Rabbia e delusione a Londra per le vittime di "fuoco amico"



Fonte: http://www.repubblica.it/online/esteri/iraqattaccosedici/londra/londra.html

Tre soldati britannici scampati al fuoco di un pilota Usa
accusano: "Sembrava un caw boy che andava a una fiesta"

Rabbia e delusione a Londra per le vittime di "fuoco amico"

La lunga intervista sul "Times" di Londra
L'Evening Standard si domanda: "Possiamo fidarci?"


LONDRA - "Fuoco amico" finisce sotto processo in Gran Bretagna. Dei 24 soldati di Sua maesta' tornati a casa in una bara almeno sei sono caduti sotto i colpi di "fuoco amico", un eufemismo per dire che a ucciderli non e' stato il nemico, ma colpi partiti per sbaglio dai soldati Usa. E passi, si fa per dire, per gli errori commessi in buona fede. Ma quello che hanno raccontato sulla prima pagina del Times di Londra tre militari britannici scampati al fuoco amico e' troppo. Troppo anche per i fedeli sudditi di Sua maesta' pronti a sostenere lo sforzo bellico in Iraq da quando il conflitto e' partito.

Venerdi' erano in cinque nei pressi di Bassora. Uno e' morto, uno e' in fin di vita e gli altri tre sono rimasti feriti dai colpi sparati dal pilota di un cacciabombardiere A-10 americano. Un pilota che i tre scampati alla morte non esitano a definire un "cowboy" non un militare, che sparava "come se fosse uscito per la fiesta". Un racconto drammatico e imbarazzante quello di Alex MacEwen, 25 anni, Steven Gerrard, 33 e Chris Finney 18 anni. Venerdi' scorso con i corazzati erano andati a caccia di una batteria d'artiglieria irachena che gli aveva aperto il fuoco contro. Un gruppo di iracheni si avvicina agitando bandiere bianche. "Non sapevamo se si volevano arrendere o tenderci un'imboscata'", racconta il tenente. Quando all'improvviso si e' sentito il rombo dell'A-10 americano. "Un rumore che non dimentichero' mai e che spero di non sentire mai piu'", ha aggiunto Steven Gerrard, caporale. "I proiettili cadevano senza interruzione - ha raccontato Gerrard -. Ero come congelato. Poi, l'unica cosa che mi ricordo, e' la torretta che esplodeva, luce bianca dappertutto, calore e fumo. Non ho nemmeno avuto il tempo di chiudere gli occhi. Mi sono sentito come se stessi morendo bruciato. Ho gridato: Gira! Gira! Gira!. Il mio cannoniere gridava 'Fuori, fuori!'

Sono uscito dalla torretta in pochi millisecondi. Come ho fatto, non lo so. Poi ho visto l'A-10 che tornava, e allora mi sono messo a scappare". Sui carri sventolava la bandiera britannica. E i tre militari oggi senza alcuna riverenza si pongono la stessa drammatica domanda. "Come ha fatto il pilota a non vederla?". Non solo. Il cacciabombardiere su cui volava e' dotato di visori termici che indicano se i corazzati sono amici o nemici. Ma, malgrado tutto, il pilota ha effettuato una virata. E' tornato indietro e ha fatto fuoco ancora. Uccidendo.

"Un cow boy". E' questa la divisa che i tre militari cuciono addosso al pilota Usa. E non solo per aver sparato contro i loro carri. "C'era un bambino di 12 anni a non piu' di 20 metri da noi quando lo yankee ha aperto il fuoco - ricordano Gerrard e il carrista Chris Finney -. C'erano un sacco di civili tutto attorno a noi, ma lui non ha mostrato il minimo rispetto per la vita umana".

Un'intervista che e' una tagliente denuncia al comportamento del pilota americano. Un soldato con il grilletto troppo facile. E la polemica, nonostante le scuse di Richard Meyers, capo di stato maggiore Usa, esplode con virulenza su tutta la stampa britannica. Altrettanto duri e critici sono gli articoli del Guardian e del Daily Mirror, per citare i giornali piu' attenti al tema, mentre l'Evening Standard in un ampio articolo si chiede: "Possiamo fidarci degli americani?" Alez McEwen, uno dei tre sopravvissuti una risposta se l'e' gia' data. "I miei amici e i miei genitori ci scherzavano sempre su - ha raccontato il tenente al Times. - Non ti preoccupare degli iracheni, mi dicevano, devi stare attento agli americani". E cosi' e' andata.

(31 marzo 2003)