Ha trovato nella narrativa il modo suo proprio di pratica filosofica. Opere di Gloria Zanardo: (con Chiara Zamboni), Il tempo quale segno di finitezza, in Centro documentazione donna, Quaderno di lavoro n. 2, Tra nostalgia e trasformazione, Libreria delle donne di Firenze, marzo-maggio 1986; Lettura dell'Antigone di Sofocle in "Etica della differenza sessuale" di Luce Irigaray, in Bimbi, Grasso, Zancan, comunita' di filosofia femminile Diotima, Il Filo d'Arianna. Letture della differenza sessuale, ed. Utopia, Roma 1987; Volonta' e attenzione: un percorso di apprendistato, in Longobardi, Sanvitto, Tommasi, Zamboni, Zanardo, Simone Weil. La provocazione della verita', Liguori, Napoli 1990; Una lettera arriva sempre a destinazione, in Brentarolli, Male', Zamboni, Zanardo, Introduzione a Lacan. Genesi del concetto di simbolico negli scritti degli anni '50, Libreria editrice universitaria, Verona 1994; Presente remoto, Tufani, Ferrara 2000"] Trovo un messaggio, in segreteria: un'amica mi invita per una cena tutta al femminile. E' da una vita che ci si incontra, tra donne, per cenare o altro, e mi chiedo cosa riservi questa novita' del tutta al femminile. La chiamo, un po' inquieta di capitare in una di quelle serate a tema dove, si tratti del vestito da mettere o del cibo da portare, finisco con lo sbagliare sempre qualcosa. E scopro che si tratta della consueta cena di amiche, come impreziosita da questa espressione che va per la maggiore e che ha anche fatto nascere, nel linguaggio dei piu' attenti, il suo speculare "al maschile". Un collega seduto vicino a me al cinema si lamenta della misoginia del regista. "Nessuna chance concessa ai personaggi femminili", sbotta al primo tempo. Mentre usciamo, sorpreso che il film non mi abbia irritato e mi sia anzi tutto sommato piaciuto, mi dice, quasi a fornire la chiave della sua lettura, che e' un film decisamente al maschile. Capita insomma che si ricorra sempre piu' di frequente all'espressione "al femminile", come anche "al maschile", ogniqualvolta il discorso voglia mostrare di saperne di differenza sessuale. Dato che la posizione neutra si e' rivelata sempre meno sostenibile e capace di dare risposte, l'uscita di emergenza pare essere costituita da questa statica opposizione. Satura da subito di contenuti dati e consueti, essa circola rapidamente per la facilita' con cui riesce a mettere d'accordo le urgenze dei tempi e le esigenze del politically correct. Cosi', nella scadenza dell'ottomarzo viene organizzata, in un paese che conosco, una serata per far sentire la voce di donne di generazioni diverse, che ne hanno segnato in varie forme la storia. Si ascoltano racconti di vissuti in cui emergono forza, autonomia, inventiva. Stampa locale e opuscoli di circoscrizione annacquano percorsi biografici di donne coraggiose, e per certi versi fuori del comune, nel linguaggio di un femminismo tanto diffuso quanto opaco. Vi si legge di una serata al femminile. Per non dire di incontri in librerie della citta', soprattutto nei dintorni dell'ottomarzo, in cui donne ("donne di sesso femminile", verrebbe da dire, citando una famosa striscia di Pat Carra) si raccontano - si pensi un po' - al femminile. E persino di corsi teologici in cui persone di buona volonta' daranno -assistite, va da se', dallo spirito - una lettura al femminile dei testi sacri. Quel femminile, di fronte al quale anche la psicoanalisi dovette fare un passo indietro, lasciando all'aggettivo la difficile liberta' di essere un significante vuoto, sembra essere diventato un contenuto alla portata di tutti. Ricordo un ragazzino conosciuto anni fa a un corso di pattini, dove lui, agile e acrobatico nei movimenti, fungeva da aiutante della maestra. Poiche' sentiva