La nonviolenza e' in cammino. 598



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 598 del primo luglio 2003

Sommario di questo numero:
1. Maria de Lourdes Jesus: una richiesta d'intervento presso la presidente
della Rai
2. Crispino Scotolatori: ancora dieci parole sul sentiero da Assisi a Gubbio
3. Enrico Peyretti: il giusto e l'utile
4. Giovanni Scotto: l'Unione europea e il Congo
5. Augusto Cavadi: arriva il filosofo pratico
6. Ileana Montini: senso di insicurezza e rappresentazione sociale
7. Valentino Parlato: una sfida umana
8. Peppe Sini: due o tre cose che so sull'immigrazione
9. Francesco Comina presente "Prima che l'amore finisca" di Raniero la Valle
10. Riletture: Gioconda Belli, Il paese sotto la pelle
11. Riletture: Nadine Gordimer, Un mondo di stranieri
12. Riletture: Arundhati Roy, Guerra e' pace
13. La "Carta" del Movimento Nonviolento
14. Per saperne di piu'

1. APPELLI. MARIA DE LOURDES JESUS: UNA RICHIESTA D'INTERVENTO PRESSO LA
PRESIDENTE DELLA RAI
[Dalla rete europea contro il razzismo Enar (per contatti:
lscagliotti at enar-it.org) riceviamo e diffondiamo questo appello di Maria de
Lourdes Jesus (per contatti: mdelourdes at libero.it). Maria de Lourdes Jesus
e' una prestigiosa e notissima intellettuale e giornalista]
Carissimi,
conoscendo la vostra sensibilita', e l'impegno comune nell'affrontare il
fenomeno dell'immigrazione, mi permetto di scrivervi queste due righe per
sottoporre alla vostra attenzione un fatto che ritengo molto grave, in
quanto potrebbe compromettere seriamente un percorso in atto di
sensibilizzazione dell'opinione pubblica rispetto alle tematiche sociali in
generale e, in particolare, per quanto riguarda l'immigrazione.
Si tratta della decisione di sospendere dal 15 giugno le trasmissioni
radiofoniche Rai di Radio 1 dedicate alle tematiche sociali, quali: "Diversi
da chi?", "Ponteradio" e "Permesso di Soggiorno".
Sono trasmissioni alle quale ho sempre collaborato insieme ai curatori,
rispettivamente, Paolo Fontana e Paolo Giovanelli.
La sospensione e' stata realizzata senza alcun preavviso, tanto che ne
abbiamo avuto notizia solo attraverso la presentazione del nuovo palinsesto
estivo.
Credo, e non sono l'unica a pensarlo, che la comprensione e l'accettazione
della presenza, ormai stabile, degli immigrati in Italia, debba
obbligatoriamente passare attraverso l'informazione, per poter creare quel
minimo di condizione necessaria a facilitare l'inserimento sociale e
culturale di quegli individui portatori di nuove culture che bussano alla
porta degli italiani.
Sono certa che se la gente comune conoscesse le ragioni profonde
dell'immigrazione, le storie personali, le difficolta' di inserimento e le
opportunita' e la ricchezza che il confronto fra culture diverse puo'
produrre, questa gente saprebbe sicuramente rendersi disponibile, pronta ad
aprirsi, a confrontarsi in modo costruttivo, fino a trovare una formula di
coesistenza con questi nuovi cittadini italiani.
Questa ipotesi potra' realizzarsi se ci sara' una continuita' nel tempo di
programmi nei media capaci di affrontare queste tematiche in modo sereno e
propositivo, che poi e' quello che abbiamo sempre cercato di fare durante
gli otto anni di esistenza della trasmissione "Permesso di Soggiorno".
Mi appello dunque a voi affinche' interveniate al piu' presto, presso la
Presidente della Rai Lucia Annunziata, per trovare una soluzione ed una
collocazione alle suddette trasmissioni nel prossimo palinsesto autunnale,
visto che ormai quello estivo non dovrebbe essere piu' modificabile.
Riteniamo infatti necessario un vostro intervento non solo per salvare le
trasmissioni che si interessano delle tematiche sociali, ma anche per
salvare quel patrimonio culturale e professionale accumulato negli anni di
lavoro da professionisti che sono cresciuti e che hanno maturato la loro
sensibilita' nel campo sociale anche grazie a queste trasmissioni.
Certa di un vostro impegno, vi saluto e vi faccio auguri di continuazione di
un buon lavoro.
*
Il fax della Presidente Rai e': 063611126.

2. RIFLESSIONE. CRISPINO SCOTOLATORI: ANCORA DIECI PAROLE SUL SENTIERO DA
ASSISI A GUBBIO
[Si svolgera' dal 4 al 7 settembre 2003 la camminata da Assisi a Gubbio
promossa dal Movimento Nonviolento come prosecuzione della marcia
Perugia-Assisi per la nonviolenza che si tenne nel settembre 2000. In
preparazione di questa iniziativa, cui tutte le persone amiche della
nonviolenza sono chiamate a partecipare e contribuire (per informazioni,
contatti, adesioni: e-mail: azionenonviolenta at sis.it; sito:
www.nonviolenti.org), da alcuni mesi e' stato promosso un percorso di
riflessione articolato in "dieci parole della nonviolenza", proponendo ogni
mese una parola su cui riflettere. A questo percorso anche il nostro amico
Crispino Scotolatori ha voluto contribuire improvvisando questi versi]

1. Forza della verita'

Tieniti stretto alla verita'
e non temere il male
affronta il male
e vincilo con la pieta'.
*
2. Coscienza

L'arte la fede la sapienza
tutto le e' di nutrimento
ma solo lei tutto feconda e avviva
nostra buona signora la coscienza.
*
3. Amore

Piu' passa il tempo e meno sono certo
di saper dire cosa essere possa
ma ovunque vedo splender la sua possa
che regge il mondo e salva dal dolore.
*
4. Festa

Che cosa resta quando s'arresta ogni podesta
e si ridesta l'ombra molesta estinte le gesta
omai digesta nella foresta ogni tempesta
se non quel lieve ricordo della festa?
*
5. Sobrieta'

Invigila te stesso, a te stesso
esser presente sappi.
e passa in largo giro la borraccia
nessuno dei compagni resti senza
un sorso d'acqua, un sorso d'amicizia.
*
6. Giustizia

Dapprima fu la spada, la bilancia
appresso venne, verra' poi l'aratro.
La rabbia, l'equilibrio, il nutrimento.
S'ha da decidere che far del ferro:
se forza, o legge, oppur misericordia.
*
7. Liberazione

Nel profondo lago nero del tuo cuore
si nasconde il primo nemico.
Nella lotta dentro te contro di te
comincia quel cammino che da' pace.
*
8. Potere di tutti

Solo se si e' deliberato in comune
potremo agire in comune.
*
9. Bellezza

E' quel che si oppone alla morte
e' la gioia che rinasce ad ogni aurora
e' la speranza di essere ascoltati
e' tutto il mare dentro la conchiglia.
*
10. Persuasione

In quel piu' profondo colloquio corale
in cui s'incontrano infine tutti i tu
e non v'e' piu' contesa di mio e di tuo
li' ci ritroveremo faccia a faccia.
Ogni giorno e' quel colloquio corale
ogni giorno devi fare la tua scelta.

3. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: IL GIUSTO E L'UTILE
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: peyretti at tiscalinet.it) per
questo intervento. Enrico Peyretti e' uno dei principali collaboratori di
questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno
di pace e di nonviolenza. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non
uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il
Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la
guerra, Beppe Grande, Torino 1999. E' diffusa attraverso la rete telematica
(ed abbiamo recentemente ripresentato in questo notiziario) la sua
fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica
delle lotte nonarmate  e nonviolente]
Continua la serie delle leggi ad uso personale decretate dal capo del
Governo degli Affari Propri. Come vedono gli italiani questo fenomeno?
Frances Kennedy, dell'"Independent" e del "Sunday Times", fatta un'inchiesta
in Italia, conclude: "Berlusconi e' riuscito in larga misura a imporre al
paese la sua versione della realta', e questo per mezzo del suo impero
mediatico e di una forma innovativa di lavaggio del cervello"
("Internazionale", 27 giugno 2003). Chi ancora non e' contagiato, come
potra' difendersi, e difendere altri?
Vedo due criteri del cittadino per valutare la politica: quello del giusto e
quello dell'utile. Sono alternativi, ma forse non sono soltanto alternativi.
*
Trasimaco Ferrara
Cos'e' la giustizia? Bella domanda. Si puo' vedere il primo libro della
Repubblica (quella di Platone, non di Scalfari). "La giustizia non e' altro
che l'utile del piu' forte, e cioe' del governo che detiene il potere in uno
stato", rispondeva Trasimaco (sembra uno pseudonimo di Giuliano Ferrara) a
Socrate. E aggiungeva che l'ingiustizia e' superiore alla giustizia e che la
vita dell'ingiusto e' piu' felice di quella del giusto. Questo, al giorno
d'oggi, non si puo' ancora dire in pubblico, anche se si pensa esattamente
cosi'. E poi, nella nostra democrazia superiore a quella antica, l'unto del
Signore, eletto dalla gente, decide sempre cose giuste, per definizione.
Socrate confuta Trasimaco passo passo, e gli dice, tra l'altro, che mentre
il giusto cerchera' di soverchiare l'ingiusto (cioe' il potente che fa il
proprio utile) ma non un altro giusto, l'ingiusto, invece, cerchera' di
soverchiare tutti, sia giusti che ingiusti. Cioe', mentre il giusto avra'
come nemici gli ingiusti, ma non i giusti, l'ingiusto puo' avere contro di
se' non solo i giusti ma anche gli ingiusti. Ecco cosa voleva dire Piero
Ricca, quel giovane di Milano che apostrofo' Berlusconi col dirgli che
finira' come Ceausescu e don Rodrigo: non era la minaccia della fucilazione,
ma la previsione del tradimento dei suoi complici. E pare di vederne gia'
alcuni segni.
Se il giusto e' perseguitato, l'ingiusto non dorme tranquillo. Non e'
veramente e sempre utile, essere ingiusti. Ci sono i martiri della
giustizia, ma ci sono anche tanti falliti dell'ingiustizia. Pensare
all'utile sacrificando il giusto non e' poi cosi' certo che garantisca piu'
che pensare anzitutto al giusto. Dice la sapienza popolare: il diavolo fa le
pentole ma non i coperchi. Dice il vangelo: cercate anzitutto la giustizia,
tutto il resto verra' in sovrappiu'.
*
La regola d'oro
Ma che cosa e' giusto? Giusta e' l'azione la cui regola puo' valere per
tutti. Lo dice l'antichissima universale "regola d'oro" (in sostanza: tratta
l'altro come te, perche' vale come te), presente in formulazioni analoghe in
tutte le culture e sapienze e religioni; lo dice l'etica filosofica moderna;
lo dicono in termini giuridici le dichiarazioni dei diritti umani recepite
nelle Costituzioni migliori, come e' la nostra italiana.
E' giusto in politica - per quanto la giustizia vi si possa realizzare, in
modo approssimativo e non assoluto - cio' che rispetta i principi di
eguaglianza dei diritti fondamentali. L'utile particolare eretto a legge -
dunque a privilegio, legge privata - e' l'ingiusto mascherato da giusto.
Meglio ancora dice don Milani nella Lettera ai giudici: le leggi sono giuste
"quando sono la forza del debole", non sono giuste "quando sanzionano il
sopruso del forte".
La passione morale, e non il calcolo, puo' capire e giudicare le azioni
politiche su questa base. Percio' la politica e', si', lavoro razionale
freddo, ma sarebbe morta - e vediamo bene quanto lo e' - quando non e'
animata dalla passione del vero, del bene, del bello e dunque del giusto.
Nel giudizio dei cittadini, come nella competizione politica, si potra'
guardare all'utile personale e di categoria, all'utile in quantita' di
consensi per la propria parte,  ma se cosi' si perdesse di vista il giusto,
il bene comune, alla fine si perderebbe anche il vero utile proprio.
*
Il giusto e l'utile
Il 4 giugno Berlusconi e' stato denunciato da un gruppo di senatori per
attentato alla Costituzione. Alcune parti dell'opposizione vogliono
promuovere un referendum abrogativo (arma a doppio taglio, come sappiamo
bene) della legge sull'immunita' temporanea delle alte cariche, in realta'
fatta solo per salvare Berlusconi dalla condanna imminente. Altre parti
disapprovano queste iniziative sul piano politico perche', data la bassa
sensibilita' popolare alla legalita' costituzionale, rischiano di essere
utilizzate dal Berlusconi stesso, con il populismo spregiudicato che gli e'
proprio. La posizione piu' rigorosamente costituzionale replica che deve
valere cio' che e' giusto e obbligatorio piu' di cio' che e' politicamente
utile, e che anzi solo cio' che e' giusto in definitiva sara' utile anche in
termini di consenso popolare.
Tra le due posizioni corre una tensione ineliminabile, propria della
politica, tra il principio e il fatto, tra l'ideale e il possibile, tra il
giusto e l'utile. Questi poli sono sempre entrambi da considerare, con un
equilibrio e un dosaggio che vengono diversamente valutati nelle stesse
posizioni mediane e sagge, senza contare le estreme, tutte teoriche o tutte
pragmatiche, che tolgono quella tensione.
Il pericolo attuale in Italia e' la politica dell'utile bieco, ristretto,
cinico, del padrone della "Casa delle liberta'", una casa senza altra
liberta' che quella arbitraria del suo padrone. Fino ad un certo punto, il
suo utile e' pure l'utile dei suoi compari, alleati, sostenitori. Oltre un
certo limite, che Berlusconi sta ormai toccando, questi si possono sentire
utilizzati piu' che accontentati, e pensano a svincolarsi. La sorte di don
Rodrigo, denunciato dal Griso come appestato, e' sempre pendente sul capo
dei potenti che fanno il loro interesse sotto nome di giustizia, ma hanno
bisogno di complici, fonte di debolezza e pericolo.
Piu' o meno politicamente opportune o rischiose, la denuncia dei senatori e
la proposta di quel referendum sono utili per ricordare che i principi
costituzionali sono superiori all'opportunita' politica, non sono
manipolabili ne' da chi li viola ne' da chi esita a farli valere in
giudizio, preferendo cercare una rivincita politica nel normale giudizio
dell'elettorato piu' che nella condanna giudiziaria.
*
Per buona coscienza o per cattiva delusione?
In nome di che cosa l'opposizione a Berlusconi potra' cercare questa
rivincita, con probabilita' di ottenerla? In nome della coscienza civile,
della moralita' pubblica, della civilta' costituzionale? Ma non eccelle in
queste virtu' il popolo che ha votato largamente un Berlusconi dimostratosi,
anche prima del 1994 e del 2001, ben intenzionato e capace di massacrare la
legalita' come sta facendo. Oppure in nome della delusione crescente seguita
alle roboanti promesse e contratti rovesciati sui cittadini-spettatori dal
Berlusconi in corsa elettorale televisiva? Per un limite della natura umana
e dell'educazione civile italiana, accade che si cambi "idea" e scelta
politica quando la precedente non ci da' l'utilita' sperata, intesa questa
in termini molto economici, comodi, privati, particolari fino
all'individualismo.
Cioe', l'opposizione spera nella rivincita in nome del giusto o dell'utile?
La bandiera della giustizia (legale, costituzionale, sociale, mondiale)
ottiene meno numeri di quella dell'utile? Sara' anche vero. Ma attenti a
farvi promuovere da elettori che vi cercano solo perche' delusi dalle
mancate cattive promesse di Berlusconi e che potrebbero attendersi
adempimenti della stessa qualita' privatistica che hanno sperato dal
cavaliere. Gli elettori adescati dal corruttore dello spirito pubblico
potranno validamente sostenere una politica opposta a quella berlusconiana
solo se sapranno avere un ripensamento sostanziale, che li sposti un bel po'
dal polo dell'utile bieco verso il polo del giusto possibile. L'opposizione
che cerca il vantaggio elettorale per governare meglio questo nostro paese,
cerchi prima e comprenda e incontri gli sforzi di chi con impegno, tra mille
difficolta', controcorrente, promuove educazione morale e cultura civica,
percio' veramente politica, del popolo italiano.
C'e' da sperare che la statura di Berlusconi - parlo di statura morale - sia
inferiore alla media nazionale, cioe' che gli italiani siano
complessivamente migliori di questo piccolo uomo andato in politica per
sfuggire alla giustizia col sottometterla. Chi e che cosa oggi li aiuta ad
essere migliori?

