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"Clandestini", ecco il business
- Subject: "Clandestini", ecco il business
- From: "palidda" <palitu at tin.it> (by way of Carlo Gubitosa <c.gubitosa at peacelink.it>)
- Date: Mon, 30 Jun 2003 13:01:29 +0200
[Nota della redazione di PeaceLink: Ringraziamo Salvatore Palidda per l'invio di questo articolo nella sua versione integrale. Una sintesi di questo testo e' stata pubblicata dal quotidiano "Il Manifesto" nell'edizione del 28 giugno 2003].
In quasi tutte le analisi e i commenti di questi giorni sugli annegamenti di migranti, sull'invocazione da parte dei Bossi e Borghezio di una sorta di Bava Beccaris del XXI secolo, sulle lacrime di coccodrillo del centro-sinistra e su altri fatti e aspetti connessi all'odierna situazione delle migrazioni, c'e' una singolare ignoranza di alcune correlazioni particolarmente rilevanti. In effetti, quando non e' "interessata", quest'ignoranza e' probabilmente dovuta alla difficolta' di spiegare l'apparente ma allo stesso tempo mostruoso paradosso che riguarda sia le relazioni fra paesi dominanti (e di immigrazione) e paesi dominanti (di emigrazione), sia la coesistenza di fatto della guerra ai clandestini e il crescente bisogno di manodopera clandestina. Si tratta dello stesso paradosso che fa coesistere la pace e la guerra nella nuova strategia dell'impero americano (nella cosiddetta postura della Full Spectrum Dominance). In realta', l'Europa con i suoi i paesi piu' liberisti non riesce ancora a barcamenarsi al meglio in mezzo a questo paradosso, come invece sembrano riuscire a fare almeno in parte gli Stati Uniti. Basta ricordare alcuni dati assai eloquenti. Da piu' di 15 anni gli States hanno fatto diventare la guerra alle migrazioni (in particolare sulla frontiera messicana) un business straordinario sia per le imprese private sia per la lobby degli sbirri federali e dei singoli stati. Ma come candidamente ammettono i responsabili dell'INS e i grandi esperti del governo Bush, l'immigrazione clandestina negli States e' oggi (maggio 2003) stimata fra gli otto e i dieci milioni di cui quattro-sei milioni messicani (era stimata a circa cinque milioni nel '99 -si veda convegno OCSE all'Aja Preventing and Combating the Employment of Foreigners in an Irregular Situation. 22-23 Aprile '99). Anche se spesso si tratta di stime gonfiate per legittimare tale business e tante carriere poliziesco-militari, e' comunque noto che, come scrivono gli esperti del Congresso (fra cui quella della Rand Corporation), la riproduzione della manodopera clandestina e' indispensabile all'economia americana: i nuovi arrivi si sommano ai ritorni all'irregolarita' da parte di chi per diverse cause ha perso i requisiti del rinnovo del permesso (fenomeno gia' noto in Italia dove ogni anno circa il 30% di immigrati perde la regolarita'). Ma questa riproduzione si accompagna a migliaia di morti e a milioni di arrestati e deportati nel tentativo di immigrare negli States. Qualche cifra parziale degli ultimi tre anni: esclusivamente alla frontiera messicana fra i soli identificati dalle polizie americane: 377 morti e 1,6 milioni arrestati nel 2000, 336 morti e 1,2 milioni di arrestati nel 2001, 350 morti e 900 mila arrestati nel 2002. Tuttavia, questi morti, come i migranti annegati o morti sui containers nel tentativo di venire in Europa, fanno notizia solo come tentativo di dissuasione di quelli che aspirano a partire. Per il resto sono come i morti afgani o iracheni o palestinesi: non valgono nulla. Nessun giornalista o opinion leader ha scritto che e' la nuova "cortina di ferro" eretta dai paesi dominanti contro le societa' dominate a produrre queste morti che non sono certo meno numerosi di quanti furono i morti della cortina di ferro del totalitarismo sovietico. Dopo l'11 settembre la situazione s'e' ancor piu' aggravata, soprattutto per gli immigrati originari da paesi considerati musulmani e persino per quelli che hanno un permesso regolare. In compenso il lavoro del clandestino e' remunerato ancora di meno. Rispetto al "modello" americano, l'Italia puo' essere considerata in Europa il paese che cerca di avvicinarvisi di piu' giocando di fatto il suo paradosso "alla meno peggio". Primo paese, insieme alla Grecia, per il tasso di economie sommerse sul prodotto nazionale lordo (trenta per cento circa), l'Italia conta fra sei e otto milioni di persone che bazzicano integralmente o in parte nel