Amnesty International: i paesi del G8 armano i violatori dei diritti umani




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Da: "Ufficio Stampa Amnesty  " <press at amnesty.it>
Risposta: "Ufficio Stampa Amnesty  " <press at amnesty.it>
Data: Mon, 19 May 2003 12:12:17 +0200
A: stampa at amnesty.it
Oggetto: Amnesty International: i paesi del G8 armano i violatori dei
diritti umani

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COMUNICATO STAMPA
CS75-2003

AMNESTY INTERNATIONAL:
I PAESI DEL G8 ARMANO I VIOLATORI DEI DIRITTI UMANI


Alla vigilia del vertice di Evian dei paesi del G8, Amnesty
International ha presentato oggi un rapporto dal titolo “Un catalogo di
fallimenti: esportazioni di armi dei paesi del G8 e violazioni dei diritti
umani”.

“Nonostante le assicurazioni contrarie” ­ si legge nel rapporto - “i
governi dei paesi del G8 forniscono armi ai peggiori violatori dei diritti
umani su scala mondiale. La tecnologia militare e di sicurezza delle
principali potenze del mondo continua a finire, grazie a controlli
inadeguati, nelle mani di regimi che commettono gravi abusi dei diritti
umani”.

Almeno due terzi dei trasferimenti globali di armi avvenuti tra il 1997
e il 2001 hanno avuto origine da cinque paesi del G8: Francia,
Germania, Regno Unito, Russia e Stati Uniti. In questi, cosi’ come
negli altri tre paesi del G8 (Canada, Giappone e Italia) sono in vigore
leggi che prevedono l’emissione di una licenza per le esportazioni
militari. Il Giappone addirittura proibisce ufficialmente questi
trasferimenti. Eppure, in ciascun caso, il rapporto di Amnesty
International dimostra come i controlli siano inefficaci o vengano
scavalcati.

Il Rapporto di Amnesty International segnala tre situazioni
preoccupanti:

- i mediatori e i trafficanti di armi che risiedono nella maggior parte
dei paesi del G8 possono fornire armi ai paesi violatori dei diritti
umani semplicemente spostando i loro traffici in “paesi terzi” dove
vigono minori controlli;

- la maggior parte dei paesi del G8 non hanno leggi idonee a
prevenire l’esportazione di forniture di sicurezza a forze di sicurezza
straniere che sono solite usare strumenti leciti per infliggere torture e
maltrattamenti, cosi’ come per impedire l’uso di strumenti come le
armi elettriche fino a quando i loro effetti non saranno pienamente
conosciuti;

- con la scusa della “riservatezza commerciale”, viene a mancare la
disponibilita’ di informazioni utili e tempestive agli organi legislativi,
ai
mezzi d’informazione e al pubblico sulle decisioni riguardanti le
esportazioni di armi. In questo modo, il controllo parlamentare e
dell’opinione pubblica risulta fortemente indebolito.

Per quanto riguarda l’Italia, il rapporto di Amnesty International
presenta tre casi emblematici:

1. Nel 1996 e 1997 le aziende italiane hanno venduto pistole, fucili e
munizioni per un valore di 13 miliardi di lire all’Algeria, un paese
devastato da gravi abusi dei diritti umani che hanno causato la morte
di oltre 100.000 persone ad opera delle forze di sicurezza, delle
milizie filo-governative e dei gruppi armati di opposizione. Nel 1999 il
governo ha autorizzato l’esportazione in Algeria di 5000 fucili Beretta
PM 12S, trasferiti poi lo stesso anno. Di fronte a una richiesta di
Amnesty, i funzionari responsabili delle licenze non sono stati in
grado di verificare l’esistenza di alcuna procedura idonea ad
assicurare un adeguato livello di responsabilizzazione e di
formazione delle forze di sicurezza algerine destinatarie di questo
materiale. Nel corso del 2000, il numero degli abusi commessi dalle
forze governative e dai gruppi armati di opposizione (imboscate,
massacri, scontri a fuoco, attentati) e’ cresciuto, provocando la
morte di centinaia di persone. Cio’ nonostante, nello stesso anno il
governo ha autorizzato il trasferimento in Algeria di “materiale
militare” per un valore di 2 milioni di euro e di equipaggiamento
militare non specificato per un valore di 13 milioni di euro.

