[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
La nonviolenza e' in cammino. 598
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 598
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 30 Jun 2003 23:17:34 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 598 del primo luglio 2003 Sommario di questo numero: 1. Maria de Lourdes Jesus: una richiesta d'intervento presso la presidente della Rai 2. Crispino Scotolatori: ancora dieci parole sul sentiero da Assisi a Gubbio 3. Enrico Peyretti: il giusto e l'utile 4. Giovanni Scotto: l'Unione europea e il Congo 5. Augusto Cavadi: arriva il filosofo pratico 6. Ileana Montini: senso di insicurezza e rappresentazione sociale 7. Valentino Parlato: una sfida umana 8. Peppe Sini: due o tre cose che so sull'immigrazione 9. Francesco Comina presente "Prima che l'amore finisca" di Raniero la Valle 10. Riletture: Gioconda Belli, Il paese sotto la pelle 11. Riletture: Nadine Gordimer, Un mondo di stranieri 12. Riletture: Arundhati Roy, Guerra e' pace 13. La "Carta" del Movimento Nonviolento 14. Per saperne di piu' 1. APPELLI. MARIA DE LOURDES JESUS: UNA RICHIESTA D'INTERVENTO PRESSO LA PRESIDENTE DELLA RAI [Dalla rete europea contro il razzismo Enar (per contatti: lscagliotti at enar-it.org) riceviamo e diffondiamo questo appello di Maria de Lourdes Jesus (per contatti: mdelourdes at libero.it). Maria de Lourdes Jesus e' una prestigiosa e notissima intellettuale e giornalista] Carissimi, conoscendo la vostra sensibilita', e l'impegno comune nell'affrontare il fenomeno dell'immigrazione, mi permetto di scrivervi queste due righe per sottoporre alla vostra attenzione un fatto che ritengo molto grave, in quanto potrebbe compromettere seriamente un percorso in atto di sensibilizzazione dell'opinione pubblica rispetto alle tematiche sociali in generale e, in particolare, per quanto riguarda l'immigrazione. Si tratta della decisione di sospendere dal 15 giugno le trasmissioni radiofoniche Rai di Radio 1 dedicate alle tematiche sociali, quali: "Diversi da chi?", "Ponteradio" e "Permesso di Soggiorno". Sono trasmissioni alle quale ho sempre collaborato insieme ai curatori, rispettivamente, Paolo Fontana e Paolo Giovanelli. La sospensione e' stata realizzata senza alcun preavviso, tanto che ne abbiamo avuto notizia solo attraverso la presentazione del nuovo palinsesto estivo. Credo, e non sono l'unica a pensarlo, che la comprensione e l'accettazione della presenza, ormai stabile, degli immigrati in Italia, debba obbligatoriamente passare attraverso l'informazione, per poter creare quel minimo di condizione necessaria a facilitare l'inserimento sociale e culturale di quegli individui portatori di nuove culture che bussano alla porta degli italiani. Sono certa che se la gente comune conoscesse le ragioni profonde dell'immigrazione, le storie personali, le difficolta' di inserimento e le opportunita' e la ricchezza che il confronto fra culture diverse puo' produrre, questa gente saprebbe sicuramente rendersi disponibile, pronta ad aprirsi, a confrontarsi in modo costruttivo, fino a trovare una formula di coesistenza con questi nuovi cittadini italiani. Questa ipotesi potra' realizzarsi se ci sara' una continuita' nel tempo di programmi nei media capaci di affrontare queste tematiche in modo sereno e propositivo, che poi e' quello che abbiamo sempre cercato di fare durante gli otto anni di esistenza della trasmissione "Permesso di Soggiorno". Mi appello dunque a voi affinche' interveniate al piu' presto, presso la Presidente della Rai Lucia Annunziata, per trovare una soluzione ed una collocazione alle suddette trasmissioni nel prossimo palinsesto autunnale, visto che ormai quello estivo non dovrebbe essere piu' modificabile. Riteniamo infatti necessario un vostro intervento non solo per salvare le trasmissioni che si interessano delle tematiche sociali, ma anche per salvare quel patrimonio culturale e professionale accumulato negli anni di lavoro da professionisti che sono cresciuti e che hanno maturato la loro sensibilita' nel campo sociale anche grazie a queste trasmissioni. Certa di un vostro impegno, vi saluto e vi faccio auguri di continuazione di un buon lavoro. * Il fax della Presidente Rai e': 063611126. 2. RIFLESSIONE. CRISPINO SCOTOLATORI: ANCORA DIECI PAROLE SUL SENTIERO DA ASSISI A GUBBIO [Si svolgera' dal 4 al 7 settembre 2003 la camminata da Assisi a Gubbio promossa dal Movimento Nonviolento come prosecuzione della marcia Perugia-Assisi per la nonviolenza che si tenne nel settembre 2000. In preparazione di questa iniziativa, cui tutte le persone amiche della nonviolenza sono chiamate a partecipare e contribuire (per informazioni, contatti, adesioni: e-mail: azionenonviolenta at sis.it; sito: www.nonviolenti.org), da alcuni mesi e' stato promosso un percorso di riflessione articolato in "dieci parole della nonviolenza", proponendo ogni mese una parola su cui riflettere. A questo percorso anche il nostro amico Crispino Scotolatori ha voluto contribuire improvvisando questi versi] 1. Forza della verita' Tieniti stretto alla verita' e non temere il male affronta il male e vincilo con la pieta'. * 2. Coscienza L'arte la fede la sapienza tutto le e' di nutrimento ma solo lei tutto feconda e avviva nostra buona signora la coscienza. * 3. Amore Piu' passa il tempo e meno sono certo di saper dire cosa essere possa ma ovunque vedo splender la sua possa che regge il mondo e salva dal dolore. * 4. Festa Che cosa resta quando s'arresta ogni podesta e si ridesta l'ombra molesta estinte le gesta omai digesta nella foresta ogni tempesta se non quel lieve ricordo della festa? * 5. Sobrieta' Invigila te stesso, a te stesso esser presente sappi. e passa in largo giro la borraccia nessuno dei compagni resti senza un sorso d'acqua, un sorso d'amicizia. * 6. Giustizia Dapprima fu la spada, la bilancia appresso venne, verra' poi l'aratro. La rabbia, l'equilibrio, il nutrimento. S'ha da decidere che far del ferro: se forza, o legge, oppur misericordia. * 7. Liberazione Nel profondo lago nero del tuo cuore si nasconde il primo nemico. Nella lotta dentro te contro di te comincia quel cammino che da' pace. * 8. Potere di tutti Solo se si e' deliberato in comune potremo agire in comune. * 9. Bellezza E' quel che si oppone alla morte e' la gioia che rinasce ad ogni aurora e' la speranza di essere ascoltati e' tutto il mare dentro la conchiglia. * 10. Persuasione In quel piu' profondo colloquio corale in cui s'incontrano infine tutti i tu e non v'e' piu' contesa di mio e di tuo li' ci ritroveremo faccia a faccia. Ogni giorno e' quel colloquio corale ogni giorno devi fare la tua scelta. 3. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: IL GIUSTO E L'UTILE [Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: peyretti at tiscalinet.it) per questo intervento. Enrico Peyretti e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999. E' diffusa attraverso la rete telematica (ed abbiamo recentemente ripresentato in questo notiziario) la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente] Continua la serie delle leggi ad uso personale decretate dal capo del Governo degli Affari Propri. Come vedono gli italiani questo fenomeno? Frances Kennedy, dell'"Independent" e del "Sunday Times", fatta un'inchiesta in Italia, conclude: "Berlusconi e' riuscito in larga misura a imporre al paese la sua versione della realta', e questo per mezzo del suo impero mediatico e di una forma innovativa di lavaggio del cervello" ("Internazionale", 27 giugno 2003). Chi ancora non e' contagiato, come potra' difendersi, e difendere altri? Vedo due criteri del cittadino per valutare la politica: quello del giusto e quello dell'utile. Sono alternativi, ma forse non sono soltanto alternativi. * Trasimaco Ferrara Cos'e' la giustizia? Bella domanda. Si puo' vedere il primo libro della Repubblica (quella di Platone, non di Scalfari). "La giustizia non e' altro che l'utile del piu' forte, e cioe' del governo che detiene il potere in uno stato", rispondeva Trasimaco (sembra uno pseudonimo di Giuliano Ferrara) a Socrate. E aggiungeva che l'ingiustizia e' superiore alla giustizia e che la vita dell'ingiusto e' piu' felice di quella del giusto. Questo, al giorno d'oggi, non si puo' ancora dire in pubblico, anche se si pensa esattamente cosi'. E poi, nella nostra democrazia superiore a quella antica, l'unto del Signore, eletto dalla gente, decide sempre cose giuste, per definizione. Socrate confuta Trasimaco passo passo, e gli dice, tra l'altro, che mentre il giusto cerchera' di soverchiare l'ingiusto (cioe' il potente che fa il proprio utile) ma non un altro giusto, l'ingiusto, invece, cerchera' di soverchiare tutti, sia giusti che ingiusti. Cioe', mentre il giusto avra' come nemici gli ingiusti, ma non i giusti, l'ingiusto puo' avere contro di se' non solo i giusti ma anche gli ingiusti. Ecco cosa voleva dire Piero Ricca, quel giovane di Milano che apostrofo' Berlusconi col dirgli che finira' come Ceausescu e don Rodrigo: non era la minaccia della fucilazione, ma la previsione del tradimento dei suoi complici. E pare di vederne gia' alcuni segni. Se il giusto e' perseguitato, l'ingiusto non dorme tranquillo. Non e' veramente e sempre utile, essere ingiusti. Ci sono i martiri della giustizia, ma ci sono anche tanti falliti dell'ingiustizia. Pensare all'utile sacrificando il giusto non e' poi cosi' certo che garantisca piu' che pensare anzitutto al giusto. Dice la sapienza popolare: il diavolo fa le pentole ma non i coperchi. Dice il vangelo: cercate anzitutto la giustizia, tutto il resto verra' in sovrappiu'. * La regola d'oro Ma che cosa e' giusto? Giusta e' l'azione la cui regola puo' valere per tutti. Lo dice l'antichissima universale "regola d'oro" (in sostanza: tratta l'altro come te, perche' vale come te), presente in formulazioni analoghe in tutte le culture e sapienze e religioni; lo dice l'etica filosofica moderna; lo dicono in termini giuridici le dichiarazioni dei diritti umani recepite nelle Costituzioni migliori, come e' la nostra italiana. E' giusto in politica - per quanto la giustizia vi si possa realizzare, in modo approssimativo e non assoluto - cio' che rispetta i principi di eguaglianza dei diritti fondamentali. L'utile particolare eretto a legge - dunque a privilegio, legge privata - e' l'ingiusto mascherato da giusto. Meglio ancora dice don Milani nella Lettera ai giudici: le leggi sono giuste "quando sono la forza del debole", non sono giuste "quando sanzionano il sopruso del forte". La passione morale, e non il calcolo, puo' capire e giudicare le azioni politiche su questa base. Percio' la politica e', si', lavoro razionale freddo, ma sarebbe morta - e vediamo bene quanto lo e' - quando non e' animata dalla passione del vero, del bene, del bello e dunque del giusto. Nel giudizio dei cittadini, come nella competizione politica, si potra' guardare all'utile personale e di categoria, all'utile in quantita' di consensi per la propria parte, ma se cosi' si perdesse di vista il giusto, il bene comune, alla fine si perderebbe anche il vero utile proprio. * Il giusto e l'utile Il 4 giugno Berlusconi e' stato denunciato da un gruppo di senatori per attentato alla Costituzione. Alcune parti dell'opposizione vogliono promuovere un referendum abrogativo (arma a doppio taglio, come sappiamo bene) della legge sull'immunita' temporanea delle alte cariche, in realta' fatta solo per salvare Berlusconi dalla condanna imminente. Altre parti disapprovano queste iniziative sul piano politico perche', data la bassa sensibilita' popolare alla legalita' costituzionale, rischiano di essere utilizzate dal Berlusconi stesso, con il populismo spregiudicato che gli e' proprio. La posizione piu' rigorosamente costituzionale replica che deve valere cio' che e' giusto e obbligatorio piu' di cio' che e' politicamente utile, e che anzi solo cio' che e' giusto in definitiva sara' utile anche in termini di consenso popolare. Tra le due posizioni corre una tensione ineliminabile, propria della politica, tra il principio e il fatto, tra l'ideale e il possibile, tra il giusto e l'utile. Questi poli sono sempre entrambi da considerare, con un equilibrio e un dosaggio che vengono diversamente valutati nelle stesse posizioni mediane e sagge, senza contare le estreme, tutte teoriche o tutte pragmatiche, che tolgono quella tensione. Il pericolo attuale in Italia e' la politica dell'utile bieco, ristretto, cinico, del padrone della "Casa delle liberta'", una casa senza altra liberta' che quella arbitraria del suo padrone. Fino ad un certo punto, il suo utile e' pure l'utile dei suoi compari, alleati, sostenitori. Oltre un certo limite, che Berlusconi sta ormai toccando, questi si possono sentire utilizzati piu' che accontentati, e pensano a svincolarsi. La sorte di don Rodrigo, denunciato dal Griso come appestato, e' sempre pendente sul capo dei potenti che fanno il loro interesse sotto nome di giustizia, ma hanno bisogno di complici, fonte di debolezza e pericolo. Piu' o meno politicamente opportune