La nonviolenza e' in cammino. 605



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 605 dell'8 luglio 2003

Sommario di questo numero:
1. Lidia Menapace: volontari di pace e mercenari criminali
2. Luciana Castellina: i sentieri del movimento per la pace
3. Maria G. Di Rienzo: cantare
4. Ricciardo Aloisi: ancora dieci parole sul sentiero da Assisi a Gubbio
5. Paola Mosconi e Renzo Samaritani: per avere pace
6. Il "Cos in rete" di luglio
7. Un incontro dei Gruppi di azione nonviolenta a Verona
8. Dal 27 al 31 agosto un corso del Centro nuovo modello di sviluppo
9. Letture: Davide Tarizzo, Introduzione a Lacan
10. Letture: Thomas Taterka: Dante deutsch
11. La "Carta" del Movimento Nonviolento
12. Per saperne di piu'

1. RIFLESSIONE. LIDIA MENAPACE: VOLONTARI DI PACE E MERCENARI CRIMINALI
[Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: llidiamenapace at virgilio.it) per
averci messo a disposizione questo intervento, originariamente una lettera
privata ad un'altra persona comune amica, cui siamo grati per aver promosso
questo approfondimento. Lidia Menapace e' nata a Novara nel 1924, partecipa
alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica
amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra
le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti
della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La maggior parte degli
scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e
riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. (a
cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani,
Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia
politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in
collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra
indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo
accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna,
Milano 2001]
Chiamo volontari di pace - e credo che nel movimento pacifista questo
significato sia condiviso - tutti e tutte quielle che senza divisa ne' armi
vanno nei luoghi di conflitto per fare interposizione, aiuto alle
popolazioni sotto embargo, assistenza sanitaria  ecc.
Questi sono i soli e le sole volontarie di pace e possono essere pagati/e
con soldi propri (come Emergency, che ne raccoglie da offerte spontaee) o
dai governi (ma molti volontari di pace non accettano fondi da governi che
abbiano in qualche modo preso parte a  guerre, come appunto Emergency che
rifiuta i finanziamenti del governo italiano, mentre altre associazioni
civili di volontariato li accettano).
In conseguenza di cio' le retribuzioni dei volontari di pace sono
differenziate, mai pero' molto significative.
Vengono poi chiamati, ma a mio parere per propaganda, "soldati di pace"
anche quelli e quelle che in divisa e armati fanno varie spedizioni di
differente significato in paesi nei quali vi e' o vi e' stata una guerra; e
vanno da quelli che sono agli ordini della Nazioni Unite a quellli che sono
agli ordini delle potenze occupanti, come succede in Afghanistan e piu'
ancora in Iraq, e ancora in Kosovo e in molti luoghi in Africa.
Questi e queste non possono essere chiamati volontari di pace, perche' non
si puo' fare la pace con le armi e perche' di solito svolgono altre funzioni
di tipo militare di occupazione del territorio di un altro paese. D'ora in
avanti l'esercito italiano, abolita la leva obbligatoria, sara' formato solo
da volontari militari armati, come quelli che ho descritto e che chiamo
infatti piu' propriamente "mercenari", perche' accettano per denaro
qualsiasi "ingaggio", anche di bombardare citta' dall'aereo, o sparare a
vista, o incendiare villaggi, o disseminare mine antipersona.
So che il ricatto economico e' forte, ma mentre posso accettare una
giustificazione per la polizia che svolge compiti di pubblica sicurezza (e
potrebbe in molti casi agire disarmata), non l'accetto per l'esercito che e'
solo uno strumento violento.
Non e' percio' lecito a mio parere scusare un giovane, come dice lei, "che
in due anni riesce a portare a casa trecento milioni puliti": sono sporchi,
come se fossero denari del crimine. Forse pensa che il mio discorso sia
troppo rigido, ma non bisogna mai dimenticare che la Carta delle Nazioni
Unire definisce la guerra sempre "un crimine" e percio' non vado lontano dal
vero se dico che chi fa la guerra per di piu' volontariamente e' un
criminale.