4. RIFLESSIONE. GIOVANNI SCOTTO: L'UNIONE EUROPEA E IL CONGO
[Ringraziamo Giovanni Scotto (per contatti: e-mail:
gscotto at zedat.fu-berlin.de, sito: http://userpage.fu-berlin.de/~gscotto/)
per averci messo a disposizione come anticipazione questo suo articolo che
apparira' su "Azione nonviolenta" del luglio 2003. Giovanni Scotto e' uno
dei piu' importanti studiosi italiani nell'ambito della peace research,
studioso e amico della nonviolenza; ricercatore presso il "Berghof Research
Center for Constructive Conflict Management" di Berlino; collabora con
l'"Institute for Peace Work and Nonviolent Settlement of Conflicts" di
Wahlenau e con il "Centro studi difesa civile" di Roma. Tra le opere di
Giovanni Scotto: con Emanuele Arielli, I conflitti, Bruno Mondadori, Milano
1998; sempre con Emanuele Arielli, La guerra del Kosovo, Editori Riuniti,
Roma 1999]
Nel mese di giugno due eventi si sono sovrapposti a delineare l'Unione
europea del futuro. La Convenzione a cui e' stato affidato il compito di
redigere una bozza di costituzione europea ha completato il suo lavoro,
gettando le basi per un migliore funzionamento delle istituzioni comunitarie
e insieme per una piu' ampia rappresentativita' democratica degli organi di
Bruxelles.
Allo stesso tempo, l'Unione invia sotto la propria egida un contingente
militare in Congo, da anni in preda a una guerra sanguinosa (le vittime si
contano a milioni), una guerra che ha coinvolto numerosi stati della
regione, dal Ruanda, all'Uganda, all'Angola.
La coincidenza tra i due eventi non e' completamente casuale. Gia' nel 1992
l'entrata in vigore del trattato di Maastricht che creava l'Unione europea
si accompagno' a un tentativo da parte dei Quindici di gestire la crisi e le
guerre dell'ex Jugoslavia, prima con l'invio di un mediatore (lord
Carrington), successivamente, nel 1994, prendendo in carico
l'amministrazione della citta' di Mostar, distrutta dalle milizie
croato-bosniache in un assedio feroce.
Si ripete quindi, su scala piu' ampia, quello che e' successo un decennio
fa: i paesi europei cercano con successo una maggiore coesione interna e
sperimentano allo stesso tempo una politica estera comune.
Il precedente della politica europea in ex Jugoslavia non e' incoraggiante.
I politici dell'Unione non capirono la natura dei conflitti in Croazia e in
Bosnia-Erzegovina, non videro il potenziale di crisi insito nel Kosovo, si
divisero tra filocroati e filoserbi, abbandonando di fatto a se stessa la
Bosnia musulmana. Sull'amministrazione europea di Mostar ha scritto pagine
illuminanti Claudio Bazzocchi: gestita da diplomatici alla fine della
propria carriera e senza competenze specifiche, la missione a Mostar riusci'
a ricostruire gran parte delle infrastrutture distrutte durante l'assedio,
ma cosi' facendo cemento' la divisione della citta' su basi etniche e il
controllo del potere da parte delle forze nazionaliste.
Per quanto e' dato sapere, nessuna valutazione approfondita e' stata
effettuata dagli organi dell'Unione sull'esperienza di Mostar, che pure e'
stata la piu' impegnativa della politica estera comune negli anni novanta.
I due grandi limiti che hanno condannato all'insuccesso la missione a Mostar
sembrano ripetersi nel caso del Congo. Da un lato appare trattarsi di un
intervento ad hoc, senza una chiara guida politica e una visione di cio' che
l'Unione intende ottenere. Nel caso del Congo, le truppe di peacekeeping
europee saranno stazionate nei dintorni della citta' di Bunia per proteggere
la popolazione civile dalle milizie delle etnie Hendu e Lema. Ma il Congo e'
un paese vastissimo, in cui i focolai di conflitti armati sono assai
numerosi, e le diverse fazioni vengono appoggiate dai paesi confinanti.
Intanto a livello centrale si cerca di mettere in pratica un accordo del
dicembre scorso per la costituzione di un governo provvisorio. La situazione
e' estremamente complessa, e non puo' essere ridotta ad un solo fattore.
Neppure la questione cruciale dello sfruttamento delle enormi ricchezze
minerarie del paese definisce da sola le dinamiche della guerra in Congo.
Il secondo pezzo mancante dell'iniziativa europea e' il raccordo con le
forze che all'interno del paese, o dall'esilio, lavorano per una soluzione
di pace. Negli ultimi anni in Africa si sono irrobustite le organizzazioni
della societa' civile impegnate nel lavoro di costruzione della pace,
trasformazione dei conflitti e riconciliazione: tra le esperienze piu'
interessanti possono essere annoverate Nairobi Peace Initiative, con sede in
Kenia, che lavora in tutta l'Africa a sud del Sahara, e la rete di
organizzazioni West African Network for Peacebuilding.
Il Congo e' stato al centro dell'attenzione di diversi gruppi italiani: per
due anni di seguito delegazioni italiane hanno partecipato ad ampie
manifestazioni a sostegno della pace (a Butembo nel 2001 e a Kisangani nel
2002) e hanno cercato di sensibilizzare la nostra opinione pubblica sul
dramma congolese.
Sarebbe urgente oggi rafforzare i legami tra la societa' civile europea e
quella congolese, e costruire una piattaforma comune con le organizzazioni
che lavorano per la costruzione della pace nella regione. Un'alleanza tra
gli operatori di pace europei ed africani potrebbe trovare piu' facilmente
ascolto  presso i decisori politici dell'Unione, ed aiutare a rendere
costruttiva la presenza militare europea. Speriamo di poter imparare questa
volta dal fallimento europeo nell'ex Jugoslavia.