lavoro nero. Fra queste, gli stranieri clandestini rappresentano ovviamente una minoranza, ma sono i piu' ricercati, notoriamente dai caporali padani, che li trasportano dalle cinque di mattina sino a tarda sera con centinaia di furgoncini, lamentandosi per i controlli di velocita' da parte di alcune polizie municipali e di qualche rara e per loro intollerabile ispezione sui cantieri o nelle fabbrichette. Non a caso con la sua devolution, Bossi rivendica il controllo delle polizie a livello locale, ossia una gestione della discrezionalita' propria alle polizie che sia al servizio dei suoi elettori, in particolare dei piccoli imprenditori padani che vogliono la totale liberta' di agire e una polizia che, se necessario, espella subito il clandestino che non va piu' bene o perche' troppo usurato o perche' pretende di alzare troppo la testa. In effetti, una caratteristica rilevante della manodopera al nero e' che necessita di un alto turn-over sia perche' la maggioranza non regge i ritmi di lavori massacranti e spesso altamente nocivi o a rischio (si pensi all'aumento degli incidenti sul lavoro, comprese le morti ignote che riguardano spesso gli stranieri clandestini), sia perche' alcuni cercano di crearsi un minimo potere contrattuale (si pensi a Ion Cazacu per questa ragione bruciato vivo dal suo caporale che lavorava per gli imprenditori padani -si veda Sciuscia', 2000). E come si mostrava bene in quella puntata della trasmissione di Santoro, i padroncini padani che sfruttano maggiormente i clandestini sono gli stessi a reclamare le cannonate contro le barche dei migranti, cosi' come a gridare contro la sanatoria. Ma, leghisti e altri della maggioranza hanno anche trovato un formidabile escamotage per limitare il piu' possibile la regolarizzazione che, comunque, a detta dello stesso Tremonti, e' diventata uno straordinario business per lo stato e per ogni sorta di mercanti e truffatori della regolarizzazione (si puo' stimare che in realta' siano stati circa 350 mila gli immigrati che hanno dovuto presentare piu' volte la domanda spendendo in media non meno di 4.000 euro a testa, per un giro d'affari totale di 1.400.000.000 euro di cui piu' di 245.000.000 direttamente allo stato -versati alla posta). Infatti, la sanatoria va a rilento e una buona parte dei regolarizzandi finisce per perdere i requisiti e tornare nella clandestinita' (la riproduzione e' assicurata) oppure viene espulsa grazie alla Bossi-Fini o ad operazioni fatte alla svelta senza testimoni e senza traccia burocratica da parte di alcuni operatori delle polizie che hanno ben recepito il messaggio di un governo che comunque li "copre" (quella stessa copertura che spiega anche le torture e il massacro dei manifestanti anti-G8 a Genova nel 2001). Meno male che tra gli operatori delle polizie ve ne sono anche alcuni democratici che, sebbene isolati e minacciati, cercano di resistere. Non mancano poi i casi di padroncini e caporali (fra cui anche alcuni immigrati ascesi a tale rango: e' sempre comodo far fare il lavoro sporco allo straniero) che il giorno della paga chiamano qualche operatore di polizia che si presta per fare scappare i lavoratori clandestini ed evitare cosi' che siano pagati. Nella logica d'inferiorizzazione e segregazione dei migranti va segnalata l'ultima perla della giunta di Milano: il decreto che sottrae agli immigrati l'unico momento e luogo di socialita', ossia gli incontri domenicali nei parchi pubblici dove si riuniscono a migliaia per stare insieme, giocare, ballare e mangiare, tutte cose impensabili in un quotidiano scandito solo da ritmi lavorativi infernali e costretto in abitazioni anguste. Del resto, l'integrazione che avrebbe dovuto essere sostenuta con la distribuzione alle regioni dei fondi ricavati con la trattenuta dello 0,5% sulle buste paga degli immigrati (come stabilito dalla legge Turco-Napolitano) s'e' trasformata in ben altro. Contributi per i centri espellendi, per le espulsioni, per gli amici degli amici ciellini o persino di AN e della lega che hanno creato ad hoc associazioni e cooperative per "occuparsi" degli immigrati, e infine per sostenere le delocalizzazioni come hanno proposto i leghisti alla regione Veneto (en passant, non esiste ancora un'inchiesta su come sono spesi i soldi degli immigrati e su quanto costa una politica migratoria che riproduce clandestini e morti). I padroncini della "Padania" e di altre zone d'Italia e d'Europa da tempo