2. RIFLESSIONE. LUCIANA CASTELLINA: I SENTIERI DEL MOVIMENTO PER LA PACE
[Da "La rivista del manifesto" (in rete: www.larivistadelmanifesto.it), n.
41 del luglio-agosto 2003, riprendiamo questo articolo di Luciana
Castellina, militante politica, promotrice dell'esperienza del "Manifesto",
piu' volte parlamentare italiana ed europea, e' tra le figure piu'
significative dell'impegno pacifista in Europa. La gran parte degli scritti
di Luciana Castellina, testi di intervento politico e di giornalismo
militante, e' dispersa in giornali e riviste, atti di convegni, dibattiti
parlamentari; in volume segnaliamo Che c'e' in Amerika?, Bertani, Verona, e
il recentissimo (a cura di), Il cammino dei movimenti, Intra Moenia, Napoli]
"Ma dove sono finiti i pacifisti?". L'interrogativo, pur insistentemente
ripetuto da nemici ma anche da amici, i movimenti che hanno portato in
piazza piu' di cento milioni di persone in tutto il mondo, il 15 febbraio,
lo considerano indecente. Hanno qualche ragione a provare fastidio, perche'
e' un ritornello che segue ogni manifestazione di massa, ogni volta che la
fase piu' calda di un conflitto cede il passo a un "dopo" anche piu'
complicato. E' accaduto anche "dopo" la Bosnia e il Kosovo, quando pure a
centinaia i pacifisti sono restati sul terreno a fare cose assai importanti
e di cui tuttavia nessuno ha parlato. Controcorrente. Alla domanda
rispondono unanimi: "Dove sono finiti i vostri riflettori, piuttosto. Se non
vedete qualcosa in tv per voi non esiste".
Quello che invece esiste e' un gran lavoro capillare, tantissime iniziative
che richiedono un grande impegno, sia pure diffuso e discreto. E anche molti
momenti di riflessione collettiva, perche' la situazione e' complessa e
impone risposte nuove (i seminari della Tavola della pace, dell'Arci, di
Lilliput, di Pax Christi, di Mani Tese, ecc.). Non separati, ma sempre con
la partecipazione anche degli altri. Perche' anche questo e' un fatto nuovo
e specificamente italiano: l'unita' fra le varie componenti del movimento si
e' nel corso di quest'anno rafforzata, e non a scapito della radicalita'.
Tanto e' vero che agli appuntamenti internazionali si accetta ormai come
prassi normale che vada e parli uno per tutti. Qualcosa su cui in pochi solo
qualche tempo fa avrebbero scommesso.
Del resto non si puo' scendere in piazza ogni settimana. Tanto piu' se ci si
vuole radicare, che e' poi quanto chiedono sia fatto gli stessi che poi
pero' non vedono e che se si facessero solo marce visibili direbbero che non
si vive di soli cortei. Per dire di una sola cosa che si sta facendo in
Italia, per esempio: rendere tutti coloro che hanno appeso la bandiera della
pace "coscienti del loro gesto", trasformarli in soggetti politici
consapevoli e attivi. E non e' poco se si considera il numero delle
bandiere. A Verona, dentro l'Arena, il primo giugno si e' persino tenuto un
primo grande convegno delle bandiere ("modalita' lillipuziana di agire",
rivendica l'organizzazione di padre Zanotelli) con lo slogan "per la pace mi
espongo anch'io".
*
Altrettanto e forse anche maggiore fastidio suscita l'altro commento: "Siete
bravi e generosi ma non siete serviti a niente: la guerra l'America l'ha
fatta lo stesso e l'ha pure rapidamente vinta". Senza i movimenti -
rispondono - Germania e Francia avrebbero ceduto, e cosi' la guerra sarebbe
stata legittimata dall'Onu, travolgendo definitivamente anche la
credibilita' di questa istituzione. Inoltre con la protesta si e' alzato il
livello di guardia, si sono resi piu' azzardati ulteriori futuri interventi
militari. Ma, soprattutto, dicono, se nonostante la maggioranza della gente
si sia pronunciata contro la guerra in tanti paesi; se negli stessi Stati
Uniti la mobilitazione, superando il trauma dell'11 settembre, ha per la
prima volta coinvolto tutte le Chiese (la Conferenza dei vescovi cattolici e
il Consiglio nazionale delle Chiese), suscitando i pronunciamenti di ben 162
citta' e impegnando i sindacati (per il Vietnam non era accaduto); se,
nonostante tutto questo, Washington e Londra, con l'appoggio di Roma e
Madrid e Varsavia, hanno fatto ugualmente la guerra; se - secondo
un'indagine di "Famiglia Cristiana" - alla domanda chi piu' ha fatto per la
pace il papa risulta naturalmente in testa ma il movimento pacifista al 65 %
(l'opposizione solo al 35 %), ebbene, questo non e' il segno della nostra
debolezza ma il segno che qualcosa di marcio c'e' ormai nella nostra
democrazia. E non a caso proprio il tema della crisi della democrazia -
della necessita' di ripensare il modello di rappresentanza e comunque
impedire che siano cancellati fondamentali diritti acquisiti - e' balzato in
cima all'ordine del giorno di seminari e assemblee. Con drammaticita'.
*
Intanto una cosa molto importante e' accaduta in questi mesi: i movimenti
per la pace si sono mondializzati. L'ha provato la straordinaria
mobilitazione del 15 febbraio, ma anche tutti gli appuntamenti che sono
seguiti a breve distanza. Negli anni '80 al movimento europeo per il disarmo
gli ci vollero anni ed enormi sforzi per strappare un coordinamento, che
comunque non abbracciava che il vecchio continente, mentre ora la prima
scadenza c'e' stata gia' - il 18-21 maggio -, in una capitale non usuale,
Giacarta, che prova di per se' l'estensione internazionale dei movimenti,
l'ingresso di popoli fino a oggi estranei a questo tipo di mobilitazione.
Nella citta' indonesiana sono convenuti i rappresentanti delle piu'
importanti coalizioni pacifiste di 24 paesi (Australia, Austria, Brasile,
Canada, East Timor, Francia, Hong Kong, India, Indonesia, Israele, Italia,
Giappone, Corea, Libano, Malesia, Olanda, Nicaragua, Filippine, Sud Africa,
Tunisia, Turchia, Regno Unito, Stati Uniti e anche Iraq e Afghanistan), che
hanno messo a punto, dopo tre giorni di intenso dibattito, una dichiarazione
comune - il Jakarta Peace Consensus (gia' tradotto in tutte le lingue) - e
un piano d'azione, gia' riesaminato e arricchito nell'incontro promosso il
31 maggio a Evian, in occasione del vertice dei G8. Un'analoga conferenza,
centrata soprattutto sull'accelerato processo di militarizzazione
dell'America Latina - che e' un altro aspetto della guerra in atto - si era
peraltro tenuta l'8 maggio nel Chiapas.
*
Fra gli impegni, tutti essendo un po' stufi dei continui controvertici,
puntualmente molestati dal corpo estraneo dei black blok (fenomeno da stadio
e non politico, sono concordi nel dire tutti), molti riguardano l'Iraq, che,
e' stato detto, non deve essere abbandonato. E percio': delegazioni di massa
e costanti nel paese, per coinvolgere anche le embrionali organizzazioni
irachene; osservatori in loco e denuncia puntuale dell'occupazione illegale;
opposizione al riconoscimento di qualsiasi governo non scelto liberamente
dagli stessi iracheni; denuncia delle ong che servono di copertura
all'occupazione; mobilitazione contro il crescente maccartismo in America e
impegno nella campagna "Il mondo dice no a Bush", che dovra' culminare in
una manifestazione durante la Convenzione repubblicana a New York, nel
settembre 2004, e nel boicottaggio mondiale dei prodotti Usa il 4 luglio
2004, anniversario dell'indipendenza; campagna contro tutte le basi militari
americane dislocate nel mondo, e molto altro, a scadenze ravvicinate ma
anche assai in la' nel tempo. Perche' la guerra e' infinita e dunque
richiede tempi di mobilitazione infiniti. In Italia naturalmente la marcia
Perugia-Assisi, il 12 ottobre, questa volta preceduta da una "Audizione
mondiale" promossa dalla Tavola della pace.
L'appuntamento piu' importante riguarda comunque nei prossimi mesi il
vertice dell'Omc, a Cancun, in settembre. Perche' - e questa e' la
caratteristica nuova del movimento pacifista, impensabile negli anni '80 - i
movimenti per la pace coincidono con quelli antiglobalizzazione,
antiliberisti. "Il movimento antiglobalizzazione e' l'avanguardia del
movimento della pace", si legge nel documento di Giacarta. Perche'
dall'Agesci (i boy scouts cattolici) ai Disubbidienti, da Pax Christi alla
Asian Peace Alliance, sono convinti che a provocare la guerra e' il sistema
e che dunque per evitarla bisogna cambiarlo. Sembra il ritorno ad antiche
posizioni della sinistra che storicamente, non a caso, era sempre rimasta
distinta dal pacifismo. Oggi la divisione fra piu' moderati e piu' radicali
non passa piu' per crinali ideologici, tanto e' vero che il grosso dei
credenti mette in discussione il sistema in cui viviamo, anche se non lo
chiama "capitalismo" e rintraccia i connotati del sistema alternativo nella
Pacem in terris, laddove l'Enciclica di papa Giovanni XXIII parla di pace,
giustizia, solidarieta', verita'.
Le distinzioni sono casomai soprattutto nei modi della contestazione e nel
modo di essere, di stare nel movimento. Fra i credenti piu' forte e' il
sospetto verso la politica, quasi il terrore di "diventare soggetti
politici", anche se nei fatti lo sono a pieno titolo. Lilliput dice di si':
"essere, fare, sentirsi rete", e i suoi aderenti si definiscono "cospiratori
di un nuovo mondo in costruzione", quasi a sottolineare che non vogliono
entrare sulla scena della politica. Ma la fantasia nel coniare formule e'
infinita: "facilitatori della partecipazione", si autodefiniscono quelli
della Tavola della pace, mentre "gruppo di continuita'" si chiama, per
esempio, quello che a Lilliput tiene i rapporti con le altre organizzazioni
del Forum sociale (che comunque hanno accesso attraverso una "porta di
servizio privilegiata"), e i suoi aderenti invocano le parole di Ernst Bloch
per spiegare il proprio punto di arrivo: "Il non-ancora cosciente come nuova
classe della coscienza del nuovo".
Ovunque si moltiplicano le "reti" e le "tavole", le "convergenze