5. RIFLESSIONE. AUGUSTO CAVADI: ARRIVA IL FILOSOFO PRATICO
[Ringraziamo Augusto Cavadi (per contatti: acavadi at lycos.com) per averci
messo a disposizione questo suo articolo gia' apparso sull'edizione
palermitana de "La repubblica" del 19 aprile 2003. Augusto Cavadi,
prestigioso intellettuale ed educatore, collaboratore del Centro siciliano
di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo, e' impegnato nel
movimento antimafia e nelle esperienze di risanamento a Palermo, collabora a
varie qualificate riviste che si occupano di problematiche educative e che
partecipano dell'impegno contro la mafia. Opere di Augusto Cavadi: Per
meditare. Itinerari alla ricerca della consapevolezza, Gribaudi, Torino
1988; Con occhi nuovi. Risposte possibili a questioni inevitabili,
Augustinus, Palermo 1989; Fare teologia a Palermo, Augustinus, Palermo 1990;
Pregare senza confini, Paoline, Milano 1990; trad. portoghese 1999; Ciascuno
nella sua lingua. Tracce per un'altra preghiera, Augustinus, Palermo 1991;
Pregare con il cosmo, Paoline, Milano 1992, trad. portoghese 1999; Le nuove
frontiere dell'impegno sociale, politico, ecclesiale, Paoline, Milano 1992;
Liberarsi dal dominio mafioso. Che cosa puo' fare ciascuno di noi qui e
subito, Dehoniane, Bologna 1993, seconda ed.; Il vangelo e la lupara.
Materiali su chiese e mafia, 2 voll., Dehoniane, Bologna 1994; A scuola di
antimafia. Materiali di studio, criteri educativi, esperienze didattiche,
Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994;
Essere profeti oggi. La dimensione profetica dell'esperienza cristiana,
Dehoniane, Bologna 1997; trad. spagnola 1999; Jacques Maritain fra moderno e
post-moderno, Edisco, Torino 1998; Volontari a Palermo. Indicazioni per chi
fa o vuol fare l'operatore sociale, Centro siciliano di documentazione
"Giuseppe Impastato", Palermo 1998, seconda ed.; voce "Pedagogia" nel cd-
rom di AA. VV., La Mafia. 150 anni di storia e storie, Cliomedia Officina,
Torino 1998, ed. inglese 1999; Ripartire dalle radici. Naufragio della
politica e indicazioni dall'etica, Cittadella, Assisi, 2000; Le ideologie
del Novecento, Rubbettino, Soveria Mannelli 2001. Vari suoi contributi sono
apparsi sulle migliori riviste antimafia di Palermo. Indirizzi utili:
segnaliamo il sito: http://www.neomedia.it/personal/augustocavadi (con
bibliografia completa)]
Non so piu' dove, ma mi e' capitato di ascoltare: "I filosofi costruiscono i
castelli per aria. I matti corrono ad abitarli. Ma poi sono gli
psicoterapeuti che  riscuotono l'affitto". Ammesso che cosi' fosse, da
qualche anno la situazione sta cambiando. I filosofi pensano che, se servono
ancora a qualcosa, piu' che costruire castelli immaginari devono rendere
piu' abitabili le citta' reali. Devono attivare strategie, luoghi, tempi di
riflessione critica per la gente "comune" che - per quanto distratta da
occupazioni e preoccupazioni - non puo' reprimere del tutto gli
interrogativi esistenziali e collettivi ricorrenti sul senso della vita e
della morte, dell'amore e della solitudine, dell'impegno politico e della
malattia. Quando un genitore perde un figlio o una coppia entra in crisi o
un manager va in pensione e' del tutto normale avvertire dubbi e malesseri.
Chi ha soldi ricorre in questi casi alla psicoterapia: ma e' la scelta piu'
adatta? Alcuni psicoterapeuti di formazione medica mi hanno confidato, in
piu' d'una occasione, che in questi casi si trovano davanti a domande alle
quali non sono stati minimamente preparati. Di fronte al dolore per un lutto
o per una separazione, patologico e' soffrire o restare indifferenti? Ma
allora la questione del perche' si soffra - e di come eventualmente reagire
interiormente alla sofferenza morale - non e' una questione di medici e di
malati: e' piuttosto una questione di scambio paritetico fra persone umane
in grado di porsi domande e di tentare argomentazioni in risposta. E' una
questione di dialogo interpersonale: proprio come, da Socrate in poi,
l'hanno vissuta i filosofi autentici.
Partendo da queste e da simili considerazioni, in Germania prima, negli
Stati Uniti e in altri Paesi occidentali dopo, si e' andata diffondendo la
pratica della "consulenza filosofica": una relazione di aiuto in cui il
consultante (non "il paziente"), magari asciutto di storia della filosofia,
chiede al consulente di poter confrontare le proprie idee, convinzioni ed
ipotesi, sul significato dell'agire e del patire in questo mondo. Di volta
in volta, spettera' al consulente capire se assumersi da solo la
responsabilita' della relazione (dialogando personalmente o inserendo il
consultante in piccoli gruppi di discussione o suggerendo una
"libroterapia"...) o indirizzare l'altro anche ad uno psicoterapeuta
(illustrandogli, possibilmente, quali siano le diverse scuole - talora
alternative per indirizzo e metodologia - che il mercato offre in un
determinato territorio).
La "filosofia pratica" (come alcuni preferiscono denominare il philosophical
counseling) si e' aperta un sentiero che sembra riscuotere un consenso
crescente, soprattutto presso chi non e' disposto (per le ragioni piu'
svariate, anche economiche) ad intraprendere una cura di anni: quando non ci
sono delle patologie effettive, infatti, possono bastare anche due o tre
incontri per trovare l'angolazione piu' adatta da cui osservare le proprie
angosce e le proprie risorse interiori. Certo, come in tutte le nuove
imprese non mancano ne' i rischi di strumentalizzazione da parte di
millantatori ne' i trionfalismi: libri come "Platone e' meglio del Prozac"
di Lou Marinoff, che pure servono ad un primo orientamento, hanno riscosso
nel mondo un successo probabilmente ingiustificato rispetto ai meriti
intrinseci. Ma anche questo e' segno di un'esigenza diffusa.
Per conoscere meglio lo stato attuale della consulenza filosofica in Italia
(anche in riferimento a possibili sbocchi occupazionali) la Facolta' di
scienze della formazione dell'Universita' di Catania, in sinergia con la
locale sezione della Societa' filosofica italiana, ha organizzato lunedi' 14
aprile una giornata di studio affollata di studiosi e studenti provenienti
da varie aree della Sicilia. Si e' cercato (con dibattiti talora anche un
po' troppo vivaci) di determinare meglio il profilo della nuova professione
che non e' una consulenza medica per disagi psichici, non e' una direzione
spirituale per problemi religiosi ne', tantomeno, un'assistenza didattica
per difficolta' nell'apprendimento, quanto un servizio all'intelligenza di
persone, famiglie, aziende e gruppi disposti a cercare da se' le risposte
piu' adatte alle sfide di senso quotidiane.
Tra i vari ospiti intervenuti al seminario almeno un cenno meritano Andrea
Poma (docente di filosofia morale all'Universita' di Torino e presidente
della Societa' italiana di consulenza filosofica "Phronesis") e il
fiorentino Neri Pollastri (http://utenti.tripodi.it/Neri_Pollastri),
coraggioso pioniere della pratica professionale nel nostro Paese. Nel
pomeriggio la discussione si e' indirizzata su un settore che con la
consulenza filosofica ha diversi punti di contatto e che non si presenta
meno promettente: la filosofia per bambini. Ad aggiornare sull'argomento,
anche alla luce di molteplici esperienze realizzate (www.filosofare.net)
soprattutto in scuole elementari del Meridione italiano, sono stati Antonio
Cosentino (che presiede il Crif di Cosenza) e Maura Striano dell'Universita'
di Firenze. Forse aveva ragione davvero il vecchio Epicuro: "Nessuno, mentre
e' giovane, indugi a filosofare, ne' se e' vecchio se ne stanchi: poiche'
nessuno e' troppo o troppo poco maturo per acquistare il benessere
dell'animo".