il suo nome maschile come un affronto a quella che considerava la propria vera identita' sessuale, si arrabattava come poteva per assumere modi e sembianze femminili. Aspettava impaziente il sospirato intervento chirurgico, capace a suo dire di rimettere le cose a posto e rendergli giustizia. Ma era lacerato, alle prese con quell'"enigma della femminilita'" che aveva comprensibilmente fretta di risolvere, riempiendolo di significati concreti e precisi, spendibili nella vita quotidiana. E cosi' si accompagnava quasi sempre a donne, rimanendo pero' perplesso e perfino qualche volta sconcertato nel non trovare quelle rispondenze e complicita' che si sarebbe aspettato. Lo ricordo infreddolito dentro abiti leggeri, con bluse scollate e paperine ai piedi in pieno inverno, incerto nel vedere ragazze e donne intorno a lui arrivare al corso con vestiti pesanti e perlopiu' sportivi, che niente concedevano alla civetteria, qualcuna perfino con gli anfibi. La vicinanza concreta di donne che cercava e con cui stava volentieri aveva insomma l'effetto di scompaginare quel femminile in cui tutto si tiene, costruito per rigorosa opposizione al maschile, dove l'uno e l'altro, femminile e maschile, rimandano a un universo fermo e sigillato. Un universo simile a quello disegnato dalle espressioni "al femminile" e "al maschile". Dove l'orecchio avverte una stonatura, e' la grammatica a venire in soccorso. E la grammatica ci spiega che in una parola c'e' una radice e ci sono desinenze che la declinano, trasformandola ma insieme mantenendone la sostanza. "Al femminile" e "al maschile" hanno tutta l'aria di avere funzione simile a quella di una desinenza, desinenza che articola, modifica e trasforma qualcosa di primo, fondamentale, irriducibile. Che deve essere neutro, se si puo' declinare al maschile o al femminile. Come se ci fosse una realta' originaria, un fondo amorfo ed estremamente duttile, che si puo' manipolare e strapazzare peggio di una plastilina, facendogli assumere connotati al femminile oppure al maschile. Insomma, le pensiamo proprio tutte pur di non pensare che le donne sono quello che sono, donne e basta. Non sono uomini, non sono l'Uomo, non sono persone e non sono neanche al femminile. E arrivare cosi' ad arrenderci davanti al fatto nudo e crudo che l'umanita' sono donne e uomini, che in comune hanno quella congiunzione, in italiano una semplice vocale, corta, fragile e difficile. L'essere donne e uomini e' un primum. Non e' preceduto da niente. Siamo compromessi, donne e uomini, nella parzialita' della differenza sessuale che incarniamo senza possibilita' di uno sguardo di sorvolo capace di farci vedere dal di fuori quella realta' di cui facciamo parte. E il gioco che costruiamo vivendo ci trova implicati, non ci consente di prendere una pausa uscendone, per contemplarlo dall'esterno. L'entrata nel simbolico e' segnata dall'essere sessuati, dallo stare in un sistema di relazioni in cui la propria posizione sessuata e' imprescindibile, e' una finestra sull'universo dentro la quale soltanto si puo' giocare la propria unicita' umana. La differenza sessuale non e' riducibile a lenti con cui un soggetto neutro vede nell'una o nell'altra maniera il mondo. Pensare di entrarne o uscirne a piacere sarebbe come pretendere che il mondo si fermasse per farci scendere. 