reticolari", l'aggettivo "verticale" e' aborrito, guai a non essere
"orizzontali". Talvolta, a seguire i dibattiti, si ha quasi l'impressione
che interessi ai partecipanti piu' che la pace il decidere come ognuno si
rapporta all'altro. Puo' sembrare un limite e certamente lo e'. Ma occorre
anche capire che i guasti della "politica" sono stati in questi anni cosi'
gravi che la diffidenza non sparira' a breve; e peraltro e' realmente
difficile capire come si evitano le divisioni, senza cadere in compromessi
minimalisti, come si conserva la propria identita' senza omologarsi, e
tuttavia non si rinuncia al dialogo plurale.
*
I pacifisti non sono scoraggiati. Le analisi che, con il contributo degli
"intellettuali del movimento" (quelli che si sono impegnati a discutere con
loro nelle loro tantissime scadenze e le think tanks incorporate, autori di
testi che circolano vorticosamente in tutte le lingue via internet animando
una discussione planetaria), spingono quasi tutte le organizzazioni a
ritenere la guerra il segno della debolezza e non della forza dell'impero,
l'unilateralismo americano espressione di prepotenza ma anche riflesso della
crisi che ormai investe il processo di globalizzazione, minato da sempre
piu' emergenti protezionismi, che mettono ormai in discussione anche
l'efficacia dell'Organizzazione del commercio - sino a ieri potentissima, e
oggi alle prese col suo prossimo vertice a Cancun, da cui non sa bene come
uscire. Non c'e' una Pax Americana anche solo minimamente analoga alla Pax
Romana - dice Walden Bello, direttore del Focus on Global South di
Bangkok -, perche' gli Stati Uniti non hanno acquisito ne' legittimita' ne'
consenso. Durante la guerra fredda avevano la forza dei paladini di un'idea
forte di democrazia, mentre oggi quel loro modello e' dominato da corrotte
corporations, e' incapace di consolidare un ordine decente sia in
Afghanistan che in Iraq. Tutto e' cominciato con la crisi finanziaria
dell'Asia, nel '96, che ha rivelato la nudita' del re ed e' stata la
"Stalingrado del Fmi".
Una diagnosi simile arriva dall'Europa. Nel contributo scritto da Pierre
Khalfa per il seminario "Nuove responsabilita' per i militanti di un'altra
globalizzazione", tenuto il 5 di maggio, si va oltre, ponendo interrogativi
complessi: se e' vero che i conflitti interimperialisti, gia' emersi in
occasione della guerra all'Iraq, sono destinati a moltiplicarsi, quali
saranno i rapporti fra il movimento e le potenze che si ribellano
all'unilateralismo americano ma conservano a loro volta la loro vocazione
imperiale? E, ancora, come districarsi, in una situazione in cui il problema
del rapporto con l'islamismo diverra' di fatto centrale, fra opposizione
agli Stati Uniti e opposizione alla violazione dei diritti umani che nella
maggior parte dei paesi dominati dall'integralismo religioso musulmano viene
non solo perpetrata ma teorizzata? L'attacco ai feddayn iraniani, operato
dal governo francese in difesa del regime komeinista in questo momento sotto
il tiro di Washington, non e' che l'ultimo esempio del carattere dirompente
del problema.
*
Complessi per il movimento, che di questa complessita' e' largamente
cosciente, sono anche i temi Onu ed Europa.
In merito al primo ci si sforza di lavorare sulla riforma dell'istituzione,
si' da non doversi trovare ad avallare sue inaccettabili eventuali scelte
solo perche' oggi le Nazioni Unite sono, piu' che mai, una barriera contro
l'unilateralismo americano.
Sulla seconda questione, sebbene la tesi che individua crescenti
contraddizioni nel campo imperialista prevalga, con buona pace dei teorici
negriani del comando unificato del capitale, e' poi difficile capire se e
come il modello storico europeo puo' realmente rappresentare una leva cui
ricorrere per contestare il disegno americano e spesso si finisce per
pensare all'Unione europea solo come a uno dei motori della globalizzazione
capitalista, sicche' i Forum continentali rischiano di diventare semplici
scadenze geografiche.
"Dove porre il cursore dell'arbitraggio - si domanda Bernard Cassen,
presidente onorario di Attac - fra una presa di posizione geo-strategica
(indebolire l'Impero sostenendo i suoi oppositori, anche se liberisti) e una
presa di posizione domestica contro tali oppositori, in nome delle loro
politiche liberiste?". Cassen non risponde chiaramente all'interrogativo ma
lancia sia pure in forma molto dubitativa un messaggio, che porta il segno
di una cultura francese che marca anche un pezzo del movimento in quel
paese; ma che ha gia' provocato - e meno male - la levata di scudi nei
movimenti degli altri paesi: non bisognerebbe forse creare una forza di
difesa europea, non competitiva con quella degli Stati Uniti, ormai
irraggiungibili, ma nel senso di garantire qualche forma di autonomia
minimale al solo soggetto, l'Europa, in grado di contenere Washington
(satellite Galileo, Airbus per il trasporto di truppe, per esempio)? A costo
di rischiare divisioni, conclude Cassen, non possiamo fare gli struzzi,
meglio portare questi temi allo scoperto. I movimenti italiani hanno
comunque, per parte loro, gia' tutti risposto no; e anzi hanno tutti
attaccato con forza la Margherita (e cosi' lanciato un avvertimento ai Ds)
perche' nel suo programma ha inserito un'ipotesi di esercito europeo e ora
si preparano a una battaglia per impedire che nella finanziaria passi un
gia' temuto aumento della spesa militare, magari avallato dall'Ulivo in nome
della pretesa autonomia europea.
*
Non vorrei aver fornito un'immagine trionfalista dello stato dei movimenti.
I buchi neri non mancano.
Lo stato del movimento non e', innanzitutto, uguale in Europa. E gia' si
teme per il prossimo Forum sociale europeo, che si terra' a Parigi in
novembre. In Francia e' stata inventata una straordinaria rete, che ha
intrecciato pezzi di establishment intellettuale e militanti riportati alla
politica - Attac - ma la forza del movimento e' ben lontana da quella del
movimento italiano, cosi' come del resto in Germania, dove era fortissimo
negli anni '80 e ora e' stato ferito dall'involuzione dei Verdi, che allora
ne erano stati i principali animatori. Non solo: come sara' possibile
ripetere il successo di Firenze senza l'humus delle istituzioni locali e
della societa' civile toscana, eredita' ancora non del tutto liquidata di
quell'altra eccezione che fu in Europa il Pci? E ancora: il movimento
pacifista e antiglobal italiano non si e' certo tirato indietro in occasione
del referendum, intuendo che l'estensione dell'articolo 18 era parte della
propria battaglia antiliberista. Ma certo, a differenza del sindacato, con
cui pure condivide ormai quasi tutte le manifestazioni, non deve negoziare
ne' portare a casa concreti e materiali vantaggi per i propri aderenti. Come
e' naturale, la vicenda del contratto dei metalmeccanici, pur essenziale a
determinare i rapporti di forza della prossima fase e dunque il quadro
politico, suscita generica solidarieta' ma poco di piu'.
E pero' i partiti politici se ne occupano forse di piu'? La diffidenza nei
loro confronti nasce anche da questo: l'impressione che si interessino a
tutt'altro e dunque non siano di alcun aiuto nell'affrontare problematiche
cui sembrano estranei. Quella che loro considerano politica vera - la
questione dell'acqua o del clima, la poverta' di tre quarti dell'umanita',
le guerre costanti nei continenti che non contano - non e' mai all'ordine
del giorno dei partiti, anche di quelli piu' vicini, se non nei sermoni
domenicali. Di qui il rifiuto a partecipare ai tanti tavoli che vengono loro
proposti alla vigilia di qualche elezione. Non si tratta, infatti, di
aggiungere qualche nome piu' fresco alle liste e tanto meno di spartirsi i
ruoli. Si tratta di ripensare fino in fondo la rappresentanza, sapendo -
dice Raffaella Bolini, Arci - che il liberismo ha finito per definirla tutta
e solo in termini di interessi corporativi e mercificati. E cosi' persino in
Italia, paese dove i partiti piu' che altrove avevano saputo incontrarsi con
la societa' civile, ora si sono scavati solchi incolmabili.
E tuttavia, di fronte all'accelerarsi dei tempi della crisi, di fronte
all'obbrobrio di Berlusconi e piu' recentemente a seguito del venir meno
della speranza Cofferati, che per una frangia non irrilevante dei movimenti
aveva contato, la domanda di come si puo' incidere in Italia in tempi piu'
ravvicinati si va ponendo un po' in tutte le riflessioni. Ma una risposta
frettolosa e semplificata, come quella di un nuovo partito o di un
rinnovamento di quelli esistenti incontra il rifiuto. Anche perche' pesa
ancora la sconfitta del '68, sia di quelli che scelsero di dar vita a nuove
formazioni, sia di quelli che provarono a cambiare quelle tradizionali. Come
si potrebbe evitare che diventino come quelli che gia' ci sono?
Alle elezioni i militanti dei movimenti certo vanno a votare, ma il loro
peso elettorale e' troppo esiguo per trarne qualche indicazione. E del resto
il loro voto - basta sentirli parlare - e' dato, ma non e' considerato
essenziale, e dei risultati elettorali non discutono quasi mai.
Dice ancora Bolini: certo che abbiamo bisogno di un nuovo progetto, di un
nuovo disegno del mondo. E non possiamo farlo se non in corsa. Resistere e
pensare. Resistere e costruire idee. Resistere e produrre disegno e
coscienza, condizioni essenziali per accumulare forza, per costruire le
alleanze per comporlo davvero.
Questa intende essere solo una nota informativa sullo stato del movimento.
Cui credo si debba guardare, nonostante tutti i suoi limiti, con grande
rispetto. Viviamo in un tempo in cui costruire un diverso e migliore mondo
e' possibile ma difficilissimo. Gia' non aver rinunciato all'impresa mi pare
un miracolo.