6. RIFLESSIONE. ILEANA MONTINI: SENSO DI INSICUREZZA E RAPPRESENTAZIONE
SOCIALE
[Ringraziamo Ileana Montini (per contatti: ileana.montini at tin.it) per questo
intervento. Ileana Montini, prestigiosa intellettuale femminista, gia'
insegnante, e' psicologa e psicoterapeuta. Nata nel 1940 a Pola da genitori
romagnoli, studi a Ravenna e all'Universita' di Urbino, presso la prima
scuola di giornalismo in Italia e poi sociologia; giornalista per
"L'Avvenire d'Italia" diretto da Raniero La Valle; di forte impegno
politico, morale, intellettuale; ha collaborato a, e fatto parte di, varie
redazioni di periodici: della rivista di ricerca e studio del Movimento
Femminile DC, insieme a Tina Anselmi, a Lidia Menapace, a Rosa Russo
Jervolino, a Paola Gaiotti; di "Per la lotta" del Circolo "Jacques Maritain"
di Rimini; della "Nuova Ecologia"; della redazione della rivista "Jesus
Charitas" della "famiglia dei piccoli fratelli e delle piccole sorelle"
insieme a fratel Carlo Carretto; del quotidiano "Il manifesto"; ha
collaborato anche, tra l'altro, con la rivista "Testimonianze" diretta da
padre Ernesto Balducci, a riviste femministe come "Reti", "Lapis", e alla
rivista di pedagogia "Ecole"; attualmente collabora al "Paese delle donne".
Ha partecipato al dissenso cattolico nelle Comunita' di Base; e preso parte
ad alcune delle piu' nitide esperienze di impegno non solo genericamente
politico ma gramscianamente intellettuale e morale della sinistra critica in
Italia. Il suo primo libro e' stato La bambola rotta. Famiglia, chiesa,
scuola nella formazione delle identita' maschile e femminile (Bertani,
Verona 1975), cui ha fatto seguito Parlare con Dacia Maraini (Bertani,
Verona). Nel 1978 e' uscito, presso Ottaviano, Comunione e liberazione nella
cultura della disperazione. Nel 1992, edito dal Cite lombardo, e' uscito un
libro che racconta un'esperienza per la prevenzione dei drop-out di cui ha
redatto il progetto e  curato la supervisione delle operatrici: titolo: "...
ho qualche cosa anch'io di bello: affezionatrice di ogni cosa". Recentemente
ha scritto la prefazione del libro di Nicoletta Crocella, Attraverso il
silenzio (Stelle cadenti, Bassano (Vt) 2002) che racconta l'esperienza del
Laboratorio psicopedagogico delle differenze di Brescia, luogo di formazione
psicopedagogica delle insegnanti e delle donne che operano nelle relazioni
d'aiuto, laboratorio nato a Brescia da un progetto di Ileana Montini e con
alcune donne alla fine degli anni ottanta, preceduto dalla fondazione,
insieme ad altre donne, della "Universita' delle donne Simone de Beauvoir".
Su Ileana Montini, la sua opera, la sua pratica, la sua riflessione, hanno
scritto pagine intense e illuminanti, anche di calda amicizia, Lidia
Menapace e Rossana Rossanda]
Le politiche sull'immigrazione nel nostro Paese stanno prendendo la piega
pericolosa della repressione pura e semplice (si fa per dire) del fenomeno.
Non ho ancora pero' ben capito le analisi e le proposte che si collocano a
sinistra dell'Ulivo. Comunque, personalmente sono indirizzata a rilevare due
aspetti: il primo e' la necessita' di regolamentare i flussi anche per
evitare che, clandestinamente, giungano nel nostro territorio persone
intenzionate a delinquere al posto di cercare lavoro e inserimento. Il
secondo aspetto e' quello del sentimento di colpa collettiva causato dalle
politiche coloniali e post che, insieme ad altri fattori politici ed
economici, hanno generato le attuali situazioni nei Paesi da dove si emigra.
Questo sentimento potrebbe essere un motivo per attivare, da parte delle
persone di buona volonta', progetti riparatori come i microcrediti alle
donne dell'Africa .
Detto tutto cio', cerchero' di comprendere sia il senso diffuso di
insicurezza, che le politiche "per la sicurezza" che le amministrazioni
anche di centrosinistra attivano come possono.
Un esempio.
Nelle citta' del Nord si sta diffondendo un comportamento sconosciuto da
parte delle donne. Le donne, come si sa, appoggiano la borsa sul sedile
accanto alla guida. E' questo, sempre di piu', un comportamento a rischio.
Agli incroci puo' accadere che la portiera venga aperta da qualcuno con
l'intenzione di rubare la borsa. Da un po' di tempo le  donne sempre piu'
chiudono le portiere. Niente da fare, anche in pieno giorno puo' accadere
che qualcuno si accosti alla vettura in sosta all'incrocio  e colpisca il
finestrino con la mano guantata che tiene in pugno una candela di auto con
la quale il vetro viene rotto in mille minuscoli frammenti.
Vogliamo allora fare lo sforzo di leggere il fenomeno nuovo della paura e
della vittimizzazione nel Nord d'Italia?
Lo ha fatto l'Istat con una ricerca (1997-1998) di qualche interesse e
largamente commentata su "Ricerche di psicologia" (Il senso di sicurezza nei
confronti della micro-criminalita', una ricerca esplorativa, n. 4/2002).
Le fonti  utilizzate per l'analisi della criminalita' in Italia sono due: la
"statistica della delittuosita'" (i reati denunciati all'autorita'
giudiziaria, di polizia, carabinieri e guardia di finanza) e la "statistica
della criminalita'" (i reati contro cui l'autorita' giudiziaria ha avviato
un'azione penale).
Fino alla fine degli anni ottanta il tasso resta quasi costante per subire
un incremento. I reati  denunciati con piu' frequenza  nel 1996 sono stati i
borseggi, i furti di auto in sosta. L'Italia e' al decimo posto nei Paesi
dell'Unione Europea. E' dunque la microcriminalita' a incidere nella
creazione di un clima di paura e di insicurezza.
Scrivono gli autori del saggio citato: "... si puo' notare che le donne
hanno piu' probabilita' di subire scippi e borseggi, gli uomini rapine,
minacce e violenze personali; inoltre, i furti "con contatto fisico" tra
vittima ed autore (scippi e borseggi) seguono nel tempo un andamento
curvilineare a due picchi, cioe' sia nella popolazione maschile che in
quella femminile, il rischio di vittimizzazione per questo reati aumenta tra
i 19-23 anni e tra i 60-65, mentre decresce nelle altre fasce d'eta'. (...)
Rispetto alla realta' urbana, si e' visto che il tasso di vittimizzazione
cresce passando dai piccoli ai grandi comuni non metropolitani".
E piu' avanti: "Una delle dimensioni del senso di insicurezza e' la paura
personale, intesa come la sensazione di ansia ed angoscia provate
nell'immaginare di subire un reato". L'insicurezza decresce fino ai 35-40
per poi aumentare nuovamente. In altri termini sono gli anziani, seguiti dai
giovanissimi, ad avere piu' paura. A destare allarme, osservano, non e'
determinante la gravita' o meno del reato, bensi' che avvenga con una certa
frequenza.
Ora, almeno secondo il sociologo Emile Durkheim, i reati di una certa
gravita' accrescono l'interazione tra i membri di una comunita', rafforzando
la solidarieta' e la coesione in nome della "collera pubblica". Una
"collera" che e' anche l'esito di una sorta di stress che colpisce
soprattutto quando c'e' la percezione della propria incapacita' a farvi
fronte.
L'essere donna o l'eta' avanzata aumentano lo stress perche' "avviene una
riduzione del ricorso a strategie comportamentali attive, quali la soluzione
diretta del problema, a favore di reazioni cognitive centrate sul se', quali
la ricerca di sostegno sociale, l'evitamento cognitivo, il non fare niente".
E aumenta certamente l'attesa di interventi istituzionali radicali.
Si aggiunga che il senso di coesione difensiva nuoce ai processi di
integrazione e assimilazione dei migranti che lavorano e desiderano la
cittadinanza.
Forse, alla luce di quanto descritto, si puo' comprendere l'attivazione di
attenzione e interventi anche delle amministrazione di sinistra a favore
della sicurezza.