7. INFORMAZIONE. LA NEWSLETTER N. 6 DI "QUESTO MONDO NON E' IN VENDITA" [Riportiamo la newsletter n. 6 del 16 luglio 2003 della campagna "Questo mondo non e' in vendita" (per contatti: info at campagnawto.org)] Da Palermo verso Cancun, le richieste della campagna ai ministri dell'Unione Europea. Le iniziative di Palermo Durante il fine settimana del 5 e 6 luglio a Palermo c'era anche il famoso Corporate Giant, l'enorme pupazzo che rappresenta un banchiere della City protagonista della protesta nelle strade di Seattle nel 1999 in occasione della terza ministeriale del Wto. Ma c'erano anche tanti membri della societa' civile internazionale ed italiana. Tutti arrivati a ricordare ai ministri del commercio dell'Unione europea e al commissario Pascal Lamy, convenuti a Palermo per una riunione informale che doveva fissare la linea dell'Unione per la prossima ministeriale del Wto a Cancun, dal 10 al 14 settembre, che l'espansione dell'agenda dell'Organizzazione mondiale del commercio e i possibili accordi sull'agricoltura in sintonia con la posizione americana non farebbero che favorire gli interessi delle grosse multinazionali occidentali, a scapito dei paesi in via di sviluppo, in buona parte infatti contrari. La campagna italiana "Questo mondo non e' in vendita", insieme alla rete europea "Seattle to Brussels", hanno movimentato il caldo fine settimana palermitano con seminari, incontri di strategia, eventi di piazza, biciclettate e la consegna ai ministri delle richieste delle Ong e delle associazioni su quello che l'Ue dovrebbe fare al vertice di Cancun. Quindi non solo posizioni di contrasto, ma anche contenuti, approfonditi durante il seminario del 5 mattina, che ha visto l'intervento di esponenti di importanti Ong internazionali, come Friends of the Earth, World Development Movement e Arab Ngo Network, ed italiane, tra le altre Greenpeace e Legambiente. E proprio nel seminario si e' discusso di due degli argomenti piu' caldi che attualmente monopolizzano l'agenda del Wto: i "nuovi temi", ovvero i cosiddetti Singapore Issues, e l'agricoltura. Ma anche momenti festosi, con i circa cento i bici-attivisti che la domenica mattina hanno colorato le vie di Palermo con le bandiere della pace. Ad attendere in piazza Indipendenza i ciclisti anti-Wto della campagna "Questo mondo non e' in vendita" pane e panelle a volonta' grazie alle botteghe del Commercio equo e solidale di Palermo "Le Rosa di Atacama" e "Fata Zucchina". * Le nostre richieste Prima dell'ingresso a Palazzo dei Normanni della delegazione ufficiale, foto ricordo per la delegazione della campagna davanti a una tavola apparecchiata con prodotti tipici da salvare contro le nuove regole del Wto, ai piedi del Corporate Giant. Sicuramente il passaggio piu' importante e' pero' stato la consegna a Palazzo dei Normanni, sede del vertice, delle richieste ai ministri. Il documento, di poco piu' di due pagine, sottoscritto da oltre cento tra organizzazioni ed associazioni europee, puo' essere sintetizzato in questi quattro punti fondamentali: - I ministri del commercio dell'Unione europea devono ritirare il loro sostegno all'inizio dei negoziati sui nuovi temi Singapore Issues (liberalizzazione degli investimenti all'estero, politiche sulla competizione, trasparenza sugli appalti pubblici internazionali e facilitazione delle pratiche commerciali). Questo vuol dire una revisione del mandato negoziale conferito dal Consiglio al Commissario Lamy nel 1999, prima della terza ministeriale del Wto a Seattle. - I ministri devono smettere di impegnarsi in strategie per "accordi ingannevoli". I ministri sono invitati a rispettare gli impegni precedentemente presi per ridurre il dumping sui sussidi e per muoversi nella direzione di un'agricoltura piu' sostenibile senza richiedere come contropartita delle ulteriori concessioni da parte dei paesi in via di sviluppo. - I ministri devono sostenere l'agenda per rivedere e riformare radicalmente le esistenti regole sul commercio piuttosto che forzare l'avvio di un nuovo insieme di negoziati che la maggior parte dei paesi in via di sviluppo non vuole. - I