3. ESPERIENZE. MARIA G. DI RIENZO: CANTARE
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
questo intervento. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici
di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista,
giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto
rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento
di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel
movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta'
e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza]

"Gioia e dolore, i due materiali che formano il mio canto, ed il vostro, che
e' il mio stesso canto, e il canto di tutti, che e' il mio proprio canto"
(Violeta Parra).

"In circa 300 donne andammo a Burao. Legammo fasce bianche attorno alla
testa (il bianco e' il colore della rabbia o del dolore nella cultura
somala) e di corsa ci buttammo in mezzo ai due gruppi di combattenti.
Andavamo avanti e indietro in quello spazio, cantando dei tristi "buranbuur"
(poemi o canzoni di donne) e chiedendo ai combattenti di ricordare che tempi
orribili loro e le loro famiglie avevano attraversato. Mentre facevamo
questo, gli uomini smisero di sparare. I guerrieri furono svergognati dalle
nostre canzoni. Cio' che fece loro deporre le armi furono le canzoni piene
di lacrime che cantavamo muovendoci da una parte all'altra, sino a che i
combattenti raggiunsero un accordo sul cessare il fuoco" (una donna somala,
1992).
Quando la violenza esplose di nuovo, lo stesso anno, centinaia di donne con
striscioni e cartelli protestarono davanti al parlamento, chiedendo la
risoluzione pacifica dei conflitti. Gli anziani dei clan diedero ragione
alle donne, ma il loro movimento verso la pace era ancora lento. Cosi' le
donne continuarono a fare pressioni, sino a che ottennero la conferenza di
pace nell'ottobre 1992. Non furono ammesse come partecipanti o mediatrici,
ma al tavolo gli uomini ammisero che esse erano state "il vento che soffia
alle spalle della conferenza: hanno mobilitato gli anziani, preparato il
luogo ed il cibo, e incoraggiato i partecipanti a continuare a discutere
sino a che un accordo di pace non sia raggiunto". Alla conferenza nazionale
di Boroma, l'anno successivo, parteciparono dieci donne in rappresentanza di
due organizzazioni (Somaliland Women's Development Association e Somaliland
Women's Association): le petizioni che richiedevano espressamente la loro
presenza indussero i delegati ad accettarle. Non fu loro riconosciuto il
diritto di voto, ma le donne fecero sentire la loro influenza testimoniando,
presentando documenti, e usando di nuovo i "buranbuur" (dozzine di poemi e
di canti furono creati per l'occasione). Crearono una lobby trasversale di
pressione sugli uomini dei loro rispettivi clan, persuadendoli alla
riconciliazione per il bene dell'intero paese. Si fece cosi' strada l'idea
di un "sesto clan", il clan delle donne, a cui furono riservati 25 seggi nel
governo nazionale di transizione.