7. RIFLESSIONE: VALENTINO PARLATO: UNA SFIDA UMANA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 28 giugno 2003. Valentino Parlato, tra i
fondatori del "Manifesto", rivista prima e quotidiano poi, e' uno dei piu'
prestigiosi intellettuali della sinistra italiana]
Se c'e' la globalizzazione, c'e' anche l'immigrazione: e' un'ovvieta'.
Ovvieta' che dovrebbe essere tanto piu' ovvia per i sostenitori della libera
circolazione delle merci: perche' le merci si' e gli uomini no? Ma il
fenomeno e' di tale portata che va oltre le questioni di giustizia. I
movimenti migratori, come altre volte nella storia, hanno e avranno nel
prossimo futuro una forza che non basteranno neppure i cannoni di Bossi o i
soldati di Berlusconi a fermarla: e' una delle grandi novita' di questo
secolo, di portata internazionale e quindi tale che per governarla ci vuole
una politica internazionale. A Salonicco si sono fatte solo chiacchiere
inutili e dannose. Come nelle grandi alluvioni, non basta fare sbarramenti
ma occorre intervenire all'origine, direttamente nei paesi dove masse di
uomini affrontano anche rischi di morte per uscire dalla loro condizione di
disperazione. Fanon una volta scrisse I dannati della terra: sono loro
quelli che arrivano o affogano davanti a Lampedusa.
L'illusione arrogante e sciocca e' quella di bloccarli dopo che sono
partiti, nei porti o in mare. Altrettanto illusorio e' pensare di affrontare
il problema con accordi bilaterali. Adesso il ministro Pisanu va in Libia,
cerchera' di scusarsi delle proposte militari del suo presidente del
consiglio e magari tentera' di indurre il governo libico a fare il lavoro
sporco della repressione. Il ministro degli esteri libico Abdulrahman
Shalgam, in un'intervista apparsa ieri su "La Stampa", e' stato chiarissimo:
"Partono per fuggire dalla sofferenza, dalle guerre civili e sono poveri.
Che dovremmo fare? Fucilarli?". E poi ha aggiunto che in Italia ci sono due
milioni circa di immigrati su una popolazione di sessanta e in Libia ci sono
due milioni di immigrati su meno di sei milioni di abitanti. Come a dire che
anche l'allarme italiano e' piu' che gonfiato, fino a produrre fanatismo
razzista in Bossi e i suoi.
E' singolare e rivelatore dello stato della nostra civilta' occidentale che
per il Wto si facciano conferenze internazionali estremamente impegnative e
sulla questione dei movimenti migratori quasi nulla. Ogni paese dovrebbe
cavarsela da se' con i blocchi alle frontiere e le armi. Vale ricordare che
il Wto si occupa di merci mentre l'emigrazione e' fatta di uomini? E vale
ricordare anche che il nostro presidente del consiglio ha di fatto
inaugurato il suo (anch'esso gonfiatissimo) semestre europeo con la proposta
di far tornare i nostri soldati in Libia?
Si tratta di semplici interrogativi, pero' abbastanza utili a capire qual e'
lo stato della nostra civilta' e quanto alto sia il tasso di miopia della
nostra attuale politica. E' assolutamente prevedibile che l'incontenibile
ondata migratoria cerchera' tutte le spiagge possibili e noi spaventati
italiani non possiamo illuderci di mandare i nostri soldati o i nostri
carabinieri su tutti i paesi della costa nordafricana, dal Marocco
all'Egitto. A meno che non ci sia qualche matto che pensa di tornare a
chiamare mare nostrum il Mediterraneo.
Ps. Quanto poi ai rapporti dello stato italiano con lo stato libico sarebbe
istruttivo che quelli della Farnesina ci dicessero quale degli impegni presi
con il Protocollo del luglio 1998 e' stato adempiuto. Non sono stati in
grado neppure di mandare una efficiente squadra per sminare quella parte del
territorio libico ancora cosparso di mine della seconda guerra mondiale che
ammazzano e azzoppano tanti cittadini libici.