o rischiose, la denuncia dei senatori e la proposta di quel referendum sono utili per ricordare che i principi costituzionali sono superiori all'opportunita' politica, non sono manipolabili ne' da chi li viola ne' da chi esita a farli valere in giudizio, preferendo cercare una rivincita politica nel normale giudizio dell'elettorato piu' che nella condanna giudiziaria. * Per buona coscienza o per cattiva delusione? In nome di che cosa l'opposizione a Berlusconi potra' cercare questa rivincita, con probabilita' di ottenerla? In nome della coscienza civile, della moralita' pubblica, della civilta' costituzionale? Ma non eccelle in queste virtu' il popolo che ha votato largamente un Berlusconi dimostratosi, anche prima del 1994 e del 2001, ben intenzionato e capace di massacrare la legalita' come sta facendo. Oppure in nome della delusione crescente seguita alle roboanti promesse e contratti rovesciati sui cittadini-spettatori dal Berlusconi in corsa elettorale televisiva? Per un limite della natura umana e dell'educazione civile italiana, accade che si cambi "idea" e scelta politica quando la precedente non ci da' l'utilita' sperata, intesa questa in termini molto economici, comodi, privati, particolari fino all'individualismo. Cioe', l'opposizione spera nella rivincita in nome del giusto o dell'utile? La bandiera della giustizia (legale, costituzionale, sociale, mondiale) ottiene meno numeri di quella dell'utile? Sara' anche vero. Ma attenti a farvi promuovere da elettori che vi cercano solo perche' delusi dalle mancate cattive promesse di Berlusconi e che potrebbero attendersi adempimenti della stessa qualita' privatistica che hanno sperato dal cavaliere. Gli elettori adescati dal corruttore dello spirito pubblico potranno validamente sostenere una politica opposta a quella berlusconiana solo se sapranno avere un ripensamento sostanziale, che li sposti un bel po' dal polo dell'utile bieco verso il polo del giusto possibile. L'opposizione che cerca il vantaggio elettorale per governare meglio questo nostro paese, cerchi prima e comprenda e incontri gli sforzi di chi con impegno, tra mille difficolta', controcorrente, promuove educazione morale e cultura civica, percio' veramente politica, del popolo italiano. C'e' da sperare che la statura di Berlusconi - parlo di statura morale - sia inferiore alla media nazionale, cioe' che gli italiani siano complessivamente migliori di questo piccolo uomo andato in politica per sfuggire alla giustizia col sottometterla. Chi e che cosa oggi li aiuta ad essere migliori? 4. RIFLESSIONE. GIOVANNI SCOTTO: L'UNIONE EUROPEA E IL CONGO [Ringraziamo Giovanni Scotto (per contatti: e-mail: gscotto at zedat.fu-berlin.de, sito: http://userpage.fu-berlin.de/~gscotto/) per averci messo a disposizione come anticipazione questo suo articolo che apparira' su "Azione nonviolenta" del luglio 2003. Giovanni Scotto e' uno dei piu' importanti studiosi italiani nell'ambito della peace research, studioso e amico della nonviolenza; ricercatore presso il "Berghof Research Center for Constructive Conflict Management" di Berlino; collabora con l'"Institute for Peace Work and Nonviolent Settlement of Conflicts" di Wahlenau e con il "Centro studi difesa civile" di Roma. Tra le opere di Giovanni Scotto: con Emanuele Arielli, I conflitti, Bruno Mondadori, Milano 1998; sempre con Emanuele Arielli, La guerra del Kosovo, Editori Riuniti, Roma 1999] Nel mese di giugno due eventi si sono sovrapposti a delineare l'Unione europea del futuro. La Convenzione a cui e' stato affidato il compito di redigere una bozza di costituzione europea ha completato il suo lavoro, gettando le basi per un migliore funzionamento delle istituzioni comunitarie e insieme per una piu' ampia rappresentativita' democratica degli organi di Bruxelles. Allo stesso tempo, l'Unione invia sotto la propria egida un contingente militare in Congo, da anni in preda a una guerra sanguinosa (le vittime si contano a milioni), una guerra che ha coinvolto numerosi stati della regione, dal Ruanda, all'Uganda, all'Angola. La coincidenza tra i due eventi non e' completamente casuale. Gia' nel 1992 l'entrata in vigore del trattato di Maastricht che creava l'Unione europea si accompagno' a un tentativo da parte dei Quindici di gestire la crisi e le guerre dell'ex Jugoslavia, prima con l'invio di un mediatore (lord Carrington), successivamente, nel 1994, prendendo in carico l'amministrazione della citta' di Mostar, distrutta dalle milizie croato-bosniache in un assedio feroce. Si ripete quindi, su scala piu' ampia, quello che e' successo un decennio fa: i paesi europei cercano con successo una maggiore coesione interna e sperimentano allo stesso tempo una politica estera comune. Il precedente della politica europea in ex Jugoslavia non e' incoraggiante. I politici dell'Unione non capirono la natura dei conflitti in Croazia e in Bosnia-Erzegovina, non videro il potenziale di crisi insito nel Kosovo, si divisero tra filocroati e filoserbi, abbandonando di fatto a se stessa la Bosnia musulmana. Sull'amministrazione europea di Mostar ha scritto pagine illuminanti Claudio Bazzocchi: gestita da diplomatici alla fine della propria carriera e senza competenze specifiche, la missione a Mostar riusci' a ricostruire gran parte delle infrastrutture distrutte durante l'assedio, ma cosi' facendo cemento' la divisione della citta' su basi etniche e il controllo del potere da parte delle forze nazionaliste. Per quanto e' dato sapere, nessuna valutazione approfondita e' stata effettuata dagli organi dell'Unione sull'esperienza di Mostar, che pure e' stata la piu' impegnativa della politica estera comune negli anni novanta. I due grandi limiti che hanno condannato all'insuccesso la missione a Mostar sembrano ripetersi nel caso del Congo. Da un lato appare trattarsi di un intervento ad hoc, senza una chiara guida politica e una visione di cio' che l'Unione intende ottenere. Nel caso del Congo, le truppe di peacekeeping europee saranno stazionate nei dintorni della citta' di Bunia per proteggere la popolazione civile dalle milizie delle etnie Hendu e Lema. Ma il Congo e' un paese vastissimo, in cui i focolai di conflitti armati sono assai numerosi, e le diverse fazioni vengono appoggiate dai paesi confinanti. Intanto a livello centrale si cerca di mettere in pratica un accordo del dicembre scorso per la costituzione di un governo provvisorio. La situazione e' estremamente complessa, e non puo' essere ridotta ad un solo fattore. Neppure la questione