ministri devono assumersi le loro responsabilita' per quel che riguarda le proprie decisioni nel periodo di avvicinamento alla ministeriale di Cancun. Si incoraggiano quindi i paesi membri dell'Ue a far sentire le loro preoccupazioni in merito all'attuale posizione della Commissione europea sui nuovi temi ed a sostenere un'agenda negoziale europea che risponda maggiormente alle preoccupazioni dei cittadini dell'Unione ed alle richieste di riduzione della poverta' e di sviluppo sostenibile. * La posizione europea Purtroppo l'Unione non sembra essere sulla stessa lunghezza d'onda della societa' civile dei suoi stati membri anche se alcuni parlamenti e governi europei iniziano a mettere in dubbio la linea negoziale che verra' tenuta a Cancun. E' di questi giorni la notizia che il nuovo governo belga intende proporre la revisione del mandato di Lamy, in particolare per quanto riguarda il negoziato sui servizi (Gats), mentre il ministro dell'ambiente inglese, la baronessa Amos, ha per la prima volta riconosciuto che il negoziato sui nuovi temi potrebbe non essere una priorita' nell'agenda negoziale dell'Ue ed il parlamento inglese ha impegnato il governo nella stessa direzione. Durante la conferenza stampa di fine vertice il vice-ministro Urso ed il commissario Lamy hanno confermato l'intenzione di voler raggiungere un accordo sull'agricoltura che parte da posizioni comuni con gli Usa, soprattutto dopo l'approvazione della politica agricola europea (Pac) duramente criticata dalle Ong del settore. Oltre alla Pac anche la nuova normativa sull'etichettatura dei prodotti ogm sembra far cadere un altro elemento di frizione tra Ue e Usa. Ricordiamo che gli Usa hanno intentato una procedura formale al Wto contro l'Ue proprio a causa della moratoria europea dei prodotti contenenti ogm. * La situazione dei negoziati Le due superpotenze mondiali sembrano inoltre marciare in sintonia anche sulla delicata questione dei nuovi temi. L'effetto dell'espansione dell'agenda del Wto, e quindi di un'accentuata apertura dei mercati dei paesi in via di sviluppo agli interessi delle grosse multinazionali occidentali, sembra infatti convincere sia Lamy che Zoellick, il suo collega d'oltreoceano. Molto meno d'accordo la maggioranza dei paesi in via di sviluppo a partire da Cina, India ed il gruppo dei paesi piu' poveri. Proprio questi ultimi, durante il loro meeting tenutosi a Dhaka, Bangladesh, nello scorso giugno, hanno preso una posizione fortemente contraria ai nuovi temi. Il loro timore, condiviso dalle reti internazionali di Ong ed associazioni che fanno campagna sul Wto, e' che i vantaggi per le loro economie derivanti dalla liberalizzazione degli investimenti siano pressoche' nulli, anzi che le conseguenze potrebbero essere decisamente negative. D'altronde i loro timori sembrano essere suffragati dai fatti. Oltre a numerosi studi autorevoli che confermano questi pericoli, basta guardare al ruolo che importanti gruppi di lobby che fanno capo alle multinazionali, come l'International Chamber of Commerce, hanno giocato nel plasmare la linea dell'Ue sui nuovi temi. Parliamo comunque di consulenze del tutto interessate e fortemente incoraggiate dalla Commissione, ben felice di potersi basare sugli studi dei centri di ricerca di questi gruppi di lobby. Nullo invece in proposito il ruolo delle Ong, che tanto avevano da dire, purtroppo rimanendo quasi inascoltate. Ma nonostante cio' il pericolo che Cancun sia una nuova Seattle e che, come negli Usa, i nuovi temi non entrino nell'agenda del Wto c'e' ed e' molto concreto. Le concessioni che Usa e Ue intendono fare ai paesi in via di sviluppo, ed a cui ha vagamente accennato Lamy a Palermo, potrebbero non bastare. Nel frattempo