8. RIFLESSIONE. PEPPE SINI: DUE O TRE COSE CHE SO SULL'IMMIGRAZIONE
La prima: che ogni essere umano ha diritto ad esistere, e ad un'esistenza
dignitosa. E che se nei luoghi dove gli e' capitato di venire al mondo e'
vittima di soprusi e violenze, di fame e miseria, di persecuzione e di
guerra, ebbene, e' suo diritto anche recarsi altrove, e trovare ospitalita'
ed aiuto.
La seconda: che l'oppressione subita dai popoli del sud del mondo ha le sue
radici qui: nelle societa' che ne rapinano le risorse (e che le risorse
sprecano, l'ambiente devastano, i quattro quinti dell'umanita' opprimono
gia' solo col tenore dei propri consumi). I selvaggi, i criminali, ahime',
siamo noi.
La terza: che ci sarebbe un modo semplice semplice per evitare che
continuino le stragi nel Mediterraneo, per evitare la riduzione in
schiavitu' delle persone povere che giungono nel nostro paese, per
contrastare le mafie transnazionali che si nutrono di carne umana, per
rendere effettivo quanto stabilito dalla legge italiana nella Costituzione:
e sarebbe di consentire a tutti gli esseri umani di poter entrare legalmente
e in condizioni di sicurezza nel nostro come in tutti i paesi; sarebbe di
realizzare un servizio di trasporto pubblico e gratuito per tutti i migranti
che ipso facto anullerebbe il business mafioso della mobilita' resa
illegale; sarebbe di cominciare ad affrontare le grandi questioni planetarie
dell'ingiustizia globale (di cui le migrazioni, le migrazioni dalle immense
aree rapinate e impoverite verso le fortificate cittadelle del privilegio e
dello sperpero in cui crapulano i rapinatori, sono una delle conseguenze
ineludibili ed inesorabili) in un'ottica appunto globale, che riconosca
eguale dignita' ed eguali diritti a tutti gli esseri umani, e che la
questione della "capacita' di carico" del territorio ponesse anch'essa in
una visione di giustizia globale, ripartendo tra tutti i costi degli
interventi necessari in una logica di condivisione delle risorse scarse,
scelta di giustizia che implica che chi fino ad ora ha goduto dei frutti di
una plurisecolare rapina debba rinunciare a molto di cio' che ad altri e'
stato e viene ogni giorno sottratto.
Non credo ci sia bisogno di aggiungerne una quarta, ma visto che ci sono:
coloro che i poveri recludono nei campi di concentramento; coloro che i
poveri fanno morire affogati in mare; coloro che i poveri rendono schiavi
lungo i viali e nelle periferie delle nostre citta'; coloro che emulano le
leggi di Norimberga: e' di tutti costoro che dovremmo aver paura, anche e
soprattutto quando vestono i panni di ministri della Repubblica; sono
costoro che aiutano i dittatori politici economici e militari del nord e del
sud a scuoiar viva l'umanita' presente; sono costoro che aiutano le mafie ad
arricchirsi in un'orgia infinita di orrori; sono costoro i malfattori da
ridurre in condizione di non nuocere piu' all'umanita' intera. Per affermare
l'umana dignita' di ogni essere umano, per affermare il diritto e la
democrazia, per costruire una societa' planetaria in cui si adempia l'antica
profezia e speranza di un'umanita' autocosciente  e solidale: da ciascuno
secondo le sue capacita', a ciascuno secondo i suoi bisogni.