hanno scoperto anche un'altra manna: le delocalizzazioni in cascata di ogni sorta di attivita' nei paesi "terzi". I big come Benetton, cosi' come i magliari, gli evasori fiscali o i bancarottieri, girano senza alcun intoppo nei paesi d'emigrazione dove comprano facili connivenze fra governanti, mediatori (o power-brokers) e caporali locali per organizzare sul posto il supersfruttamento in condizioni ancor piu' libere che in Europa e con profitti di gran lunga piu' ingenti di quelli realizzati con le economie sommerse in Europa (basti pensare che una donna che lavora nel sistema Benetton o di altre firme e imprese italiane ed europee in Tunisia o a Timisoara riesce a prendere fra i 60 e i 100 euro al mese lavorando 6 giorni su 7, fra 8 e 12 ore al giorno). Ma mai nessuno ha denunciato la frode comunitaria che consiste nell'importazione da paesi terzi di prodotti finiti con etichette "made" nei vari paesi europei gia' attaccate. E purtroppo nessun sindacato europeo e' mai andato a cercare di costruire unita' d'azione con i sindacati di questi paesi e in particolare del Magreb. Di fatto, oggi piu' che mai qualsiasi padroncino, qualsiasi turista europeo puo' andare nei paesi d'emigrazione come e quando vuole ed agire in piena liberta', compresa quella di schiavizzare. Si disquisisca quanto si vuole sui termini, ma non si tratta forse di una sorta di neo-colonialismo in versione liberista? È anche questo nuovo sviluppo infame di economie dipendenti alla merce' dei giochi delle delocalizzazioni itineranti (che cosi' ricattano i vari paesi per imporre bassi costi) a provocare una nuova spinta all'emigrazione. Perche' stare in Tunisia o in Romania a fare gli schiavi per padroncini italiani ed europei senza poter reclamare alcun diritto e non tentare la fortuna di venire a lavorare in Europa? Perche' restare in mezzo al disastro umano e sociale e il rischio di morte in paesi come la Somalia o il Congo e non rischiare di venire in Europa anche se a costo della vita? Perche' qualsiasi italiano ed europeo puo' andare nei paesi di emigrazione e invece gli abitanti di questi paesi non possono andare nei paesi ricchi neanche per andare a trovare i parenti? Queste sono le domande che si pongono sempre piu' migliaia di giovani disgustati dall'asimmetria dei diritti e delle opportunita' imposta dall'attuale assetto del dominio dei paesi ricchi (si veda "L'indotto di Abdel", il manifesto dell'11 ottobre 2002). Oggi piu' che mai la migrazione e' innanzi tutto aspirazione all'emancipazione economica, sociale ma anche politica e religiosa. Si emigra per disperazione e per fuga dalle guerre, ma innanzi tutto per cercare di trovare altrove quello che appare impossibile laddove si vive: l'emancipazione. Come ha raccontato il sociologo Mahdi Mabrouk nel recente convegno della Lega Tunisina dei Diritti dell'Uomo tenutosi a Tunisi il 30-31 maggio 2003, nel mondo degli aspiranti alle migrazioni costrette alla clandestinita' dal proibizionismo fascista europeo si trova infatti un'umanita' segnata dall'aspirazione alla vera liberta' di tutti, cantata in loro canzoni ray o rap o neo-blues che ormai sono note sui percorsi e sulle coste turche, libiche o del Magreb. Sono forse questi, senza saperlo, con i loro nuovi canti dell'emancipazione del XXI secolo, la componente giovane dei Sud che partecipa di fatto al movimento contro il liberismo globalizzato e contro ogni sorta di guerra, per i diritti fondamentali di ogni essere umano. Ed e' proprio contro questa aspirazione all'emancipazione che apertamente si scagliano i nuovi Bava Beccaris, cosi' come fecero alla fine del XIX secolo, quando sparavano sulle folle che rivendicavano pane e diritti. I signori leghisti e buona parte degli elettorati europei (anche di centro-sinistra) sanno bene che i loro attuali privilegi, reali o immaginari, sono fondati sull'inferiorizzazione o neo-schiavizzazione degli "altri", degli extra-comunitari, cioe' sulla certezza del dominio. La paura di perdere i privilegi del dominio e l'agitazione nella salvaguardia di questo conduce alla guerra alle migrazioni, cioe' a quello che Z. Bauman chiama la distruzione dell'eccedente umano, di quegli umani che non servono piu' o che non accettano passivamente di essere inferiori. I governi europei pretendono che i paesi limitrofi all'UE si trasformino in sbirri implacabili contro i migranti, insomma che facciano il lavoro sporco. Come aveva proposto uno dei piu' mediocri