cruciale dello sfruttamento delle enormi ricchezze minerarie del paese definisce da sola le dinamiche della guerra in Congo. Il secondo pezzo mancante dell'iniziativa europea e' il raccordo con le forze che all'interno del paese, o dall'esilio, lavorano per una soluzione di pace. Negli ultimi anni in Africa si sono irrobustite le organizzazioni della societa' civile impegnate nel lavoro di costruzione della pace, trasformazione dei conflitti e riconciliazione: tra le esperienze piu' interessanti possono essere annoverate Nairobi Peace Initiative, con sede in Kenia, che lavora in tutta l'Africa a sud del Sahara, e la rete di organizzazioni West African Network for Peacebuilding. Il Congo e' stato al centro dell'attenzione di diversi gruppi italiani: per due anni di seguito delegazioni italiane hanno partecipato ad ampie manifestazioni a sostegno della pace (a Butembo nel 2001 e a Kisangani nel 2002) e hanno cercato di sensibilizzare la nostra opinione pubblica sul dramma congolese. Sarebbe urgente oggi rafforzare i legami tra la societa' civile europea e quella congolese, e costruire una piattaforma comune con le organizzazioni che lavorano per la costruzione della pace nella regione. Un'alleanza tra gli operatori di pace europei ed africani potrebbe trovare piu' facilmente ascolto presso i decisori politici dell'Unione, ed aiutare a rendere costruttiva la presenza militare europea. Speriamo di poter imparare questa volta dal fallimento europeo nell'ex Jugoslavia. 5. RIFLESSIONE. AUGUSTO CAVADI: ARRIVA IL FILOSOFO PRATICO [Ringraziamo Augusto Cavadi (per contatti: acavadi at lycos.com) per averci messo a disposizione questo suo articolo gia' apparso sull'edizione palermitana de "La repubblica" del 19 aprile 2003. Augusto Cavadi, prestigioso intellettuale ed educatore, collaboratore del Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo, e' impegnato nel movimento antimafia e nelle esperienze di risanamento a Palermo, collabora a varie qualificate riviste che si occupano di problematiche educative e che partecipano dell'impegno contro la mafia. Opere di Augusto Cavadi: Per meditare. Itinerari alla ricerca della consapevolezza, Gribaudi, Torino 1988; Con occhi nuovi. Risposte possibili a questioni inevitabili, Augustinus, Palermo 1989; Fare teologia a Palermo, Augustinus, Palermo 1990; Pregare senza confini, Paoline, Milano 1990; trad. portoghese 1999; Ciascuno nella sua lingua. Tracce per un'altra preghiera, Augustinus, Palermo 1991; Pregare con il cosmo, Paoline, Milano 1992, trad. portoghese 1999; Le nuove frontiere dell'impegno sociale, politico, ecclesiale, Paoline, Milano 1992; Liberarsi dal dominio mafioso. Che cosa puo' fare ciascuno di noi qui e subito, Dehoniane, Bologna 1993, seconda ed.; Il vangelo e la lupara. Materiali su chiese e mafia, 2 voll., Dehoniane, Bologna 1994; A scuola di antimafia. Materiali di studio, criteri educativi, esperienze didattiche, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; Essere profeti oggi. La dimensione profetica dell'esperienza cristiana, Dehoniane, Bologna 1997; trad. spagnola 1999; Jacques Maritain fra moderno e post-moderno, Edisco, Torino 1998; Volontari a Palermo. Indicazioni per chi fa o vuol fare l'operatore sociale, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1998, seconda ed.; voce "Pedagogia" nel cd- rom di AA. VV., La Mafia. 150 anni di storia e storie, Cliomedia Officina, Torino 1998, ed. inglese 1999; Ripartire dalle radici. Naufragio della politica e indicazioni dall'etica, Cittadella, Assisi, 2000; Le ideologie del Novecento, Rubbettino, Soveria Mannelli 2001. Vari suoi contributi sono apparsi sulle migliori riviste antimafia di Palermo. Indirizzi utili: segnaliamo il sito: http://www.neomedia.it/personal/augustocavadi (con bibliografia completa)] Non so piu' dove, ma mi e' capitato di ascoltare: "I filosofi costruiscono i castelli per aria. I matti corrono ad abitarli. Ma poi sono gli psicoterapeuti che riscuotono l'affitto". Ammesso che cosi' fosse, da qualche anno la situazione sta cambiando. I filosofi pensano che, se servono ancora a qualcosa, piu' che costruire castelli immaginari devono rendere piu' abitabili le citta' reali. Devono attivare strategie, luoghi, tempi di riflessione critica per la gente "comune" che - per quanto distratta da occupazioni e preoccupazioni - non puo' reprimere del tutto gli interrogativi esistenziali e collettivi ricorrenti sul senso della vita e della morte, dell'amore e della solitudine, dell'impegno politico e della malattia. Quando un genitore perde un figlio o una coppia entra in crisi o un manager va in pensione e' del tutto normale avvertire dubbi e malesseri. Chi ha soldi ricorre in questi casi alla psicoterapia: ma e' la scelta piu' adatta? Alcuni psicoterapeuti di formazione medica mi hanno confidato, in piu' d'una occasione, che in questi casi si trovano davanti a domande alle quali non sono stati minimamente preparati. Di fronte al dolore per un lutto o per una separazione, patologico e' soffrire o restare indifferenti? Ma allora la questione del perche' si soffra - e di come eventualmente reagire interiormente alla sofferenza morale - non e' una questione di medici e di malati: e' piuttosto una questione di scambio paritetico fra persone umane in grado di porsi domande e di tentare argomentazioni in risposta. E' una questione di dialogo interpersonale: proprio come, da Socrate in poi, l'hanno vissuta i filosofi autentici. Partendo da queste e da simili considerazioni, in Germania prima, negli Stati Uniti e in altri Paesi occidentali dopo, si e' andata diffondendo la pratica della "consulenza filosofica": una relazione di aiuto in cui il consultante (non "il paziente"), magari asciutto di storia della filosofia, chiede al consulente di poter confrontare le proprie idee, convinzioni ed ipotesi, sul significato dell'agire e del patire in questo mondo. Di volta in volta, spettera' al consulente capire se assumersi da solo la responsabilita' della relazione (dialogando personalmente o inserendo il consultante in piccoli gruppi di discussione o suggerendo una "libroterapia"...) o indirizzare l'altro anche ad uno psicoterapeuta (illustrandogli, possibilmente, quali siano le diverse scuole - talora alternative per indirizzo e metodologia - che il mercato offre in un determinato territorio). La "filosofia pratica" (come alcuni preferiscono denominare il philosophical counseling) si e' aperta un sentiero che sembra riscuotere un consenso crescente, soprattutto presso chi non