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RossoNotizieNet n. 32 - 5 maggio 2003
- Subject: RossoNotizieNet n. 32 - 5 maggio 2003
- From: "associazione culturale punto rosso" <puntorosso at puntorosso.it>
- Date: Mon, 5 May 2003 18:37:42 +0200
ROSSONotizieNet numero 32 - 5 maggio 2003 periodico elettronico dell'Associazione Culturale Punto Rosso ATTENZIONE!!!!! Sono cambiati i numeri di telefono di Punto Rosso. I numeri corretti sono 02/874324 - 02/875045 (numero telefonico normale e anche fax). Non esiste più lo 02/72016642 FERMIAMO LA GUERRA - FERMIAMO IL MASSACRO Fermiamo la mano degli apprendisti stregoni che, pur di mantenere il dominio sulle risorse strategiche, di occupare regioni del mondo cruciali, di perpetuare un ordine mondiale iniquo, non recedono di un passo dallo scatenare l'inferno. Basta con lo scempio dei corpi, dell'ambiente, della democrazia, della cultura, della vita. Basta morti, basta dolori, basta distruzioni. Basta con la banda di avventurieri che pretende di governare il mondo. L'Associazione Culturale Punto Rosso e il Forum Mondiale delle Alternative daranno come sempre il loro contributo, assieme al movimento, alle forze politiche, agli uomini e alle donne di buona volontà, di contrinformazione, di controcultura e di mobilitazione per affermare la giustizia e la pace. Consultate il sito http://www.fermiamolaguerra.it e per Milano http://www.fermiamolaguerra.it/milano Sommario Iniziative Milano: Festa del si - apertura della campagna referendaria per l'art. 18 (10 maggio 2003) Milano: iniziativa sull'ALCA e l'America Latina (13 maggio 2003) Milano: Assemblea Nazionale dell'Associazione Culturale Punto Rosso - Fma (17 maggio 2003) Lup - Libera Università Popolare - i prossimi corsi - Il pensiero di Nietzsche - Il Sistema della Comunicazione (parte II) - Immigrazione e globalizzazione Iniziative locali - Massa: incontro con Giulietto Chiesa (31 maggio 2003) - Carrara: rassegna sul cinema algerino - Bussero (MI): dibattito pubblico sul dopo-Iraq (16 maggio 2003) Materiali: - Ankara, 23-25 aprile 2003 - Diario della seconda udienza del processo a Leyla Zana e ai suoi compagni - Novità Edizioni Punto Rosso SABATO 10 MAGGIO dalle 17 alle 24 MILANO PIAZZA DUOMO Apertura della campagna referendaria per il SI al referendum sull'articolo 18 Il Comitato promotore e il Comitato nazionale per il SI vi invitano alla GIORNATA DEI DIRITTI FESTA DEL SI' TESTIMONIANZE di Vittorio Agnoletto (Forum mondiale delle alternative), Tom Benetollo (presidente nazionale ARCI), Fausto Bertinotti (segretario nazionale PRC), Paolo Cagna Ninchi (presidente Comitato promotore LA GIUSTA CAUSA), Luciano Muhlbauer (segreteria nazionale SinCobas), Gianpaolo Patta (segretario nazionale CGIL), Alfonso Pecoraro Scanio (segretario nazionale Verdi), Luciano Pettinari (Socialismo 2000), Gianni Rinaldini (segretario generale FIOM), lavoratori licenziati senza giusta causa, precari, migranti MUSICA, ANIMAZIONE E PENSIERI con l'Acadèmia de Capoeira, il Coro "Canto Sospeso"di Martinho Lutero, Cristiano De André, Dolce Nera, Dario Fo, gli Yerba Buena, Gaetano Liguori e Idea Trio, Moni Ovadia, la Piccola orchestra napoletana, i Riddle, i Sinafrica, la pizzica degli Spaccabrianza, Zambrini jazz. CONDUCONO Franca Rame e …… SI PERCHÉ I DIRITTI NON ABBIANO CONFINI SI PERCHÉ IL LAVORATORE NON SIA UNA MERCE SI PERCHÉ LA DIGNITÀ NON ABBIA UN PREZZO SI PERCHÉ LA LEGGE SIA UGUALE PER TUTTI Diritti, libertà e dignità del lavoro per una società più giusta, per la pace tra gli uomini e le nazioni. Aderiscono e partecipano: ACEA, ARCI, Associazione culturale Punto Rosso, Associazione Dimensioni Diverse, Associazione Liberi, ATTAC, Baggio Social Forum, CGIL LavoroSocietà, Chainworkers, CNL, Cobas, Critical Mass, Forum mondiale delle alternative, Miracolo a Milano, RdB, Rete Lilliput Nodo di Milano, Rifondazione Comunista, SinCobas, Socialismo 2000, Sulta, Verdi con i banchetti delle PIAZZE SOLIDALI e gli stand del COMITATO PER IL SI COMITATO NAZIONALE PER IL SI Sede: via Tolero 9, Roma Tel. 06.8600664 - Fax 06.86202013 Portavoce - Paolo Cagna Ninchi - c.so di P.ta Ticinese 48, 20123 Milano - Tel-fax. 02.58101910 - 339.1170311 Sede legale - avv. Piero Panici - via Otranto 18, 00192 Roma - Tel. 06.3722785 Fax 06.37514608 http://www.lagiustacausa.it Il CRIC (Centro Regionale d'Intervento per la Cooperazione) in collaborazione con l'Associazione Culturale Punto Rosso presenta DONDE SE VA A PARAR CON EL ALCA L'America Latina dopo le elezioni argentine, gli avvenimenti in Venezuela, il Brasile di Lula e la vittoria di Gutierrez in Ecuador. Le conseguenze dell'Alca (Area di Libero Commercio delle Americhe) su scala continentale MARTEDI 13 MAGGIO 2003 ore 20.30 Biblioteca Gallaratese - Via Quarenghi 21 (MM1 Bonola) intervengono Juan Pablo Mu-oz (presidente di Tierranueva, Ecuador) José Luiz Del Roio (Punto Rosso-Fma, cons. int. Fsm) José Luis Tagliaferro (Cespi) L'iniziativa si svolge nell'ambito del progetto "Biblioteche interculturali" realizzato con il sostegno del Comune di Milano e della Regione Lombardia info: 02-36564364 cric.mi at tin.it ASSEMBLEA NAZIONALE DELL'ASSOCIAZIONE CULTURALE PUNTO ROSSO FORUM MONDIALE DELLE ALTERNATIVE MILANO, SABATO 17 MAGGIO 2003, dalle ORE 10.30 ALLE 19.30 presso la SALA AEM in via della Signora 10 (MM1 - MM3 Duomo). Questa assemblea vuole essere, in primo luogo, una occasione di analisi e confronto sulla situazione politico-culturale attuale. Con particolare riferimento alle condizioni e alle prospettive del movimento dei movimenti di cui facciamo parte, nello sforzo di immaginazione e di proposizione per i lineamenti fondamentali di una politica e di una cultura comune di alternativa. Anche in riferimento alle sorti di una possibile rifondazione della sinistra italiana. In secondo luogo si cercherà di tessere una rete culturale e sociale in grado di produrre queste ricerche e di vivificarle nelle articolazioni nazionali e internazionali di movimento. In proposito verrà messo in rete un breve un documento introduttivo, che farà da contributo comune e iniziale alla discussione. All'assemblea parteciperà François Houtart, segretario generale del Forum Mondiale delle Alternative. Interventi iniziali a cura del direttivo del Punto Rosso-Fma e relazione introduttiva su politica, cultura e movimento di Mimmo Porcaro (studioso della politica). Siete tutti invitati........ LUP- LIBERA UNIVERSITA' POPOLARE prossimi corsi Dipartimento di storia della filosofia e del pensiero umano "Ernst Bloch" Il pensiero occidentale attraverso le sue grandi opere. A seguito del grande interesse suscitato dai corsi svolti nei due anni passati sulla storia del pensiero occidentale, riprendiamo questo percorso a partire dalle grandi opere di questo pensiero, come momenti paradigmatici della storia della filosofia. Undicesimo Corso La Gaia Scienza e lo Zarathustra di Nietzsche Durata: 3 lezioni Luogo: Punto Rosso, Via Morigi 8, Milano Quota di iscrizione: 10 Euro Martedì 6 Maggio 2003, ore 18.30-20-30 Introduzione alla filosofia di Nietzsche Relatore: Giorgio Giovannetti Venerdì 16 Maggio 2003, ore 18.30-20-30 La Gaia Scienza Relatore: Aldo Pardi Martedì 20 Maggio 2003, ore 18.30-20-30 Così parlò Zarathustra Relatore: da definire Dipartimento di critica dell'economia politica e della società "Rosa Luxemburg" IL SISTEMA DELLA COMUNICAZIONE. PARTE II: LA REALTA', L'IDEOLOGIA, LE ALTERNATIVE. Durata: 3 incontri. Luogo: Punto Rosso, via Morigi 8, Milano. Quota di partecipazione: 10 euro Primo incontro. Mercoledì 7 Maggio, ore 18.30. Gli effetti della comunicazione mediatica: strategie, presunzioni, ideologia, realtà. Relatore: Francesco Siliato (Politecnico di Milano). Secondo incontro. Mercoledì 14 Maggio, ore 18.30 Il lavoro nel sistema informativo: la forma di apparato, l'impresa, l'organizzazione, le alternative. Relatore: Giovanni Cesareo (Politecnico di Milano) Terzo incontro. Mercoledì 21 Maggio, ore 18.30. I media alternativi e di movimento. Relatori: Roberto Savio (Ips, consiglio internazionale FSM), Claudio Jampaglia (responsabile comunicazione Attac Italia). Dipartimento di Studi Internazionali "Patrice Lumumba" IMMIGRAZIONE E GLOBALIZZAZIONE I MIGRANTI E IL CONFLITTO SOCIALE NELL'ERA DEL NEOLIBERISMO Le migrazioni d'individui non sono un fenomeno sociale dei nostri giorni. Sono piuttosto una pratica storicamente sedimentata nel processo evolutivo della società umana. Il movimento di popolazioni da un luogo ad un altro è fenomeno riscontrabile in tutte le epoche storiche. La storia dell'uomo è una storia di umanità in movimento. La stessa storia dell'Europa moderna può essere scandita dai tempi delle migrazioni interne, dagli spostamenti di lavoratori da un paese all'altro, dal continuo esodo dei profughi delle guerre che hanno insanguinato il nostro continente negli ultimi cinque secoli. Le immigrazioni contemporanee si iscrivono in questo continuum storico ma differiscono dal passato per le concause che oggi le generano. Gli attuali processi migratori vanno contestualizzati all'interno dell'attuale situazione socio-economica mondiale nella quale questi stessi si dipanano. Si tratta di una riflessione che non può non essere posta in termini sistemici all'interno di quel macro-fenomeno sociale definito globalizzazione. Tale è il sistema nel quale si inseriscono gli odierni processi migratori, non solo per il sottosviluppo generato in alcune zone del mondo dai processi di globalizzazione dei mercati, ma anche perché le migrazioni - e soprattutto le politiche di controllo delle stesse, attuate dalle "democrazie occidentali" - sono funzionali ai processi di precarizzazione e di indebolimento della forza lavoro anche nei paesi a sviluppo avanzato. Gli incontri formativi che proponiamo cercheranno di analizzare i punti critici delle attuali politiche migratorie, partendo da una visione differente che prenderà in considerazione non tanto i risultati pratici che queste politiche si propongono, quanto i riflessi sul controllo del lavoro migrante che le stesse provocano. Si cercherà inoltre di mettere in luce la reale possibilità di una diversa politica migratoria. Durata: 4 incontri. Luogo: Punto Rosso, via Morigi 8, Milano. Quota di partecipazione: 20 Euro 1) Venerdì 9 Maggio 2003, 18.30-20.30, relatore Andrea De Bonis Processi migratori e politiche di controllo I movimenti di popolazione negli ultimi due secoli: la creazione della figura giuridica dello straniero - le migrazioni del dopoguerra - il controllo del lavoro migrante nella Germania - migrazioni e segregazionismo in U.S.A. 2) Giovedì 15 Maggio 2003, 18.30-20.30, relatori Marco Ferrero e Anna Andrian La costruzione della fortezza Europa Diritto diseguale e controllo del lavoro migrante - il modello tedesco del lavoratore-ospite (Gastarbeiter) - il modello assimilazionista francese - il modello inglese: tra imperialismo e riconoscimento - le nuove migrazioni nell'Europa del Sud - le politiche europee di immigrazione e asilo. 3) Venerdì 23 Maggio 2003, 18.30-20.30, relatrici Flavia Favero e Roberta Rossolini I processi migratori e l'ibridazione culturale Multicultura, intercultura, transcultura? - diversità/affinità tra esperienze geoculturali differenti - razza, etnia, cultura: i rischi di vecchie e nuove etichette - alla scoperta dell'ibridazione culturale. 4) Venerdì 30 Maggio 2003, 18.30-20.30, relatori Andrea De Bonis e Eleonora Garosi, con la partecipazione del Professor Salvatore Palidda - L'immigrazione in Italia: precarietà e criminalizzazione La criminalizzazione dei migranti - Soft-apartheid e differenza giuridica del migrante - Sans-papiers ed economia informale - la cittadinanza come diritto esclusivo - il controllo del lavoro migrante in Italia - proposte per una possibile nuova politica migratoria. Associazione Culturale Punto Rosso Massa Carrara e-mail: puntorosso.carrara at tin.it in collaborazione con Portofranco - Regione Toscana Organizza SABATO 31 MAGGIO 2003 - ORE 21.00 SALA DELLA RESISTENZA - PALAZZO DUCALE PIAZZA ARANCI - MASSA INCONTRO CON GIULIETTO CHIESA Editorialista per "La Stampa", Premio Cultura della Pace 2003 Citta' di Sansepolcro, promotore di Megachip e del progetto di TV indipendenti. L'incontro sara' l'occasione per presentare il nuovo libro di G. Chiesa e M. Villari, Feltrinelli "SUPERCLAN" E' la nuova superclasse sul ponte di comando mondiale, formato dai magnati dei Media, delle Multinazionali e delle Finanziarie, che utilizza la guerra infinita per mantenere il proprio potere imperiale. Una nuova classe predatoria che mette a rischio la democrazia, la pace e la stessa esistenza dell'uomo sul pianeta. Info: puntorosso.carrara at tin.it cell. 347-1085533 ASSOCIAZIONE ALBERTO BENETTI ASSOCIAZIONE CULTURALE PUNTO ROSSO ORGANIZZANO ALGERIA, MON AMOUR... RASSEGNA CINEMATOGRAFICA 14 APRILE - 26 MAGGIO 2003 ORE 21 