2. La notte del 5 agosto 2000 la polizia ha arrestato nei pressi di
Milano il cittadino straniero Leonid Minin. Nella sua camera d’albergo
sono stati rinvenuti documenti che attestavano la vendita illegale di
armi a uno dei piu’ sanguinari gruppi armati di opposizione del
continente africano, il Fronte rivoluzionario unito della Sierra Leone.
Nel giugno del 2001 Leonid Minin e’ stato incriminato per traffico
illegale di armi. I giudici italiani tuttavia hanno dichiarato che era
assai difficile procedere in giudizio nei confronti di una persona
accusata di traffico illegale di armi originato e svoltosi al di fuori del
territorio italiano.

3. Le forze di sicurezza della Nigeria continuano a ricorrere a un
eccessivo uso della forza in risposta alle proteste contro le attivita’
delle compagnie petrolifere. Nel 2000, esse si sono rese responsabili
di uccisioni su larga scala nello stato di Benue. Sull’accaduto non
sono state svolte indagini indipendenti. Le forze di sicurezza
nigeriane hanno in dotazione fucili Beretta M12 e pistole Beretta
M951 da 9 mm.

Amnesty International chiede l’adozione di un trattato internazionale
sul commercio delle armi, volto a rafforzare e armonizzare i
meccanismi nazionali di controllo e interrompere il flusso di armi
verso chi viola i diritti umani.

“Se c’e’ una lezione che il G8 deve imparare dal conflitto dell’Iraq, e’
quella che non possiamo consentire alla comunita’ internazionale di
fornire armi a coloro che commettono gravi violazioni dei diritti umani
e poi rafforzarli e proteggerli in modo che possano continuare ad
agire impunemente” ­ ha affermato Brian Wood, coordinatore di
Amnesty International per le attivita’ sul controllo delle armi.

Nota
Amnesty International si oppone ai trasferimenti di equipaggiamento,
tecnologia ed esperienza militare, di sicurezza e di polizia che si
possa ragionevolmente presumere contribuiranno alle violazioni dei
diritti umani nel paese ricevente. L’organizzazione continua a
chiedere ai paesi del G8 di rispettare questo principio, a lungo
riconosciuto ma mai attuato nella pratica.

Quasi dieci anni fa Stati Uniti, Canada, Francia, Germania, Russia e
Regno Unito hanno firmato, insieme ad altri paesi dell’Osce, i
“Principi che governano i trasferimenti di armi convenzionali”, che
impegnano gli Stati aderenti a “evitare trasferimenti che e’ probabile
saranno usati per violare o sopprimere i diritti umani e le liberta’
fondamentali”.

Nel 1998 Francia, Germania, Italia e Regno Unito, in quanto paesi
membri dell’Unione Europea, si sono impegnati a rispettare il
“Codice di condotta europeo sui trasferimenti di armi”. Il Canada, gli
Usa ed altri Stati ancora hanno dichiarato il proprio sostegno al
Codice. Questo testo, sebbene lasci la decisione finale sulle
esportazioni ai governi, afferma che “le armi non dovranno essere
esportate verso paesi dove vi e’ un evidente rischio che esse
potranno essere usate a scopo di repressione interna o dove si
verificano gravi violazioni dei diritti umani”.

FINE DEL COMUNICATO
Roma, 19 maggio 2003

Il rapporto “Un catalogo di fallimenti: esportazioni di armi dei paesi
del G8 e violazioni dei diritti umani” e’ disponibile presso il sito
Internet www.amnesty.org


Per ulteriori informazioni, approfondimenti ed interviste:
Amnesty International - Ufficio stampa
Tel. 06 44.90.224, cell. 348-6974361, e-mail: press at amnesty.it

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