e' disposto (per le ragioni piu' svariate, anche economiche) ad intraprendere una cura di anni: quando non ci sono delle patologie effettive, infatti, possono bastare anche due o tre incontri per trovare l'angolazione piu' adatta da cui osservare le proprie angosce e le proprie risorse interiori. Certo, come in tutte le nuove imprese non mancano ne' i rischi di strumentalizzazione da parte di millantatori ne' i trionfalismi: libri come "Platone e' meglio del Prozac" di Lou Marinoff, che pure servono ad un primo orientamento, hanno riscosso nel mondo un successo probabilmente ingiustificato rispetto ai meriti intrinseci. Ma anche questo e' segno di un'esigenza diffusa. Per conoscere meglio lo stato attuale della consulenza filosofica in Italia (anche in riferimento a possibili sbocchi occupazionali) la Facolta' di scienze della formazione dell'Universita' di Catania, in sinergia con la locale sezione della Societa' filosofica italiana, ha organizzato lunedi' 14 aprile una giornata di studio affollata di studiosi e studenti provenienti da varie aree della Sicilia. Si e' cercato (con dibattiti talora anche un po' troppo vivaci) di determinare meglio il profilo della nuova professione che non e' una consulenza medica per disagi psichici, non e' una direzione spirituale per problemi religiosi ne', tantomeno, un'assistenza didattica per difficolta' nell'apprendimento, quanto un servizio all'intelligenza di persone, famiglie, aziende e gruppi disposti a cercare da se' le risposte piu' adatte alle sfide di senso quotidiane. Tra i vari ospiti intervenuti al seminario almeno un cenno meritano Andrea Poma (docente di filosofia morale all'Universita' di Torino e presidente della Societa' italiana di consulenza filosofica "Phronesis") e il fiorentino Neri Pollastri (http://utenti.tripodi.it/Neri_Pollastri), coraggioso pioniere della pratica professionale nel nostro Paese. Nel pomeriggio la discussione si e' indirizzata su un settore che con la consulenza filosofica ha diversi punti di contatto e che non si presenta meno promettente: la filosofia per bambini. Ad aggiornare sull'argomento, anche alla luce di molteplici esperienze realizzate (www.filosofare.net) soprattutto in scuole elementari del Meridione italiano, sono stati Antonio Cosentino (che presiede il Crif di Cosenza) e Maura Striano dell'Universita' di Firenze. Forse aveva ragione davvero il vecchio Epicuro: "Nessuno, mentre e' giovane, indugi a filosofare, ne' se e' vecchio se ne stanchi: poiche' nessuno e' troppo o troppo poco maturo per acquistare il benessere dell'animo". 6. RIFLESSIONE. ILEANA MONTINI: SENSO DI INSICUREZZA E RAPPRESENTAZIONE SOCIALE [Ringraziamo Ileana Montini (per contatti: ileana.montini at tin.it) per questo intervento. Ileana Montini, prestigiosa intellettuale femminista, gia' insegnante, e' psicologa e psicoterapeuta. Nata nel 1940 a Pola da genitori romagnoli, studi a Ravenna e all'Universita' di Urbino, presso la prima scuola di giornalismo in Italia e poi sociologia; giornalista per "L'Avvenire d'Italia" diretto da Raniero La Valle; di forte impegno politico, morale, intellettuale; ha collaborato a, e fatto parte di, varie redazioni di periodici: della rivista di ricerca e studio del Movimento Femminile DC, insieme a Tina Anselmi, a Lidia Menapace, a Rosa Russo Jervolino, a Paola Gaiotti; di "Per la lotta" del Circolo "Jacques Maritain" di Rimini; della "Nuova Ecologia"; della redazione della rivista "Jesus Charitas" della "famiglia dei piccoli fratelli e delle piccole sorelle" insieme a fratel Carlo Carretto; del quotidiano "Il manifesto"; ha collaborato anche, tra l'altro, con la rivista "Testimonianze" diretta da padre Ernesto Balducci, a riviste femministe come "Reti", "Lapis", e alla rivista di pedagogia "Ecole"; attualmente collabora al "Paese delle donne". Ha partecipato al dissenso cattolico nelle Comunita' di Base; e preso parte ad alcune delle piu' nitide esperienze di impegno non solo genericamente politico ma gramscianamente intellettuale e morale della sinistra critica in Italia. Il suo primo libro e' stato La bambola rotta. Famiglia, chiesa, scuola nella formazione delle identita' maschile e femminile (Bertani, Verona 1975), cui ha fatto seguito Parlare con Dacia Maraini (Bertani, Verona). Nel 1978 e' uscito, presso Ottaviano, Comunione e liberazione nella cultura della disperazione. Nel 1992, edito dal Cite lombardo, e' uscito un libro che racconta un'esperienza per la prevenzione dei drop-out di cui ha redatto il progetto e curato la supervisione delle operatrici: titolo: "... ho qualche cosa anch'io di bello: affezionatrice di ogni cosa". Recentemente ha scritto la prefazione del libro di Nicoletta Crocella, Attraverso il silenzio (Stelle cadenti, Bassano (Vt) 2002) che racconta l'esperienza del Laboratorio psicopedagogico delle differenze di Brescia, luogo di formazione psicopedagogica delle insegnanti e delle donne che operano nelle relazioni d'aiuto, laboratorio nato a Brescia da un progetto di Ileana Montini e con alcune donne alla fine degli anni ottanta, preceduto dalla fondazione, insieme ad altre donne, della "Universita' delle donne Simone de Beauvoir". Su Ileana Montini, la sua opera, la sua pratica, la sua riflessione, hanno scritto pagine intense e illuminanti, anche di calda amicizia, Lidia Menapace e Rossana Rossanda] Le politiche sull'immigrazione nel nostro Paese stanno prendendo la piega pericolosa della repressione pura e semplice (si fa per dire) del fenomeno. Non ho ancora pero' ben capito le analisi e le proposte che si collocano a sinistra dell'Ulivo. Comunque, personalmente sono indirizzata a rilevare due aspetti: il primo e' la necessita' di regolamentare i flussi anche per evitare che, clandestinamente, giungano nel nostro territorio persone intenzionate a delinquere al posto di cercare lavoro e inserimento. Il secondo aspetto e' quello del sentimento di colpa collettiva causato dalle politiche coloniali e post che, insieme ad altri fattori politici ed economici, hanno generato le attuali situazioni nei Paesi da dove si emigra. Questo sentimento potrebbe essere un motivo per attivare, da parte delle persone di buona volonta', progetti riparatori come i microcrediti alle donne dell'Africa . Detto tutto cio', cerchero' di comprendere sia il senso diffuso di insicurezza, che le politiche "per la sicurezza" che le amministrazioni anche di centrosinistra attivano come possono. Un esempio. Nelle citta' del Nord si sta diffondendo un comportamento sconosciuto da parte delle