CINEMA GARIBALDI - CARRARA LUNEDI 14 APRILE: LA BATTAGLIA DI ALGERI DI GILLO PONTECORVO LUNEDI 28 APRILE: MURIEL OU LE TEMPS D'UN RETOUR DI ALAIN RESNAIS LUNEDI 5 MAGGIO: EL KALAA - LA CITTADELLE DI MOHAMED CHOUIKH LUNEDI 12 MAGGIO: L'ARCHE DU DESERT DI MOHAMED CHOUIKH LUNEDI 19 MAGGIO: LOUSS - ROSES DES SABLES DI MOHAMED RACHID BENHADJ LUNEDI 26 MAGGIO: TOUCHIA (CANTICO DELLE DONNE DI ALGERI) DI MOHAMED RACHID BENHADJ Con il patrocinio di PortoFranco - Regione Toscana, Comune di Carrara, Comune di Massa, Provincia di Massa Carrara In collaborazione con: Scuola Nazionale di Cinema - Cineteca Nazionale - Roma Centro Orientamento Educativo - Milano C.C. AREA CARUGATE ASSOCIAZIONE PUNTO ROSSO BUSSERO RIFONDAZIONE COMUNISTA LUP - Libera Università Popolare Dibattito pubblico DOPO L'IRAQ: VERSO UN NUOVO (DIS)ORDINE MONDIALE LA STORIA AD UN BIVIO TRA GUERRA PERMANENTE CONTRO L'UMANITA' ED UMANITA' CONTRO LA GUERRA Intervengono: Bruno CARTOSIO - Università di Bergamo Andrea FUMAGALLI - Università di Pavia Isidoro MORTELLARO - Università di Bari Patrizia SENTINELLI - Rifondazione Comunista Don Alberto VITALI - Pax Christi VENERDì 16 MAGGIO 2003 - ORE 20.30 ALLA BIBLIOTECA DI BUSSERO (MI) VIA GOTIFREDO N. 1 Info: 02/2150657 - 328/1004010 - 02/95039937 - 02/874324 Materiali Qui di seguito vi facciamo avere il diario che Silvana Barbieri, responsabile come Punto Rosso della campagna per la scarcerazione di Leyla Zana, ha redatto in occasione del secondo viaggio con una delegazione del Parlamento Europeo per assistere alla ripresa del processo alla stessa Leyla Zana e agli altri tre deputati curdi. Con la preziosa collaborazione di Emilio Molinari, Tina Mastrolonardo e di Lerzan Tascier, esponente curda che accompagna le nostre delegazioni e la cui assistenza e opera di traduzione sono indispensabili. Ankara 23-25 aprile 2003 Diario della seconda udienza del processo a Leyla Zana e ai suoi colleghi 23 aprile I due taxi arrivano insieme all'hotel anche se Stefano Squarcina e Feleknas Uca sono arrivati per loro conto da Bruxelles e noi, Luigi Vinci, Emilio Molinari, del Comitato per il contratto mondiale dell'acqua, sua moglie Tina ed io Silvana Barbieri siamo invece appena arrivati dall'Italia. Siamo tutti ad Ankara per la seconda sessione del nuovo processo a Leyla Zana e agli altri tre deputati curdi, in carcere da nove anni e mezzo. Alla sera ci ritroviamo tutti quanti in un ristorante dove eravamo già stati un mese fa che ha un'atmosfera gradevole e dove soprattutto non c'è confusione e si mangia un buon pesce. Ci fanno sedere in un angolo fra due pareti di vetro a forma di L, da dove possiamo vedere un giardino illuminato e la pioggia che viene giù a catinelle. Parliamo del processo, della speranza della scarcerazione dei quattro deputati curdi ,del significato della presenza della delegazione ufficiale del Parlamento Europeo al processo, della quale sia Luigi che Felek fanno parte, e parliamo anche del nostro viaggio a Diyarbakžr, dove ci recheremo dopo il processo, sia per farci un'idea precisa del grado reale di applicazione delle riforme giuridiche che il Governo e gli ambasciatori della Turchia sbandierano in Europa che per incontrare la Camera degli ingegneri di Diyarbakžr, che si è espressa contro la costruzione di una quantità di dighe nel Curdistan turco, a partire da un progetto turco-israeliano, costruzione che oltre a provocare devastanti effetti umani, sociali, ambientali e archeologici (di cui scriveremo prossimamente) permetterebbe alla Turchia di ricattare Siria e Iraq, attraverso il controllo del flusso dei fiumi Tigri ed Eufrate. Mentre parliamo di questo entrano nel ristorante otto uomini vestiti di grigio e con un atteggiamento molto deciso. Si guardano attorno attentamente, poi formano un corridoio attraverso il quale entrano altri sei uomini, essi pure in grigio, che si siedono lontano da noi di tre tavoli. Gli uomini entrati per primi sono dunque guardie del corpo; rimangono ancora un po', poi vicino al tavolo si fermano in due, alcuni altri si mettono davanti alla porta, altri ancora vanno fuori, sotto la pioggia, a controllare l'entrata e le vetrate del ristorante. Capiamo così che i sei al tavolo sono persone importanti. Guardiamo i volti, uno è noto, quello del Presidente del consiglio turco Erdog˜an. Comincia allora un gioco che non piace a Luigi: "quando usciamo ci fermiamo al loro tavolo, gli diciamo qualcosa sul processo dei quattro deputati curdi e gli chiediamo se hanno intenzione di risolvere il problema curdo." Arriviamo a fine pasto con Luigi che si arrabbia: "non fate cazzate, siamo qui per aiutare quattro compagni a uscire dal carcere". Ci alziamo dal tavolo e mentre ci avviamo all'uscita, Luigi davanti a tutti, Felek punta al tavolo di Erdog˜an: "sono una deputata tedesca al Parlamento Europeo, sono di origine curda, sono qui con diversi colleghi in delegazione ufficiale per il processo di domani ai deputati curdi". Ci rispondono che sanno della presenza al processo di questa delegazione e inoltre che ci sarà, domani, un incontro tra la delegazione e il Ministro della giustizia, e chiedono a Felek se la delegazione sarà "cattiva" oppure no. Felek risponde che "domani vedremo, dipende da quello che ci direte", dà la mano a tutti. Erdog˜an si alza in piedi e si muove per salutarci, ma Luigi è già fuori dal ristorante e Stefano, Emilio, Tina e io ci limitiamo perciò ad abbozzare da lontano un saluto e usciamo. Siamo tutti contenti di Felek. E ragioniamo su quanto è successo: il comportamento amichevole di Erdog˜an esprime semplicemente il carattere della persona o una cortesia protocollare, oppure anche la consapevolezza della condizione terribile dei curdi in Turchia e della necessità di cambiarla, anche perché, altrimenti, la Turchia non entrerà nell'Unione Europea? Questo non sarebbe da poco rispetto alle posizioni e alle pratiche abiette dei militari, delle forze di sicurezza, della burocrazia statale e della magistratura. 