Report da Amman #44






REPORT N. 44



Un Nuovo capitolo di brutalizzazione del popolo iracheno da parte dell’amministrazione Repubblicana.



14 Maggio 2003



"Questo pranzo è precotto”. Ahmed un’ingegnere iracheno, offre la sua visione in merito alle complicazioni degli iracheni trasmesse dagli Stati Uniti determinando il loro futuro.

Lui paragona la scelta che avrebbe voluto avere da sua madre al suo ritorno da scuola. Mi sarebbe piaciuto chiedere cosa volevo per pranzo, ma succedeva sempre che il prodotto finito era già pronto e cucinato nella cucina. Ahmed rileva che forse agli iracheni piacerebbe voler chiedere, ma il loro futuro è stato già precotto da Gorge Bush. Lui ora vuole solo dei soldi e l’opportunità di prendere la sua famiglia e portarla fuori dell’Iraq.

Cose sono cattive ed altre giuste ora. Le storie sono venute con l’incremento regolare del terribile prezzo pagato dagli iracheni per la completa mancanza di legge rampante nel paese. Vi sono molte storie di donne rapite e portate lontano da banditi. Una era con suo marito in una macchina nel centro di Bagdad, un’altra donna da un villaggio. Un giovane donna in pieno giorno in una delle piazze di Bagdad, e due giovani donne dalle loro case. Queste sono solo le storie che ho personalmente divulgato. In più di un’occasione quando ho chiesto se questi “incidenti” sono stati descritti dai media, mi è stato risposto che questo sono storie che accadono dappertutto, dobbiamo descriverle tutte?

Le persone hanno paura di mandare I loro bambini a scuola. Paura, che se poi li portano, non sono sicuri d’essere capaci a proteggerli nella macchina. Paura che non vi sia adeguata sicurezza nelle scuole.

Un amico mi annuncia che nella scuola di sua figlia I genitori si sono organizzati tra loro per proteggere I bambini che vi sono. Hanno assicurato che le forze statunitensi dovrebbero passare con un autoveicolo durante le ore di lezione. Insomma, i telefoni non funzionano, se vivi in quell’area non vi è un numero d’emergenza da chiamare. Alternativamente, se i soldati americani, si trovano a passare nel momento che succede un terribile incidente cosa si aspettano da loro che non conoscono l’arabo, e non hanno un’interprete. Andranno via con qualcuno che cerca di spiegargli l’accaduto in Arabo? Certo che No. I soldati più di una volta mi hanno spiegato che hanno l’ordine di non intervenire.

Fino al giorno in cui gli Stati Uniti vennero a “liberare” I giornalisti dal Palestine Hotel, la polizia irachena poteva essere vista su tutti gli angoli della città. Essi sparirono in un istante ed i mesi successivi sono stati completamente fuori legge. Per una città con cinque milioni d’abitanti, senza avere un corpo di polizia, dove le prigioni sono vuote dallo scorso Ottobre, la violenza ed il caos non possono essere una sorpresa.

I media riportano che la polizia è ritornata nelle strade. Non è vero, si vede solo occasionalmente. La scorsa settimana, a Mahmoudiya, un po’ fuori Bagdad, mi sono fermato ad un piccolo negozio con un amico per comprare le sigarette. Un ragazzo di 12 anni, un vagabondo con una pistola dentro la tasca dei suoi calzoncini. Il ragazzo afferma che la stava vendendo e che sperava che il nuovo proprietario l’avrebbe usata solo come una decorazione.

Nei dintorni di Bagdad la sera, vi è una pericolosa attività, si possono vedere persone che vendono Kalasnikov sul pavimento. Alcune donne sostengono che non vanno al supermercato senza una pistola nella loro borsa.

Gli affari si fanno solo sulla base di avere un Kalasnikov chiuso tra le mani. Un’amico che stava guidando la macchina per andare a casa dal lavoro, un paio di giorni fa, ha visto come un uomo è stato sbalzato fuori dalla sua macchina ed ucciso in una delle strade principali di Baghdad in pieno giorno. Altri, che conosco, hanno visto i loro vicini morire e non hanno idea del perché.

Durante il 1980, il segretario alla Difesa, Donald Rumsfeld, era a Baghdad per fare afffari con Saddam. Non era qui per parlare di diritti umani, ma è venuto come un inviato del Presidente, quindi significava che Saddam era il nostro uomo. Da quel giorno ad ora nessuno ha fatto qualcosa per promuovere i diritti umani nell’Iraq durante il regime di Saddam. Il Governo di Reagan aveva ufficialmente commissionato la politica di mantenere la Guerra Iran-Iraq per una durata d’otto anni.

Il nuovo capo americano per l’Iraq Paul Bremer, fu l’ambasciatore errante per il “gettone” terrorismo tra il 1986 ed il 1989 (giusto il tempo di commettere I più brutali crimini, come parte del Governo americano di polizia avverso il terrorismo, nell’America Latina) Il suo capo e formatore, nonché collega Henry Kissinger era uno che aveva le idee chiare sulla politica Iran-Iraq: “Spero che si uccidano a vicenda”. Un milione di persone morte.

La Guerra del Golfo, con la sua deliberata devastazione della società irachena e sulle sue sostanziali infrastrutture, era comandata da Bush padre, con Cheney in qualità di Segretario alla Difesa. Ad oggi, i bambini iracheni muoiono in gran numero come risultato dell’obiettivo USA e delle forze di coalizione nel 1991. Le sanzioni politiche, anche prese da Bush senior, sono state usate per 12 anni, punendo ordinariamente il popolo iracheno. Le sanzioni politiche in Iraq possono avere la definizione legale di genocidio.

Poi vi erano I professori che decisero di bendare gli occhi su quella massa d’iracheni che si ribellava a Saddam nel 1991. Questa politica era giustificata da Richard Haas, un Repubblicano interessato alla politica del Medio Oriente, sulla base che gli iracheni volevano cambiare il loro leader e non il regime. Questo desiderio portò alla repressiva Ba’ath che ripose Saddam alla guida politica.

Vogliamo gli stessi individui che non sono mai indietreggiate dinanzi alle barbarie con la loro politica di portare l’Iraq ad essere capace di deliberate e terrificanti violenze? Io non posso credere che queste siano solo questioni di retorica.

I diritti umani e la giustizia non sono tirate fuori dalla passività. Devono essere estratti. Se vogliano un mondo che non sia governato da callosa violenza, questo è il tempo per il quale bisogna fare qualcosa.










[Nota: Rosarita Catani e' una reporter indipendente che invia i suoi resoconti da Amman, Giordania, raccontando da un punto di osservazione privilegiato cosa accade in Iraq e in medio oriente. I suoi report - pubblicati regolarmente sul sito www.peacelink.it - sono utilizzabili liberamente previa citazione della fonte e dell'autrice].