ministri dell'interno italiani degli ultimi decenni, Bianco, anche Blair, tanto amato da certi leaders del nostro centro-sinistra, propone di creare nei paesi limitrofi all'UE campi di concentramento per migranti espulsi, cosi' come del resto ha fatto il suo governo, collocando alcuni detenuti sulle navi-galera di vittoriana memoria. Il mercanteggio proposto e' esplicito: voi paesi terzi "gestite" o eliminate un po' di aspiranti all'emigrazione e quelli che espelliamo e in compenso vi daremo un po' di finanziamenti per le vostre e'lites, per le vostre polizie, per la salvaguardia dei vostri regimi (si pensi quanto sia allettante per i Ben Ali & C.). Ma, i regimi di questi paesi non possono stringere sempre e troppo le maglie. A volte le allentano per rilanciare il mercanteggio, ma spesso sono costretti a lasciar correre perche' altrimenti la situazione rischia di diventare ancor piu' esplosiva. L'emigrazione e' una valvola di sfogo utile per tamponare la tensione sociale e politica specie per regimi autoritari. Peraltro, se dall'Albania non partono piu' clandestini e' perche' da un lato la spinta all'emigrazione si e' per buona parte esaurita, dall'altro perche' le mafie locali sembrano aver negoziato con i servizi segreti europei una certa liberta' di traffici di droga e altro in cambio della loro attivo controllo di quella piccola e media delinquenza che si occupava di traffico di clandestini (diverse "spalle" di ministri albanesi sono notoriamente coinvolti in traffici diversi e hanno viaggiato con passaporti diplomatici -si veda l'illuminante reportage di L. Fraioli e A. Giordano, "L'eroina ? Da Tirana viaggia in auto blu", in Venerdi' di Repubblica, 767/29.11.02, pp. 42-47). Appare comunque assai fantasioso che la grande criminalita' organizzata sia veramente interessata al traffico di migranti. Nella stragrande maggioranza dei casi si tratta solo di piccoli o al massimo medi delinquenti improvvisati passeurs, spesso senza scrupoli ma non al servizio delle grandi mafie. Del resto basta notare che di fatto i passaggi clandestini (eccetto quelli dei cinesi) costano meno che una migrazione regolare!!!! Il proibizionismo delle migrazioni, come ogni proibizionismo, ha un effetto criminogeno e produce morte. Questa considerazione indiscutibile e' stata sempre ignorata o respinta dal centro-sinistra che ha di fatto spianato la strada all'attuale destra fascista e razzista (come scordarsi della Kater Y Rades durante il governo Prodi e d'altre vicende orribili "gestite" dai D'Alema, Amato, dalla sig.ra Turco & C.). Nei prossimi mesi alcuni migranti saranno forse salvati dall'oscillazione fra liberismo moderato che sembra ora voler perseguire Pisanu e la guerra totale dei leghisti. Infine, c'e' un'altra arma per la nuova selezione dei migranti: quella inaugurata dopo l'11 settembre con la cosiddetta lotta al terrorismo che s'e' trasformata in una sequela di casi di vera e propria criminalizzazione di migranti originari da paesi cosiddetti musulmani (si pensi non solo al tragico-comico caso degli arrestati presunti terroristi contro S. Petronio a Bologna, ma anche ai piu' gravi casi dei pakistani in Sicilia e poi a Napoli e dei magrebini arrestati per il sospetto complotto contro l'ambasciata Usa a Roma e altri ancora a Milano). Di fatto, tutte queste operazioni spesso istigate solo da segnalazioni americane quasi sempre del tutto infondate, hanno rafforzato la nuova selezione dei migranti che ha l'obiettivo di tenersi solo gli originari da paesi cattolici o dei paesi dell'Est. Purtroppo ne vedremo ancora delle belle se non ci sara' alcuna seria mobilitazione per la difesa delle liberta' e dei diritti di tutti. Dovere d'asilo e liberta' di migrazione; lavoro in regola per tutti (italiani e stranieri): sebbene possano apparire impopolari o poco praticabili, questi sono piu' che mai gli obiettivi che i democratici e la sinistra europea dovrebbero perseguire non solo perche' non c'e' alcun rischio d'invasione, ma soprattutto perche' e' l'unico percorso possibile per contrastare quella globalizzazione liberista che produce neo-colonialismo e che alimenta i rischi di guerra contro le societa' dominate e non certo contro i Bin Laden, i Saddam e gli altri personaggi speculari ai Bush e ... ai Bossi. E' con la lotta comune di europei e migranti che si possono difendere i diritti dei lavoratori.
Salvatore Palidda
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