24 aprile E' la giornata che impegna la delegazione del Parlamento Europeo ad una fittissima serie di incontri: al mattino alle otto con due avvocati italiani dell'Associazione dei giuristi democratici, alle otto e mezza con l'avvocato Alatas¸, che dirige il collegio di difesa degli imputati, poi con il Ministro della giustizia, poi con il vice capogruppo al Parlamento turco del partito di governo, islamista, e al pomeriggio con il vice capogruppo del partito di opposizione, il Partito repubblicano del popolo, quello kemalista storico, che oggi si dichiara socialdemocratico, poi con il Presidente della Commissione del Parlamento turco di investigazione sui diritti umani, poi, alla sede della Commissione Europea, con i rappresentanti di varie ONG e delle due associazioni per i diritti umani, infine con le ambasciate dell'Unione Europea, paesi candidati compresi. Luigi per ragioni di correttezza istituzionale, dice,( in realtà perché gli incontri con gli interlocutori turchi lo hanno molto preoccupato rispetto all'esito del processo), non vuole che di questi incontri si parli. Quanto vi è emerso, questo solo possiamo dire, gli è apparso molto negativo, mentre si aspettava qualcosina di più dai rappresentanti islamisti. "L'unico che non ragiona come il precedente establishment kemalista, sciovinista, anticurdo e antidemocratico, è il Presidente della Commissione parlamentare di investigazione sui diritti umani", ci ha riassunto. Questi non a caso era presente alla prima sessione del processo. Per il resto invece ONG, associazioni per i diritti umani, rappresentanti della Commissione Europea, ambasciate sono tutti quanti concordi nella descrizione di una situazione della Turchia che è disperante. Le riforme giuridiche sono parziali e ambigue, dicono, e soprattutto lo stato fa di tutto per non applicarle. La mentalità degli apparati dello stato continua a essere quella di prima, ottusa, brutale e fascista. Tortura, omicidi extragiudiziari, stupri, discriminazioni e vessazioni anche le più idiote nei confronti dei curdi continuano più o meno come prima. Il diritto all'uso della lingua curda in televisione e alla radio è pressoché completamente negato, inoltre è del tutto impossibile dare vita a corsi di lingua curda. 25 aprile Il mattino del 25 aprile andiamo dunque al tribunale. La Commissione Europea è presente con una delegazione numerosa. Sono pure presenti alcune ambasciate, tra le quali quella italiana. C'è un grande affollamento all'ingresso del tribunale: riconosciamo i volti dei compagni di Hadep e di Dehap ma anche di Akžm Birdal, grande figura di compagno e di democratico turco, perseguitato a lungo, vittima alcuni anni fa di un pesante attentato da parte dei Lupi grigi, ci abbracciamo. Ci viene presentata l'avvocato Eren Keskin, Presidente dell'Associazione dei diritti umani (IHD), donna coraggiosa impegnata a documentare i casi, tuttora numerosissimi, di violenza sessuale subita dalle donne, curde ma anche turche, arrestate per ragioni politiche dalla polizia o dalla gendarmeria. Ha a suo carico la bellezza di 120 denunce! Su tutto questo avremo un incontro alla sera, poco prima del suo rientro a I™stanbul. Rivediamo la figlia di Leyla Zana, che ci presenta la sorella più giovane di Leyla. Si avvicinano alcune donne, negli abiti tipici delle curde, e tra loro c'è una donna in nero, è la moglie di Selim Sadak, uno dei quattro deputati in carcere. Hanno ben 10 figli, cinque maschi e cinque femmine, lei aveva 14 anni quando si è sposata, quando nel 1994 le arrestarono il marito il primo figlio aveva 15 anni e l'ultimo solo due. Arrivano due figlie, si assomigliano molto, non tanto alla madre bensì al padre. Ci commuove la bellezza del viso di questa donna, che si è conservata nonostante una vita molto dura. Glielo facciamo dire dalla nostra amica interprete Lerzan, lei sorride e sorridono le figlie, che ci dicono che tutti considerano la mamma più bella di loro. Abitano a Sirnak, una cittadina ai confini con la Siria, dove la repressione è stata e continua a essere durissima, da parte dell'esercito turco e dei "guardiani del villaggio", milizia di curdi traditori, addetta ai lavori più sporchi, ben pagata dallo stato. Compare in aula Claudia Roth, dirigente dei Verdi tedeschi, già parlamentare europea, oggi Presidente della Commissione giustizia al Bundestag, che molto si impegnò per il conferimento, nel 1995, del Premio Zakharov del Parlamento Europeo a Leyla Zana. Sono presenti anche i due avvocati italiani più una francese dell'Associazione dei giuristi democratici. Numerosi infine i giornalisti, i fotografi e le televisioni, e sono tutti per la delegazione del Parlamento Europeo. Poco dopo le 10 entriamo in aula. Come nella prima sessione l'aula è dominata dall'alto dal Presidente della corte, dai due giudici a latere e dal Procuratore della Repubblica, cioè dall'accusa; sotto sta la difesa, assieme agli imputati, che tra qualche minuto arriveranno, scortati da una quantità di gendarmi armi in pugno, e sfileranno i testimoni. Gia in questa disposizione c'è un'anomalia rispetto al processo dei paesi civili, dove accusa e difesa stanno anche visibilmente alla pari, perché hanno pari diritti. Sul muro sopra i giudici ci sono un enorme volto in bronzo di Atatürk e la scritta "la giustizia è la base della proprietà". Sulla parete di fianco un'altra frase di Atatürk ricorda come "grazie all'alto potere della giustizia la Repubblica perseguirà lo sviluppo e proteggerà i diritti dei cittadini e l'ordine nel Paese contro tutte le forme di violenza". Tra il pubblico e l'area della Corte, della difesa e degli imputati si pone, quasi subito, una fila di militari della gendarmeria armati di fucili d'assalto, rivolti sia al pubblico che agli imputati: a ricordarci, di fatto, come in Turchia alla fine chi decide è l'esercito. Dietro al pubblico, infine, una fila di poliziotti, questi armati di rivoltella. Questa così è l'aula del tribunale di Ankara il 25 aprile mattina, data della seconda udienza del nuovo processo a Leyla Zana e ai suoi tre compagni. Si tratta di un rifacimento a cui la giustizia turca deve ottemperare, a seguito di una sentenza della Corte europea per i diritti umani, quella Corte di Strasburgo cioè che fa parte del Consiglio d'Europa, organismo del quale la Turchia è membro sin dalla fondazione. Questa sentenza ha stabilito che il precedente processo era stato iniquo, che i diritti della difesa vi erano stati violati e le accuse non provate. In realtà anche quello di oggi è un processo politico. Come che vada esso avrà una conclusione dettata da considerazioni politiche, non giuridiche. Sotto l'aspetto giuridico i quattro deputati curdi avrebbero dovuto essere scarcerati contestualmente alla sua apertura. A questo proposito Strasburgo è stata chiarissima, alla vigilia della prima sessione Il senso politico del processo a cui