donne. Le donne, come si sa, appoggiano la borsa sul sedile accanto alla guida. E' questo, sempre di piu', un comportamento a rischio. Agli incroci puo' accadere che la portiera venga aperta da qualcuno con l'intenzione di rubare la borsa. Da un po' di tempo le donne sempre piu' chiudono le portiere. Niente da fare, anche in pieno giorno puo' accadere che qualcuno si accosti alla vettura in sosta all'incrocio e colpisca il finestrino con la mano guantata che tiene in pugno una candela di auto con la quale il vetro viene rotto in mille minuscoli frammenti. Vogliamo allora fare lo sforzo di leggere il fenomeno nuovo della paura e della vittimizzazione nel Nord d'Italia? Lo ha fatto l'Istat con una ricerca (1997-1998) di qualche interesse e largamente commentata su "Ricerche di psicologia" (Il senso di sicurezza nei confronti della micro-criminalita', una ricerca esplorativa, n. 4/2002). Le fonti utilizzate per l'analisi della criminalita' in Italia sono due: la "statistica della delittuosita'" (i reati denunciati all'autorita' giudiziaria, di polizia, carabinieri e guardia di finanza) e la "statistica della criminalita'" (i reati contro cui l'autorita' giudiziaria ha avviato un'azione penale). Fino alla fine degli anni ottanta il tasso resta quasi costante per subire un incremento. I reati denunciati con piu' frequenza nel 1996 sono stati i borseggi, i furti di auto in sosta. L'Italia e' al decimo posto nei Paesi dell'Unione Europea. E' dunque la microcriminalita' a incidere nella creazione di un clima di paura e di insicurezza. Scrivono gli autori del saggio citato: "... si puo' notare che le donne hanno piu' probabilita' di subire scippi e borseggi, gli uomini rapine, minacce e violenze personali; inoltre, i furti "con contatto fisico" tra vittima ed autore (scippi e borseggi) seguono nel tempo un andamento curvilineare a due picchi, cioe' sia nella popolazione maschile che in quella femminile, il rischio di vittimizzazione per questo reati aumenta tra i 19-23 anni e tra i 60-65, mentre decresce nelle altre fasce d'eta'. (...) Rispetto alla realta' urbana, si e' visto che il tasso di vittimizzazione cresce passando dai piccoli ai grandi comuni non metropolitani". E piu' avanti: "Una delle dimensioni del senso di insicurezza e' la paura personale, intesa come la sensazione di ansia ed angoscia provate nell'immaginare di subire un reato". L'insicurezza decresce fino ai 35-40 per poi aumentare nuovamente. In altri termini sono gli anziani, seguiti dai giovanissimi, ad avere piu' paura. A destare allarme, osservano, non e' determinante la gravita' o meno del reato, bensi' che avvenga con una certa frequenza. Ora, almeno secondo il sociologo Emile Durkheim, i reati di una certa gravita' accrescono l'interazione tra i membri di una comunita', rafforzando la solidarieta' e la coesione in nome della "collera pubblica". Una "collera" che e' anche l'esito di una sorta di stress che colpisce soprattutto quando c'e' la percezione della propria incapacita' a farvi fronte. L'essere donna o l'eta' avanzata aumentano lo stress perche' "avviene una riduzione del ricorso a strategie comportamentali attive, quali la soluzione diretta del problema, a favore di reazioni cognitive centrate sul se', quali la ricerca di sostegno sociale, l'evitamento cognitivo, il non fare niente". E aumenta certamente l'attesa di interventi istituzionali radicali. Si aggiunga che il senso di coesione difensiva nuoce ai processi di integrazione e assimilazione dei migranti che lavorano e desiderano la cittadinanza. Forse, alla luce di quanto descritto, si puo' comprendere l'attivazione di attenzione e interventi anche delle amministrazione di sinistra a favore della sicurezza. 7. RIFLESSIONE: VALENTINO PARLATO: UNA SFIDA UMANA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 28 giugno 2003. Valentino Parlato, tra i fondatori del "Manifesto", rivista prima e quotidiano poi, e' uno dei piu' prestigiosi intellettuali della sinistra italiana] Se c'e' la globalizzazione, c'e' anche l'immigrazione: e' un'ovvieta'. Ovvieta' che dovrebbe essere tanto piu' ovvia per i sostenitori della libera circolazione delle merci: perche' le merci si' e gli uomini no? Ma il fenomeno e' di tale portata che va oltre le questioni di giustizia. I movimenti migratori, come altre volte nella storia, hanno e avranno nel prossimo futuro una forza che non basteranno neppure i cannoni di Bossi o i soldati di Berlusconi a fermarla: e' una delle grandi novita' di questo secolo, di portata internazionale e quindi tale che per governarla ci vuole una politica internazionale. A Salonicco si sono fatte solo chiacchiere inutili e dannose. Come nelle grandi alluvioni, non basta fare sbarramenti ma occorre intervenire all'origine, direttamente nei paesi dove masse di uomini affrontano anche rischi di morte per uscire dalla loro condizione di disperazione. Fanon una volta scrisse I dannati della terra: sono loro quelli che arrivano o affogano davanti a Lampedusa. L'illusione arrogante e sciocca e' quella di bloccarli dopo che sono partiti, nei porti o in mare. Altrettanto illusorio e' pensare di affrontare il problema con accordi bilaterali. Adesso il ministro Pisanu va in Libia, cerchera' di scusarsi delle proposte militari del suo presidente del consiglio e magari tentera' di indurre il governo libico a fare il lavoro sporco della repressione. Il ministro degli esteri libico Abdulrahman Shalgam, in un'intervista apparsa ieri su "La Stampa", e' stato chiarissimo: "Partono per fuggire dalla sofferenza, dalle guerre civili e sono poveri. Che dovremmo fare? Fucilarli?". E poi ha aggiunto che in Italia ci sono due milioni circa di immigrati su una popolazione di sessanta e in Libia ci sono due milioni di immigrati su meno di sei milioni di abitanti. Come a dire che anche l'allarme italiano e' piu' che gonfiato, fino a produrre fanatismo razzista in Bossi e i suoi. E' singolare e rivelatore dello stato della nostra civilta' occidentale che per il Wto si facciano conferenze internazionali estremamente impegnative e sulla questione dei movimenti migratori quasi nulla. Ogni paese dovrebbe cavarsela da se' con i blocchi alle frontiere e le armi. Vale ricordare che il Wto si occupa di merci mentre l'emigrazione e' fatta di uomini? E vale ricordare anche che il nostro presidente del consiglio ha di fatto inaugurato il suo (anch'esso gonfiatissimo) semestre europeo con la proposta di far tornare i nostri soldati in Libia? Si tratta di semplici interrogativi, pero' abbastanza utili a capire qual e' lo stato della nostra civilta' e quanto alto sia il tasso di miopia della nostra attuale politica. E' assolutamente prevedibile che l'incontenibile ondata migratoria cerchera' tutte le spiagge possibili e noi spaventati italiani non possiamo illuderci di mandare i nostri soldati o i nostri carabinieri su tutti i paesi della costa nordafricana, dal Marocco all'Egitto. A meno che non ci sia qualche matto che pensa di tornare a chiamare mare nostrum il Mediterraneo. Ps. Quanto poi ai rapporti dello stato italiano con lo stato libico sarebbe istruttivo che quelli della Farnesina ci dicessero quale degli impegni presi con il Protocollo del luglio 1998 e' stato adempiuto. Non sono stati in grado neppure di mandare una efficiente squadra per sminare quella parte del territorio libico ancora cosparso di mine della seconda guerra mondiale che ammazzano e azzoppano tanti cittadini libici. 