9. LIBRI. FRANCESCO COMINA PRESENTA "PRIMA CHE L'AMORE FINISCA" DI RANIERO
LA VALLE
[Ringraziamo Francesco Comina (per contatti: f.comina at ilmattinobz.it) per
questo intervento. Francesco Comina, giornalista e saggista, pacifista
nonviolento, e' impegnato nel movimento di Pax Christi; nato a Bolzano nel
1967, laureatosi con una tesi su Raimundo Panikkar, collabora a varie
riviste. Opere di Francesco Comina: Non giuro a Hitler, Edizioni San Paolo,
Cinisello Balsamo (Mi) 2000; ha partecipato alla redazione del libro di AA.
VV., Le periferie della memoria, e a AA. VV., Giubileo purificato. Raniero
La Valle e' nato a Roma nel 1931, prestigioso intellettuale, giornalista,
gia' direttore de "L'avvenire d'Italia", direttore di Vasti - scuola di
critica delle antropologie, presidente del comitato per la democrazia
internazionale, gia' parlamentare, e' una delle figure piu' vive della
cultura della pace; autore, fra l'altro, di: Dalla parte di Abele,
Mondadori, Milano 1971; Fuori dal campo, Mondadori, Milano 1978; (con Linda
Bimbi), Marianella e i suoi fratelli, Feltrinelli, Milano 1983; Pacem in
terris, l'enciclica della liberazione, Edizioni Cultura della Pace, S.
Domenico di Fiesole (Fi) 1987; Prima che l'amore finisca, Ponte alle grazie,
Milano 2003]
"D'ora in avanti la mia vita avra' un solo scopo: raccontare ai giovani la
storia degli eventi e degli uomini che compaiono in questo libro. Dopo
l'alba di pace e di giustizia che e' scaturita dai roghi della seconda
guerra mondiale, siamo piombati nella notte della guerra infinita e
permanente. Ma io voglio dirlo alle generazioni future, voglio raccontarlo
ai viventi che c'e' stato un momento in cui abbiamo sognato che si potessero
affermare per tutte le persone e per tutte le nazioni diritti inviolabili,
inalienabili, universali; un momento in cui e' sembrato davvero che la
storia del diritto e della pace arrivasse ad uno dei suoi apici. Lo voglio
raccontare, prima che l'amore finisca".
Mi chiama al telefono Raniero La Valle per annunciarmi l'uscita del suo
ultimo libro: "Prima che l'amore finisca. Testimoni per un'altra storia
possibile" (Ponte alle Grazie, pp. 348). Mi telefona da una sala
affollatisima di Bologna dove a breve iniziano le commemorazioni per i
quarant'anni dalla morte di papa Giovanni. Ha la voce giovane di chi ancora
s'appassiona al ricordo di un papa che ha fatto uscire la Chiesa dall'era
glaciale in cui si trovava immersa per farla camminare sulle spianate
assolate della nuova primavera.
Nel libro di La Valle il capitolo dedicato a papa Giovanni ha un titolo
breve: "La pace". Dice tutto, sintetizza tutto. La "Pacem in Terris", ha
affermato piu' volte Giorgio La Pira, e' "il manifesto del mondo nuovo". E
fino alla fine dei suoi giorni, papa Giovanni disse: "Per la Pacem in Terris
anche le pietre, lo si potrebbe affermare, si sono scosse e sollevate".
Perche' Giovanni XXIII era la pace e la pace si era fissata nel suo cuore.
La Valle fu uno spettatore privilegiato di questo evento. Quando esplose, in
tutta la sua forza, il Concilio, La Valle era direttore dell'"Avvenire
d'Italia", il quotidiano che leggeva "dal di dentro" l'importante cammino di
rinnovamento ecclesiale. "Si puo' dire - scrive La Valle nel suo libro - che
il Concilio e' stato il kairos, il tempo opportuno, il tempo favorevole che
attraversa quello consueto e gli da' l'opportunita' di prendere un'altra
direzione. E' il fanciullo con le ali ai piedi e una bilancia in mano".
Erano gli anni in cui a Bologna, dove aveva sede l'"Avvenire d'Italia" di La
Valle, si parlava molto del cardinal Lercaro, di Alberigo, di Montini che
sarebbe presto divenuto Paolo VI e di Dossetti.
E come poteva mancare Dossetti? Il capitolo dedicato ad uno dei grandi padri
della costituente e' forse il piu' struggente, il piu' commovente, il piu'
appassionato - dopo quello dedicato alla mamma di Raniero, Mercedes, morta a
102 anni, e dopo quello della moglie Cettina conosciuta alla Fuci di
Vittorio Bachelet e morta improvvisamente per "un sovrappiu' di difese
immunitarie".
Con Dossetti La Valle aveva fatto l'ultima battaglia per la creazione di un
movimento politico nazionale che avesse come nucleo tematico il tema della
pace e dei diritti: "Ho visto l'ultima volta don Giuseppe Dossetti - ricorda
La Valle - nell'ospedale di Bozzano il 24 ottobre del 1996. Ero andato quel
giorno da lui con l'idea di trovare un morente. E invece trovai don Giuseppe
ancora fermamente dalla parte della vita; senza piu' parole, ma vigile e con
un gesto che trasmetteva una forza, una potenza che vorrei decodificare.
Quel gesto fu di prendermi fortemente la mano, e di tenerla stretta per
dieci lunghissimi minuti (...) Mi sembra che quel gesto volesse trasmettere
una grande intenzione di amore, vale a dire di cio' che e' piu' grande, di
cio' che e' perfetto ed e' destinato a restare, quando l'amore imperfetto
svanira'".
Il capitolo su Dossetti non poteva non inserirsi in quello spazio ultimo
della testimonianza di fede, che fra il '92 e il '96 ci ha portato via i
testimoni piu' grandi del cattolicesimo italiano: padre David Maria Turoldo,
il frate poeta, che con l'arpa fra le mani voleva "destare l'aurora"; padre
Ernesto Balducci, l'homo absconditus, il predicatore saggio, il frate
planetario, che vedeva la pace alzarsi sulle ali della ragione finalmente
libera dall'assillo dell'onnipotenza, una "presenza messianica", che voleva
una umanita' in grado di "forzare l'aurora a rinascere"; don Tonino Bello,
il vescovo fanciullo, presidente di Pax Christi, capace di trasformare
l'arco della guerra in arca della pace; don Italo Mancini, il prete filosofo
che chiedeva una "doppia e insonne fedelta'", a Dio e al mondo, e che vedeva
negli altri una "coesistenza di volti".
E poi gli uomini che hanno accompagnato La Valle nella sua lunga stagione
politica (deputato in parlamento per quattro legislature), da Berlinguer a
Moro, a Napoleoni.
E infine i maestri come Marianella Garcia Villas, l'avvocatessa dei
contadini salvadoregni al tempo di Romero trucidata durante un
rastrellamento dai dittatori sanguinari dell'America Latina; Carlo Carretto,
il piccolo fratello di Spello, che cercava di rivitalizzare l'esperienza di
Francesco nella societa' consumistica di oggi; e Di Liegro, il direttore
della Caritas che aveva aperto le porte ai poveri e agli esuberi.
Il libro si chiude con il ricordo di Ivan Illich, morto improvvisamente il 2
dicembre scorso. C'ero anch'io a Citta' di Castello due mesi prima, quando
Illich apparve inaspettatamente al convegno dal titolo "Il ritorno della
guerra", organizzato da "L'altrapagina". E si sedette accanto a La Valle per
dire che la contraddizione piu' grande della guerra era proprio questa:
"Presumere di estirpare il male dalla terra". Una cosa inaudita, anche
biologicamente insulsa: "Il male c'e' - disse - e dobbiamo conviverci".
Il libro di Raniero La Valle, "Prima che l'amore finisca", e' un grande
libro, forse un libro d'addio, il racconto ultimo di una vicenda umana piena
di vita e di saggezza. Perche' l'amore bisogna raccontarlo. E bisogna fare
in fretta perche' la notte avanza e potrebbe essere che ad aspettare ancora
arrivi l'onda lunga della tenebra totale: sull'amore, su noi e sulla Madre
Terra. Anche se i profeti di questo libro hanno continuato a vedere l'alba
del mondo nuovo, anche quando gli occhi stanchi venivano meno: "La lezione
che ci viene dalla specie umana - scriveva Balducci nella sua 'Terra del
tramonto' - e' che, messa di fronte ai dilemmi estremi - e oramai il dilemma
e' fra vita e morte - essa e' in grado di rivelare insospettate risorse
creative. La novita' e' affidata alle viscere della necessita'. Che sui
passaggi cruciali della sua nascita ci sia buio non deve far meraviglia.
Come scrisse Ernst Bloch, ai piedi del faro, non c'e' luce".

10. RILETTURE. GIOCONDA BELLI: IL PAESE SOTTO LA PELLE
Gioconda Belli, Il paese sotto la pelle, Edizioni e/o, Roma 2000, 2002, pp.
480, euro 8,50. "Scrivo queste memorie in difesa di quella felicita' per la
quale vale la pena vivere e persino morire".

11. RILETTURE. NADINE GORDIMER: UN MONDO DI STRANIERI
Nadine Gordimer, Un mondo di stranieri, Feltrinelli, Milano 1961, 1990, pp.
336, lire 13.000. Uno dei grandi romanzi della scrittrice e miltante
antirazzista sudafricana, premio Nobel per la letteratura.

12. RILETTURE. ARUNDHATI ROY: GUERRA E' PACE
Arundhati Roy, Guerra e' pace, Guanda, Parma 2002, pp. 198, euro 14. Alcuni
acuti e vivaci saggi della grande scrittrice indiana, per la pace,
l'ambiente, i diritti umani.

13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

14. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it;
angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it

Numero 598 del primo luglio 2003