assistiamo è questo, fondamentalmente. L'Unione Europea, e il Consiglio d'Europa con la sentenza di Strasburgo, dicono alla Turchia: guarda che il modo con il quale hai processato a suo tempo i deputati curdi non fu civile, non hai rispettato i loro diritti, hai violato la loro immunità parlamentare per fatti d'opinione. Il nuovo processo diventa perciò la misura dell'idoneità della Turchia a entrare nell'Unione Europea. Si tratta di un esame per la Turchia, è come se il nuovo processo fosse a sua volta sotto processo dinanzi a una giuria composta dalle istituzioni europee. L'Unione Europea ad affermare che di questo si tratta ha inviato una delegazione di osservatori che è composta da tutti i gruppi politici presenti al Parlamento Europeo, e sono presenti la Commissione, le ambasciate, il Consiglio, attraverso l'Ambasciata greca. Sono tutti qui oggi, seduti in prima fila, a guardare in faccia i militari e i giudici, ad ascoltare, e farsi un'idea. E' una grossa partita politica. Una partita che quindi si gioca su più tavoli: perché riguarda la futura collocazione della Turchia nel contesto mondiale, nel dopoguerra irakeno, dinanzi all'Europa e ai suoi conflitti strategici interni, non solo il destino degli imputati, del Curdistan turco e di quello iracheno. E riguarda il consolidamento o meno del nuovo governo islamista in Turchia, il suo rapporto di forza con i militari, il potere di questi ultimi, se quindi la Turchia, ultimo baluardo autoritario in Europa, saprà cominciare a elaborare criticamente il proprio passato kemalista oppure continuerà a pagare un prezzo tragico alla sua degenerazione. Questo senso politico profondo del processo si sente, si respira, è un sentimento, un'attesa, una speranza che si agitano nel pubblico, nei molti volti curdi, nei volti dei dirigenti delle associazioni per i diritti umani, e in tutti noi. E' nei volti dei quattro imputati sin da quando entrano in aula salutando parenti e compagni e salutandoci. Oggi cambierà qualcosa? Ci sarà un segnale di accoglimento delle richieste dell'Unione Europea e del Consiglio d'Europa? Potranno gli avvocati della difesa presentare i loro testi e controinterrogare quelli dell'accusa, potranno pretendere da questi risposte sincere? E' ciò che Alatas¸ chiede a nome di tutta la difesa nel suo primo intervento. E a queste domande c'è subito il primo no. L'accusa respinge la richiesta di ascoltare anche i testimoni della difesa e quella della possibilità da parte della difesa di controinterrogare direttamente, cioè non tramite il filtro del Presidente della Corte, i testimoni dell'accusa. La legge lo impedisce, dice. Il Presidente immediatamente consente. Nulla quindi è cambiato rispetto al primo processo, i diritti della difesa continuano a essere grossolanamente impediti, nonostante la sentenza di Strasburgo. Il processo si fa così quasi tutto rituale e vuoto. Sfilano i testi dell'accusa, 18 su 27, cioè nove non sono presenti, giurano uno dopo l'altro, per 18 volte il pubblico deve alzarsi perché così prevede la legge. Gli avvocati della difesa fanno le loro domande al Presidente che a sua volta e interpretandole a modo suo le rivolge ai testimoni. Quasi tutti confermano le vecchie deposizioni. Questi testimoni sono già loro, tra l'altro, un fatto politico: tranne due sono tutti poliziotti o guardiani del villaggio. Molti di loro entrano e si irrigidiscono sull'attenti, battono militarmente i tacchi e snocciolano le loro "verità": in relazione ad un fatto che l'accusa considerò decisivo, cioè la propaganda che gli imputati avrebbero fatto in un bar per conto del PKK, quasi tutti i testimoni dichiarano che videro e addirittura ascoltarono gli imputati, chi alla distanza di 500 metri, chi di 600 metri, chi di un chilometro; c'è poi chi li vide parlare fuori dal bar e chi dentro; c'è poi chi li sentì parlare in turco, chi in curdo e chi in ambedue le lingue; infine assolutamente nessuno ricorda il contenuto di questi discorsi. Un testimone addirittura rifiuta di rispondere alle domande della difesa, senza essere considerato reticente dal Presidente. Due testimonianze invece si discostano: e sono le uniche due di persone che non sono agenti di polizia o guardiani del villaggio. Un uomo venuto da Urfa racconta quest'episodio. Egli era ai tempi membro del Dep, il partito degli imputati. Nell'ottobre del 1993 venne chiamato e minacciato dalla gendarmeria, che voleva costringerlo a lasciare il partito. Data questa situazione di intimidazione e di repressione decise di trasferirsi ad Ankara, ma qui venne arrestato, nel dicembre del 1993, e torturato, perché rifiutava di firmare una falsa deposizione contro Leyla Zana. Venne rimandato a Urfa, dove restò in carcere per altri sette mesi. Mentre si trovava in carcere un suo compagno di cella venne fatto sparire; la polizia dichiarò che era stato rilasciato, ma di quest'uomo non si saprà più nulla. Sono queste sparizioni, tuttora in corso, quelle che le associazioni per i diritti umani chiamano "esecuzioni extragiudiziarie". Un secondo testimone, a sua volta, un commerciante di Bursa, dichiara ai giudici che fu costretto a firmare una testimonianza falsa contro gli imputati e che adesso è venuto a ritrattarla. Dov'è, in ogni caso, la revisione del processo? Gli avvocati insistono, incalzano sulle reticenze dei testimoni, ma il Presidente non fa che interromperli, li richiama a stringere, si mette continuamente a rimproverare gli ascoltatori stranieri presenti nel pubblico perché i sussurri degli interpreti disturberebbero, così come il fatto di masticare una caramella o di muoversi sulla sedia… Se non si trattasse dello svolgimento piuttosto sadico di una tragedia ci sarebbe da ridere. In questa recita pesante le nostre speranze a poco a poco si spengono. Gli imputati e il pubblico scuotono la testa, e la scuoterà anche il Presidente della delegazione del Parlamento Europeo Joost Lagendijk, un Verde olandese; all'uscita di fine mattinata per la pausa pranzo dichiarerà ai giornalisti, a nome dell'intera delegazione, che "così come si sta svolgendo questo processo è la ripetizione di quello di 10 anni fa; i rilievi nella condanna della Corte europea dei diritti dell'uomo in questo processo sono del tutto ignorati". La conclusione della giornata è che gli imputati rimangono in carcere e che ci sarà una nuova udienza il 23 maggio, per ascoltare i testimoni oggi assenti. In conclusione, lo si è già detto, non sarà in quest'aula ma attraverso complicati movimenti tutti politici che la conclusione di questo processo sarà decisa. Per tutto quello che stiamo vedendo e ascoltando non siamo molto ottimisti. Vedremo. Il 23 maggio saremo ancora dentro a questo tribunale. Nel frattempo occorre darsi da fare sia a livello istituzionale che di opinione pubblica europea. Qui di seguito le dichiarazioni nel corso della sessione degli imputati. 