tutte le scadenze negoziali previste prima della ministeriale in Messico non sono state rispettate e lo stesso Supachai Panitchpakdi, direttore generale del Wto, inizia a ventilare l'ipotesi di un fallimento. Questo e' quello che si augura la societa' civile internazionale, per far si' che Cancun sia il punto di partenza per aprire una nuova fase di consultazione e dibattito che rilanci con forza la proposta di regole democratiche e trasparenti che tutelino gli interessi ed i diritti delle economie piu' fragili del globo, mettendo al primo posto lo sviluppo sostenibile, i diritti ambientali e sociali dei popoli e non i profitti delle multinazionali. * Cancun: accordo sull'agricoltura?! Il riassunto sulla situazione del negoziato, con il contributo del Centro Internazionale Crocevia (www.croceviaterra.it). Il povero presidente del Consiglio Agricolo Stuart Harbinson, quello che al Wto conduce il negoziato sulla liberalizzazione del commercio dei prodotti agricoli, il 7 di luglio conferma quello che aveva gia' annunciato il 26 giugno: le posizioni tra le parti restano lontane ed e' difficile metterle d'accordo. Comunque un nuovo appuntamento e' fissato per il 16 e 17 luglio per vedere di fare qualche passo avanti su sussidi all'esportazione, sostegno interno all'agricoltura, accesso ai mercati. L'Unione Europea con la sua mini-riforma della Pac, introducendo il disaccoppiamento dei premi comunitari e lasciando essenzialmente inalterati i sostegni all'esportazione ed altre misure collaterali, mantiene intatta la strategia di conquista aggressiva dei mercati degli altri. Gli Usa attaccano l'Ue sulla moratoria sugli ogm ma tacciono sul resto poiche' sanno che non si possono permettere di togliere il sostegno pubblico alle loro esportazioni agricole: sono assolutamente non concorrenziali ne' verso l'Europa ne' verso altri paesi esportatori detti in via di sviluppo. Le elite locali dei Pvs, quelle che adorano produrre per esportare usando il dumping sociale ed ambientale per essere concorrenziali, non hanno avuto soddisfazione alle loro mire ultraliberiste in termini di accesso ai mercati ricchi, in particolare dell'Europa; gli altri Pvs in generale ancora debbono capire che cosa ci guadagnano ad accettare le "proposte" avanzate dall'Europa (perche' gli Usa sono mesi che non propongono niente) e quindi resistono a sottoscrivere impegni fosse anche solo sulle modalita' con cui deve procedere il negoziato a Cancun sull'agricoltura. Niente pero' puo' impedire un accordo esclusivamente politico, all'ultimo momento, dove l'Ue scambia con gli Usa concessioni sull'agricoltura con contropartite nel settore dei servizi o degli investimenti. * "Questo mondo non e' in vendita" e' una campagna promossa da: Arci, Attac, Azione Aiuto, Banca Etica, Campagna Riforma Banca Mondiale, Centro Internazionale Crocevia, Centro Nuovo Modello di Sviluppo, Chiama l'Africa, Cipsi, DeA - Donne e Ambiente, Focsiv, GreenPeace, Lila Cedius, Lunaria, Mani Tese, Rete Lilliput, Roba Dell'Altro Mondo, Terra Madre, Terra Nuova - Gruppo di appoggio al movimento contadino africano, Unione degli Studenti, Unione degli Universitari. Con l'adesione e il sostegno di: Associazione delle Botteghe del Mondo, Ctm-Altromercato, Wwf, Medici Senza Frontiere, Campagna Sdebitarsi, Acea onlus, Sinistra Ecologista, Un altro mondo Onlus, Peacelink, Traduttori per la pace, Associazione Un mondo senza guerre, Forum per la democrazia costituzionale europea, Territorio scuola, Associazione Tatavasco, Coordinamento milanese la pace in comune, Acli Milano, Civilta' Contadina, Associazione Il seme, Associazione Kokopelli, Associazione Verdelitorale, Servizio Civile Internazionale, Brusciano sinistra giovanile, Associazione