8. RIFLESSIONE. PEPPE SINI: DUE O TRE COSE CHE SO SULL'IMMIGRAZIONE La prima: che ogni essere umano ha diritto ad esistere, e ad un'esistenza dignitosa. E che se nei luoghi dove gli e' capitato di venire al mondo e' vittima di soprusi e violenze, di fame e miseria, di persecuzione e di guerra, ebbene, e' suo diritto anche recarsi altrove, e trovare ospitalita' ed aiuto. La seconda: che l'oppressione subita dai popoli del sud del mondo ha le sue radici qui: nelle societa' che ne rapinano le risorse (e che le risorse sprecano, l'ambiente devastano, i quattro quinti dell'umanita' opprimono gia' solo col tenore dei propri consumi). I selvaggi, i criminali, ahime', siamo noi. La terza: che ci sarebbe un modo semplice semplice per evitare che continuino le stragi nel Mediterraneo, per evitare la riduzione in schiavitu' delle persone povere che giungono nel nostro paese, per contrastare le mafie transnazionali che si nutrono di carne umana, per rendere effettivo quanto stabilito dalla legge italiana nella Costituzione: e sarebbe di consentire a tutti gli esseri umani di poter entrare legalmente e in condizioni di sicurezza nel nostro come in tutti i paesi; sarebbe di realizzare un servizio di trasporto pubblico e gratuito per tutti i migranti che ipso facto anullerebbe il business mafioso della mobilita' resa illegale; sarebbe di cominciare ad affrontare le grandi questioni planetarie dell'ingiustizia globale (di cui le migrazioni, le migrazioni dalle immense aree rapinate e impoverite verso le fortificate cittadelle del privilegio e dello sperpero in cui crapulano i rapinatori, sono una delle conseguenze ineludibili ed inesorabili) in un'ottica appunto globale, che riconosca eguale dignita' ed eguali diritti a tutti gli esseri umani, e che la questione della "capacita' di carico" del territorio ponesse anch'essa in una visione di giustizia globale, ripartendo tra tutti i costi degli interventi necessari in una logica di condivisione delle risorse scarse, scelta di giustizia che implica che chi fino ad ora ha goduto dei frutti di una plurisecolare rapina debba rinunciare a molto di cio' che ad altri e' stato e viene ogni giorno sottratto. Non credo ci sia bisogno di aggiungerne una quarta, ma visto che ci sono: coloro che i poveri recludono nei campi di concentramento; coloro che i poveri fanno morire affogati in mare; coloro che i poveri rendono schiavi lungo i viali e nelle periferie delle nostre citta'; coloro che emulano le leggi di Norimberga: e' di tutti costoro che dovremmo aver paura, anche e soprattutto quando vestono i panni di ministri della Repubblica; sono costoro che aiutano i dittatori politici economici e militari del nord e del sud a scuoiar viva l'umanita' presente; sono costoro che aiutano le mafie ad arricchirsi in un'orgia infinita di orrori; sono costoro i malfattori da ridurre in condizione di non nuocere piu' all'umanita' intera. Per affermare l'umana dignita' di ogni essere umano, per affermare il diritto e la democrazia, per costruire una societa' planetaria in cui si adempia l'antica profezia e speranza di un'umanita' autocosciente e solidale: da ciascuno secondo le sue capacita', a ciascuno secondo i suoi bisogni. 9. LIBRI. FRANCESCO COMINA PRESENTA "PRIMA CHE L'AMORE FINISCA" DI RANIERO LA VALLE [Ringraziamo Francesco Comina (per contatti: f.comina at ilmattinobz.it) per questo intervento. Francesco Comina, giornalista e saggista, pacifista nonviolento, e' impegnato nel movimento di Pax Christi; nato a Bolzano nel 1967, laureatosi con una tesi su Raimundo Panikkar, collabora a varie riviste. Opere di Francesco Comina: Non giuro a Hitler, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2000; ha partecipato alla redazione del libro di AA. VV., Le periferie della memoria, e a AA. VV., Giubileo purificato. Raniero La Valle e' nato a Roma nel 1931, prestigioso intellettuale, giornalista, gia' direttore de "L'avvenire d'Italia", direttore di Vasti - scuola di critica delle antropologie, presidente del comitato per la democrazia internazionale, gia' parlamentare, e' una delle figure piu' vive della cultura della pace; autore, fra l'altro, di: Dalla parte di Abele, Mondadori, Milano 1971; Fuori dal campo, Mondadori, Milano 1978; (con Linda Bimbi), Marianella e i suoi fratelli, Feltrinelli, Milano 1983; Pacem in terris, l'enciclica della liberazione, Edizioni Cultura della Pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1987; Prima che l'amore finisca, Ponte alle grazie, Milano 2003] "D'ora in avanti la mia vita avra' un solo scopo: raccontare ai giovani la storia degli eventi e degli uomini che compaiono in questo libro. Dopo l'alba di pace e di giustizia che e' scaturita dai roghi della seconda guerra mondiale, siamo piombati nella notte della guerra infinita e permanente. Ma io voglio dirlo alle generazioni future, voglio raccontarlo ai viventi che c'e' stato un momento in cui abbiamo sognato che si potessero affermare per tutte le persone e per tutte le nazioni diritti inviolabili, inalienabili, universali; un momento in cui e' sembrato davvero che la storia del diritto e della pace arrivasse ad uno dei suoi apici. Lo voglio raccontare, prima che l'amore finisca". Mi chiama al telefono Raniero La Valle per annunciarmi l'uscita del suo ultimo libro: "Prima che l'amore finisca. Testimoni per un'altra storia possibile" (Ponte alle Grazie, pp. 348). Mi telefona da una sala affollatisima di Bologna dove a breve iniziano le commemorazioni per i quarant'anni dalla morte di papa Giovanni. Ha la voce giovane di chi ancora s'appassiona al ricordo di un papa che ha fatto uscire