4. RIFLESSIONE. RICCIARDO ALOISI: ANCORA DIECI PAROLE SUL SENTIERO DA ASSISI
A GUBBIO
[Si svolgera' dal 4 al 7 settembre 2003 la camminata da Assisi a Gubbio
promossa dal Movimento Nonviolento come prosecuzione della marcia
Perugia-Assisi per la nonviolenza che si tenne nel settembre 2000. In
preparazione di questa iniziativa, cui tutte le persone amiche della
nonviolenza sono chiamate a partecipare e contribuire (per informazioni,
contatti, adesioni: e-mail: azionenonviolenta at sis.it; sito:
www.nonviolenti.org), da alcuni mesi e' stato promosso un percorso di
riflessione articolato in "dieci parole della nonviolenza", proponendo ogni
mese una parola su cui riflettere. A questo percorso anche il nostro amico
Ricciardo Aloisi ha voluto contribuire]

1. Forza della verita'

Nella ricerca della verita'
con il rispetto della verita'
in saldo abbraccio alla verita'
preferisci soffrire e non far male.
*
2. Coscienza

Nella coscienza della sofferenza
nella coscienza della compresenza
nella coscienza della gaia scienza
si tempra e si rinsalda l'alma frale.
*
3. Amore

tolto il disegno resta il colore
tolta la forza resta il calore
tolta la speme resta il valore
tolta la terra resta ancora il sale.
*
4. Festa

Ogni giorno l'aurora dita rosate torna
ed ogni giorno reca nuova festa.
*
5. Sobrieta'

Cosi' esposti al bisogno, cosi' esposti
alla paura, questo solo farmaco
conosco che offra limpido un sollievo:
volere meno, avere meno, andare
piu' lentamente, piu' in profondita',
dividere quel che e' nella bisaccia
con lo straniero, e nel lungo cammino
saper godere del bene del mondo,
del raccontarsi le infinite storie.
*
6. Giustizia

Non ci fu data la scienza
del bene e del male, ci fu data
l'intelligenza del dolore e acuta
la percezione della nostra confusione.

Cosi' quasi ciechi e senza bordone
questo cammino abbiamo da fare
e cosi' fragili e stanchi come siamo
la violenza dobbiamo contrastare
ed all'ingiusto il giusto contrapporre
e nella nostra scarsa luce il bene opporre
al male.
*
7. Liberazione

E' liberta' incarnata ed in cammino,
se si fermasse, divenisse astratta,
la liberta' in un lampo si corrompe
e s'arrovescia. E' un fiore delicato:
come cessa di crescere gia' muore.
*
8. Potere di tutti

Ognuno ha un potere e quel potere
e' un seme prezioso che deve dare frutto.

Ma ogni potere e' una lama affilata
che puo' affettare il pane e puo' squarciare
cuori pulsanti.

Il potere di tutti e' la scelta
di dar valore alla vita di tutti
di riconoscere a tutti la forza
di capire, di decidere, di agire,
di orientare la forza al bene comune.
*
9. Bellezza

Nel polveroso turbine del tempo
perennemente in fuga e che incessante
tutto ti logora e tutto travolge
un sorso, un goccio, un'ombra di armonia
che allude a un ritrovarsi e' la belta'.
*
10. Persuasione

La persuasione e' la persuasione
del potere di tutti, fondato
sulla coscienza della compresenza.

Sentire presente in se'
l'umanita' intera
sentire il se' presente
nel flusso incessante della vita.

Sentire come empatia
sentire come ascolto profondo
afferramento alla verita'.

Della realta' di tutti lo splendore.