Marco Mascagna onlus, Coop il Ponte, Rete controg8 per la globalizzazione dei diritti, Mir - Movimento Internazionale della Riconciliazione, Associazione Soleterre - strategie di pace, Sud Pontino Social Forum, Cooperativa sociale San Paolo, Sulta, Economica internazionale (Icei) Istituto cooperazione, Gruppo No-Wto Aquila, Peoples' Law Programme, Commissione "Globalizzazione e ambiente" (Glam) della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, Asvi (Agenzia per lo Sviluppo del No Profit), Associazione Le Formiche - Omegna, Ipsia - Milano, La Bottega della Solidarieta' Calumet - Catania, Le Rose di Atacama - Palermo, Gruppo d'acquisto la fata Zucchina - Palermo. 8. RIFLESSIONE. LUCA FAZIO INTERVISTA MARIO VALPREDA SULLA DISTRUZIONE DEI CAMPI INQUINATI CON SEMI OGM IN PIEMONTE [Dal quotidiano "Il manifesto" del 15 luglio 2003. Luca Fazio e' un noto giornalista ambientalista. Mario Valpreda dirige il Dipartimento di sanita' pubblica nella Regione Piemonte] Mario Valpreda e' il direttore del dipartimento di sanita' pubblica in Piemonte. Non e' abituato a lanciare proclami allarmistici eppure stavolta, di fronte alla tentata frode delle multinazionali che hanno inquinato i campi con semi ogm, non esita a dire che "e' arrivato il momento di colpire duro". - Luca Fazio: Davvero non potevate far altro che ordinare la distruzione dei campi? - Mario Valpreda: La tutela della sicurezza del consumatore costituisce l'obiettivo della politica sanitaria della Regione Piemonte, una politica che ci ha visto in prima fila in azioni di lotta agli anabolizzanti e ai fitofarmaci, nel controllo sanitario del latte e dei formaggi e delle malattie infettive del bestiame. Facciamo duecentomila analisi l'anno. - L. F.: Monsanto ha parlato di "presenza accidentale" di ogm, secondo lei invece c'e' dell'altro? - M. V.: Non e' un incidente. Intanto siamo dovuti intervenire per obbligo di legge. Loro, se avevano una partita di semi ogm, dovevano dichiararlo sull'etichetta: e invece hanno frodato gli agricoltori vendendo partite di sementi senza specificare il vero contenuto. E' evidente che in questo comportamento c'e' malafede. La strategia delle multinazionali e' di mettere l'agricoltura di fronte al fatto compiuto per poter dire che la presenza degli ogm ormai e' inevitabile. - L. F.: Quello piemontese e' un caso isolato? - M. V.: Stanno facendo la stessa cosa in tutta Italia gia' da qualche anno. - L. F.: Ma allora non c'e' scampo. - M. V.: Con la nostra azione decisa abbiamo evidenziato un rischio serio. Dobbiamo bloccare questa espansione e correre ai ripari, dobbiamo cominciare a colpire duramente. - L. F.: Non tutti gli agricoltori frodati pero' sono d'accordo con la linea dura della Regione Piemonte. - M. V.: Li abbiamo consultati prima di decidere e il 70% era d'accordo con la distruzione. A tutti gli agricoltori vorrei dire che la qualita' si ottiene con i fatti e non con le chiacchiere: il soggetto di riferimento deve essere sempre il consumatore che chiaramente non vuole gli ogm. Abbiamo convinto la Procura del fatto che gli agricoltori non sono colpevoli. La Regione aprira' linee di credito per chi distrugge i campi, chi invece non accetta questa soluzione, oltre a non ottenere il rimborso verra' perseguito a termini di legge e in piu' rischia anche una penale perche' potrebbe inquinare i campi vicini. - L. F.: Coldiretti ha detto si', pero' la Confederazione italiana agricoltori si e' espressa diversamente. - M. V.: La posizione della Cia e' a dir poco ambigua: dire che a questo punto il nostro provvedimento e' inutile vuol dire non averne capito il significato e soprattutto non rendersi conto di quanto alta sia posta in gioco per il sistema agricolo