25 aprile 2003 Ankara Processo a Leyla Zana, Hatip Dicle, Orhan Dogan, Selim Sadak Intervento di Selim Sadak La ragione per la quale siamo stati messi in carcere è perché siamo stati all'opposizione rispetto allo Stato turco, per quello che esso era. Ma se le norme costituzionali e le leggi appena approvate dal governo fossero esistite 10 anni fa, quando il paese era in guerra, noi non saremmo stati arrestati in Parlamento e condannati a 15 anni di carcere. Questo era il sistema. Sono stato testimone alla festa del Newroz a Sirmak del 1992, quando la gendarmeria e l'esercito intervennero sparando e uccidendo numerosi manifestanti. In questa cittadina a seguito di una quantità di fatti repressivi ben 200 persone sono state assassinate. Oppure se fossi stato eletto deputato a Eskisehir, vicino ad Ankara, 10 anni fa non sarei stato condannato: ma siccome sono stato eletto a Sirmak, vicino al confine con la Siria, e siccome sono curdo mi avete automaticamente considerato dirigente del PKK, ciò che non ho mai detto di essere e che non sono mai stato, e sono stato condannato. Diciamo la verità, siamo stati condannati, 10 anni fa, in quanto parlamentari curdi, e poi in quanto eletti, per la prima volta in Turchia, a prescindere dalle indicazioni delle tribù e in quanto proponevamo l'abolizione del sistema dei guardiani del villaggio. A queste proposte aderiva tutta la popolazione curda. Il guardiano del villaggio, figura di armato dipendente dallo stato, provocava allora forti tensioni, e anzi ancora oggi ne provoca. Proponevamo inoltre una soluzione pacifica del problema curdo, attraverso la libertà di usare la nostra lingua materna e di sviluppare la nostra cultura. Per condannarci furono ascoltate soltanto le testimonianze di agenti della polizia, di "guardiani del villaggio" e di membri della tribù curda Babak. Di 27 che erano questi testimoni, inoltre, oggi se ne sono presentati solo 18 a confermare le proprie testimonianze. In più, come sta scritto nel diario del maggiore dell'esercito Cem Ersever, fatto pubblicare dalla moglie dopo che questi era morto, a seguito della caduta, in Curdistan, dell'elicottero sul quale viaggiava, numerosi membri della tribù Babak erano utilizzati dall'esercito per azioni criminali, quali incendi di villaggi, esecuzioni extragiudiziarie, azioni di repressione nel corso dei festeggiamenti del Newroz. Aggiungo che questa tribù ha sempre trafficato in armi e in droga. Alcuni testimoni hanno affermato che nel 1993 avrei fatto propaganda per il PKK nel villaggio Senova, e questo in un bar che si trova a circa 10 metri dalla caserma dell'esercito e in un periodo nel quale nel Curdistan c'era la guerra e quotidianamente venivano bruciati villaggi curdi. Nego nuovamente la verità di queste testimonianze, e non dovrebbe essere difficile rendersi conto di quanto siano assurde. Come respingo le testimonianze degli agenti di polizia riguardo ad un episodio avvenuto il 25 novembre del 1993, a 35 giorni appena dall'inizio della mia attività di deputato. Avevo partecipato al funerale a Mardin del padre di Orhan Dogan e al termine del funerale ci era stato detto che un gruppo di simpatizzanti del Dep era trattenuto da 32 giorni in stato di fermo nella sede della gendarmeria locale. Mi ero perciò recato alla sede della gendarmeria a visitare queste persone, anche perché era stato superato il periodo di fermo stabilito dalla legge [1]. Con me c'era il Procuratore della Repubblica. Vidi queste persone tutte su panche e fisicamente provate e sconvolte dalle torture subite, e reagii affermando che era proprio trattando le persone in quel modo che le si spingeva ad andare in montagna a unirsi alla guerriglia. Si trattò quindi di una considerazione del tutto ovvia e anche di una protesta e di una richiesta a non ridurre le persone nelle condizioni in cui le vedevo. Ma il contenuto di questa mia considerazione fu falsificato dagli agenti di polizia, che dichiararono che avrei invitato quei fermati ad aderire alla guerriglia. Anche questo è palesemente assurdo: perché lo avrei fatto alla presenza del procuratore e davanti a una videocamera. Tra l'altro ora gli agenti negano che questa videocamera ci fosse. Intervento di Hatip Dicle Siamo tutti stanchi di questo processo, non voglio parlare molto, solo alcune cose essenziali. Oggi hanno testimoniato tre gruppi di persone: agenti di polizia, guardiani del villaggio e due persone invece non dipendenti dallo Stato. Queste ultime sono le uniche che hanno detto la verità. La testimonianza dei due guardiani del villaggio Abdullah Dursun e Serif Temel (il quale oggi ha dichiarato di non conoscermi, nonostante abbia rilasciato a suo tempo una testimonianza contro di me!) riguarda l'episodio di una vendetta tra la tribù di Serif Temel e quella del deputato Ahmet Turk, anche lui arrestato nel 1993 e condannato ad alcuni anni. E cioè io e Leyla Zana andammo alla casa di Abdullah Dursun per cercare di riconciliare le due tribù. Infatti nella tradizione curda la presenza di una donna facilita le riconciliazioni. Ma Dursun rifiutò perché secondo lui la riconciliazione con la tribù di Turk voleva dire una riconciliarzione con il PKK. In realtà come si sa le tribù Babak, Temel e Bucak traevano grandi profitti dal conflitto armato tra Stato e PKK, grazie al traffico di armi e di droga, alle rapine e a vari "servizi" allo Stato. Sempre Dursun nella sua testimonianza, a pagina due, dichiarò che aveva ricevuto nel 1980 dallo Stato due fucili di fanteria inglesi. E sono certo che Dursun aveva ed ha tuttora rapporti con i servizi segreti. Oggi egli con tutta tranquillità ha dichiarato davanti alla Corte di aver preso in ostaggio un ragazzo quando suo figlio scomparve. Suo figlio era andato ad Ankara per fatti suoi, come si rivelò successivamente, ma Dursun riteneva che fosse stato rapito dal PKK. Per lui rapire un ostaggio è normale, mentre era ed è un grave reato. Evidentemente si sente protetto dallo Stato, in quanto guardiano del villaggio. Intervento di Leyla Zana Siamo stati condannati perché tutto il nostro impegno è stato di lottare contro l'antico sistema feudale delle tribù e di portare il nostro popolo a far parte di uno Stato turco moderno tutore delle libertà e democratico. I guardiani del villaggio sono sempre stati invece l'espressione di questo sistema feudale, di cui hanno incarnato i privilegi, la corruzione e il dispotismo. Prima di noi sono sempre stati loro e i membri più importanti delle tribù a essere candidati ed eletti al Parlamento e nelle altre istituzioni. La loro mentalità e questo sistema continuano tuttora a esistere e a condizionare la vita politica e sociale dei villaggi. Noi vogliamo una società di persone libere, dove uomini e donne esprimano liberamente i loro candidati e gli eletti siano persone libere nel pensare e nell'agire. Intervento di Orhan Dogan Siamo stati condannati nel 1994, alla fine di un secolo senza amore. Oggi la politica e le leggi sono cambiate, però se questo processo verrà fatto con la stessa mentalità del 1994 non servirà a niente. La Turchia ha bisogno della pace, della democrazia e della libertà. La Turchia deve diventare uno Stato democratico. E noi vogliamo che questo processo abbia un importante ruolo nel democratizzare la Turchia e nel liberarla del suo passato. Ora in questo tribunale non c'è più un giudice militare, ma esistono ancora i suoi metodi. La Corte europea dei diritti umani ha insistito sul principio di eguaglianza tra accusa e difesa in un processo, di cui all'art. 6/1 della Convenzione sui diritti umani. Ora i testimoni dell'accusa non hanno portato prove materiali, come per esempio registrazioni. Gli avvocati della difesa non possono porre le loro domande direttamente ai testimoni, ma devono porle attraverso il Presidente del tribunale. Il Presidente non ha mai letto in tribunale i verbali delle testimonianze al precedente processo e inoltre si guarda bene dal richiamare i testimoni che si sottraggono al dovere di ripetere puntualmente la loro testimonianza. L'art. 6/1 della Convenzione sostiene che vanno aiutati i diritti della difesa, ma in questo processo non c'è il diritto della difesa di porre direttamente le domande ai testimoni. I giudici insistono nell'applicare le vecchie leggi. Le riforme giuridiche che sono state appena fatte dicono invece che quando è necessario gli articoli della Convenzione sui diritti umani devono essere applicati, incorporandoli e dandogli priorità rispetto al nostro sistema di leggi. Lo spirito del 1994 é quello che ci ha condannato. I testimoni di questo processo, eccetto due, erano tutti alle dipendenze del Governo Çiller, del capo della polizia Agar e del capo dell'esercito Gures. La Çiller aveva chiesto al Presidente del Parlamento Cindoruk di annullare l'immunità dei deputati del Dep. Il Presidente rifiutò sostenendo che la richiesta era illegale e immorale. Il Governo ottenne l'annullamento della nostra immunità quando il Presidente Cindoruk si assentò per le sue vacanze. Il 2 maggio del 1993 la Çiller dichiarò che il PKK era stato espulso dal Parlamento. Fu con questa motivazione che furono espulsi i deputati del Dep. Come potevano i giudici di allora fare un processo equo e imparziale, data questa posizione del Primo Ministro? Nel libro "I curdi" di Hasan Cemal si sostiene che il Governo parlò del processo con i giudici, nessuno di questi ha finora smentito. Il capo dell'esercito Dogan Gures disse: "ho chiesto al Governo di espellere qualche deputato, ma il governo ha espulso tutti i deputati del Dep, poiché hanno fatto tutti quanti degli errori e si sono messi contro le leggi". Il capo della polizia Mehmet Agar disse: "quello che hanno fatto i guardiani del villaggio lo hanno fatto per lo Stato. Noi sappiamo tutte le cose che fanno. Con le loro testimonianze hanno risolto il problema dei deputati del Dep. Così noi senza il Parlamento d'impiccio potremo continuare a risolvere il problema curdo". I guardiani del villaggio furono considerati testimoni affidabili. Ma i testimoni devono essere oggettivi, tesi a difendere l'interesse superiore della società nel suo insieme e non quei propri privilegi personali che derivano dall'essere dipendenti dallo Stato. Voglio anche ricordare che quest'anno la Commissione per i diritti umani del Parlamento ha pubblicato un rapporto sui guardiani del villaggio dal quale risulta che essi hanno commesso undici tipi di delitti e hanno eseguito 1549 assassinii, e che in questo sono coinvolte 15 tribù, compresa quella di Babak. Possiamo dire di aver vissuto come un sogno terribile gli anni 1993-94: anni di massacri, villaggi distrutti, torture, esecuzioni extragiudiziarie, sparizioni di centinaia di persone, montature giudiziarie, ecc. Ma nessun politico ha finora avuto il coraggio di scavare e di affrontare tutta la parte oscura di questa storia di Stato. Intervento dell'avvocato Yusuf Alatas Tutti i testimoni di questa sessione del processo, salvo due, sono agenti di polizia o guardiani del villaggio. La loro accusa è stata una sola: i deputati erano dei terroristi. Ma non hanno portato alcuna prova, l'unica cosa che hanno portato in questo processo è il loro corpo. Questo processo finora si è svolto come nel 1994, non c'è alcun cambiamento, il tribunale sta semmai lavorando per confermare il risultato di 10 anni fa. Eppure nello Stato stanno avvenendo alcuni cambiamenti, come l'abolizione della pena capitale, l'introduzione di alcune possibilità, benché limitatissime, di fare trasmissioni radiotelevisive in curdo, e, ciò che è più importante, il rifacimento del processo del 1994 sulla base della posizione della Corte di Strasburgo sui diritti umani. Bisogna allora cercare da parte vostra di rivedere tutto un modo di pensare e di amministrare la giustizia, la politica e tutte le nostre relazioni, sulla base appunto della nuova realtà in corso di pacificazione e di riconoscimento di diritti. Voglio fare un esempio: un assassino che viene condannato a 20 anni la legge di esecuzione della condanna prevede che ne sconti solo 8: mentre i miei assistiti che sono stati condannati a 15 anni ne devono scontare 12 e mezzo. Questo è il passato che continua, questo deve cambiare. Agli imputati restano solo due anni di pena da scontare, se il tribunale li libererà questo non potrà che far bene alla società. La Turchia e il mondo sono cambiati, anche voi potete cambiare. Intervento dell'avvocato Fethi Gümüs Il testimone Sehmuz Temelli ha testimoniato il falso dichiarando di aver visto Leyla Zana con Hatip Dicle a casa di Abdullah Dursun. Oggi infatti ha detto di non conoscere Hatip Dicle. Inoltre è stato dimostrato che quel giorno il testimone non era nel villaggio. 