la Chiesa dall'era glaciale in cui si trovava immersa per farla camminare sulle spianate assolate della nuova primavera. Nel libro di La Valle il capitolo dedicato a papa Giovanni ha un titolo breve: "La pace". Dice tutto, sintetizza tutto. La "Pacem in Terris", ha affermato piu' volte Giorgio La Pira, e' "il manifesto del mondo nuovo". E fino alla fine dei suoi giorni, papa Giovanni disse: "Per la Pacem in Terris anche le pietre, lo si potrebbe affermare, si sono scosse e sollevate". Perche' Giovanni XXIII era la pace e la pace si era fissata nel suo cuore. La Valle fu uno spettatore privilegiato di questo evento. Quando esplose, in tutta la sua forza, il Concilio, La Valle era direttore dell'"Avvenire d'Italia", il quotidiano che leggeva "dal di dentro" l'importante cammino di rinnovamento ecclesiale. "Si puo' dire - scrive La Valle nel suo libro - che il Concilio e' stato il kairos, il tempo opportuno, il tempo favorevole che attraversa quello consueto e gli da' l'opportunita' di prendere un'altra direzione. E' il fanciullo con le ali ai piedi e una bilancia in mano". Erano gli anni in cui a Bologna, dove aveva sede l'"Avvenire d'Italia" di La Valle, si parlava molto del cardinal Lercaro, di Alberigo, di Montini che sarebbe presto divenuto Paolo VI e di Dossetti. E come poteva mancare Dossetti? Il capitolo dedicato ad uno dei grandi padri della costituente e' forse il piu' struggente, il piu' commovente, il piu' appassionato - dopo quello dedicato alla mamma di Raniero, Mercedes, morta a 102 anni, e dopo quello della moglie Cettina conosciuta alla Fuci di Vittorio Bachelet e morta improvvisamente per "un sovrappiu' di difese immunitarie". Con Dossetti La Valle aveva fatto l'ultima battaglia per la creazione di un movimento politico nazionale che avesse come nucleo tematico il tema della pace e dei diritti: "Ho visto l'ultima volta don Giuseppe Dossetti - ricorda La Valle - nell'ospedale di Bozzano il 24 ottobre del 1996. Ero andato quel giorno da lui con l'idea di trovare un morente. E invece trovai don Giuseppe ancora fermamente dalla parte della vita; senza piu' parole, ma vigile e con un gesto che trasmetteva una forza, una potenza che vorrei decodificare. Quel gesto fu di prendermi fortemente la mano, e di tenerla stretta per dieci lunghissimi minuti (...) Mi sembra che quel gesto volesse trasmettere una grande intenzione di amore, vale a dire di cio' che e' piu' grande, di cio' che e' perfetto ed e' destinato a restare, quando l'amore imperfetto svanira'". Il capitolo su Dossetti non poteva non inserirsi in quello spazio ultimo della testimonianza di fede, che fra il '92 e il '96 ci ha portato via i testimoni piu' grandi del cattolicesimo italiano: padre David Maria Turoldo, il frate poeta, che con l'arpa fra le mani voleva "destare l'aurora"; padre Ernesto Balducci, l'homo absconditus, il predicatore saggio, il frate planetario, che vedeva la pace alzarsi sulle ali della ragione finalmente libera dall'assillo dell'onnipotenza, una "presenza messianica", che voleva una umanita' in grado di "forzare l'aurora a rinascere"; don Tonino Bello, il vescovo fanciullo, presidente di Pax Christi, capace di trasformare l'arco della guerra in arca della pace; don Italo Mancini, il prete filosofo che chiedeva una "doppia e insonne fedelta'", a Dio e al mondo, e che vedeva negli altri una "coesistenza di volti". E poi gli uomini che hanno accompagnato La Valle nella sua lunga stagione politica (deputato in parlamento per quattro legislature), da Berlinguer a Moro, a Napoleoni. E infine i maestri come Marianella Garcia Villas, l'avvocatessa dei contadini salvadoregni al tempo di Romero trucidata durante un rastrellamento dai dittatori sanguinari dell'America Latina; Carlo Carretto, il piccolo fratello di Spello, che cercava di rivitalizzare l'esperienza di Francesco nella societa' consumistica di oggi; e Di Liegro, il direttore della Caritas che aveva aperto le porte ai poveri e agli esuberi. Il libro si chiude con il ricordo di Ivan Illich, morto improvvisamente il 2 dicembre scorso. C'ero anch'io a Citta' di Castello due mesi prima, quando Illich apparve inaspettatamente al convegno dal titolo "Il ritorno della guerra", organizzato da "L'altrapagina". E si sedette accanto a La Valle per dire che la contraddizione piu' grande della guerra era proprio questa: "Presumere di estirpare il male dalla terra". Una cosa inaudita, anche biologicamente insulsa: "Il male c'e' - disse - e dobbiamo conviverci". Il libro di Raniero La Valle, "Prima che l'amore finisca", e' un grande libro, forse un libro d'addio, il racconto ultimo di una vicenda umana piena di vita e di saggezza. Perche' l'amore bisogna raccontarlo. E bisogna fare in fretta perche' la notte avanza e potrebbe essere che ad aspettare ancora arrivi l'onda lunga della tenebra totale: sull'amore, su noi e sulla Madre Terra. Anche se i profeti di questo libro hanno continuato a vedere l'alba del mondo nuovo, anche quando gli occhi stanchi venivano meno: "La lezione che ci viene dalla specie umana - scriveva Balducci nella sua 'Terra del tramonto' - e' che, messa di fronte ai dilemmi estremi - e oramai il dilemma e' fra vita e morte - essa e' in grado di rivelare insospettate risorse creative. La novita' e' affidata alle viscere della necessita'. Che sui passaggi cruciali della sua nascita ci sia buio non deve far meraviglia. Come scrisse Ernst Bloch, ai piedi del faro, non c'e' luce". 10. RILETTURE. GIOCONDA BELLI: IL PAESE SOTTO LA PELLE Gioconda Belli, Il paese sotto la pelle, Edizioni e/o, Roma 2000, 2002, pp. 480, euro 8,50. "Scrivo queste memorie in difesa di quella felicita' per la quale vale la pena vivere e persino morire". 11. RILETTURE. NADINE GORDIMER: UN MONDO DI STRANIERI Nadine Gordimer, Un mondo di stranieri, Feltrinelli, Milano 1961, 1990, pp. 336, lire 13.000. Uno dei grandi romanzi della scrittrice e miltante antirazzista sudafricana, premio Nobel per la letteratura. 12. RILETTURE. ARUNDHATI ROY: GUERRA E' PACE Arundhati Roy, Guerra e' pace, Guanda, Parma 2002, pp. 198, euro 14. Alcuni acuti e vivaci saggi della grande scrittrice indiana, per la pace, l'ambiente, i diritti umani. 13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 14. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 598 del primo luglio 2003
- Prev by Date: ottava newsletter di MIGRA
- Next by Date: [Agenzia di Base] lunedì 30 giugno 2003
- Previous by thread: ottava newsletter di MIGRA
- Next by thread: [Agenzia di Base] lunedì 30 giugno 2003
- Indice: