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Fermate la Turchia: ricomincia il genocidio dei kurdi.
- Subject: Fermate la Turchia: ricomincia il genocidio dei kurdi.
- From: ndlrbgh at tin.it (by way of Carlo Gubitosa <c.gubitosa at peacelink.it>)
- Date: Wed, 26 Mar 2003 12:18:05 +0100
Campagna "Fermiamo la Turchia": alle porte nuovi massacri per le popolazioni kurde. Per cortesia, dare la massima diffusione a questo articolo presso le ambasciate turche, americane, presso i forums sociali, presso i siti americani di opposizione alla guerra, presso la classe politica italiana e americana. Grazie, Paola Ghini Cesena Social Forum PROPOSTA DI ARTICOLO Fermate la Turchia: ricomincia il genocidio dei kurdi. Di Ghini Paola Martedì, 25 marzo. Kurdistan. Il telefono suona e suona nelle case del Kurdistan iracheno, quel grande ghetto organizzato dall'ONU e dagli USA per i kurdi dell'Irak, scampati alla I guerra del Golfo del 1991. A Suleimaniye, una delle province kurde della zona politicamente congelata, chi ne aveva i mezzi ha già abbandonato le proprietà e sta raggiungendo la frontiera iraniana, dove le montagne innevate a 3.000 mt di altezza saranno l'unica casa per migliaia di profughi. Chi non ha potuto fuggire dovrà affrontare la violenza dei commandos turchi. Le speranze di vedere riconosciuti i diritti civili e politici del popolo kurdo in Iraq, sta finendo ora, dopo una parentesi di relativa stabilità, per quanto si possa definire stabile una zona in cui qualsiasi incursione dall'esterno è possibile e tollerata dai grandi Gurdiani. La Turchia e gli Stati Uniti stanno facendo un gioco di squadra perfettamente sincronizzato. Dopo lunghe contrattazioni (partite già dal 2002) che non sono sfuggite a chi è attento ai colloqui dei vari Ministeri degli Esteri e degli Interni, alle contrattazioni degli Istituti Finanziari Internazionali (Washington), agli Uffici di Progettazione degli Sfruttamenti Minerari, alla stipulazione di contratti per la gestione transnazionale delle acque, ecco che il partenariato USA-Turchia ha partorito uno scambio favorevole a entrambi. Certo lo scambio è stato segnato da affermazioni e ritrattazioni. Tuttavia, la sostanza non cambia. Gli Stati Uniti accedono al rimpasto dell'area Mediorientale, funzionale al controllo di aree inesplorate dal mercato globale. La Turchia riceve l'assenso a invadere la zona del Kurdistan iracheno, avendo già inglobato da quasi un secolo la parte più settentrionale del Kurdistan. Chiunque sia direttamente in contatto con le testate giornalistiche kurde in esilio in America e in Europa o più semplicemente con la gente comune del Kurdistan, sa che già da gennaio, i commandos dei militari turchi stavano posizionandosi lungo il confine turco con l'Iraq, all'interno della zona nota come Regione Autonoma Kurda. Dunque l'invasione è già avvenuta. Le forze militari turche avevano di fatto agito molto tempo prima che il parlamento turco desse l'approvazione. Ma tutto questo non ci stupisce. Fin dagli anni Settanta, con il colpo di Stato militare, la Costituzione turca prevede l'esistenza di un organo militare, detto Consiglio di Sicurezza Nazionale (MGK), autorizzato a legiferare in materia militare, in modo autonomo rispetto al Parlamento e in evidente contrasto con qualsiasi principio democratico. La normativa turca si traduce quindi nell'assoggettamento del Parlamento al potere militare. Le nefandezze e i genocidi di cui si è macchiato lo stato turco, al fine di trasformare la zona kurda in un cantiere desertificato, ne fanno un regime criminale del tutto simile all'incriminato Iraq, tanto quanto Siria o Arabia Saudita. Il Parlamento turco, oggi, con l'affermazione secondo cui scopo dell'attraversamento dei confini sia quello di offrire supporto ai profughi iracheni e sconfiggere il terrorismo, offre semplicemente un'immagine ripulita della realtà. Infatti, fin dall'estate del 2002, i militari stavano costruendo campi profughi, o meglio, lager. Il 22 marzo, sono tornate