5. RIFLESSIONE. PAOLA MOSCONI E RENZO SAMARITANI: PER AVERE PACE
[Ringraziamo Paola Mosconi e Renzo Samaritani, dell'associazione Akhet-Aton
di Bologna (per contatti: nirvanananda_it at yahoo.it), per questo intervento]
Certamente possiamo cercare di opporci alla marea, ma non possiamo
aspettarci di annullarla. Il problema e' a monte.
Quando hai la casa allagata a causa di una falla nell'impianto idraulico,
asciugare l'acqua per terra e' futile.
Le basi sulle quali si sostiene la guerra, qualunque guerra, sono
l'ignoranza, il sospetto, l'egoismo, la mancanza di comunicazione positiva,
la frustrazione, l'illusione.
Nella societa' queste falle continuano a perdurare, a livello collettivo e a
livello individuale.
Dobbiamo chiudere queste falle cambiando a monte: come viviamo, cosa
compriamo, come ci relazioniamo con i "diversi", con gli immigrati, con le
altre culture e con le altre religioni.
*
Molti stanno ripetendo che le guerre non hanno niente a che vedere con la
religione. In un certo senso e' vero. Dipendono infatti dall'ignoranza e dal
materialismo. Ma una grossa fetta dell'ignoranza e del materialismo si
fondano su miti culturali, patriottici, "religiosi", dei quali non possiamo
e non dobbiamo ignorare l'esistenza. Specialmente quando l'identificazione
religiosa e' un'identificazione territoriale o etnica o culturale ("i
musulmani", "i cristiani", "gli ebrei").
A che serve parlare di interessi petroliferi e di politica internazionale a
un ignorante accecato e confuso convinto di andare a combattere per Allah,
per la patria americana, per "difendere la civilta'", per mettere fine
all'oppressione, per ristabilire le leggi divine? Non ci crederebbe mai. Ci
ammazzerebbe prima. Infatti continuiamo a dircele tra di noi, queste cose.
Per darci la sensazione di essere intelligenti, saggi, evoluti. Ci troviamo
tra noi, alle manifestazioni, al bar, sulle mailing list di internet.
Ma la percentuale di gente che fa parte del "noi" e' ancora troppo piccola.
Bisogna uscire dal gruppo, bisogna parlare con i mattoni del muro. I Pink
Floyd parlavano con i mattoni del muro, attraverso la musica, attraverso la
comunicazione di massa.
*
La massa non capisce i discorsi pratici, reali, terra terra, intelligenti e
costruttivi. Essendo un'entita' astratta, la massa capisce solo gli
argomenti astratti.
Le parole civilta', liberta', fedelta' alla religione, progresso, sono armi
psicologiche di cui non percepiamo la potenza. Le guerre le fanno le masse,
le elezioni le decidono le masse. La demagogia funziona sulle masse. E alle
masse bisogna versare quintali di "ideali", perche' e' di quello che si
nutrono. Cose che nessuno capisce perche' sono cosi' vaghe da poter essere
sovrapposte a qualsiasi idea abbia l'individuo ignorante sull'argomento. E
civilta' e liberta' diventano impunita' nei confronti di inquinamento e
sfruttamento di ogni genere. Fedelta' alla religione diventa fanatismo e
distruzione dei valori diversi e delle persone diverse, estremizzazione ed
etichettamento. Sta tutto nell'interpretazione di chi viene nutrito di
demagogia. E i demagoghi stanno sempre bene attenti a non precisare niente,
altrimenti il gioco si scopre e non riescono piu' a catturare le greggi e le
mandrie. Senno' il gioco non funziona piu', la rete non tiene.
*
Se la folla viene scissa in individui, la folla impara a vedere
l'individualita' delle persone - e il "nemico" impersonale diventa un essere
umano come te e come me, un individuo, con i suoi problemi, le sue
aspirazioni, le sue debolezze, i suoi sogni, i suoi amori, le sue
meschinita' e le sue grandezze. Una persona, ne' piu' ne' meno.
E allora la guerra non funziona piu'. Si "cade" nell'amicizia, nelle
relazioni personali, si vede che siamo davvero tutti uguali e tutti diversi.
Tutte le guerre devono instillare diffidenza, odio e incomunicabilita'
attraverso la propaganda, senno' non stanno in piedi.
Cosi' la propaganda di Al Jezeera non e' diversa dalla propaganda del tiggi'
italiano o delle reti tv a stelle e strisce. Gioca sulle emozioni,
sull'adrenalina, sulle identificazioni di parte. Propina a flusso continuo
motivazioni astratte, ideologiche nel senso peggiore del termine, prive di
qualsiasi contatto con la realta', ma la propaganda (in tutti i campi)
illude la gente che un'azione cosi' stupida e distruttiva come la guerra sia
"santa" e "buona". E naturalmente, che "Dio e' con noi", e "percio'
sicuramente vinceremo noi e distruggeremo tutti i nemici della vera
civilta'".
Non c'e' differenza tra le decine di migliaia di volontari della jihad,
sprovvisti di armi e di addestramento, arrivati a piedi e in autobus, che si
sono ammassati in Pakistan alla frontiera con l'Afghanistan chiedendo a gran
voce di essere lasciati andare a "combattere la jihad per Allah", e i poveri
Rambo scaricati dagli aerei americani che dopo un'adeguata dose di
"hollywood movies", hamburger e propaganda imperialista sono pronti a farsi
ammazzare pur di "difendere i valori della civilta', la liberta' eccetera
eccetera".
Le manifestazioni in piazza non li impressioneranno. Gli articoli sui
giornali non li leggeranno nemmeno. Le proteste, le lettere ai politici non
li sfioreranno minimamente.
Come non saranno impressionati o sfiorati i politici dei nostri governi.
Perche' sanno che lo stesso fanatismo, la stessa ignoranza, lo stesso
egoismo, la stessa mancanza di comunicazione e collaborazione sui quali
giocano i mass media, i partiti e i modellatori dell'opinione pubblica sono
le leve sulle quali possono facilmente giocare per vincere le prossime
elezioni.
*
La democrazia e' uno strumento che funziona solo se serve per aiutare le
masse a superare ignoranza, odio, incomprensione, egoismo, sospetto,
ristrettezza mentale. Altrimenti e' solo un amplificatore per l'ignoranza e
un canale per demagogie di qualsiasi colore. La vera democrazia non si fa in
parlamento o in piazza. Si fa nei centri sociali, si fa negli scambi
culturali e religiosi che non stanno avvenendo a sufficienza. Si fa con la
solidarieta' tangibile tra gruppi, tra classi sociali, tra etnie, tra
comunita' religiose, tra nazionalita'.
Se non siamo disposti a tendere una mano agli "stranieri" che hanno cercato
rifugio nel nostro paese per non appoggiare i fondamentalisti, e per vivere
nella liberta' e nella democrazia, se continuiamo a trattarli come nemici e
come intrusi, non potremo avere pace.
Se non siamo disposti al dialogo inter-religioso e inter-culturale per
appianare le differenze e trovare dei punti di contatto, spirituali e
pratici, non potremo avere pace.
Se non siamo disposti a rivedere le nostre scelte consumiste quotidiane, le
nostre logiche di investimento, le nostre pretese sul lavoro, i nostri
"diritti" affermati con scioperi e sprechi, non potremo avere pace.
Se non siamo disposti a pagare di persona, a tirarci su' le maniche, a
spalare via i rifiuti dell'intolleranza e della stupidita', non potremo
avere pace.
Se non siamo disposti a metterci nei panni di quelli che soffrono - per
qualsiasi motivo - e a lavorare con compassione, amore e rispetto per
mettere fine alla sofferenza - in qualsiasi luogo - non potremo avere pace.

6. INFORMAZIONE. IL "COS IN RETE" DI LUGLIO
[Dall'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini (per contatti: e-mail:
capitini at tiscalinet.it; sito: www.cosinrete.it) riceviamo e diffondiamo.
Invitiamo tutti i nostri lettori a visitare l'eccellente sito che reca molti
materiali di e su Aldo Capitini]
Vi segnaliamo nell'ultimo aggiornamento di luglio 2003 del "C.O.S. in rete"
(www.cosinrete.it) una selezione critica di alcuni riferimenti trovati sulla
stampa italiana ai temi capitiniani: nonviolenza, difesa della pace,
partecipazione al potere di tutti, controllo dal basso, religione aperta,
educazione aperta, antifascismo; tra cui: Il dovere di Matteotti; Gli
sprangatori inutili; San Pil; Petrolio e schiavitu'; Seviziata; Gli anni di
piombo; Cofferati a Bologna; Arrivano i nostri; Uno, dieci, cento Lula;
Omnicrazia online; Le pie illusioni; Gli storici fasci di Ciampi; Tenori e
pop; Il revisioncerchiobottismo; Il mio villaggio e l'universo; Quando si
puo' dire; La violenza del potere; ecc.
Piu' scritti di e su Aldo Capitini utili secondo noi alla riflessione
attuale sugli stessi temi.
Ricordiamo che sui temi capitiniani sopra citati la partecipazione al
"C.O.S. in rete" e' libera e aperta a tutti.
Il Centro di Orientamento Sociale (C.O.S.) fondato da Aldo Capitini nel 1944
offre uno spazio aperto per la riflessione sulle proposte capitiniane del
liberalsocialismo, del controllo dal basso e della nonviolenza attiva per
costruire una societa' aperta al potere di tutti, una religione aperta, una
educazione aperta.