di tutta Europa e non solo in Italia. - L. F.: La Cia (Confederazione italiana agricoltori) dice che non sono state fatte le analisi sulle piante e che ormai l'impollinazione e' gia' avvenuta e quindi e' inutile la distruzione dei campi. - M. V.: Le analisi sono state fatte sui semi e la legge parla chiaro: quei semi sono vietati. Analizzare adesso le piante richiederebbe tempi lunghissimi, per trovare gli esiti della contaminazione dovremmo metterci a cercare gli ogm pianta per pianta e nel frattempo l'impollinazione procederebbe: perche' non e' vero che e' avvenuta, sta avvenendo adesso. - L. F.: Possono coesistere colture ogm e ogm-free? - M. V.: E' impossibile, se non ipotizzando campi in territori tra loro isolati. E' complicatissimo nel nostro territorio, e in piu' i costi per i controlli sarebbero altissimi, direi antieconomici. - L. F.: Alcuni scienziati, che hanno grandi mezzi per mettere in croce chi si oppone agli ogm, non hanno perso tempo per propagandare il pensiero unico delle multinazionali. - M. V.: Sono sempre le solite reazioni scontate con accuse assurde di oscurantismo e antiscientiamo. In realta' questi ricercatori progettano e parlano anche di cose strane, come quelle che circolano in questi giorni sul pomodoro San Marzano che rischia di scomparire a causa di un virus. Beh, dovrebbero anche dire che l'unico pomodoro transgenico prodotto, quello resistente alla marcescenza, hanno dovuto ritirarlo dal mercato perche' sapeva di metallo. - L. F.: E i grandi benefici per l'agricoltura del futuro sbandierati dagli esperti? solo propaganda? - M. V.: La quasi totalita' delle piante transgeniche in commercio sono quelle piu' resistenti ai diserbanti, che guarda caso sono prodotti dalle stesse ditte che brevettano i semi. Le pressioni delle multinazionali sono forti a tutti i livelli, non vogliono fare altro che favorire il mercato americano, utilizzando anche un argomento ipocrita e immorale: la fame nel mondo e' un problema di equita' nella distribuzione. - L. F.: Ma e' vero che siccome dipendiamo dagli Usa per i semi e' inutile parlare di tolleranza zero? - M. V.: Fino a che non metteremo a punto un piano sementiero alternativo. Ma, solo per fare un esempio, c'e' il Brasile che produce tonnellate di mais non contaminato. 9. LETTURE. GIULIO ANGIONI: IL MARE INTORNO Giulio Angioni, Il mare intorno, Sellerio, Palermo 2003, pp. 212, euro 9. Una scrittura musicale di acuta attenzione alle voci disperse, in guisa di viaggio nella memoria nell'epoca della confusione delle lingue e delle identita', e del sovrapporsi e nascondersi di passato e presente, nello specchio del labirintico rapporto tra isola e mondo, il mondo carnevalizzato e vieppiu' tragico. Giulio Angioni e' docente di antropologia culturale a Cagliari ed altresi' autore di varie prove narrative. 10. RILETTURE. SYLVIA PLATH: LADY LAZARUS E ALTRE POESIE Sylvia Plath, Lady Lazarus e altre poesie, Mondadori, Milano 1976, 1999, pp. 208, lire 12.000. Tradotte da Giovanni Giudici, alcune delle poesie piu' belle e drammatiche di una delle voci - delle coscienze - piu' profonde e straziate del Novecento. 11. RILETTURE. ROSVITA: TUTTO IL TEATRO Rosvita, Tutto il teatro, Rizzoli, Milano 1952, pp. 176. Meritano di essere riletti questi drammi religiosi di Rosvita di Gandersheim, monaca e poetessa vissuta nel decimo secolo. 12. RILETTURE. ANNA STORTI ABATE: INTRODUZIONE A CAPUANA Anna Storti Abate: Introduzione a Capuana, Laterza, Roma-Bari 1989, pp. 176, lire 16.000. Una utile, accurata monografia. 13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 14. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 616 del 19 luglio 2003
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