in Italia le delegazioni europee di associazioni per i diritti umani, che hanno visitato le zone kurde della Turchia, in occasione del Capodanno kurdo, raccogliendo informazioni sulle attività dei militari nella zona. I lager pronti per i profughi kurdi e iracheni sono 15. Ma non saranno gestiti da associazioni umanitarie o dalla Croce Rossa. Saranno invece gestite da guardiani di villaggio. In Turchia c'è una lunga tradizione relativa ai guardiani dei villaggi. Questi sono persone dal profilo psicologico violento reclutati tra i militari che, dotati di armi, ricevono migliaia di dollari al mese per controllare con potere di vita e di morte i kurdi della Turchia. I villagi kurdi che si rifiutano di accettare questa pratica vengono tutt'oggi evacuati e le famiglie disperse senza alcun supporto. Il popolo kurdo ha la sventura di calpestare un suolo la cui ricchezza va dal petrolio, all'oro, dall'acqua ai gas, dall'uranio al ferro. Stiamo parlando di un territorio di 550mila km quadrati, abitati oggi da circa 30 milioni di kurdi. Dopo la I guerra mondiale, con il Trattato di Losanna, principalmente per il volere di Turchia, Gran Bretagna e USA, il territorio kurdo fu squartato e assoggettato rispettivamente a Turchia, Iran, Siria e Iraq. Oggi in Turchia abitano circa 18 milioni di kurdi, cioè il 20% della popolazione turca, mentre in Iraq sono circa 6 milioni. Le zone petrolifere di Mosul e Kirkuk, oggi sotto bombardamento, sono a prevalenza kurda. Turchia, Iraq, Siria e Iran non furono mai teneri con i Kurdi, che finirono sequestrati dentro le loro stesse terre. I genocidi di Halabja (Iraq, 1988) e di Tunceli (Turchia, 1938 e 1995) sono solo la punta visibile dell'iceberg, come riconoscono tutte le associazioni per i diritti umani. I kurdi guardano ai militari turchi con lo stesso terrore con cui guardano a Saddam Hussein. Proprio la settimana scorsa, i giornali turchi rendevano noto che il governo turco ha dichiarato illegale l'Hadep, il partito filo kurdo, e così si è riaperta la stagione della caccia, la guerra preventiva della Turchia contro i movimenti di democratizzazione. Dopo la guerra del Golfo, del 1991, gli Stati Uniti conclusero le operazioni lasciando un assetto politico deplorevole, con il consueto metodo chirurgico. La zona dei kurdi fu congelata dalle Nazioni Unite, i cui militari avrebbero dovuto difenderla sia da Saddam Hussein, sia dai turchi. In realtà niente di tutto ciò accadde. L'autonomia della Regione è del tutto provvisoria e deve essere rinnovata dall'ONU ogni 6 mesi. I carrarmati turchi a scadenze mensili entrano nella regione e fanno stragi. Nel 1996, anche Saddam Hussein entrò indisturbato nella Regione kurda e fece stragi. E per coronare questo capolavoro di diplomazia, l'ONU affidò la guida della Regione a due famiglie, i Talabani e i Barzani, che, pur avendo avuto il merito di avere rattoppato con pochi mezzi una zona distrutta dalla guerra e di avere realizzato uno stato laico, non acconsentirono mai a vere elezioni e in più si ricavarono una lucrosa nicchia nel narcotraffico e nel contrabbando di petrolio con paesi quali la Turchia. Le popolazioni kurde, sia in Turchia, con l'Hadep, sia nella Regione Autonoma in Iraq, in tutti questi anni, hanno sempre cercato di organizzare la democratizzazione dei propri territori, ma sempre i dissidenti sono stati eliminati. Il Kurdistan, per il governo turco, deve rimanere zona franca, corridoio di passaggio per traffici, oleodotti e gasdotti. L'accordo tra la leadership kurda dell'Irak e gli USA sono un estremo tentativo di mantenere uno spazio nel rimpasto post-bellico. Gli Stati Uniti hanno così ottenuto, dalla Turchia, lo spazio aereo e, dai vertici kurdi, la carne da macello per combattere al confine. Il risultato finale è che la Turchia, temendo il riconoscimento di uno stato kurdo, invade silenziosamente il Kurdistan Paola Ghini (diritti negati al popolo kurdo) ndlrbgh at tin.it 0544/ 986274
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