7. INCONTRI. UN INCONTRO DEI GRUPPI DI AZIONE NONVIOLENTA A VERONA
[Da Andrea Trentini, del Gan di Trento (per contatti:
gantrentino at unimondo.org), riceviamo e diffondiamo. Vorremmo cogliere
l'occasione per rilevare che talora alcune iniziative lillipuziane ci paiono
non sufficientemente meditate e poco preparate, e che la riflessione sulla
nonviolenza in molte persone nella rete di Lilliput impegnate ci pare
talvolta superficiale e confusa e non di rado incondivisibile; la scelta
della nonviolenza, ed a fortiori la scelta dell'azione diretta nonviolenta,
richiedono una preparazione adeguata e un rigore di pensiero e di condotta
incompatibili con atteggiamenti goliardici e provocatori che purtroppo hanno
largo corso nel movimento per la globalizzazione dei diritti. Vorremmo
ancora una volta sottolineare l'opportunita' di un intenso lavoro di
autoformazione, per evitare di fare iniziative equivocabili o equivoche, i
cui esiti possono essere fin catastrofici. Stando cosi' le cose l'incontro
veronese di cui qui si da' qui notizia puo' essere sicuramente di grande
utilita', e bene sarebbe che ad esso altri facessero seguito, e che il
lavoro di formazione divenisse sempre piu' impegno di illimpidimento e
rigorizzazione del proprio sentire, riflettere ed agire; ve ne e' grande
bisogno]
Anche in Trentino, come in numerose citta' d'Italia, si e' costituito un
Gruppo di azione nonviolenta (Gan) che tra le varie iniziative sta
preparando la presenza durante le giornate del 4-5-6 settembre quando a Riva
del Garda ci saranno i ministri degli esteri dell'Unione europe. I prossimi
12-13 lugli si terra' a Verona presso i padri Comboniani un incontro
preparatorio delle azioni teatrali rigorosamente nonviolente da realizzare
con uscite colorate e coinvolgenti sui temi del vertice (...).
Per la preparazione delle azioni: ogni Gan e gruppo di affinita' e' invitato
a esercitarsi e ripensare idee e proposte per il prossimo incontro nazionale
dei Gan che si terra' sempre presso il Centro dei missionari comboniani di
Verona sabato 12 luglio con inizio dalle ore 10 fino alle 19 (con pausa
pranzo al sacco, da procurarsi o portarlo da casa), e domenica 13 luglio con
inizio dalle ore 9 fino alle 13.
L'incontro la mattina del sabato e' alle 9,30 alla stazione dei treni di
Verona. Per chi arriva in giornata o arriva con ritardo le istruzioni per
raggiungere il Centro dei padri comboniani sono: raggiungere l'Ospedale
Borgo Trento verso il Teatro Romano, chiedere per piazza Isolo e vicino ai
giardinetti chiedete del Centro e del Museo Africano che si trova dentro
(attenti alle viottole dove si deve entrare a sinistra).
C'e' la possibilita' di dormire a Verona presso l'ostello che e' vicinissimo
al Centro dei comboniani con il costo di 12,50 euro con prima colazione. Per
chi intendesse prenotarsi mettersi in contatto con il numero telefonico
045590360.
Vi chiediamo di confermare la vostra presenza entro il 9 luglio per quanto
riguarda tutti e due i giorni con sicurezza, perche' i comboniani ci
prenotano al sala e devono dire di no ad altri.
Approfondimento: per quanto possibile si richiede di fare una "prova
generale" prima dell'uscita ufficiale al summit. Sarebbe auspicabile che
qualche Gan locale provasse una simulazione per osservare e riportare al
prossimo incontro difficolta' e proposte.
Per informazioni e prenotazioni: per il Gan del Trentino: e-mail:
gantrentino at unimondo.org, tel. 3383400211 - 0461922040.