27 aprile Alcuni tra gli amici curdi che oggi incontriamo ci raccontano un episodio terribile. Questa mattina Cumhuriyet, uno dei principali quotidiani turchi, ha riportato la notizia del ritrovamento sul bordo di un fiume il 25 aprile del corpo di Siddik Kaya, un giovane di Serinova, che è una cittadina del Curdistan turco. Siddik Kaya era stato convocato dalla gendarmeria di Varto. Perciò, il 19 novembre scorso, si era mosso di casa: dove non farà ritorno. La famiglia si rivolgerà all'IHD. Il corpo aveva le mani legate dietro la schiena, un cerotto sulla bocca e dei sacchi pieni di pietre legati ai piedi. Siddik Kaya era un curdo di confessione alevita, un ramo dell'islamismo, quindi era nel mirino degli apparati di repressione per due ragioni. Lerzan ci ricorda, a questo proposito, l'episodio forse più grave della repressione, costante, a danno degli aleviti in Turchia: nel 1993 l'esercito ne attaccò a Sivas una festa, e 37 persone rimasero bruciate. CAMPAGNA DI SOSTEGNO A PUNTO ROSSO L'Associazione Culturale Punto Rosso-Forum Mondiale delle Alternative, nella sua rete nazionale e nell'arena mondiale, ha contribuito in questi anni alla costruzione della cultura e della mobilitazione del movimento contro la globalizzazione neoliberista. Un lavoro di "convergenza nella diversità", con un'ampia interlocuzione con altri organismi di diversa matrice politica e culturale. Oggi questo lavoro è messo in discussione dalla mancanza di risorse economiche. Facciamo appello a coloro i quali in questo tempo hanno conosciuto il nostro organismo, le sue attività, i convegni, i corsi, le pubblicazioni ecc. Sostenete, sottoscrivete. L'Associazione Culturale Punto Rosso è un bene comune. Appartiene non solo ai fondatori e a chi vi ha profuso lavoro e sacrificio, ma a tutti coloro i quali in questo tempo hanno condiviso e condivideranno il nostro cammino. Giorgio Riolo [1] Prima delle attuali modifiche al Codice di procedura penale in materia di stato di eccezione, che era la condizione che vigeva nel Curdistan, il fermo poteva protrarsi sino a 30 giorni. Oggi con queste modifiche i giorni di fermo possono essere al massimo quattro. Amnesty International ha sempre sostenuto che la maggior parte delle torture fisiche e psichiche avveniva nel Curdistan turco durante il fermo, quando un accusato era alla totale mercé della gendarmeria, cioè che le confessioni erano estorte prima che l'accusato fosse condotto davanti ad un magistrato. . Novità Edizioni Punto Rosso Piero Pagliani Alla conquista del cuore della Terra Gli Usa: dall'egemonia sul "mondo libero" al dominio sull'Eurasia Il mondo sta vivendo la fase discendente di una parabola storica caratterizzata dalla supremazia degli Stati Uniti. Le stesse dinamiche che nella prima metà del secolo scorso spingevano questa grande nazione a contrapporsi agli Imperi Centrali prima e al nazifascismo in seguito, la inducono ora a ricercare aggressivamente il dominio dell'Eurasia ripresentando in forma nuova molti degli inquietanti fenomeni che precedettero il drammatico scontro svoltosi tra il 1914 e il 1945 per la successione al declinante dominio britannico. Il libro analizza le ragioni e le modalità di questa politica per poterne discernere i pericoli e le contraddizioni e identificare di conseguenza possibili linee di resistenza al di fuori della logica dominante. E' un invito a non fermarsi alla superficie delle cose e ad abbattere i limiti in cui sono confinati i concetti di "libertà", "giustizia", "democrazia" e "umanità". Collana Libri FMA/7, pp. 292, 13,50 Euro. Per ogni copia venduta un euro andrà al "Tavolo Solidarietà con le popolazioni dell'Iraq" Bruno Bertoli No money, please! Favoletta civile per tempi difficili … "Il quadro può essere anche suggestivo", rispose con tono pacato il vecchio professore "ma se viene abolito il denaro, che cosa accade?" "Questo è proprio il fatto nuovo! Occorre introdurre un'altra unità di misura per regolare la convivenza sociale e allora ci si accorge che tutte le cose, proprio tutte, cambiano di fisionomia e di contenuti, come si diventassero altra cosa…" … "Credo di capire ciò che dici: ciascun uomo sarà fornito di uno strumento assolutamente individualizzato e pressoché invisibile, che potrà permettergli di segnare e registrare all'istante qualsiasi operazione intenda compiere…" "Certo, ma non solo. Questo strumento renderà impossibile l'accumulo e il furto della ricchezza materiale da parte di chiunque. Praticamente renderà impossibile quella violenza che nella quasi totalità dei casi ha origine e giustificazione con il denaro e il potere che ne deriva". La prima parte di questa favoletta civile per tempi difficili, pensata soprattutto per il mondo giovanile, che durante gli anni '90 in particolare appariva a tutti disgregato, disperso e confuso, è stata pubblicata in edizione non venale nell'ottobre 2000. I fatti e gli avvenimenti si succedono, a volte, imprevedibili, rapidi, drammatici. Cosi, il crollo delle Torri un anno dopo, e il diffondersi sempre più esteso di un movimento globale assai critico nei confronti della cosiddetta new economy, hanno suggerito le pagine della seconda parte, allegate con il titolo "…cinquecento anni dopo". Nel suo insieme la proposta vuole stimolare una platea più vasta a una rivisitazione necessaria della realtà, cosi che possa poi diventare più facile individuare nel buio dei nostri giorni le strade più adatte per incominciare a costruire, finalmente e per tutti!, una civiltà a dimensione umana. Collana Varia, pp. 169, 10 Euro. F. Houtart, S. Amin (a cura di) La globalizzazione delle resistenze Lo stato delle lotte 2002/2003 Il libro raccoglie i contributi di diversi autori da tutte le parti del mondo sullo stato delle lotte nei diversi continenti e alcuni saggi sui temi principali della resistenza alla globalizzazione capitalistica e sulle sue alternative. Collana Libri FMA/8, pp.320, 14 Euro. Atilio Boron Impero & Imperialismo Dal presidente della CLACSO argentina, un critica radicale del libro di Negri e Hardt, Impero. Collana Varia, pp. 160, 10 Euro. 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