8. FORMAZIONE. DAL. 27 AL 31 AGOSTO UN CORSO DEL CENTRO NUOVO MODELLO DI
SVILUPPO
[Riceviamo e diffondiamo questo comunicato del Centro nuovo modello di
sviluppo di Vecchiano, una delle piu' rilevanti esperienze di impegno
teorico e pratico contro le ingiustizie globali, che affronta con rigore ed
efficacia i temi del disagio economico, sociale, fisico, psichico e
ambientale sia a livello locale che internazionale, con particolar
attenzione al Sud del mondo; il Centro ha promosso e sta portando avanti
importanti campagne per i diritti umani. Tra le opere del Centro nuovo
modello di sviluppo: Boycott, Macroedizioni; Lettera ad un consumatore del
Nord; Nord/Sud. Predatori, predati e opportunisti; Sulla pelle dei bambini;
Geografia del supermercato mondiale; Guida al consumo critico; Sud/Nord.
Nuove alleanze per la dignita' del lavoro; Ai figli del pianeta; tutti
presso la Emi. Francesco Gesualdi, principale animatore del Centro, e' nato
nel 1949, allievo della scuola di Barbiana (e' il Francuccio di don Milani),
tra altre rilevanti esperienze ha trascorso due anni in Bangladesh per un
servizio di volontariato ed e' tra i promotori della Rete di Lilliput. Tra
le opere di Francesco Gesualdi: Signorno', Guaraldi; Economia: conoscere per
scegliere, Lef; Energia nucleare: cos'e' e i rischi a cui ci espone,
Movimento Nonviolento; (con Jose' Luis Corzo Toral), Don Milani nella
scrittura collettiva, Edizioni Gruppo Abele; Manuale per un consumo
responsabile, Feltrinelli]
Sono aperte le iscrizioni per il corso residenziale estivo dal 27 al 31
agosto presso il Centro nuovo modello di sviluppo di Vecchiano (Pisa)
organizzato da Francesco Gesualdi sul tema: "L'economia sobria e solidale
come equa e sostenibile".
*
Per iscriversi e' necessario compilare una richiesta utilizzando la scheda
di iscrizione scaricabile presso il sito www.cnms.chiodofisso.org/scheda.pdf
ed inviarla all'indirizzo e-mail: cnms at chiodofisso.org indicando nel
soggetto "Iscrizione corso Cnms" oppure tramite fax al n. 0587615429, o per
posta all'indirizzo: Associazione Chiodofisso c/o Cooperativa sociale Il
Gabbiano, via Gramsci 56, 56030 Perignano (Pisa). La partecipazione al corso
prevede un massimo di 30 corsisti.
Le domande di iscrizione devono essere presentate entro il 10 luglio: entro
il 20 luglio verra' confermata l'accettazione della domanda. I corsisti sono
invitati a lasciare nella scheda di iscrizione l'indirizzo mail al quale
verra' inviata l'accettazione della domanda. Solo in casi eccezionali, la
notifica dell'accettazione sara' comunicata via telefonica. La domanda
potrebbe non essere accettata a causa del numero chiuso, in tal caso non
verra' inviata alcuna mail di risposta.
*
Descrizione del corso
Il passaggio dall'opulenza alla sobrieta' non e' solo una questione di stili
di vita. E' una rivoluzione che investe l'intera economia e l'intera
organizzazione sociale. Il Centro nuovo modello di sviluppo organizza un
corso che intende affrontare i cambiamenti che dobbiamo introdurre a livello
globale e a livello locale, per garantire sobrieta', piena occupazione e
soddisfacimento dei diritti fondamentali per tutti.
Il corso e' residenziale ed e' diretto ad insegnanti e a esponenti delle
associazioni ambientaliste, delle organizzazioni sindacali, del commercio
equo, della cooperazione internazionale e piu' in generale delle
associazioni di volontariato.
Il corso che sara' articolato in lezioni, testimonianze e gruppi di lavoro,
vertera' sui seguenti temi:
1) l'insostenibilita' della nostra opulenza e la necessita' di imboccare la
strada della sobrieta';
2) l'equita', la cooperazione e la difesa dei beni comuni, come principi
ispiratori di nuovi accordi internazionali, in un'ottica di sostenibilita' e
giustizia;
3) altri modi di concepire il benessere;
4) come riorganizzare l'economia pubblica per garantire a tutti il
soddisfacimento dei bisogni fondamentali in un contesto di economia
ridimensionata;
5) l'importanza del "fai-da-te" e delle reti di economia locale per una
piena occupazione senza crescita;
6) esperienze di nuove formule imprenditoriali come avamposti di un'economia
equa e solidale;
7) agenda politica per la costruzione di un'economia sobria e sostenibile.
*
Calendario del corso
- Mercoledi' 27 agosto 2003: ore 8,30-12,30 accoglienza dei partecipanti:
conoscenza di gruppo e indagine sulle aspettative. Vincenzo Lombardi,
Virginia Meo, animatori; ore 15-19 "Dall'economia dello spreco all'economia
della sobrieta': sfide globali e sfide locali". Francesco Gesualdi,
direttore del Centro nuovo modello di sviluppo.
- Giovedi' 28 agosto 2003: ore 8,30-10,15 discussione in gruppi sulla
relazione del 27 agosto. Vincenzo Lombardi, Virginia Meo, animatori;  ore
10,30-12,30 "La misura del benessere: i paradossi del Pil e le possibili
alternative in chiave etica e sostenibile". Bruno Cheli, ricercatore
statistico; ore 15-17 "Principi, regole e organismi di un nuovo ordine
mondiale a difesa dei beni comuni in una prospettiva di giustizia". Alberto
Zoratti, scrittore, ricercatore; ore 17,15-19 "Principi, regole e organismi
di un nuovo ordine mondiale a difesa di un commercio equo e sostenibile".
Sabina Siniscalchi, direttrice della fondazione culturale Responsabilita'
Etica.
- Venerdi' 29 agosto 2003: ore 8,30-12,30 "Elaborazione per immagini e
scrittura collettiva sulla relazione del 28 agosto". Vincenzo Lombardi,
Virginia Meo, animatori; ore 15-17 "L'economia pubblica in un contesto di
sobrieta': eliminarla, rafforzarla o riformularla in una prospettiva
gandhiana?". Roberto Burlando, economista; ore 17,15-19 "Il bilancio
partecipativo e altre forme di partecipazione diretta nell'esperienza di
Grottammare". Massimo Rossi, sindaco uscente di Grottammare.
- Sabato 30 agosto 2003: ore 8,30-10,15 discussione in gruppi sulla
relazione del 29 agosto. Vincenzo Lombardi, Virginia Meo, animatori;  ore
10,30-12,30 "La rete solidale locale nell'esperienza italiana". Andreea
Saroldi, scrittore, primo promotore di reti di economia solidale; ore 15-17
"Tempo e reciprocita' nei sistemi di scambio locale: alla ricerca di nuovi
fattori di ricchezza". Paolo Coluccia, scrittore, ricercatore; ore 17,15-19
"Un'altra impresa e' possibile?". Andrea Gandini, dirigente e consulente
aziendale.
- Domenica 31 agosto 2003: ore 8,30-12,30 "Le reti di economia solidale
nell'esperienza brasiliana". Euclides Andre' Mance; ore 15-19 "Cosa fare per
preparare la strada all'economia della sobrieta'?": conclusioni. Francesco
Gesualdi, Vincenzo Lombardi, Virginia Meo.
*
Il corso avra' luogo presso la sede del Centro nuovo modello di sviluppo,
via della Barra 32, 56019 Vecchiano (Pi). E' richiesto un contributo
simbolico di 10 euro, comprensivo della frequentazione del corso e del
pranzo di 5 giorni. Invitiamo chi avesse esigenze specifiche di
pernottamento a contattare la segreteria. Per contattare la segreteria del
corso: e-mail: cnms at chiodofisso.org, sito: www.cnms.chiodofisso.org

9. LETTURE. DAVIDE TARIZZO: INTRODUZIONE A LACAN
Davide Tarizzo, Introduzione a Lacan, Laterza, Roma-Bari 2003, pp. 168, euro
10. Una presentazione della riflessione di Lacan scandita attraverso
l'analisi delle sue opere fondamentali.

10. LETTURE. THOMAS TATERKA: DANTE DEUTSCH
Thomas Taterka, Dante deutsch. Studi sulla letteratura dei Lager, Sette
citta', Viterbo 2002, pp. 280, euro 19,60. Un vasto studio della letteratura
sui lager che utilizza anche l'opera dantesca come un utile strumento
ermeneutico - svolgendo riferimenti e proposte linguistiche ed
interpretative di Primo Levi, di Hannah Arendt, e di altri grandi testimoni
e studiosi della Shoah.

11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

12. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it;
angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it

Numero 605 dell'8 luglio 2003